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martedì 13 giugno 2017

EX PRIGIONIERO Liberato Saif, il figlio di Gheddafi: in Libia feste in piazza

Liberato Saif, il figlio di Gheddafi: in Libia feste in piazza


di Mirko Molteni



Dopo sei anni di prigionia il secondogenito del defunto dittatore libico Muhammar Gheddafi è stato liberato dai miliziani delle brigate Abu Bakr Al Siddiq che controllano con altri gruppi la città di Zintan, a sudovest di Tripoli.

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Ancora giovane, 45 anni, Saif Al Islam Gheddafi potrebbe così ritrovare un ruolo nella stabilizzazione politica del paese, dato che fonti della BBC britannica lo davano ieri sera già arrivato a Tobruk, dove ha sede il parlamento rivale che contesta al governo di Tripoli del presidente Fayez Al Serraj la fragile autorità su una Libia sempre divisa.

Il comunicato diramato nella notte fra sabato e domenica su ordine del capo delle brigate Al Siddiq, Al Ajmal Al Atiri, sostiene che il rilascio è avvenuto fin da venerdì: "Saif è completamente libero e confermiamo che ha lasciato subito Zintan il giorno 14 di Ramadan, ossia il 9 giugno". Così a Saif sono state date ore preziose per dirigersi a Tobruk di nascosto, prima della notizia. La decisione sarebbe dovuta "a un' amnistia approvata dal parlamento di Tobruk", ma sembra non condivisa da altre brigate del Consiglio militare di Zintan, fra cui la brigata Sawaiq, la Qaaqaa e la "Brigata Civica", che parlano di "collusione e di tradimento dei martiri".

Potrebbe però essere un gioco delle parti poiché è un fatto che le brigate di Zintan sono alleate del parlamento di Tobruk e della principale forza militare a esso legata, quel ricostituito Esercito nazionale libico comandato dal generale Khalifa Haftar, che ha la sua roccaforte in Cirenaica. Le brigate di Zintan avevano catturato Gheddafi Junior fin da novembre 2011, un mese dopo l'uccisione del padre, mentre tentava di fuggire in Niger attraverso il deserto.

Lo hanno tenuto in cella rifiutandosi sempre di consegnarlo al malfermo governo di Tripoli, a maggior ragione dopo che, il 28 luglio 2015, i tripolini lo hanno condannato a morte in contumacia, individuando in lui il più politicamente preparato, quindi il più pericoloso, fra i figli del dittatore. Quelli di Zintan, insomma, se lo sono finora tenuto stretto, vivo e vegeto, come fosse un bel conto in banca da gestire politicamente. E ora, man mano che il loro alleato Haftar, per conto dei deputati di Tobruk, avanza e conquista sempre nuove basi, è venuto il momento di "investire" quel capitale.

E' troppo presto per dire quale contributo, volente o nolente, potrebbe dare Saif nella capitale alternativa Tobruk, ma intanto il suo avvocato Khalid Zaidi ha assicurato poche ore fa: "Saif ha una sua propria strategia per arrivare alla riconciliazione nazionale e giocherà un ruolo decisivo in questa fase, al quale sarà incoraggiato dalla sua grande popolarità". In effetti non sono pochi i libici che rimpiangono almeno la stabilità dell'epoca di Gheddafi. E anche il momento internazionale aiuta, poiché Tobruk e Haftar si sono schierati negli ultimi giorni anch'essi contro il Qatar, esattamente come il loro grande protettore, l'Egitto alleato dell' Arabia Saudita, accusando l'emirato del Golfo Persico di sostenere le milizie jihadiste che seminano ancora il caos, specialmente i gruppo salafiti, ma anche i rivali di Tripoli.

L'Egitto ha negli ultimi mesi aumentato, insieme alla Russia, il suo appoggio ad Haftar, tanto che aerei da caccia egiziani F-16 affiancano i pochi ma ancora efficienti Mig-23 libici su basi al confine della Cirenaica.

