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lunedì 10 agosto 2015

Marò, cosa vuole ottenere l'Italia Tutti gli errori in tre anni e mezzo

Amburgo, parte l'arbitrato internazionale per i due marò: gli errori dei governi italiani e cosa si può ottenere subito



@juan_r



Ci sono voluti tre anni e sei mesi perché la drammatica vicenda dei due Marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, finisse al Tribunale internazionale per il diritto del mare ad Amburgo, in Germania, chiamato ora a risolvere la questione tra l'Italia e l'India dopo il palese fallimento di ogni tentativo diplomatico e politico portato avanti finora da tre governi italiani. Il processo partito questa mattina, 10 agosto, è destinato a durare almeno due anni, ma già entro la fine di agosto la Corte internazionale dovrà esprimersi sulle prime richieste avanzate dalla difesa italiana e, naturalmente, contestate dall'accusa indiana.

Gli errori - Lo strumento dell'arbitrato internazionale è arrivato solo dopo una lunga serie di errori commessi in particolare dal fronte italiano, come spiega sul Corriere della sera Franco Venturini. Subito dopo la morte dei due pescatori indiani, scambiati dai due militari italiani per due pirati, la nave Enrica Lexie, sulla quale Girone e Latorre prestavano servizio di sicurezza, fu fatta entrare nel porto di Kochi, quindi in acque indiane. Da quel momento le autorità e i tribunali indiani hanno contrapposto diversi rinvii, alcuni palesemente provocatori, a fronte della confusa e inefficace azione diplomatica italiana. Poco e niente hanno potuto fare gli alleati come Stati Uniti e Gran Bretagna per mettere pressione a Nuova Delhi, considerando che la vicenda dei Marò si è trasformata presto in una questione di dignità nazionale. Motivo per cui la stessa italiana Sonia Gandhi, leader del principale partito indiano dell'epoca, ben poco ha potuto incidere per sbloccare la situazione.

L'illusione - Nel 2014 è diventato premier Narendra Modi, leader del partito nazionalista indiano, ma con posizioni moderate nei confronti della vicenda dei due Marò. Il governo Renzi ha quindi immaginato una nuova e speranzosa apertura al dialogo, ma nella sostanza nulla è cambiato, facendo passare altro tempo inutilmente. Lo scorso giugno, quindi, l'Italia ha deciso di affidarsi al Tribunale internazionale, non essendoci più alternative.

Le richieste - Da parte italiana, tre sono le richieste sottoposte alla Corte che sono state avanzate dal capo della squadra di giuristi che rappresenta l'Italia in aula, il britannico sir Daniel Bethlehem. La prima è che Latorre possa rimanere in Italia per continuare a curarsi fino alla fine del dibattimento; la seconda è che Girone, oggi in residenza sorvegliata a Nuova Delhi, possa rientrare in Italia, anche lui fino alla fine della procedura internazionale; la terza è che vengano sospese le azioni penali contro i due marò in India, anche perché finora nessuna corte indiana ha mai formalizzato un'accusa contro i due militari.

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