Grazie all’arrivo di pembrolizumab il 70% dei pazienti è vivo a un anno
Eugenia Sermonti
Uno spauracchio per tutti - malati e medici, infermieri e parenti - che da oggi vede una luce in fondo al tunnel della cura. È il tumore del polmone, la terza neoplasia più frequente in Italia, per la terapia del quale le autorità hanno stabilito la rimborsabilità di una nuova molecola (pembrolizumab, frutto della ricerca MSD), più efficace della chemioterapia nella forma non a piccole cellule in persone che esprimono alti livelli di PD-L1. “al punto che - afferma il professor Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica all’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano - in molti casi eviterà il ricorso alla chemioterapia”. Una vera e propria rivoluzione per gli oltre 41mila nuovi casi registrati nel 2016, perché cambia radicalmente, dopo più di 40 anni, lo standard di cura in questo tumore in stadio avanzato in prima linea, finora rappresentato, appunto, dalla chemioterapia. I pazienti italiani colpiti da carcinoma polmonare non a piccole cellule in fase avanzata che esprimono PD-L1 possono oggi accedere a pembrolizumab, una nuova terapia immuno-oncologica. L’Agenzia italiana del Farmaco (AIFa) ha infatti stabilito la rimborsabilità della molecola non solo in prima linea ma anche in pazienti già trattati con la chemioterapia. Pembrolizumab rappresenta la prima molecola immuno-oncologica resa disponibile nel nostro Paese per il trattamento del carcinoma polmonare anche in prima linea. Una decisione che apre nuove opportunità, approfondite oggi in un incontro con i giornalisti a Milano. “Il melanoma ha rappresentato il modello per l’applicazione di questo approccio innovativo che ora si sta estendendo con successo a diversi tipi di tumore come quello del polmone, particolarmente difficile da trattare - spiega il professor Carmine Pinto, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) - È un’arma che si affianca a quelle tradizionali rappresentate da chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche. Un passo in avanti verso la sconfitta o la cronicizzazione della malattia. La decisione dell’AIFa conferma l’impegno dell’agenzia regolatoria italiana a supportare l’innovazione in un’area con significativi bisogni clinici insoddisfatti”.
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Lo studio che ha condotto all’approvazione della molecola in prima linea (su più di 300 persone) ha dimostrato che a 1 anno il 70 per cento dei pazienti trattati con pembrolizumab è vivo rispetto a circa il 50% con chemioterapia. Sono stati osservati un 40 per cento di riduzione del rischio di morte e un 50 per cento di riduzione del rischio di progressione della malattia nei pazienti trattati con pembrolizumab ed è risultata triplicata la sopravvivenza libera da progressione di malattia che, a 1 anno, raggiunge il 48 per cento rispetto al 15 per cento con chemioterapia. “I dati che hanno portato all’approvazione del farmaco, prima negli Stati Uniti poi in Europa, sono ‘rivoluzionari’, perché per la prima volta in oltre 40 anni un gruppo di pazienti ha ricevuto un vantaggio in termini di sopravvivenza in prima linea con una molecola immuno-oncologica al posto della tradizionale chemioterapia - conferma Filippo de Marinis - Con pembrolizumab inoltre si amplia il concetto di medicina di precisione: è l’unico farmaco immuno-oncologico basato sulla definizione di un biomarcatore, PD-L1, che permette di scegliere il trattamento ‘giusto’ per il paziente ‘giusto’. In base cioè al livello di espressione di PD-L1 può essere utilizzata l’immuno-oncologia nel modo più efficace, con evidenti risparmi per il sistema sanitario. In particolare il 75 per cento dei pazienti con istotipo non squamoso e tutti quelli con istotipo squamoso in fase metastatica, che oggi in prima linea sono trattati con chemioterapia, potranno trarre importanti benefici dall’immuno-oncologia se rispondono a determinati criteri”. È stato infatti dimostrato che pembrolizumab è più efficace della chemioterapia tradizionale quando un biomarcatore, la proteina PD-L1, è espresso a livelli elevati, in misura uguale o superiore al 50% delle cellule tumorali. “È quindi necessario determinare immediatamente il livello di espressione di PD-L1, cioè al momento della diagnosi della malattia in stadio IV non operabile – sottolinea il professor Andrea Ardizzoni, direttore dell’Oncologia Medica al Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna e Ordinario di Oncologia all’Università degli Studi Alma Mater di Bologna – L’immuno-oncologia rappresenta un’opzione importante anche in seconda linea, quindi nel caso in cui la malattia sia in progressione dopo la chemioterapia. Lo studio di riferimento ha infatti dimostrato che pembrolizumab è superiore alla chemioterapia tradizionale usata in seconda linea quando il tumore esprime livelli di PD-L1 uguali o superiori all’1 per cento. Quindi la molecola funziona anche in condizioni di minore espressione di questo bersaglio molecolare. Senza dimenticare che grazie all’immuno-oncologia vi è una percentuale di pazienti più alta che presenta una riduzione del tumore con un conseguente miglioramento dei sintomi e della qualità di vita. Non si può parlare di abbandono della chemioterapia nel trattamento del polmone perché è ancora in grado di svolgere un ruolo preciso. Però oggi abbiamo un’arma in più, l’immuno-oncologia, che in specifiche situazioni può costituire un’alternativa importante al trattamento chemioterapico”.
