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giovedì 19 febbraio 2015

Quella nave "fantasma" da 200 milioni: lo strano affare della banca di papà Boschi

Banca Etruria, tra gli affari della banca del papà di Maria Elena Boschi spunta una nave fantasma da 200 milioni

di Giacomo Amadori 



Nelle vicissitudini della Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, l’istituto aretino di cui si favoleggiano i legami con la vecchia Democrazia cristiana e con la massoneria, non poteva mancare la storia di un finanziamento a un cantiere di yacht  per clienti vip (si parlò anche di Brad Pitt) e in odore di “grembiulini”, ma che di barche, alla fine, nonostante i proclami, non ne ha varata neppure una. Sul sito ufficiale dell’azienda, la Privilege yard, si legge che per un panfilo di 130 metri occorrono 30 mesi di lavoro. Peccato che nel cantiere di Civitavecchia, inaugurato nel 2007, non siano bastati 100 mesi per portare a termine il primo gioiello di questa presunta “Maranello del mare”: il P430. L’azienda ha come socio unico la britannica Shipping investment limited e sembra aver ottenuto generosi aiuti economici da pool di banche, in cui l’Etruria compare anche come capofila. Eppure il curriculum aziendale non è dei migliori, macchiato com’è da procedimenti giudiziari, richieste di ammissione al concordato preventivo e tavoli istituzionali di salvataggio. Attualmente il cantiere è chiuso e gli operai a spasso. Il procuratore della città laziale, Gianfranco Amendola ha confermato a Libero: «Su Privilege abbiamo almeno 3 o 4 fascicoli aperti e uno è stato affidato al gruppo che si occupa dei reati finanziari. Di più non posso dire».

La scorsa settimana le indagini sull’erosione del patrimonio della Banca dell’Etruria hanno portato al commissariamento dell’istituto da parte del Tesoro e di Bankitalia. Un grattacapo non da poco per il governo visto che in pratica si trattava della banca di famiglia del ministro Maria Elena Boschi: il papà Pierluigi era il vicepresidente, il fratello Emanuele è un dirigente e tutti in casa detengono piccole quote. La decisione di azzerare i vertici è stata intrapresa anche a causa dei prestiti divenuti inesigibili. Tra i benificiari, come detto, figura pure Privilege.

Nell’ottobre del 2012 il Messaggero annunciò un mutuo da 100 milioni di euro in questi termini: «Un contributo importante, visto che è stato erogato da istituti del calibro di Unicredit, Banca Intesa, Monte dei Paschi di Siena e Banca Popolare di Milano con Banca dell’Etruria come capofila». Ma per quel prestito devono esserci stati dei problemi e dieci giorni fa il sindaco di Civitavecchia, Antonio Cozzolino, ha diramato questo comunicato: «Nonostante le ripetute rassicurazioni ad oggi dalla Privilege S.p.A. non ci sono arrivate formali garanzie circa il ricevimento da parte dell’azienda del finanziamento necessario per la ripresa dei lavori del cantiere navale».

In realtà a Libero risulta che la popolare dell’Etruria abbia concesso alla Privilege fleet management co., la finanziaria del gruppo, dal 2011 in liquidazione, circa 34 milioni, 18 dei quali nel novembre del 2014. Un tesoretto versato quando la società e la banca erano già sulle montagne russe, tanto che quel prestito è stato etichettato come “incagliato”, ossia in pre-sofferenza. In passato Privilege aveva ottenuto altri aiuti, come risulta dall’ultimo bilancio depositato, quello del 2012. Leggiamo: «I debiti verso le banche per finanziamenti hanno consuntivato un valore di euro 121.366.970». A concedere quei soldi è stato un pool di banche (Mps, Banca delle Marche, Unicredit e banca popolare dell’Etruria). A quest’ultima, in particolare, è attribuito uno stanziamento di 5,6 miloni per l’impianto fotovoltaico. Alla voce “fidejussioni e garanzie concesse a terzi” c’è un altro paragrafo interessante: «Per un importo di euro 200 milioni sono relative ad ipoteche sulla nave P430 afferenti il debito sottoscritto da un pool di banche con capofila la Banca Etruria. Il contratto sottoscritto con tale banca prevede l’accensione di un’ipoteca».

