Un terremoto: abolito il bollo auto. Novità e retroscena: cosa c'è dietro
di Elisa Calessi
L’arma segreta è pronta. Matteo Renzi, però, aspetta ancora a usarla. Lo farà più avanti, in piena campagna elettorale per le elezioni amministrative. Quel passaggio che in molti lo accusano di ignorare. Ma non è così. O meglio: il premier è preoccupato non solo degli elettori di Roma o Napoli, ma anche di tutti gli altri. È preoccupato che gli italiani, nonostante le riforme fatte e i dati che cominciano sia pure debolmente a migliorare, abbiano sempre meno fiducia nel governo (e in lui). E il passato, anche recente, dimostra che è difficile invertire certe tendenze. N on se lo può permettere. Soprattutto perché in autunno c’è il referendum costituzionale su cui ha scommesso tutto.
«Serve qualcosa come gli 80 euro», ripete. Qualcosa che gli italiani sentano subito come una boccata d’aria. E che raggiunga una platea vasta. Dopo aver messo al lavoro il team economico insediato a Palazzo Chigi e aver verificato con via XX Settembre la fattibilità della proposta, il piano è quasi definito. La mossa a sorpresa è la cancellazione del bollo auto. Una delle tasse più odiose per gli italiani, subito dopo quella sulla casa. Tenuto conto che di auto ce n’è almeno una per famiglia, abolirla significa arrivare in tutte le case degli italiani. Gli uffici di Palazzo Chigi hanno appurato che il bollo, a oggi, è pagato da 50 milioni di persone.
Certo, il problema è la copertura. L’imposta è statale. Ma il gettito è destinato alle casse delle regioni, che la utilizzano per tutte le spese extra-sanitarie. Si chiederebbe alle regioni, già oggetto di tagli ai trasferimenti, di rinunciare, in totale, a una torta di 5,9 miliardi. A meno che non si decida - cosa che è allo studio - di prevedere, almeno nel primo anno- un’esenzione parziale: per esempio si potrebbe pensare di non fare pagare il bollo solo a chi acquista un’auto nuova o, se si vuole ridurre ancora di più la platea, solo per i primi tre anni. In quest’ultimo caso si arriverebbe a 350 milioni. Ma le ipotesi allo studio sono diverse. Si ragiona, come via di riserva, sulla cancellazione delle tasse sui passaggi di proprietà o del superbollo, introdotto nell’ultimo scorcio del governo Berlusconi e confermato da Monti. C’è poi da tener presente che la tassa cambia da regione a regione, a seconda delle esenzioni, legati a particolari categorie di proprietari o di veicoli. Altra ragione che pende a favore dell’abolizione è che il tasso di evasione è molto alto, in media il 12%. Prova che il sistema com’è ora non funziona.
La mossa di Renzi provocherebbe una sollevazione delle regioni, aprendo l’ennesima guerra coi governatori. A meno che lo Stato, come ha fatto con la Tasi, non decida di rimborsare alle regioni i mancati incassi. Ipotesi anche questa non scartata. Anzi, al momento si lavora su questo, cercando un tesoretto nel risparmio sugli interessi sul debito.
Non è, però, l’unica arma a disposizione. Tommaso Nannicini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e a capo del team economico alle dirette dipendenze del premier, sta lavorando a una riforma sulla contrattazione di secondo livello. Si tratta di introdurre forme di partecipazione dei lavoratori all’impresa, come accade in molti Paesi europei, e di agganciare in modo diffuso i salari alla produttività. Un intervento, questo, che permetterebbe di irrobustire le buste paga dei lavoratori.
L’idea dell’abolizione del bollo auto non è nuova. Renzi ci aveva provato nella legge di stabilità 2015. Ma il tentativo fallì. Ora si è deciso a riprovarci. Anche perché teme che l’effetto atteso dall’abolizione della Tasi, su cui tanto ha scommesso, si sia già sgonfiato. Gli aumenti delle tasse locali, delle tariffe di luce e gas, delle rette degli asili nidi e via dicendo si sono già mangiati i risparmi dell’abolizione della tassa sulla prima casa. «Serve qualcosa di nuovo e di popolare», ripete Renzi. Cosa meglio del bollo auto?
Sempre nell’ottica di vincere lo scetticismo che, secondo i sondaggi che gli arrivano, sono imperanti tra gli italiani, Renzi ha deciso di tenersi alla larga dalle querelle politiche. Per questo non ha detto una parola sulle polemiche seguite alle primarie. «Per la gente sono respingenti. La minoranza», dice ai suoi, «vuole trascinarmi a parlarne per logorarmi, ma non glielo permetterò. Non mi fermeranno». Un accenno, forse, lo farà domenica alla scuola di formazione del Pd. Intanto ieri, all’inaugurazione di un cantiere della Salerno-Reggio Calabria, si è scagliato contro «la politica politicante, quella che è sui giornali e in Tv, le discussioni interne tra i partiti e tra gli addetti ai lavori sono tutte cose che agli italiani non interessano». E poco dopo, su Twitter, ha scritto: «Mentre i soliti vivono di polemiche, noi a Mormanno stiamo con l’Italia che lavora».
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