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martedì 14 ottobre 2014

Inquinamento atmosferico: mai più pasta al dente

Inquinamento atmosferico: mai più pasta al dente




Secondo una ricerca italiana su 12 varietà di frumento, l'incremento di anidride carbonica nell'atmosfera causerà la diminuzione dei livelli di proteine all'interno del grano duro. Il risultato? Nel 2050 la pasta non terrà più la cottura. La pasta al dente: un piacere del tutto italiano. Nessuna popolazione, come la nostra, è in grado di riconoscere con esattezza il momento preciso in cui la cottura delle penne, degli spaghetti, delle fettuccine giunge alla perfezione: con buona pace dell'indicazione dei minuti stampata sulle confezioni, sovente imprecisa e insoddisfacente. La maledizione dell'italiano all'estero è rappresentata dall'impossibilità di trovare un ristorante, o anche solo un'azienda di pasta secca da supermercato, in grado di conoscere questo segreto e metterlo in pratica: il risultato è che i primi piatti, al di fuori dell'Italia, sono più simili come consistenza alla colla.

Ciò nonostante, il futuro della pasta al dente risulta a repentaglio anche nel Bel Paese. La ragione? L'aumento dei livelli di anidride carbonica nell'atmosfera, secondo una sperimentazione degli scienziati del Centro di Ricerca per la Genomica del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura di Fiorenzuola d'Arda svolta sul Sistema FACE, Free Air CO2 Enrichment, traducibile come Arricchimento dell'Aria aperta con CO2. In uno studio svolto in collaborazione con l'Istituto di Biometeorologia del CNR di Firenze, che ha simulato le modifiche delle condizioni atmosferiche da qui al 2050 e le ripercussioni su 12 varietà di frumento diverso, tra 35 anni il grano duro avrà maggiore resa, a causa dell'effetto fertilizzante dell'aumento del CO2, ma a causa dell'incremento di questa sostanza nell'aria il grano sarà caratterizzato da una minore concentrazione di proteine, condizione necessaria per il tipo di cottura che piace all'italiano medio.

Il buco dell'ozono, dunque, che porta ad una crescita stimata dei livelli dell'anidride carbonica del 30%-40% di qui al 2050, possiederebbe come conseguenza, tra altre probabilmente ben più serie e gravi, quello di una maggiore probabilità di mangiare pasta scotta. Secondo i ricercatori, per evitare tale indesiderato strascico, occorre una diminuzione dei livelli di CO2 nell'atmosfera o, in alternativa, un lungimirante lavoro di miglioramento ed adeguamento genetico del grano. Alla luce delle numerose sperimentazioni e previsioni, che parlano di conseguenze gravissime e di disastrosi cambiamenti climatici se non cambieremo registro per ciò che concerne il nostro stile di vita, probabilmente la prima ipotesi potrebbe risultare preferibile.  

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