ATTUALITA'. CHIESA, LA
POLEMICA INFINITA!
di Sabatino Laurenza
La manovra Salva-Italia ha
riaperto una ferita mai chiusa: quella delle esenzioni fiscali della
Santa Sede Spa. Per fare informazione in modo completo bisogna
partire da un dato che molti dimenticano: la Chiesa paga già l’Ici
su molte strutture con finalità commerciali. Ma altrettanto viene da
chiedersi......quanto vale il patrimonio immobiliare della Chiesa?
Una stima reale non esiste. I beni del Vaticano sfuggono a qualsiasi
radiografia catastale. L'Amministrazione del patrimonio della sede
apostolica, l'ombrello ufficiale del mattone di Dio, ha a bilancio
beni per soli 50 milioni, ma si tratta di valori storici inattuali.
Il gruppo Re, una società che gestisce immobili per gli enti
ecclesiastici, ha calcolato qualcosa come 115mila immobili, quasi
9mila scuole e oltre 4mila tra ospedali e centri sanitari. A Roma
sotto il cappello del Santa Sede ci sono 23mila tra terreni e
fabbricati, 20 case di riposo, 18 istituti di ricovero, 6 ospizi.
Beni che non diminuiscono, ma che aumentano in modo considerevole:
solo nella Capitale ogni anno sono almeno 10mila i testamenti a
favore del clero. Mettere mano al catasto clericale, dunque, non è
semplice. Non tutto è riconducibile ad un unico ente, dato che parte
dei beni sono di proprietà delle Congregazioni che li ricevono
direttamente dai cittadini. Prima di sparare a zero in modo
populistico e ottuso, sbandierando lo slogan “la Chiesa paghi
l’Ici“, però, ci si dovrebbe ricordare delle attività
socio-assistenziali portate avanti dal Vaticano in via del tutto
gratuita e che quasi sempre suppliscono un sistema di accoglienza di
poveri e migranti del tutto assente a livello cittadino e comunale.
La mensa dei poveri, ad esempio, è un’attività fondamentale per
sostenere italiani e stranieri che vivono in povertà. Intanto una
stima, approssimativa, ha calcolato che il pagamento dell'Ici da
parte della Chiesa potrebbe fruttare fino a tre miliardi l'anno
all'Erario. Passata la tempesta la Chiesa può tirare un sospiro di
sollievo. Alle parole di apertura sul pagamento dell’Ici, come
sempre, non sono seguiti i fatti. Così, votata la manovra, anche per
il 2012 la Chiesa è salva. O meglio: continuerà a camuffare
attività commerciali in attività no profit, in modo da continuare
ad evadere il fisco e a fare concorrenza sleale. Alla faccia di
Cortina e di tutti i “poveri” con il Suv. Ma, al di là dell’Ici
non pagata, la Chiesa gode di privilegi ben più grandi. In primo
luogo l’acqua. Il Concordato prevede che lo Stato italiano provveda
“che alla Città del Vaticano sia assicurata un’adeguata
dotazione di acque”. Così tocca al Comune di Roma fornire acqua
gratis al Vaticano attraverso la sua (oramai ex) municipalizzata
Acea. Dal 1999 ad oggi la Chiesa si rifiuta di pagare appellandosi al
diritto internazionale. Così, mentre i romani hanno pagato e pagano
tutt’ora l’acqua del Papa (l’azionista di maggioranza di Acea è
il Comune di Roma), il resto degli italiani pagano lo smaltimento dei
liquami del Vaticano. E di acqua il Vaticano ne usa anche molta,
decisamente troppa: ben 5 milioni di metri cubi l’anno, secondo
Acea. Ma facciamo due conti. Il fabbisogno personale è di circa 54
metri cubi l’anno, pari a 150 litri al giorno. In Vaticano vivono
832 abitanti per un fabbisogno totale di acqua pari a 45mila metri
cubi. Dove finisce tutta l’altra acqua? Servizi igienici dei musei
vaticani, qualche fontana. Ma è presumibile che molta vada sprecata.
Alla faccia di chi, in Africa, fugge dalla siccità, alla faccia di
chi muore in guerre per il controllo delle "oasi blu". Alla
faccia di tutti quegli italiani che si sono visti tagliare l’acqua,
la luce, il gas e il telefono quando non riescono a pagare le
bollette. Non ci si dimentichi che se uno Stato, nel nostro caso il
Vaticano, usufruisce di esenzioni e privilegi, significa che
qualcuno, ovvero il Parlamento italiano, glieli ha concessi. Un
particolare quasi sempre dimenticato da quanti guardano, strillano e
urlano solo rivolti Oltretevere.
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