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giovedì 27 novembre 2014

I giocatori della Roma a luci rosse: dopo il pari col Cska, pizzicati tra le "miss" dello strip club. Gli scatti hot finiscono online. E Totti... / Foto

Roma, dopo il pareggio con il Cska Mosca giocatori e dirigenti pizzicati in uno strip club




Dopo il deludente pareggio di martedì sera contro il CSKA Mosca (1-1) in Champions League, alcuni giocatori e dirigenti della Roma, a sentire quel che dice il sito russo Super.ru, avrebbero passato alcune ore a rilassarsi in uno strip club della capitale. Non solo, a quanto pare i giallorossi, colti in "flagranza", avrebbero fatto cancellare ai paparazzi russi alcune presunte immagini compromettenti. Nonostante ciò, il tabloid online ha riportato alcuni scatti inequivocabili della notte scorsa in cui si notano chiaramente giocatori e dirigenti della Roma Calcio, tra cui Marco Borriello e Daniele De Rossi (che si schermisce, voleva "semplicemente fare una passeggiata per la piazza Rossa" e poi "i suoi compagni hanno deciso di andare qui"). I romanisti, insomma, si divertono tra le ballerine suadenti dell'Egoist Gold, il suddetto locale a luci rosse.

Niente Totti - Verso le due di notte - scrive sempre Super.ru - i giocatori sono usciti dalle loro camere nell'albergo Sheraton per prendere un taxi e fare una passeggiata nella celebre piazza Rossa, ai piedi del Cremlino. All'allegra comitiva non si è aggregato il capitano, Francesco Totti, infatti a sentire Super.ru "mentre i suoi colleghi non hanno perso l'occasione per ammirare i corpi sexy e le danze delle ragazze di Mosca" lui da bravo padre di famiglia pare sia rimasto a casa.

Per lui gli italiani sono ignoranti e razzisti. Il ritratto di Severgnini, l'uomo che ha fatto soldi e carriera sputando sul nostro Paese

Beppe Severgnini, il ritratto dell'uomo che campa sputtanando gli "italians"

di Francesco Borgonovo


Talvolta improntare il proprio pensiero all’irrilevanza più totale può portare dei vantaggi. Quindi può capitare che anche la lettura dei libri e degli articoli di Beppe Severgnini abbia dei lati positivi. Per esempio, quando vi trovate in ascensore con uno sconosciuto avete esaurito le banalità meteorologiche, potete estrarre dal cilindro una frase dell’ottimo Beppe. Una a caso, eh. Tanto non c’è pericolo che esprimano altro che luoghi comuni o plateali ovvietà. Se ne trovano parecchie pure su internet, in quei siti che collezionano citazioni casomai agli autori dei Baci Perugina mancassero idee. Perle di insignificanza, bigiotteria del pensiero. Tipo: «I professori cattivi, quasi sempre, sono cattivi professori». Oppure: «Occorre tempo per capire che gli uomini americani, prima di essere americani, sono umani».

Non sappiamo se queste sentenze immortali siano effettivamente imputabili a Severgnini, poiché appunto le abbiamo pescate dalla Rete. Ma non importa: potrebbero essere anche del pagliaccio Baraldi, tanto è uguale. Proprio qui sta la bravura del nostro editorialista dell’ovvio, l’opinionista senza opinioni. Egli riesce a produrre un vuoto in cui riecheggiano i pregiudizi di ben due continenti. Non è mica cosa da tutti esser capaci di confermare nelle loro convinzioni stereotipate sull’Italia gli americani, gli inglesi e persino gli italiani. Beh, Beppe lo fa. E grazie a questo talento sforna un bestseller via l’altro, è una firma di pregio del Corriere della Sera e scrive addirittura sul New York Times.

Di che scrive, solitamente? Degli italiani e dei loro difetti.La sua tesi di fondo - rimbalza in ogni articolo - è che siamo un popolo da operetta. Teatrali, cialtroni, casinisti, mezzi disonesti. Ma, alla fine dei conti, abbastanza simpatici. Un po’ come gli scimpanzè allo zoo: carini da vedere, meno da invitare a cena. Sentite cosa sentenziò lo zazzeruto cronista qualche anno fa, commentando i propositi di Mario Monti che voleva «cambiare gli italiani». Disse che «ci hanno danneggiato l’intelligenza (asfissiante), l’inaffidabilità, l’individualismo, l’ideologia e l’inciucio. Ci hanno aiutato la gentilezza, la generosità, la grinta, il gusto e il genio». In soldoni: abbiamo tanti difetti, ma anche delle qualità, che però non mettiamo a frutto. Per commentare usando una tipica espressione italiana, delizia da antropologi: grazie al cazzo. Avevamo proprio bisogno di un fine polemista con un mandolino al posto del cuore per venirci a spiegare l’italico carattere.