Con l'appoggio dell'aviazione del Cairo, Haftar sta riprendendo il Sud desertico del Fezzan e la zona di Sirte. E se si congiungerà ai miliziani di Zintan circonderà Tripoli, rendendo ridicolo il riconoscimento di ONU e UE a Serraj come leader della Libia, mentre controlla a malapena la capitale. Guardando agli altri figli di Gheddafi, resterebbe latitante, ancora in Libia, il 34enne ex-ufficiale Khamis, dato più volte per morto, ma senza prove.

Tre, Muhammad, Hannibal e l'unica femmina, Aisha, sono rifugiati in Oman, insieme all'adottiva Hanna. Mutasim e Saif Al Arab sono stati uccisi, mentre l'ex-calciatore Saadi è in prigione a Tripoli.

Toh, Morgan sputtana Saviano "Sapete cosa usa in diretta?" Il dettaglio che nessuno vede

Morgan svela Saviano: "Usa il suggeritore, io no perché so di cosa parlo"


di Gianluca Veneziani



Che siano amici no, non lo si può proprio. Si sono ritrovati entrambi nello stesso programma - per l'appunto "Amici", di Maria De Filippi - ma interpretano due modi opposti di essere e apparire (in televisione). Marco Castoldi, in arte Morgan, è un intellettuale prestato alla musica, un artista colto e autentico, che parla senza fronzoli, usa la bocca meglio per parlare che per cantare, e dicono la usi meglio perfino del naso Roberto Saviano è un tuttologo prestato alla scrittura e alla tv, un ottimo attore di se stesso che interpreta una parte, che "ruba" quando scrive (almeno così la pensava il "Daily Beast", accusandolo di plagio), che legge quando parla, e non sempre pensa mentre comunica. Se Morgan è un uomo capace di esprimere in chiave intellettuale una cosa pop, Saviano è uno che riduce in chiave pop gli argomenti più intellettuali. Il primo nobilita le cose infime, il secondo trasforma roba "alta" in frasette buone per i Baci Perugina.

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Due così non si possono pigliare (se non per capelli, che Saviano tra l'altro nemmeno ha). A maggior ragione se l'uno, cioè Roberto, si è preso la scena dell'altro, cioè di Marco, sempre nel programma della De Filippi. E Morgan, avvezzo a dire le cose come stanno, non riesce davvero a sopportarlo. Così, in un'intervista su Linkiesta, rivela che ad Amici «Saviano parla col gobbo. Io dentro di me dicevo, volevo gridargli: "Levategli il gobbo! Levategli il gobbo!". Chissà che cavolo avrebbe detto senza gobbo.

Io non ho mai avuto il gobbo perché so sempre di cosa parlo. Al massimo ho la gobba, quello sì. Ma il gobbo almeno no». Il gobbo, dunque. Vale a dire uno schermo sul quale scorre il testo da declamare. Un intellettuale che parla col gobbo è come un cantante che canta in playback: inautentico. Non sai se è veramente bravo, o sta soltanto recitando un ruolo. Non sai se quello che dice è farina del suo sacco, o roba che si limita a leggere e ripetere. Uno usa solo il labiale, l'altro emette suoni, ma la sostanza è la stessa. Quello che viene fuori non gli esce dal cuore o dall'anima. È artefatto.

Allora la vera grande differenza tra Morgan e Saviano è tra il cercare di fare arte e l'essere artefatti. Per fare arte, non devi porti limiti etici, di galateo, di buon gusto o di buon senso, non devi aderire alle mode o al politicamente corretto, né seguire scalette e schemi prefissati. Anzi, devi cercare di violarli. Come ha fatto Morgan che, proprio per questo atteggiamento sopra le righe, spesso stonato rispetto al coro dominante, è stato eliminato dalla trasmissione. Viceversa, per costruire un bel discorsetto, devi dire quello che la gente si aspetta di sentire, compiacere il pubblico ed essere con lui accondiscendente, non puoi mettertelo contro, devi elogiarlo e fargli credere che la tua cultura sia alla sua portata. E magari recitare una pappardella ben confezionata.