“Un plauso particolare va all’AIFa - afferma Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia - che, sulla base degli incredibili risultati clinici di questa molecola, ha fatto sì che i pazienti italiani potessero avere a diposizione in tempi record la prima opzione terapeutica immuno-oncologica, in prima linea, per questa tipologia di tumore, che potrà fare la differenza nella vita di molte persone. Sapere che, dopo oltre un secolo di tentativi degli scienziati, sia stata la ricerca scientifica MSD a concretizzare finalmente questa nuova opportunità per i pazienti non può che spingerci a perseverare nel nostro impegno quotidiano”. Sono molto ampie le prospettive di utilizzo della molecola anche nei malati che non esprimono il biomarcatore PD-L1. “Recentemente la Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatorio americano - aggiunge De Marinis - ha approvato la combinazione pembrolizumab e chemioterapia anche per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule il cui tumore esprima bassi livelli di PD-L1 o in assenza di PD-L1 (inferiori all’1%). L’approvazione dell’FDA è molto importante perché evidenzia che la combinazione di pembrolizumab con chemioterapia permette di oltrepassare il limite della negatività di PD-L1”. “Nel prossimo futuro la collaborazione fra oncologi e anatomo-patologi, chiamati a identificare i biomarcatori - sottolinea il professor Mauro Truini, presidente della Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica (SIAPEC-IAP) - diventerà ancora più rilevante. La SIAPEC-IAP insieme ad AIOM è fortemente impegnata per armonizzare i diversi test e renderli fruibili diffusamente nella pratica clinica. È un’area della ricerca di grande interesse, perché potremo incrementare la percentuale di malati in grado di rispondere ai trattamenti in funzione delle caratteristiche della neoplasia da cui sono colpiti”. Negli ultimi anni è cambiato il quadro epidemiologico del tumore del polmone nel nostro Paese. Tra il 1999 e il 2011 l’incidenza di questa neoplasia è diminuita del 20,4 per cento tra gli uomini mentre è aumentata del 34 per cento nelle donne. Un fenomeno strettamente legato all’abitudine al fumo di sigaretta che sta diventando sempre più un vizio ‘femminile’: il 23 per cento delle italiane è fumatore abituale.
“Per troppo tempo è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile - spiega Stefania Vallone dell’Associazione Women Aganist Lung Cancer in Europe (Walce) - i nuovi dati evidenziano invece una forte crescita anche tra le donne a causa dell’aumento del consumo di tabacco nella popolazione femminile. La prevenzione primaria è uno dei pilastri della nostra Associazione, ma WALCE lavora anche al fine di garantire ai pazienti la possibilità di accedere al trattamento migliore. Purtroppo la diagnosi del tumore del polmone è ancora tardiva e l’approvazione di questo nuovo farmaco, frutto dell’innovazione che in questi anni ha caratterizzato sempre di più la medicina, rappresenta un passo in avanti decisivo poiché offre alle persone affette da questa patologia la possibilità di avere accesso a nuove terapie in grado non solo di allungare la sopravvivenza ma anche di preservare una buona qualità di vita”. “Sostenibilità per la sanità pubblica e garanzia di accesso per tutti i pazienti alle migliori cure non sono elementi in contraddizione - conclude Pinto - se si definisce il perimetro di valore e costo e di reale impatto di innovatività di un farmaco. L'Aiom, fortemente impegnata per garantire sostenibilità e accesso, ha richiesto e sostenuto un Fondo Nazionale per i farmaci innovativi in Oncologia, che sarà di 500 milioni di euro per il 2017 e che verrà attuato secondo i criteri di definizione di innovatività previsti dall’AIFA”.
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