La frase è ellittica e così contattiamo per avere delucidazioni il segretario del cda di Privilege, Antonio Battista. Risponde infastidito: «Quello dell’Etruria è un finanziamento pulito, ci sono gli atti, c’è tutto, è inutile che stiamo a discuterne». Nel bilancio di Privilege si fa riferimento a una fidejussione da 200 milioni di euro: «È un dato davvero molto impreciso, forse deve consultare un tecnico». Obiettiamo che nessuno meglio di lui può aiutarci a comprendere: «La devo proprio lasciare, mi dispiace» è il suo addio.

Non va meglio con l’ufficio stampa della banca dell’Etruria: interpellato sul punto, ha risposto che, dopo il commissariamento, certe informazioni non possono essere comunicate ai giornali se non dalla nuova dirigenza.  Ma chi c’è dietro Privilege? L’ideatore del progetto è il settantaquattrenne Mario La Via, che sul sito della società è descritto come uno “specialista di giga yacht”: tra le sue creazioni ci sarebbe il Nabila di Adnan Khashoggi e Donald Trump. La Via è l’amministratore delegato di Privilege, mentre il presidente è un generale della Guardia di finanza in pensione, l’ottantenne Giovanni Verdicchio. I consiglieri sono gli avvocati Giulio Simeone e Giorgio Assumma e i due figli gemelli di La Via, Maria e Guglielmo, classe 1990. Nel 2007 un comunicato stampa della società informava che dietro alla Privilege c’era la Ultrapolis investment 3000: «È una multinazionale con sede a Singapore, Hong Kong, Stati Uniti e Londra. Il presidente è l’ex segretario dell’Onu Perez de Cuellar, gli azionisti sono Robert Miller, proprietario nel mondo di duty free shops, tra i maggiori azionisti di Louis Vuitton e Cnn, e Mario La Via finanziere internazionale, proprietario di banche private, ideatore creativo e dominus dell’imponente progetto navale».

Una quindicina di anni fa la Ultrapolis finì nel mirino dell’Interpol, senza risultati, visto che la holding del gruppo si trovava nel piccolo paradiso fiscale delle isole Bermuda. Nel 2004 la stessa Ultrapolis (all’epoca descritta come “una società del sultano del Brunei”) aveva annunciato un altro mega progetto, da 900 milioni di euro, per un parco giochi (Agarta) da realizzare a Roma, copia perfetta di un luna park asiatico. Di entrambi non si pose neppure la prima pietra. A promuovere il piano erano l’amministratore delegato di Ultrapolis Rinaldo Romani e il direttore La Via. Entrambi residenti a Singapore. Romani all’epoca era membro ufficiale di una loggia massonica locale. Come presidente di Ultrapolis Italia venne annunciato l’ex ministro democristiano Vincenzo Scotti, che nel 2007 assunse lo stesso incarico nella Privilege Fleet. Tra i consiglieri di quest’ultima anche “Sua altezza reale Pavlos di Grecia” e Gianni Rivera, ex sottosegretario alla Difesa in tre governi di centro-sinistra, dal 2011 liquidatore della società. Nel 2012 Scotti viene nominato presidente onorario di Privilege Yard per «l’indiscutibile privilegio che deriverebbe (alla Privilege ndr) dall’assegnazione di tale carica».

A mettere in relazione il parco giochi e gli yacht è anche il nome dell’imprenditore e banchiere Giancarlo Elia Valori che avrebbe dovuto entrare nel cda di Agarta ed è successivamente divenuto sponsor di Privilege mentre era presidente della finanziaria regionale Sviluppo Lazio. Ad Arezzo è stato espulso dalla P2 di Licio Gelli ed è considerato uno dei maggiori esperti italiani di questioni massoniche, di cui scrive brevi saggi a puntate sulla rivista del Grande Oriente d’Italia. Ma forse il collegamento più diretto con l’istituto è un altro. L’ex presidente dell’Etruria Giuseppe Fornasari, attualmente indagato dalla procura aretina per falso in bilancio, è stato sottosegretario all’Industria nel sesto governo Andreotti, lo stesso in cui Scotti era ministro dell’Interno. Perché in Italia i democristiani non tramontano mai.

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