Se sei Morgan puoi permetterti di distribuire pillole di Sergio Endrigo, e dire alla gente che nessuno ci ha mai capito un cazzo di lui e delle sue canzoni. Se ti chiami Saviano, invece, ti metti a pronunciare frasi di Anna Achmatova «poetessa che conosciamo in quattro», come dice Morgan, e convincere il tuo pubblico che chiunque potrebbe leggere e comprendere i suoi versi. Il primo prende fischi, il secondo applausi. Ma il difficile, a volte, è sapere dire cose che vengano fischiate.

VIZI ‘CAPITALI’ Un morto da fumo ogni 6 secondi “Ma quanto è difficile smettere…”

Un morto da fumo ogni 6 secondi “Ma quanto è difficile smettere…”


di Eugenia Sermonti



Mai come nel processo di cessazione dal fumo e quindi nel percorso di guarigione da quella che è una vera e propria dipendenza (sia fisica che psicologica) è necessaria non solo una stretta alleanza terapeutica, ma la formazione di un paziente esperto nella gestione del suo percorso. I pazienti che affrontano un percorso di cessazione hanno bisogno di politiche, strutture e strategie di supporto. Solo l’1 per cento smette senza alcun aiuto, con grande fatica e alto rischio di ricadute; queste ultime sono infatti pari al 97 per cento. Il fumo uccide una persona ogni sei secondi, per un totale di oltre 80 mila decessi l’anno, di cui il 25 per cento, di età compresa tra i 35 e i 65 anni. Eppure a questi dati viene data minore rilevanza e dignità di quelli che riguardano ad esempio i decessi per incidente stradale, circa 3500 l’anno, o la meningite che ha causato 629 morti totali nel triennio 2013-2016. I morti da fumo sono ignorati, dimenticati e lasciati soli anche quando vorrebbero guarire dalla propria dipendenza. Secondo il Ministero della Salute nel nostro Paese il fumo è la prima causa di mortalità e morbilità evitabile con un costo che si aggira intorno all’8 per cento della spesa sanitaria totale, cioè un totale di spese ospedaliere di oltre 500 euro l’anno per ciascuno degli oltre 11 milioni di tabagisti. Un numero da abbattere di almeno il 10 per cento entro il 2018 come stabilito dal 'Piano Nazionale della Prevenzione 2014 - 2018'.

PERCHÉ È IMPORTANTE INTEGRARE LA VITAMINA D?

Recenti studi hanno rilevato una diminuzione dei livelli di Vitamina D nella popolazione europea. Le principali cause? Minore esposizione al sole ed impoverimento della dieta.



La dipendenza da tabacco è riconosciuta come una malattia, sia nella classificazione internazionale delle malattie dell’Oms (ICD-10) che nel ‘Manuale di Diagnostica Statistica’ dell’Associazione Americana Psichiatrica (DSM-IV). Condivide con le altre dipendenze gli stessi meccanismi neurochimici di base. La nicotina è il più importante componente che può determinare dipendenza dal tabacco, perché causa a livello biomolecolare una serie di alterazioni che portano il fumatore ad una crescita progressiva e inarrestabile delle sigarette fumate mediante: aumento numerico dei recettori nicotinici; alterazione dei meccanismi di autoregolazione della volontà; modificazioni delle funzioni cellulari e alterata percezione del piacere. Occorre inoltre abbattere lo stigma sociale che vede il fumatore ‘causa del suo male’ e responsabile delle proprie disgrazie. Fumare è una scelta sottovalutata quando da giovanissimi si accende la prima sigaretta e le maglie della dipendenza si chiudono strette intorno al fumatore. Come sottolinea il professor Alberto Siracusano, direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell'Università di Roma Tor Vergata: “Particolarmente a rischio è l’esposizione fetale alla nicotina e la trasmissione transgenerazionale delle modificazioni epigenetiche che ne conseguono. Sebbene la maggior parte dei fumatori voglia smettere i tentativi sono spesso destinati a scarso successo se non pianificati e messi in atto all’interno di strategie integrate, come dimostrato da numerosi studi prospettici (Cummings e Carpenter, Lancet 2017). Smettere di fumare senza una assistenza professionale adeguata non è semplice per vari motivi: il fumo si configura come una addiction, una dipendenza comportamentale vera e propria, ed esiste una vulnerabilità neurobiologica in termini di sensibilità e reward colinergico in alcune aree cerebrali. Un approccio integrato, medico, psichiatrico e motivazionale, è necessario per liberarsi da questa dipendenza”.

