Batteri trapiantati nello stomaco per combattere l'obesità
Dal diabete all’obesità, dalla sclerosi multipla all’autismo: sono solo alcune delle malattie la cui soluzione potrebbe trovarsi in una nuova metodica, il trapianto di flora batterica intestinale (microbiota), applicazione che oggi in Italia viene eseguita solo al Policlinico universitario Gemelli di Roma dove già di routine viene usata contro infezioni intestinali potenzialmente letali. L’ateneo romano ha anche avviato sperimentazioni cliniche su alcuni pazienti con diabete insulino-resistente in fase precoce e con colite ulcerosa. E presto potrebbe partire un trial clinico sulla sclerosi multipla.
Il trapianto di microbiota è anche al centro del corso ’Postgraduate Course Gut Microbiome, Nutrition and Health’ organizzato dall’Associazione europea di gatroenterologia, endoscopia e nutrizione-Eagen che si apre oggi pomeriggio insieme al workshop congiunto XXVII International Workshop on Helicobacter and Microbiota in Inflammation and Cancer, dedicato a Helicobacter pylori e al suo ruolo nell’infiammazione gastrointestinale e nel cancro, a cura del Gruppo di studio europeo su Helicobacter-Ehsg (11-13 settembre). Il trapianto di microbiota fecale è uno dei più innovativi nuovi trattamenti del XXI secolo, sottolineano dal Gemelli. Gli esperti ritengono che questa procedura, che trapianta i microbi da un intestino umano a un altro attraverso la materia fecale, potrebbe offrire la cura a una vasta gamma di malattie e gettare nuova luce sul ruolo del microbioma in malattie gastrointestinali e non solo. Eseguire il trapianto di per sé è una procedura non complicata. Bisogna isolare la flora batterica di un donatore sano attraverso sofisticate procedure microbiologiche di purificazione, e questo liquido viene poi somministrato al ricevente per bocca o per via rettale.
Mentre il microbiota fecale si dimostrato essere sicuro ed efficace per i pazienti con infezioni ricorrenti da Clostridium difficile, la sua efficacia nel trattamento di altre malattie è ancora da dimostrare. Ma vi sono dati internazionali che dimostrano che il microbiota fecale è un trattamento efficace per una serie di altri disturbi gastrointestinali. Uno studio presentato lo scorso agosto alla conferenza dell’American Gastroenterological Association tenutasi a Chicago riporta che il 70% delle persone che ha ricevuto microbiota fecale per la sindrome dell’intestino irritabile refrattaria aveva una risoluzione e/o un miglioramento dei sintomi. La qualità della vita è stata anche migliorata nel 46% dei pazienti. I dati confermano inoltre il potenziale del trapianto nel trattamento della malattia infiammatoria intestinale, colite ulcerosa e morbo di Crohn. «La flora batterica interagisce con le cellule immunitarie che popolano il nostro intestino - spiega Antonio Gasbarrini, direttore dell’Unità operativa complessa di medicina interna e gastroenterologia del Gemelli e presidente del congresso Eagen - modulando l’attività di geni chiave per il corretto funzionamento del sistema immunitario».
Non si esclude dunque che con il trapianto di microbiota si possa porre rimedio anche a malattie gravi e complesse come la sclerosi multipla, misteriose come l’autismo che non a caso risulta spessissimo associato a numerosi problemi gastrointestinali. Al Policlinico Gemelli si è recentemente concluso un trial che ha confrontato l’efficacia del trapianto di microbiota intestinale rispetto alla terapia antibiotica standard con vancomicina nei pazienti affetti da colite da Clostridium difficile recidivante. Il trial, coordinato da Giovanni Cammarota, ha dato ottimi risultati: dei pazienti sottoposti a trapianto di microbiota, l’89% ha eradicato la malattia, contro il 23,6% dei pazienti trattati con vancomicina. Alcuni dei sottoposti a trapianto (19) hanno necessitato di procedure multiple, per un totale di circa 30 procedure. In seguito ai risultati dello studio, attualmente al Policlinico il trapianto si esegue di routine per trattare i casi di infezione da Clostridium difficile resistenti alla terapia antibiotica, che hanno altrimenti una potenza letale.
Un ulteriore trial, già approvato dal Comitato etico dell’università Cattolica e in procinto di partire, ha l’obiettivo di studiare l’efficacia del trapianto nella sclerosi multipla, malattia autoimmune per la quale c’è sempre maggiore evidenza di un coinvolgimento della flora intestinale. I primi risultati di queste sperimentazioni cliniche potranno essere ottenuti già all’inizio del 2015.
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