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giovedì 1 gennaio 2015

MAI PIU' UNO COSI' Crisi, Monti e politica corrotta? Napolitano si fa il monumento e scappa dalle sue colpe

Quirinale, il discorso di fine anno di Giorgio Napolitano: "Presto mi dimetto. Bene le riforme, no agli anti-euro"




"Negli ultimi tempi ho toccato con mano le crescenti limitazioni e difficoltà nell'esercizio dei miei compiti istituzionali, limitazioni legate all'età. Ho il dovere di non sottovalutare i segni dell'invecchiamento". Con queste parole Giorgio Napolitano saluta gli italiani nel suo ultimo discorso di fine anno da presidente della Repubblica. A 90 anni, è l'ultimo discorso del Re (Giorgio). Nessuna data, ma l'annuncio delle dimissioni arriva subito. E si tratta, chiarisce Napolitano, di una "valutazione personale, costituzionalmente rimessa al solo presidente, che non condiziona in alcun modo governo e parlamento né subisce condizionamenti da essi". L'addio ufficiale arriverà a metà gennaio. Il testamento del presidente è affidato a 20 minuti tra analisi politica e invito ai concittadini a "reagire alla crisi uniti. Il modo in cui ci risolleveremo lo determineremo tutti noi, con senso di responsabilità, dovere, legge. Senso della Nazione". Proprio come "la ricostruzione post-bellica", che rimise in piedi l'Italia. "Ciascuno faccia la propria parte al meglio. Io stesso ci proverò, nei limiti delle funzioni, dopo aver lasciato il mio incarico. Resterò vicino agli sforzi degli italiani, con infinita gratitudine per quel che ho ricevuto in questi quasi nove anni. E che il 2015 sia un anno fecondo per il nostro Paese, le nostre famiglie, i nostri ragazzi". 

Discorso disarmante - Il giudizio finale, però, non è positivo: indulgente con se stesso e con le proprie scelte (il rigorista Monti su tutti), mai critico con la politica (anche perché di fatto ha diretto lui i giochi negli ultimi 3 anni), fumoso sulle riforme, addirittura retorico sulla crisi economica e sociale. Di tutti gli otto discorsi di fine anno al Colle, questo è il meno memorabile, se non perché è l'ultimo.

Lo slogan: Bravo Giorgio - L'ammissione delle dimissioni vicine offre subito il pretesto al presidente uscente per invitare i partiti chiamati ad eleggere il suo successore a "una prova di maturità". In ogni caso, è l'invito di Napolitano, "si chiuderà la parentesi di una eccezionalità costituzionale", cioè la sua rielezione. "Ad aprile 2013, in una fase di grave sbandamento, la scelta della mia riconferma fu determinante per avviare la nuova legislatura e dare un governo. Si è evitato di confermare l'immagine di una Italia instabile che ci penalizza, e si è messo in moto il processo di cambiamento. E' positivo che ora si torni alla normalità e alla regolarità dei tempi di vita delle istituzioni".

Elogi alle riforme - La condizione per la sua elezione era "un'incisiva iniziative di riforma. Processo iniziato, e ora niente battute d'arresto". Renzi non viene mai citato, ma blandito sì quando si loda "l'importanza del superamento del bicameralismo paritario e la ridefinizione del rapporto stato-regioni". Quindi blinda il patto del Nazareno auspicando "sul più vasto programma di riforme, il dialogo con forme esterne alla maggioranza, anche per il varo di una nuova legge elettorale". 

La crisi - Sulle riforme economiche nessun commento particolare, al di là di un generico e scontato appello all'unità nazionale. Napolitano parla di "sgomento" e "diffuso e dominante assillo per le condizioni dell'economia, il calo del reddito e dei consumi, il degrado delle famiglie, il dilagare disoccupazione giovanile e la perdita di posti di lavoro". Una fotografia precisa, ma di una pochezza disarmante. Di risposte nemmeno l'ombra. E di autocritica men che meno, visto che gli anni della crisi sono stati gli anni di Napolitano presidente. Una crisi che il Quirinale non ha saputo gestire se non piazzando a Palazzo Chigi prima Monti e poi Letta, gli uomini in linea con Bruxelles e con i vertici europei. E se oggi, parola di Napolitano, "gli Usa conoscono una impennata", è proprio l'Europa la grande malata. E non è un caso. Tragicomico l'applauso a Renzi: "L'Italia ha colto l'opportunità del semestre per sollecitare cambiamento delle politiche dell'Unione, all'insegna del rilancio solidale delle economie". Telefonato l'attacco anche all'euroscetticismo di Lega e Movimento 5 Stelle: "Non c'è niente di più velleitario e pericoloso del richiamo al ritorno alle monete nazionali e alla disintegrazione dell'euro". 

 Gli esempi positivi - Si conclude con il richiamo alla lotta alla corruzione sull'onda di Mafia Capitale ("Dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società, e farlo insieme: società civile, politica, Stato. Solo riaffermando i propri valori morali, cultura e solidarietà la politica potrà riacquistare la sua centralità") e la citazione degli esempi positivi del 2014: "Fabiola Gianotti nuova responsabile del Cern, l'astronauta Samantha Cristoforetti, Fabrizio il medico di Emergency in Sierra Leone per combattere l'ebola a costo di esserne contagiato, o Serena Petrucciuolo che sulla nave Etna ha aiutato una profuga nigeriana a partorire la notte di Natale. Oppure i coraggiosi passeggeri italiani sul traghetto in fiamme nell'Adriatico. Dobbiamo essere orgogliosi di questi italiani", ha ricordato un commosso Napolitano. L'ideale conclusione tradisce una supponenza fuori luogo: "Ho fatto del mio meglio in questi anni lunghi e travagliati per sanare le ferite all'unità nazionale e ridarle l'evidenza perduta. Se ci sia riuscito, toccherà a chi vorrà analizzare il mio operato con serenità e spirito critico". Ma forse è lecito domandarsi fin da adesso se in nove anni di sua presidenza, con l'Italia precipitata in una crisi politica, economica e sociale senza precedenti, la colpa non sia anche di Napolitano.

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