Ma allora perché spendere tanto livore per nulla? Perché dedicarsi a Severgnini piuttosto che, per dire, alla pesca d’altura o alla pastorizia? Il motivo è che, nell’universo dell’ottimo Beppe, tutti gli italiani sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Nello specifico, gli italiani di centrodestra. In essi i difetti italioti si fanno prassi. L’ossessione per la «bella figura» (a cui il nostro ha dedicato un libro e molti editoriali in patria e all’estero) che porta Francesco Schettino a provocare il disastro della Concordia, esplode in tutta la sua potenza nella persona di Silvio Berlusconi.

Il quale è una specie di archetipo del «virus italico» che alligna in ciascuno di noi. «Siamo tutti Silvio», ha scritto Severgnini sul New York Times tempo fa. E quella parte di Silvio in noi è ovviamente un male da estirpare. «Alcuni Paesi importanti hanno eletto leader teatrali», ha scritto il nostro. «Ma nessuno ha eletto (tre volte!) un personaggio come Silvio Berlusconi, vero detonatore di stereotipi». Ah, ecco spiegato perché ce l’ha con Silvio: a furia di far detonare stereotipi, gli ruba il mestiere. Che non si capisce bene quale sia, ma senz’altro è redditizio.

Il male dell’Italia, ben rappresentato dal Cav, si sta manifestando anche in questi giorni, non ad Arcore ma nelle periferie. Nel suo ultimo articolo sul New York Times, Severgnini ha inteso spiegare agli americani quanto sta accadendo a Tor Sapienza e dintorni, il motivo per cui la tensione fra italiani ed immigrati cresce fino ad ardere. Nell’articolo, come da contratto, non ha spiegato un bel niente: né i veri disagi che covano sotto la rabbia né il problema degli immigrati. Però è riuscito a dire che gli italiani sono al primo posto nell’«Indice dell’ignoranza» (statistica riferita a 14 nazioni) per quanto riguarda il tema immigrazione. Il motivo per cui i «nuovi arrivati» si scontrano con gli indigeni «per lo più della classe operaia» sta nel fatto che questi ultimi sono ignoranti. E quindi anche un poco razzisti, poiché non sanno che la percentuale di stranieri, qui da noi, è minore rispetto a quella di Germania, Spagna e Francia.

Giusto: se un clandestino ti occupa la casa devi dargli il benvenuto, perché a Berlino di immigrati ce ne sono di più (dato tutto da dimostrare, se proprio vogliamo fare i fiscali). Come se non bastasse, Beppe aggiunge che ci sono partiti senza scrupoli pronti a cavalcare l’ira degli ignoranti operai. Ad esempio la Lega che, fallito il progetto secessionista, è divenuta nazionalista e si ispira a «movimenti xenofobi» come il Front National francese e lo Ukip britannico (che sono due soggetti diversissimi, ma nella fiera dalle superficialità di Severgnini i contorni sfumano come la sua frangia). Matteo Salvini, poi, ha visitato un campo rom a Bologna «solo per farsi assaltare l’automobile dagli estremisti» (di che parte politica non è dato sapere).

Saranno contenti i lettori americani. Si faranno un sorriso, a colazione, pensando a questi buffi italiani. Ignoranti, sì, ma perché madre natura li ha voluti veraci. Razzisti, certo, ma per via del fuoco latino che arde nelle loro vene. Poi berranno qualche sorso caldo dalla loro coffee mug. Magari, se di orientamento liberal, spenderanno due sospiri rassegnati ripensando a Silvio Berlusconi e ai fascioleghisti. E di nuovo rideranno degli italiani. Meravigliandosi che abbiano così poca autostima da scegliersi come ufficio stampa un signore che per farsi adottare dagli inglesi scimmiotta Mister Bean. Senza averne la profondità di pensiero.

Capezzone lo attacca, Berlusconi lo gela: alla riunione di Forza Italia finisce male (per colpa della televisione...)

