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venerdì 26 maggio 2017

Debora Serracchiani, il matrimonio è finito. E ora... Pene d'amore: quel suo segreto (molto) intimo

CIÒ CHE ANCORA NON SAPEVATE Debora Serracchiani, dopo il matrimonio finito un nuovo fidanzato: il segreto delle sue pene d'amore


di Melania Rizzoli



«Un giorno, dopo 24 anni insieme, mi ha comunicato che se ne andava, che non mi amava più e che si era innamorato di un’altra. Non è stato facile per me, ero sconvolta, anche perché non avevo avuto da lui alcun segnale di crisi, o forse io ero troppo assorbita per accorgermene, e comunque l’interruzione del rapporto con mio marito è avvenuta in un modo che non mi sarei mai aspettata». Così Debora Serracchiani ha raccontato in un’intervista a “Vanity Fair” la sua sofferta separazione dal coniuge, dopo cinque anni di matrimonio e venti di convivenza, aggiungendo di aver rinunciato anche a un figlio che lui non desiderava, e di essersene pentita, perché: «Quando devi fare tutto da sola quello che prima facevi in coppia, penso alle vacanze ma anche alla spesa al supermercato, se avessi un figlio oggi mi sentirei meglio».

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Di storie così è pieno il mondo, ma leggere queste parole nelle intime dichiarazioni della presidente della Regione Friuli Venezia-Giulia, con la quale sono stata spesso critica, me l’hanno resa più simpatica e umana, e il suo racconto mi ha colpito, primo perché non è facile confidare le delusioni d’amore con tanta dolorosa sincerità, e poi perché in quelle righe ci sono scritte molte verità comuni delle nostre vite frenetiche, sempre in corsa, senza soste ristoratrici o di riflessione.

Non avvertire che un rapporto sentimentale si sta spegnendo come una candela liquefatta e arrivata alla fine, vuol dire non sentire nemmeno il puzzo del fumo, vuol dire essere troppo distratti, assorbiti da altro, dal lavoro, dal raggiungimento dei propri obiettivi o concentrati sulle proprie ambizioni, tutte cose verso le quali indirizziamo le nostre energie ed attenzioni, a discapito delle persone che ci sono accanto, la cui presenza viene data per scontata come un albero radicato nel giardino di casa, senza accorgerci che invece non è così.

Considerare gli uomini forti abbastanza e preparati culturalmente e logisticamente ad un continuo impegno delle donne fuori casa è sempre un errore, perché per molti di loro rinunciare alle attenzioni quotidiane che una volta gli venivano riservavate, viene percepito come una forma appunto di disattenzione e in seguito di disamore.

La lontananza fisica della persona amata, infatti, in un primo momento viene accettata, sopportata e giustificata, ma alla lunga viene colpevolizzata di egoismo e menefreghismo, ci si sente trascurati, e inevitabilmente, nelle lunghe notti solitarie, si ricerca il calore perduto in altri focolari, più gratificanti e in grado di soddisfare il bisogno di contatti fisici e di amore.

Le nostre relazioni oggi si consumano soprattutto nei cellulari, con messaggi virtuali che, anche se intensi o erotici, non riescono a trasmettere il calore di un abbraccio, la profondità di uno sguardo, il profumo della pelle o il brivido di un bacio sulle labbra. Inoltre, non avere la minima percezione che la persona con la quale condividiamo la vita si sta allontanando, e manifestare sorpresa quando scopriamo che ha fatto le valigie, significa aver perso completamente quella intimità, quella confidenza e quella complicità che una volta si avevano in comune, e non accorgersi che il rapporto si era da tempo consumato sotto i nostri occhi chiusi o rivolti altrove, è ancora peggio, per l’evidente distanza e distacco che si è contribuito a creare senza rendercene conto.

In genere si dice che quando una coppia scoppia, la colpa non è mai di uno solo o di tutti e due, ma di tutti e tre. E però la terza persona che si inserisce in un rapporto logorato non ha alcuna responsabilità, perché viene accolta e invitata ad entrare in una stanza già disabitata, per colmare un vuoto consolidato e non più recuperabile, dove del profumo amoroso precedente non esiste più nemmeno l’odore.

L’amore, si sa, è un sentimento forte e delicato, che ha bisogno di passioni e di carezze, che impone generosità e dedizione, che pretende attenzioni e gesti dimostrativi, che chiede pensieri e parole, perché se è vero che quando ci colpisce ha radici robustissime; queste, se non vengono innaffiate di continuo, si rinsecchiscono, iniziano a scricchiolare sottoterra, mettendo in pericolo di vita l’intero albero, che un giorno qualunque crolla all’improvviso, si schianta senza nemmeno una folata di vento premonitrice, abbattendosi su di noi e su tutte le nostre illusorie certezze.

L’amore quando non è alimentato si affloscia, si sgonfia di intensità e lentamente perde la sua potenza e la sua pulsione, la sua passione scende a livelli di rischio, trasformandosi dapprima in affetto e poi in un sentimento vuoto, insipido, inutile, non più dolce e gratificante, diventando spesso amaro o addirittura irritante.

Comunque la triste storia di Debora Serracchiani ci regala non una, ma due belle morali. La prima è che esistono ancora gli uomini che hanno il coraggio della verità, che ti rivelano limpidamente di essersi innamorati di un’altra guardandoti negli occhi, senza inventare storie penose o umiliarti con ridicole scuse. La seconda è che dell’amore non si può fare a meno, perché la stessa protagonista di questo racconto oggi sta affrontando «un’esperienza di coppia nuova» che le ha regalato nuovamente la felicità. Anche perché se all’amore non si rinuncia mai, quando viene meno lo si ricerca di continuo, essendo ancora un bisogno insopprimibile dello spirito, una irresistibile necessità per riempire la solitudine del nostro cuore, per tenere in vita l’unico sentimento che ci rende vitali, senza il quale ci si sente svuotati e incompleti, privi di entusiasmo, apatici e non motivati, robotizzati nel tran tran quotidiano come degli automi senz’anima.

E anche perché di uomini in cerca d’amore ce ne sono tanti, basta guardarsi attorno.

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