Terrorismo, l'esperto: "È solo l'inizio, stragi dove si vota"
L'attentato di Berlino potrebbe essere il primo di una rinnovata scia di sangue in Europa. Ne è convinto Alain Rodier, ex ufficiale dei servizi segreti francesi e oggi direttore del CF2R, centro transalpino di ricerche sul terrorismo di matrice islamica, che intervistato dal Giorno avverte: "Siamo ancora all'inizio, dobbiamo rendercene conto. Non sappiamo dove andrà a infrangersi questa ondata spaventosa di violenza, né quando finirà".
In realtà l'esperto fa intuire che un orizzonte, almeno temporale, è intuibile, e al solo pensiero mette i brividi. "Questa è la fase più pericolosa, perché quanto più l'Isis perde colpi e arretra sul piano militare, tanto più ricorre ad attentati nel cuore dell'Europa", concorda Rodier con altri analisti. Certo, dietro alla strage del mercatino di Natale a Charlottenburg così come a quella alla sfilata del 14 luglio a Nizza c'è un fattore comune che potremmo definire simbolico: "Gli estremisti islamici odiano la festa e i simboli che rappresenta, lo Stato e il Cristianesimo. Colpire la Natività vuol dire colpire la religione cattolica, la civiltà giudeo-cristiana e tutta la cultura occidentale. Per loro è ormai un'ossessione: in luglio avevano sgozzato un sacerdote di 84 anni in chiesa in Normandia e recentemente la polizia ha sventato diversi attentati contro i mercatini di Natale, fra cui quello di Strasburgo. Si tratta di quelli che noi chiamiamo cibles molles, obiettivi facili". 
Ma dietro la strategia terroristica che qualcuno ha definito già "palestinese", perché potrebbe preferire attacchi rapsodici e difficilmente prevedibili come quelli di tir lanciati sulla folla, c'è soprattutto un preciso fine politico: "Sappiamo che nuovi attacchi sono inevitabili. Tutti i segnali di allarme sono accesi: proclami violentissimi su Internet, dichiarazioni di odio nei confronti della nostra società, intensificazione dell'opera di reclutamento. La novità più grave è che non si cercano più giovani disposti ad andare in Siria e sugli altri fronti di guerra; al contrario, si chiede ai simpatizzanti di Isis di restare in Occidente, a casa loro, per combattere i crociati, cioè noi". A rischiare maggiormente, spiega Rodier, "sono quei paesi che respirano un clima elettorale". Sangue sul voto come arma di condizionamento perché l'obiettivo finale dell'Isis sarebbe quello di dividere il mondo occidentale ma soprattutto quello islamico che vive in Europa: "o con noi o contro di noi", radicalizzare lo scontro e provocare la reazione delle frange più xenofobe della nostra civiltà, contando sul fatto che la reazione islamica radicale sarebbe ben più violenta e sanguinosa.

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