Forza Italia, il piano di Berlusconi per tornare a vincere
di Paolo Emilio Russo
Per un giorno ha riso, scherzato, risposto al telefono soltanto a chi voleva lui. Il day after, quello della «rinascita», Silvio Berlusconi l’ha trascorso ad Arcore insieme ai figli e a Francesca Pascale. Due le cose che ha ripetuto ai (pochi) azzurri che hanno voluto chiamarlo nonostante un gentlemen’s agreement tra parlamentari a lasciarlo riposare. «State tranquilli, ora avrò più tempo per lavorare, torneremo tutti insieme e vinceremo», è la prima. La seconda è stata tradotta in comunicati stampa e dichiarazioni tv: «Ciò che è capitato a me non deve poter succedere a nessuno. I magistrati che mi hanno assolto sono stati degli eroi, hanno seguito le loro coscienze e resistito a molte pressioni. Serve la riforma della giustizia».
Il Cavaliere vuole restare dietro le quinte ancora per un po’ e per questa ragione ha dato pieni poteri nella gestione delle «cose quotidiane» agli uomini più fidati nella Capitale: i capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta. Il primo è chiamato a gestire le dissidenze nel partito, il secondo a fare opposizione. L’ex premier ha invece avocato a sè la pratica «ricomposizione del centrodestra». Il suo lavoro non inizia certo oggi, anche se l’assoluzione rende le cose più semplici. Soltanto negli ultimi giorni - grazie anche al lavoro “preparatorio” di Giovanni Toti - Berlusconi ha avviato un giro di consultazioni con esponenti dei partiti di centrodestra possibili alleati. Con Ignazio La Russa, per esempio, ha avuto un confronto «costruttivo».
Ex ministro della Difesa nel suo governo, ex coordinatore Pdl, La Russa è un esponente (poco visibile, ma molto influente) di Fratelli d’Italia. Il partito guidato da Giorgia Meloni non ha mai messo troppi paletti lungo la strada di una possibile alleanza, ma chiede le primarie. Berlusconi ha già detto sì, «a patto che non si trovi prima un candidato che va bene a tutti». Sotto sotto, evidentemente, il Cavaliere è convinto di riuscire a trovarlo. In ogni caso è deciso: il centrodestra sperimenterà le primarie per le Amministrative e per le Regionali del 2015. Successivamente, «passato quel test», potrebbe organizzare quelle per il candidato premier. Un faccia a faccia che ha del clamoroso l’ex premier lo ha avuto con Mario Mauro. L’ex capogruppo all’europarlamento del Pdl lo aveva mollato nel 2012 per Mario Monti e, in quella circostanza, volarono parole pesanti. Il senatore, che è stato per otto mesi ministro della Difesa di Enrico Letta, entrato in rotta di collisione col Professore ha fondato un suo partito, Popolari per l’Italia. Si è detto pronto a «riaprire il cantiere».
La «riaggregazione» che ha in mente il fondatore di Forza Italia ricalca lo schema del 1994, quello della Casa delle libertà. Per questa ragione pedina fondamentale - oggi come allora - è la Lega Nord. In questo senso aiuta «l’ottimo rapporto» fatto soprattutto di «stima» che il Cavaliere ha con il nuovo segretario, Matteo Salvini. È capitato addirittura che l’ex premier domandasse ad alcuni esponenti del suo partito eletti nel Sud che opinione si fossero fatti su di lui, se ritenevano possibile una sua “abdicazione” in favore del giovane europarlamentare. Salvini e Berlusconi si sentono regolamente. «Divisi non andiamo da nessuna parte e oggi abbiamo un avversario forte», spiega il Cavaliere agli interlocutori. E ancora: «Scriveremo un programma comune e ci sarà spazio per le idee di tutti». Lui, in cambio della possibilità di «ricompattare il centrodestra», si dice disposto a non essere «troppo ingombrante», a dare una mano «quando serve» e nulla di più. Rimarrà in ogni caso leader di Fi. L’incognita principale resta l’atteggiamento del Ncd. L’ex premier non è riuscito a riscostruire un rapporto con l’ex «delfino» nemmeno dopo che Angelino Alfano lo ha chiamato venerdì. Questa circostanza, però, non gli ha impedito di tenere sempre aperto un filo di dialogo diretto che, da qualche giorno, passa per frequenti contatti telefonici con Nunzia De Girolamo. Un pezzo del Ncd sembra pronto a rientrare, ma il rischio è che - alla prova dei fatti - la formazione vada in frantumi. Per evitarlo il leader Fi procederà senza strappi. La road map del resto prevede tempi lunghi, quasi due anni. «Nessuno può sapere in che condizioni sarà allora Renzi: ve lo ricordate Mario Monti all’inizio?», chiede in moto retorico.
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