"Coi nostri voti il governo non cade": chi sono (e cos'hanno chiesto in cambio"
Il Senato è pieno di responsabili. No, non solo i verdiniani di Ala, anzi. Il governo Gentiloni ha guadagnato la fiducia a Palazzo Madama grazie al generoso contributo, non sempre disinteressato, di qualche insospettabile. I numeri sono ballerini e, si sa, una mano va sempre accettata. Mattia Feltri, su La Stampa, traccia la mappa di questo guazzabuglio di Sì. Luciano Uras e Dario Stefàno, per esempio, hanno lasciato Sinistra e libertà (che ha votato No alla fiducia) per approdare al Gruppo Misto e sentirsi liberi di sostenere il neo-premier. Uras, suggerisce Feltri, ha però chiesto in pegno a Gentiloni una promessa: "Sostegno al Mezzogiorno e alla Sardegna", essendo il senatore-sindacalista sardo di Iglesias. E Gentiloni ha obbedito, mettendo gli aiuti al Sud tra i punti cruciali del suo programma (senza però citare mai la Sardegna perché, ironizza il cronista, "non è momento di sfacciataggini", ance se nel discorso è spuntata la formula molto democristiana "il Mezzogiorno continentale e insulare"). In soccorso a Gentiloni è arrivato anche il voto di Patrizia Bisinella, "tosiana" e soprattutto compagna del sindaco di Verona Flavio Tosi. E mentre i verdiniani hanno deciso di non partecipare al voto (in 10 propendevano per il No ma hanno vinto gli altri 7) ecco l'apporto significativo di Gal, con tre Sì. E Paolo Naccarato riassume al meglio la filosofia delle Grandi Autonomie: "Non dovete calcolare quanti voti di fiducia avrà nel pomeriggio il governo, ma se ci saranno i voti sufficienti a farlo cadere. Oggi ci saranno? No. Domani? No. Dopodomani? No. Fra tre giorni? No. Fra quattro...".
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