Papponi del vitalizio, le pensioni da serie A degli ex big del calcio da Antonio Matarrese a Giancarlo Abete
di Franco Bechis
Nella loro vita ne hanno visti tanti, e chissà quanti calci di rigore li hanno resi furibondi. Da giocatori in campo, da dirigenti sportivi ai massimi livelli. Chissà quante volte ce l’hanno avuta con l’arbitro... Ma di vite ne hanno avute due, talvolta anche parallele. Sono diventati parlamentari, hanno conosciuto un altro tipo di arbitro, che non porta i calzoncini corti ma spesso suscita discussioni simili. Poi sono andati in pensione, e da quel momento la loro vita si è capovolta. Non più calci di rigore. Ma un calcio, anzi un calcione al rigore. Si sono presi il vitalizio, e in breve tempo il rigore è stato un pallido ricordo.
Antonio Matarrese, presidente del Bari dei primi anni Ottanta. Poi a ruota alla guida della Lega calcio per un lustro. Da lì schizzato al vertice della Federcalcio, di cui è stato signore e padrone fra il 1987 e il 1996. Organizzò i mondiali 1990 in Italia, chiamò Arrigo Sacchi alla guida della Nazionale di calcio. Erano i tempi di Roberto Baggio e Totò Schillaci, e nel palmares azzurro di Matarrese ci fu una medaglia di bronzo ai mondiali del ’90 e una di argento a quelli del ’94. Bei tempi, e la passione per il calcio è proseguita, tanto è che ancora a inizio anni duemila divenne vicepresidente vicario della Lega guidata da Adriano Galliani. E nel 2013 è stato nominato membro onorario della Figc. E mentre si divertiva con il pallone, Matarrese viveva una seconda vita, naturalmente un po’ a singhiozzo visti gli impegni sportivi: deputato ininterrottamente dal 1976 al 1994, 18 anni. Contributi versati per il vitalizio: 223 mila euro. Assegni già riscossi: 991 mila euro. Differenza a suo vantaggio: 768 mila euro. Un calcione al rigore delle finanze pubbliche, anche se quello spread pazzesco fra versato e riscosso non è un privilegio proprio di Matarrese. L’arbitro ha assegnato quella possibilità a tutti gli ex parlamentari. Quelli che hanno fatto solo politica e quelli che hanno vissuto ben altri mestieri, anche più redditizi.
Come Matarrese il calcione al rigore l’ha tirato pure Giancarlo Abete, fratello di Luigi (ex presidente di Confindustria e attuale presidente di Bnl), imprenditore di successo e con una lunga carriera dirigenziale interna alla Figc, che ha presieduto dal 2007 ai rovinosi ultimi mondiali di calcio del 2014, quelli finiti da Cesare Prandelli contro l’Uruguay. È stato anche capo delegazione della federazione ai vittoriosi mondiali del 2006 in Germania. Mentre faceva carriera nel calcio, Abete si è fatto una capatina in Parlamento: deputato dal 1979 al 1992, tredici anni. E se ne è uscito con un vitalizio da 3.796 euro mensili. Che gli hanno già portato in tasca 668 mila euro di assegni, a fronte di 181 mila euro di contributi versati. Ha guadagnato 486 mila euro, da vero bomber che ha contributo come tanti altri a sfasciare quel rigore dei conti pubblici che poi sarebbe stato regola solo per gli altri italiani.
Come l’autorevole coppia tanti altri sportivi: da Enzo Maiorca, re dell’apnea che in Parlamento si è fatto solo un breve giretto grazie ad An, ed è già in vantaggio di 432 mila euro rispetto ai contributi versati. O come un altro calciatore che ha militato nello stesso partito: Luigi Martini, detto Gigi, che fu nella grande Lazio di Giorgio Chinaglia e vinse il primo scudetto biancoceleste. Poi ha fatto tanti altri mestieri, e alla fine si è preso (da non molto) il vitalizio. Pochi anni ed è già in vantaggio di 187 mila euro sui contributi versati. Dietro di loro una lunga fila di sportivi e dirigenti sportivi che o è andata in pensione solo nel 2013 o deve ancora andarci, ma che godrà delle stesse generose regole se nessuno vorrà cambiarle: Mario Pescante, ex presidente del Coni, Paolo Barelli, capo della Federnuoto, e ancora Franco Carraro (che è attualmente senatore), altro potente dello sport italiano. Tutti pronti per il loro calcio al rigore. È solo questione di tempo.
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