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sabato 21 gennaio 2017

Usa: funziona bene etelcalcetide nell’iperparatiroidismo secondario

Usa: funziona bene etelcalcetide nell’iperparatiroidismo secondario


di Eugenia Sermonti



Tre studi di Fase III pubblicati sul Jama hanno valutato il farmaco etelcalcetide in più di 1.700 adulti con iperparatiroidismo secondario (Shpt) in emodialisi e hanno dimostrato che il farmaco ha prodotto riduzioni statisticamente significative e clinicamente rilevanti dei livelli di ormone paratiroideo (Pth) sierico, un marker chiave dell’Shpt. L’Shpt è una condizione cronica e grave che è spesso ingravescente nei pazienti con malattia renale cronica (Ckd) ed è associato a significative conseguenze cliniche. "L’iperparatiroidismo secondario è spesso una condizione progressiva nei pazienti con malattia renale cronica avanzata, compresi quelli con insufficienza renale. Nonostante l'uso di chelanti del fosfato, calcitriolo o analoghi della vitamina D attiva, la gestione dell’iperparatiroidismo secondario è stata relativamente insufficiente in una percentuale significativa di pazienti - ha dichiarato Glenn M. Chertow, MD, professore di medicina e direttore della Divisione di Nefrologia presso la Stanford University School of Medicine - Il trattamento endovenoso con etelcalcetide potrebbe dare agli operatori sanitari un maggiore controllo sulla somministrazione del calciomimetico, e fornire ai pazienti in emodialisi con Shpt un'opzione terapeutica aggiuntiva, riducendo l'ormone paratiroideo e migliorando gli altri importanti parametri di laboratorio". 

In due studi paralleli di Fase III randomizzati e controllati con placebo in pazienti con Ckd con Shpt in emodialisi, Parsabiv ha raggiunto l'endpoint primario e significativamente ridotto il Pth sierico di oltre il 30 per cento nel 74,7 per cento dei pazienti rispetto all’8,9 per cento del gruppo placebo. Inoltre, uno studio testa a testa di confronto tra Parsabiv e Mimpara (cinacalcet orale) ha anch’esso raggiunto il suo endpoint primario. Questo studio testa a testa ha dimostrato la non inferiorità di Parsabiv rispetto a Mimpara orale nella percentuale di pazienti che ha ottenuto una riduzione del 30 per cento o maggiore del PTH sierico. Inoltre, Parsabiv si è dimostrato superiore a Mimpara negli endpoint secondari di percentuale di pazienti con una riduzione maggiore del 30 per cento e del 50 per cento del Pth medio durante la fase di valutazione di efficacia (Eap) rispetto al basale. Un totale di 1.706 pazienti sono stati arruolati nei tre studi per valutare la sicurezza e l'efficacia di Parsabiv nel trattamento di pazienti adulti con Shpt in emodialisi. I due studi controllati in doppio cieco verso placebo hanno visto l’arruolamento di un totale di 1.023 pazienti adulti con Shpt in emodialisi. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere per via endovenosa Parsabiv o placebo tre volte a settimana alla fine delle loro sessioni di dialisi, ed entrambi i bracci hanno anche ricevuto lo standard di cura, come prescritto dal medico curante. Entrambi gli studi hanno dimostrato che, dalla settimana 20 alla 27, significativamente più pazienti trattati con Parsabiv rispetto ai pazienti trattati con placebo, hanno raggiunto:

• una riduzione maggiore del 30 per cento rispetto al basale del Pth sierico medio durante le settimane 20-27: 74,0 per cento rispetto all’8,3 per cento (p <0,001) e 75,3 per cento rispetto al 9,6 per cento (p <0.001)

• livelli sierici di Pth di 300 pg/mL o inferiori: 49,6 per cento rispetto a 5,1 per cento (p <0,001) e 53,3 per cento rispetto al 4,6 per cento (p <0.001)

I più comuni eventi avversi emergenti dal trattamento (treatment-emergent adverse events - Teae) negli studi controllati con placebo che si sono verificati ad un tasso superiore al 10 per cento nel gruppo trattato con Parsabiv, e più frequentemente rispetto al gruppo placebo in entrambi gli studi, sono stati riduzioni della calcemia (riduzioni asintomatiche dei livelli sierici di calcio), spasmi muscolari, diarrea, nausea e vomito. I tassi complessivi di eventi avversi fatali, eventi avversi gravi ed eventi avversi che abbiano portato alla sospensione del prodotto in studio sono risultati simili nel gruppo Parsabiv e nei gruppi placebo. Lo studio testa a testa verso Mimpara ha incluso 683 pazienti con Shpt in emodialisi, e ha visto Parsabiv portare una maggiore percentuale di pazienti ad una riduzione di almeno il 30 per cento del Pth sierico medio rispetto al basale durante le settimane dalla 20 alla 27: 68,2 per cento contro 57,7 per cento, rispettivamente (p = 0,004). Un numero significativamente maggiore di pazienti trattati con Parsabiv ha anche ottenuto una riduzione maggiore del 50 per cento rispetto al basale del Pth sierico medio durante le settimane dalla 20 alla 27: 52,4 per cento contro 40,2 per cento, rispettivamente (p = 0,001). Non si è verificata alcuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi nel numero medio di giorni di vomito o nausea a settimana nelle prime otto settimane, un endpoint secondario. I Teae che sono stati segnalati in più del 10 per cento dei pazienti nei due bracci hanno incluso riduzione della calcemia, nausea, vomito e diarrea. Eventi avversi di ipocalcemia (sintomatica) sono stati riportati nel 5,0 per cento dei pazienti che hanno ricevuto Parsabiv rispetto al 2,3 per cento nel gruppo Mimpara.

"Poichè lavoriamo per migliorare il trattamento dei pazienti con iperparatiroidismo secondario in emodialisi, i risultati pubblicati su Jama sono particolarmente degni di nota considerando che i pazienti ricevevano la terapia convenzionale per l’iperparatiroidismo secondario, ma hanno mostrato una riduzione sostenuta dell’ormone paratiroideo durante 26 settimane negli studi controllati con placebo - ha detto Sean E. Harper, MD, vice presidente esecutivo della ricerca e sviluppo in Amgen -Siamo incoraggiati da questi dati in quanto dimostrano miglioramenti nei biomarcatori chiave per l’Shpt e sostengono il suo potenziale per una patologia che non ha visto alcun progresso per più di un decennio".

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