Tra coloro che hanno smesso di fumare anche un illustre testimone: “Ho smesso di fumare da solo, grazie alla mia determinazione, nei primi sei mesi di vita di mio figlio, perché mi sentivo in colpa. Quando lo guardavo, il piacere della sigaretta passava, perché pensavo che gli stavo sottraendo dei giorni di vita col papà. Ma questa non è una esperienza comune a tutti i fumatori: c'è chi vorrebbe smettere, ma non ce la fa, chi ha provato e poi è ricaduto, chi non ci pensa proprio. Rimuovere il fattore di rischio evitabile, come lo definisce il Ministero della Salute, è un obiettivo importante di sanità pubblica, che richiede interventi mirati, basati sulle evidenze. Le strategie devono essere diversificate per evitare che nuove persone, giovani in particolare, comincino a fumare, e chi è fumatore, possa avere il supporto del Ssn in termini di servizi e prestazioni per smettere. Il fumo non è bello, anche perché purtroppo chi poi si ammala di patologie correlate anche a questo rischio, vive uno stigma pesante", ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei Diritti del Malato di Cittadinanzattiva.

I risultati dell'indagine condotta dall'associazione di pazienti francesi Ffaair (Federation Francaise de Association et Amicales de Malades Respiratoires) riporta che il 70 per cento dei fumatori prova a smettere da 4 a 9 volte. Si è visto invece che percorsi di cessazione strutturali sono più efficaci e più a lungo termine. Secondo il rapporto dell'associazione francese Ffaair sull’uso del tabacco condotto su 352 tabagisti con malattie respiratorie, la Bpco è il problema più rappresentativo con il 46 per cento dei soggetti, seguita dalla sindrome delle apnee notturne (con il suo corollario di rischi a carico del cuore) per il 43 per cento e il 20 per cento che sviluppa asma. Mentre il 77 per cento ha almeno una malattia concomitante, come ipertensione (37 per cento) obesità (22 per cento) elevati a livelli di colesterolo (li ha 1 su 5) a cui seguono problemi cardiaci (16 per cento) diabete (15 per cento) e depressione (13 per cento). Nel 68 per cento dei casi i medici di fronte alla diagnosi di malattie respiratorie hanno suggerito di smettere di fumare, ma senza proporre strategie né tantomeno procedere ad un follow-up sul paziente. La stessa percentuale di soggetti ha riferito di essersi sentita sola quando ha deciso di smettere di fumare, non sapendo esattamente come farlo. Quando la volontà non basta le persone cercano aiuto, ma 4 su 10 ritengono che i costi finanziari siano una barriera molto alta al loro proposito di salute. Per la metà dei soggetti intervistati (51 per cento) la decisione di dire basta al fumo è coincisa con la diagnosi della patologia respiratoria.

