Attenti a quello che mangiate: così i terroristi islamici ci avvelenano il cibo
di Pierangelo Maurizio
Avvelenare i cibi in ristoranti e supermercati, i serbatoi d’acqua, ma anche provocare paurosi incidenti stradali. La follia criminale jihadista non conosce confini. È l’ultimo appello dell’Isis intercettato sul web dai nostri apparati di sicurezza, forze di polizia e servizi. L’invito a colpire con ogni mezzo è rivolto direttamente ai cosiddetti lupi solitari, «fratelli e sorelle che vivete nelle terre abitate dal popolo della miscredenza, che Allah vi permetta di conquistarle».
Dagli analisti è considerato un vero e proprio manifesto della nuova fase stragista in nome della guerra santa. Naturalmente, come nelle migliori tecniche del lavaggio del cervello, fa leva su una causa «nobile», ovvero la necessità di vendicare i musulmani «colpiti da guerre scandalose». Si ricorda poi che l’uccisione degli infedeli - cioè noi - «è lodata». Quindi si passa a suggerire una serie di attentati, con prodotti di uso comune, che «permette di uccidere migliaia di persone». Un autentico manuale di «consigli per le stragi», riservato ai fuori di testa (e come purtroppo la cronaca insegna ce ne sono parecchi).
Si va dalla proposta di usare il topicida sui cibi, magari iniettandolo nella «carne di maiale che mangiano e nel vino che bevono questi porci»: consiglio espressamente indirizzato a chi lavora nei mattatoi e nei locali famosi. Si continua con l’idea di sciogliere il veleno - topicidi vari - nei serbatoi d’acqua, rivelando in questo una visione degli approvvigionamenti idrici secondo probabilmente il modello mediorientale, ma, purtroppo, con qualche aggiustamento non è difficile attuare questo attacco alle bocche di approvvigionamento degli acquedotti delle nostre città. Ancora meglio, secondo il vademecum del terrore spicciolo, introdurre il topicida o un altro veleno nei sistemi di areazione. Così - si precisa - «potrete uccidere in pochi secondi centinaia di questi maiali», che saremmo sempre noi.
Un altro suggerimento è quello di provocare spaventosi incidenti stradali cospargendo la carreggiata di olio di motore sulle strade di montagna e prima di curve particolarmente pericolose, o cambiando la segnaletica stradale per indurre in errore.
La minaccia è presa terribilmente sul serio dall’antiterrorismo e dai nostri servizi. Per una serie di ragioni. Il messaggio è firmato dalla Nashir Foundation, uno degli strumenti della propaganda di morte dell’Isis. Secondo gli esperti è direttamente riconducibile al portavoce dello Stato islamico, quell’Abu Mohammad al-Adnani ritenuto più che pericoloso. Ogni volta che parla, entra in azione in Europa una cellula jihadista o qualche «lupo solitario», che poi non è mai così solitario. Ad esempio un suo intervento audio diffuso sui social il 21 maggio ha preceduto la strage con il tir a Nizza (86 morti) del 15 luglio. Al-Adnani è uno dei più fervidi teorici che ammazzare un «crociato» civile - bambino, uomo, donna, giovane o vecchio - o un militare non fa alcuna differenza. In precedenza ha ordinato: «abbiate fiducia in Allah e uccidete in ogni modo… se non avete un proiettile o una bomba, usate una pietra per rompergli (ndr, all’infedele) la testa, o un coltello, o investitelo con l’auto… o avvelenatelo».
Tutti «suggerimenti» messi tragicamente in pratica. «Site», il sito di Rita Katz specializzato in terrorismo islamico, da giorni sta monitorando come tra i sostenitori dello Stato islamico ha suscitato entusiasmo e un acceso dibattito l’idea dell’olio di motore da cospargere sulle nostre strade per provocare ecatombi a costo zero. A ben vedere la propaganda armata del jihad ha qualche punto in comune con quella del nostro terrorismo politico del secolo scorso.
Basta sventolare una giusta causa - vendicare le «guerre scandalose» contro i musulmani o i torti subiti dal proletariato - e svuotare di ogni essenza umana i bersagli - poliziotti e magistrati «servi del capitalismo» o i noi «crociati» considerati «maiali» - ed il gioco è fatto. La differenza maggiore, i jihadisti affondano metodi e mezzi nel medioevo. Un medioevo che riguarda l’islam. Ma in mezzo ci siamo noi.
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