Silvio Berlusconi e Daniele Capezzone, scintille al comitato di presidenza di Forza Italia




Lo scontro, in Forza Italia, non è soltanto tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto. Già, perché nel corso dell'ultimo, convulso, comitato di presidenza azzurro a Palazzo Grazioli, secondo quanto hanno riferito le agenzie di stampa, si è consumato anche un altro aspro duello. I protagonisti? Da un lato sempre lui, il leader, il Cavaliere. Dall'altro, invece, Daniele Capezzone. La ragione del contendere? La televisione. Capezzone, presidente della commissione Bilancio della Camera, avrebbe attaccato Berlusconi: "In televisione ci vanno sempre gli stessi, dai poco spazio ai tuoi". Netta e tranchant la replica di Berlusconi: "Non ho nessun potere di influenzare i programmi delle mie reti televisive. Del resto non ho mai interferito e mai lo farò...".

Matteo vieta Alfano: "Se comando io, per Angelino non c'è posto"

Matteo Salvini: "Una squadra che vince non ha Angelino Alfano in campo"




Tra goleador e registi, qualcosa si muove nel centrodestra. La scossa sono state le Regionali di domenica che hanno segnato lo scatto di Matteo Salvini, al quale Silvio Berlusconi si è offerto, nei fatti, di tirare la futuribile volata elettorale. Un'offerta non da poco e in grado di cambiare radicalmente le carte in tavola tra chi si oppone (o si opporrà) a Matteo Renzi. Il leader leghista ascolta la proposta, e risponde. Ha spiegato in mattinata di volere le primarie al più presto poi, nel pomeriggio, ha analizzato altri punti, tra i quali un "punto" che ha nome e cognome: Angelino Alfano. Interpellato dall'agenzia di stampa Agi, Salvini si mostra più che categorico sul leader di Ncd, che il Cavaliere in qualche modo vorrebbe recuperare tra gli alleati: il leghista chiede infatti che la nuova coalizione di centrodestra sia fondata su "un progetto" e "non basata su compromessi". Appello ignorato, dunque: "Una squadra che vince - taglia corto Salvini - non ha Alfano in campo".

"Io goleador?" - E ancora, in un'intervista concessa ad Affaritaliani.it, Salvini aggiunge: "Nell'Ncd c'è tanta gente perbene con cui è possibile dialogare. Un conto è l'Ncd - rimarca - e un conto è Alfano. Con il ministro dei 150mila sbarchi non posso costruire alcuna alternativa al Pd". Dunque torna ancora sulla battuta di Berlusconi: "Io goleador? Tengo i piedi ben saldi per terra". E su Silvio regista? "Presto per dirlo - spiega il leader del Carroccio -. Lui ha fatto tanto, ma in questo momento i nomi non sono la priorità e chi fa cosa è l'ultimo dei problemi". C'è poi lo spazio per rispondere anche all'ipotesi di un Salvini vice-presidente del Milan, la sua squadra del cuore: "Sarebbe fantastico, ma l'Italia viene prima"

Capitolo Tosi - Il leader della Lega risponde poi anche a Flavio Tosi, che in un'intervista gli ha attribuito ogni merito per la vittoria di domenica. Salvini si dice "assolutamente d'accordo" col sindaco di Verona, l'unico altro serio pretendente alla leadership del Carroccio, e insiste sulla necessità delle primarie dalle quali far emergere il futuro leader della coalizione: "E' da tempo che dico che sia il progetto che la squadra dovranno essere scelti nelle piazze. Assolutamente d'accordo con Tosi su questo". Tosi, nell'intervista, afferma poi di essere stato "determinante" nell'elezione di Salvini alla segreteria. E Matteo risponde: "Bene, se siamo qua rispetto all'anno scorso vuol dire che tutti hanno fatto la loro parte: io ricordo che l'anno scorso i giornali stavano celebrando i funerali della Lega e adesso siamo diventati goleador, e quindi vuol dire che se la gente non litiga le cose vanno bene". Infine un avvertimento: "Chi perderà le prossime giornate a litigare o a polemizzare si accomoda fuori", conclude Salvini.

mercoledì 26 novembre 2014

Bindi, Bersani, D'Alema & C. Al Quirinale vogliamo un altro di noi

Quirinale, Renzi deve trovare l'intesa con Berlusconi e con la minoranza del Pd




Gli scontri nel Pd, il Nazareno che scricchiola, le tensioni nel centrodestra. Tutto è riconducibile ad una sola causa: il Quirinale. E' sul Colle, infatti, che si gioca la vera partita di Matteo Renzi. Che non solo dovrà vedersela con Silvio Berlusconi ma anche con l'anima più radicale del Pd, con la fronda formata dalla vecchia guardia comunista (Rosy Bindi, Pierluigi Bersani, Massimo D'Alema).