Una larga quota di fumatori è interessata a smettere ma non riceve proposte concrete: il 52 per cento semplicemente si arrangia, al 27 per cento vengono prescritti i prodotti sostitutivi a base di nicotina e al 10 per cento farmaci, mentre il 7 per cento riceve una qualche forma di supporto psicologico come colloqui motivazionali. Solo il 15 per cento ha riferito di aver cercato e ricevuto supporto medico mentre il 64 per cento non ha ricevuto alcuna assistenza professionale sanitaria. “I fumatori sono ormai stigmatizzati quasi ovunque e sperimentano una mancanza di supporto e un forte senso di solitudine e abbandono che rappresenta un ostacolo al proposito di superare la propria dipendenza; paura delle ricadute, perdita di motivazione e precedenti tentativi falliti insieme al timore di prendere peso sono i maggiori deterrenti a smettere di fumare mentre sono considerati positivi avere un professionista sanitario di supporto al programma di cessazione e l'accesso ai farmaci che oggi in Francia sono a carico del Ssn” commenta Biagio Tinghino, presidente della società italiana di tabaccologia (Sitab).

ASL GLOBAL DAY Due ruote per la Sla: impresa benefica di due ciclisti siciliani

2 ruote per la Sla: l'impresa benefica di due ciclisti siciliani


di Matilde Scuderi



Assistenza adeguata in grado di garantire una buona qualità della vita e sostegno continuativo alla ricerca scientifica: sono bisogni indispensabili per gli oltre 400 mila individui con sclerosi laterale amiotrofica (Sla) nel mondo - di cui più di 6 mila risiedono nel nostro paese - ed è proprio su questi bisogni che punta i riflettori la Giornata mondiale sulla Sla di mercoledì 21 giugno. Promossa dalla Federazione internazionale delle associazioni dei pazienti (International alliance of Als/Mnd associations), la Giornata vedrà la partecipazione dell'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), unico membro italiano, e di altre 67 associazioni di tutto il mondo. La federazione internazionale sarà impegnata in una campagna sui social network che vuole celebrare l’alleanza e la collaborazione tra tutte le figure impegnate nella lotta alla Sla: il tema della campagna è 'Cheers to a world free of Als/Mnd' ovvero 'Brindiamo a un mondo senza la Sla'.

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Ricercatori, volontari, medici, infermieri e malati di Sla insieme ai loro amici e familiari saranno invitati a brindare all'alleanza contro la malattia, ai progressi relativi alla ricerca scientifica, alla tutela dei diritti dei malati e alla prospettiva di un futuro senza la Sla, nella speranza che i passi avanti nell’individuazione delle cause della malattia portino presto a terapie efficaci. La campagna sarà un'occasione per sensibilizzare e invitare a sostenere l'associazione con una donazione. Aisla porterà avanti la campagna sui suoi profili twitter @aislaonlus e sulla pagina facebook @AISLA. Anche l’International Alliance of Als sarà attiva su twitter @ALSMNDAlliance e facebook @TheIntlAlliance Per tutti l’hashtag è #ALSMNDWithoutBorders. Tra le iniziative più importanti in programma, 'l’impresa' di 2 cicloamatori, amici di Aisla, Totò Trumino di Piazza Armerina (Enna) e Luciano Caruso, di Catania, che sono partiti oggi da Lisbona e percorreranno 800 kilometri fino a Santiago di Compostela dove arriveranno proprio il 21 giugno. L’idea del viaggio è nata dall’incontro tra i due cicloamatori e Michele la Pusata, consigliere nazionale di Aisla, malato di Sla e volontario dell’associazione da molti anni a Barrafranca (Enna).

I ciclisti indosseranno una maglia di Aisla per far conoscere la malattia e i diritti delle persone che ne sono colpite. Alla fine del viaggio le bandiere di Aisla saranno lasciate nella cripta di San Giacomo all’interno della Cattedrale di Santiago di Compostela e al Santuario della Madonna di Fatima. Al viaggio parteciperà anche un gruppo di pellegrini a piedi, guidati da Salvatore La Pusata, fratello di Michele La Pusata, che percorrerà i 321 km da Oviedo a Santiago. 

