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domenica 25 dicembre 2016

Matteo Renzi, la disgrazia di Natale Che cosa gli capita. E adesso a casa...

Il Natale disgraziato: perché ora, a casa, rischia di finire la sua parabola politica



Il peggiore dei Natali possibili, per Matteo Renzi. Già, perché l'ex premier non deve fare i conti soltanto con il fatto di essere un "ex". Il punto è che dalla sua Pontassieve, ora, deve fare anche i conti con la netta sensazione di essere accerchiato, nel mirino di altri poteri che, ora che si è allontanato da Palazzo Chigi, vorrebbero sbarazzarsi di lui per sempre. Poteri trasversali e che, un po' sinistramente, assomigliano a quelli che per anni hanno brigato contro Silvio Berlusconi. Certo, si parla anche della magistratura. Si pensi all'inchiesta su Beppe Sala, il sindaco di Milano voluto da Renzi, inchiesta per la quale si è goffamente autosospeso salvo poi subito ritornare in sella. Inchiesta un po' fumosa, proprio come non è chiara quella per la quale, ora, risulta indagato il fedelissimo Luca Lotti, il sottosegretario, al centro di una intricata storia di presunti spionaggi che, per giunta, va a lambire anche il padre di Renzi, Tiziano.

Insomma, da Pontassieve il premier è costretto ad osservare la tenaglia giudiziaria che, giorno dopo giorno, si stringe sempre di più. Tanto che i renziani di ferro puntano contrattaccano: fari puntati contro di noi - questo il sunto - pur di non parlare del disastro dei grillini a Roma. Forse è così, forse no. Di sicuro a complicare il quadro c'è anche altro. C'è anche Paolo Gentiloni, il premier fotocopia che cerca invece di assumere vita propria. Per esempio negando a Denis Verdini e ad Ala anche i sottosegretari che i verdiniani chiedevano e chiedono per l'appoggio che hanno dato al governo. Pare che il premier, su questo, voglia agire in autonomia, creando altri grattacapi a Renzi, che da casa sua, forse, sperava di essere ben più incisivo. Dunque il capitolo Boschi, con la quale le tensioni dopo le dimissioni sarebbero state tutt'altro che marginali.

Infine, ovviamente, c'è il partito. Quel Pd la cui sinistra, ora, ambisce a una vendetta totale: vuole far fuori, e del tutto, quel Renzi che era arrivato a un passo dal far fuori loro davvero. Matteo è accerchiato dal partito su più fronti: su quello del congresso e della segreteria, un tema infuocato. Ma, ora, anche sul referendum sul jobs act, la "madre" delle riforme renziane, che rischia di essere smontata proprio come quella costituzionale. Un Natale infernale, insomma, per quel Matteo Renzi che immaginava un mondo diverso dopo il passo indietro. Immaginava un breve periodo dietro alle quinte, ma neppure "troppo dietro". Un breve periodo che sarebbe andato a suo vantaggio. E invece no. E non solo perché quel breve periodo rischia di essere lunghissimo, leggasi 2018 (il voto rischia di slittare a lungo, e anche su questo Gentiloni, spalleggiato da Mattarella, si sta smarcando). Ma anche perché in questo periodo, breve o lungo che sia, Renzi rischia davvero che la sua parabola politica si avvicini (o raggiunga) la fine.

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