Il patto del Nazareno, scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera, prevedeva per il Quirinale l'adozione del metodo "per esclusione": in sostanza, tolti i nomi "sgraditi", Renzi avrebbe presentato una rosa di candidati, papabili successori di Giorgio Napolitano e avrebbe quindi trovato l'intesa su alcuni nomi da portare in Parlamento. Ma le cose non stanno andando come il premier sperava. Il patto con il Cavaliere è praticamente rotto e nel Pd, dopo la perdita di consensi alle Regionali, la minoranza cerca il riscatto e si gioca tutto.

D'Alema e Bersani stanno preparando i "carri armati" ("Renzi non pensi di fare come per la nomina alla Farnesina quando dopo aver prospettato una rosa di donne all'ultimo momento arrivò da Napolitano con i nomi di Gentiloni e Tonini, sarebbe l'inferno"). E la Bindi è agguerritissima. Proprio in una intervista al Corriere dice: "E' iniziata la parabola discendente di Renzi. Ora si torni all'Ulivo o facciamo una forza politica nuova tutt'altro che minoritaria, di sinistra, competitiva". E il Quirinale, appunto, sarà una resa dei conti: "Auspico che la scelta venga fatta ricercfando l'unità del Paese. Ci sono molti modi per ridurre il ruolo del Colle come rinunciare alla ricerca della personalità più autorevole per considerarla strumentale alla politica del governo".     

Bionda, è giovane e si chiama Silvia: ecco la donna su chi punta il Cavaliere / Foto

Silvia Sardone, la mamma-consigliera che piace a Silvio Berlusconi




A Silvio Berlusconi piace davvero molto questa giovane mamma milanese consigliere di zona. Ieri, martedì 25 novembre, l'ha elogiata davanti a tutti nel corso dell'ufficio di presidenza di Forza Italia: "Ho incontrato dei giovani a cui ho fatto una lezione politica non per dare loro un seggio. Anzi, vi dirò, non mi sono granché piaciuti tranne una ragazza lombarda che ha due figli e va già in tv". Lei è Silvia Sardone, 32 anni a Natale. Lusingatissima. "Mi batte forte il cuore", dice al Giornale, "ma volo bassa. Sto con i piedi per terra".

Non vuole nemmeno pensare di poter diventare la "nuova Renzi": "Sono esagerazioni", spiega, "la rottamazione poi non mi entusiasma. Credo nel rinnovamento. In una squadra nuova attorno a Berlusconi". La sua vera partita, al momento, "è il Consiglio comunale". A Milano è già nota per i suoi blitz politici contro la sinistra. Ora potrebbe diventare coordinatrice cittadina.  

Giallo di Melania Rea, la svolta: "Parolisi potrebbe essere scagionato"

Caso Melania Rea: l'impronta di una scarpa potrebbe scagionare Parolisi




Potrebbe clamorosamente riaprirsi il caso di Melania Rea, la donna uccisa il 18 aprile 2011 a Civitella del Tronto (Teramo), per cui è stato condannato a 30 anni di carcere il marito, Salvatore Parolisi. Una nuova perizia della difesa, infatti, potrebbe scagionare l'uomo. 

L'impronta della scarpa - Nei pressi del chiosco presso il quale fu ritrovato il cadavere di Melania, fu isolata l'impronta di una scarpa insanguinata: la Corte d'Appello dell'Aquila ha sempre ritenuto di non dover dare troppa importanza alla traccia, dal momento che non sarebbe mai stato possibile risalire al modello di scarpa indossato da Parolisi quel giorno. Quell'impronta non sarebbe riconducibile a calzature indossate da Melania o dai vari soggetti che hanno transitato successivamente sulla scena del delitto. L'avvocato di Parolisi, però, annuncia: "Se dovessero essere confermati i risultati preliminari di una consulenza di parte, che prospetta trattarsi di impronta di piccole dimensioni, sicuramente non superiore al numero 40, anche Parolisi, che calza il 43, verrebbe con certezza escluso".