Visualizzazioni totali

mercoledì 26 aprile 2017

DOPO IL "NO" AL REFERENDUM Meglio chiudere che lavorare Alitalia, la follia dei dipendenti è il simbolo dell'Italia peggiore

Alitalia chiuda pure: noi voleremo con altre compagnie


di Giuliano Zulin



Come i mariti che, per vendicarsi delle corna della moglie, si tagliano i cosiddetti, il personale dell' Alitalia, per fare un dispetto all'azienda, si è tagliato il posto di lavoro. Il referendum che ha coinvolto i 12mila lavoratori dell'ex compagnia di bandiera ha visto prevalere i «No». No al licenziamento di quasi 1000 persone, no alla riduzione dell'8% della busta paga, no alla sforbiciata sulle ferie. Eppure questi sacrifici erano vitali: la società perde quasi 2 milioni al giorno. Non sa più volare. Forse i tagli non sarebbero nemmeno bastati per evitarci il crac fra due anni. Erano paragonabili a una scatola di aspirine per un malato grave. Niente...

Passione Senza Riserva
Scopri come vivere fino in fondo la passione per lo sport! 



Piloti, hostess e personale di terra vogliono sfidare lo Stato, vogliono spillare ancora soldi al governo, dopo le decine di miliardi pubblici già buttate negli ultimi decenni. Con la vittoria del «No», il personale di Alitalia ha anche licenziato i sindacati, che avevano sottoscritto il pre-accordo, necessario per far partire una ricapitalizzazione da 2 miliardi. La compagnia non ha tanta liquidità in cassa. Anzi, è quasi finita. E le banche che fino adesso hanno aperto i cordoni della borsa per far un piacere al premier di turno, non sono più disposte a perdere soldi. I lavoratori dell' ex aviolinea di bandiera ora puntano proprio sulle banche per fare pressione sull'esecutivo in modo da continuare a sprecare come da tradizione. Unicredit ha già perso 500 milioni, Intesa e Generali sono esposte per altre centinaia di milioni. I rispettivi manager hanno fatto capire che però la festa è finita.

Solo una vittoria del «Sì» li avrebbe convinti a proseguire l'agonia, non iscrivendo a perdita secca i prestiti ad Alitalia. Peccato abbia vinto il «No». Domani il consiglio d'amministrazione della compagnia dovrebbe a questo punto deliberare la richiesta di amministrazione straordinaria speciale. Sarà nominato un commissario, in base a una legge già utilizzata per i casi Parmalat e Ilva, che bloccherà parecchie attività ordinarie (tipo il pagamento dei fornitori) garantendo comunque i posti di lavoro per due anni. Ma Alitalia non è Parmalat: è un' azienda particolare. Vola tutti i giorni, a tutte le ore, da una parte all'altra dell' Europa e del mondo. Non si può, per dire, fare a meno del carburante. Ci vorrebbe un acquirente subito.

Ryanair? Ma chi è disposto a comprare un'azienda che sta per fallire? Potrebbe anche prenderla. Ma a zero euro... La strada più giusta, a questo punto, sarebbe il fallimento. Gli italiani quasi non se ne accorgeranno: Alitalia rappresenta il 18% del mercato. E il personale può stare tranquillo: avrà due anni di cassa integrazione o altri ammortizzatori e poi scatterebbe l'indennità di disoccupazione. Meglio di così... Ma almeno lo Stato non brucerà più miliardi. Tanto noi continueremo a volare. Con altre compagnie.

Nessun commento:

Posta un commento