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venerdì 18 settembre 2015

L'immigrazione all'italiana: dentisti gratis per i clandestini

Immigrazione, in Italia dentisti gratis per i clandestini



di Dino Bondavalli


Sarà anche vero, come ha sottolineato l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra), che garantire a tutti gli immigrati, regolari o irregolari che siano, non solo l’assistenza di emergenza, ma anche tutte le altre prestazioni sanitarie, garantisce sul lungo periodo un risparmio economico al sistema. Ma quanto sta accadendo in Italia, dove profughi e richiedenti asilo «hanno diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria», fa sorgere più di una perplessità. L’universalità delle cure garantita dal Sistema sanitario nazionale, la cui sostenibilità è già messa in serio pericolo dai tagli del governo e dalla cattiva gestione delle risorse di molte Regioni, è infatti all’origine di situazioni a dir poco paradossali. Tra i casi più eclatanti quello delle cure odontoiatriche erogate dal Servizio sanitario nazionale.

Mentre gli italiani si avventurano in viaggi in Romania, Croazia o Ungheria per risparmiare sul dentista e garantirsi cure dentali low-cost, le liste di attesa per le prestazioni garantite dalla sanità italiana vengono occupate da nomi stranieri. «Almeno il 50% delle prestazioni che io erogo in Sistema sanitario nazionale sono a favore di stranieri», conferma un odontoiatra milanese che collabora con due dei principali ospedali del capoluogo lombardo. E anche se non è dato sapere quanti di questi vivano in Italia da anni e quanti siano invece profughi o presunti tali, visto che oltre il 50% delle domande di asilo presentate in Italia vengono poi bocciate, è chiaro che nel computo totale c’è di tutto. Non basta. Se per i cittadini italiani sfuggire al ticket sulle prestazioni è una missione al limite dell’impossibile, profughi e richiedenti asilo rientrano tutti nelle condizioni di svantaggio sociale ed economico che garantiscono cure a titolo gratuito. Mentre il pensionato o la famiglia a basso reddito pagano il ticket sull’otturazione di una carie, l’incisione di un ascesso o l’ablazione del tartaro, per loro la prestazione è a costo zero.

Una condizione che riguarda anche le altre prestazioni sanitarie. E che, per quanto concerne le prestazioni urgenti e quelle definite dai livelli essenziali di assistenza (Lea), garantite per legge anche agli immigrati irregolari, finisce per avere un impatto pesante sulle casse delle Regioni. Il meccanismo per gli stranieri senza permesso di soggiorno prevede infatti che questi sottoscrivano una semplice dichiarazione di indigenza per vedersi riconosciuta una tessera sanitaria ad hoc, contraddistinta dal codice "Stp"(Straniero temporaneamente presente). Con questa possono accedere alle cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti ed essenziali, i cui costi, in base al Testo unico sull’immigrazione, sono a spese del ministero dell’Interno. Questo in teoria. La pratica, denunciano infatti dalla Regione Lombardia, dice che il ministero rimborsa i costi a suo carico con tempi biblici. Basti pensare che l’Asl di Milano, che copre circa il 60% delle prestazioni effettuate in Lombardia, ha riscosso ad oggi solamente 28 dei 116 milioni di euro di spese per prestazioni erogate a clandestini tra il 2004 e il 2014. O che in Lombardia, dove sono presenti circa 100 mila stranieri senza permesso di soggiorno (37.500 solo a Milano, dati Orim-Ismu), mancano all’appello 110 milioni di euro sui 150 spesi nell’ultimo decennio.

«Dovremmo adottare il modello inglese, che da pochi mesi ha introdotto restrizioni e prestazioni a pagamento per gli immigrati», suggerisce il leader della Lega Nord, Matteo Salvini. «Io intanto ho invitato Maroni a pignorare allo Stato 150 milioni di euro di beni, visto che questa è la cifra per le cure dei clandestini che abbiamo anticipato a nome di Roma negli ultimi anni».

Nel frattempo, con gli oltre 121 mila sbarchi sulle coste italiane nei primi nove mesi dell’anno, la situazione in molti pronto soccorsi sta degenerando. L’allarme è partito dall’ospedale Carlo Poma di Mantova, dove il responsabile del dipartimento emergenza urgenza, Mario Luppi, ha denunciato il pesante impatto economico e organizzativo dei tanti profughi che si rivolgono alla struttura. Ma «il problema è generalizzato e non riguarda solo Mantova», puntualizza il direttore generale dell’azienda, Luca Stucchi. «La spesa sanitaria attribuita all’assistenza ai migranti è di circa 45 milioni di euro», stimano dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Presto sarà molto di più.

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