Serie A, la provocazione di Luciano Moggi: una nuova Calciopoli per...
di Luciano Moggi
Neppure il tempo di terminare con il calcio giocato che inizia subito quello parlato. Ovviamente tengono banco le voci sul mercato dei top club. C’è chi deve rifarsi solo un po’ di trucco (la Juve), chi deve completarlo (Roma, Napoli e Lazio) e chi, come le milanesi e la Fiorentina (e soprattutto il Palermo di Zamparini) deve rifarsi... la faccia. In compenso esistono però belle realtà come l’Atalanta cui è sufficiente mantenersi così come sta adesso. Settimanalmente cercheremo di entrare nel cuore di ciascuna società cercando di carpirne il modus operandi e informare i nostri lettori.
Intanto, in attesa del prossimo spezzatino che tanto ha contribuito a modificare la vita dei tifosi, ci dobbiamo soffermare sull’asta per i diritti televisivi 2018/21. Qualcosa si è rotto nel meccanismo, i grandi gruppi non vogliono più pagare le cifre a tanti zeri, non c’è più la concorrenza che una volta esisteva tra Mediaset e Sky. Anzi, il gruppo di Berlusconi, dopo il bagno di sangue per i diritti Champions, ha ritenuto opportuno non formulare offerte; stessa cosa la Tim, con Sky che ha potuto offrire così il minino in mancanza di asta per l’aggiudicazione. Calcio valutato quindi ai minimi storici, il suo valore è stimato in appena 400 milioni e spiccioli, inferiore persino alla clausola rescissoria di Cristiano Ronaldo. Ragion per cui il presidente Figc Tavecchio, prendendone atto, ha deciso di non dar corso all’assegnazione dei diritti in attesa di verifiche, per poter emettere un nuovo bando.
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Risalta evidente come la causa di tanto sia la mancata concorrenza tra i gruppi televisivi che cancella i rialzi dell’offerta, nonostante che il nostro calcio si manifesti in crescendo: l’Under 21 ha in sé giovani interessanti che potrebbero costituire l’ossatura importante della nazionale maggiore nel prossimo futuro mentre l’attuale, sotto la guida di Ventura, sta dando buoni risultati. Normale porsi quindi la domanda del perché questo disinteresse. Risposta difficile, a meno che non si ritenga valida la profezia fatta da Gianni Petrucci, prima di lasciare la presidenza del Coni: «Una squadra che vince continuamente non fa il bene del proprio sport perché crea noia per mancanza di competizione».
Chiaro chi potrebbe creare questa noia, la Juve dei 6 scudetti consecutivi. Eppure, la colpa della Signora è soltanto quella di amministrare il calcio come si amministra una azienda, di avere i migliori dirigenti e la gestione economica in attivo. Allo stesso tempo si dovrebbe però evidenziare come il male del calcio attuale sia proprio la mancanza di dirigenti che sappiano valutare bene i giocatori da acquistare e siano allo stesso tempo ottimi amministratori: la Juve ce li ha, mancano agli altri. Solo così si potrebbe tornare a competere come prima del 2006, quando ben sette squadre partivano per la lotta allo scudetto.
Vista questa impossibilità, il nostro suggerimento sarebbe di promuovere un’altra Calciopoli che toglierebbe di mezzo ancora una volta la squadra volano del calcio italiano, riportandolo a quella mediocrità uniforme in cui cadde nel post 2006, quando la nostra nazionale campione grazie ai tanti fenomeni juventini fu eliminata al primo turno della Coppa del Mondo per ben due volte di seguito. Purtroppo noi italiani così siamo fatti e l’inno di Mameli, pur emozionante, non rispecchia la verità: siamo più cugini alla lontana che fratelli.
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