ESPLODE LA BOLLA Il Nobel: "Presto un bagno di sangue". Cosa farà crollare la Borsa: sarà rovina e miseria

BOOM Borsa, i timori del premio Nobel sulle cinque big della tecnologia: "Se crollano, sarà un bagno di sangue"



Ma le aziende "più ricche e affascinanti" del mondo - Apple, Microsoft, Google, Facebook, Amazon, Alphabet - sono così sicure o sono un po' gonfiate in Borsa? Cosa accadrebbe se dovessero collassare, se la loro bolla dovesse esplodere? Potrebbe accadere quello che a Wall Street chiamano "bloody nightmare", ovvero un bagno di sangue. Le 5 regine del high tech sono anche le cinque più grandi società al mondo per valore in Borsa. I tre maggiori indici del mercato americano sono ai massimi storici e il paese sta entrando nell'ottavo anno consecutivo di crescita dopo la fine della crisi nel 2009.

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A trascinare gli Usa sono proprio i giganti della tecnologia: Apple, Alphabet, Amazon, Facebook e Microsoft. "Ma quanto in alto ancora la Borsa può salire prima di bruciarsi come le ali di Icaro al sole?", si chiede Michael Hartnett, responsabile investimenti di Bank of America Merrill Lynch. Siamo forse di fronte alla più grossa bolla speculativa degli ultimi 10 anni? Possibile, proprio come accadde agli inizi degli anni Duemila con il crollo, repentino e inatteso, del Dow-Jones. Dunque, il responsabile di Merril Lynch elenca una serie di segnali che farebbero credere che il mercato tecnologico sia a rischio crollo. 

La capitalizzazione dei giganti della tecnologia americana è profondamente elevata rispetto all'economia reale. Ad esempio, solo i valori di Apple e Alphabet sommati (1.487 miliardi di dollari), sono superiori a quelli complessivi di tutti gli istituti bancari e finanziari dell'Europa e del Giappone. Il costo delle azioni delle due società sono arrivate fino a 1.000 dollari l'una. Da gennaio i titoli tecnologici si sono rivalutati più del 21%, la migliore performance dei settori dell'indice S&P500 che è cresciuta dell'8% complessivamente. Ma il 40% di questo balzo è dovuta alla crescita delle sole 5 grandi società regine del mercato mondiale. 

Per il fondatore della newsletter Edge, Anthony Mirhaydari, la concentrazione dei guadagni sulle big della tecnologia è anormale, "ma per essere equi, si deve ammettere che è giustificato. La crescita dei profitti - sottolinea - è solida". Sempre Hartnett aggiunge che "la crescita degli utili sarà del 16% che smentirebbe l'eccesso di valutazione" Ma il più grande esperto di bolle speculativa, il premio Nobel Robert Shiller, dice che i livelli delle azioni sono molto elevati e mette in guardia sul rischio di esplosione della bolla, anche se suggerisce di "non scappare subito da Wall Street". 

AZIONI CONCRETE Lui? Un pluriomicida romeno La Lega lo caccia dall'Italia: un gesto senza precedenti

AZIONI CONCRETE Florea Durac, il pluriomicida romeno cacciato dall'Italia a spese della Lega Nord: la tassa per liberarsi dai criminali


di Alessandro Gonzato



Ci voleva Naomo per espellere dall'Italia un omicida pluripregiudicato romeno? Naomo, a dispetto del nome, non è un capo indiano. Il suo vero nome è Nicola Lodi, ha 42 anni e a Ferrara è il responsabile sicurezza della Lega. Deve il soprannome a una vecchia parodia in cui Panariello imitava Briatore. Su Facebook Naomo, omone grande e grosso, posa con un altro leghista di stazza, Roberto "Pitbull" Marcato, volto noto dei salotti televisivi da battaglia.

Proprio Naomo, assieme ad altri esponenti locali del Carroccio, si è autotassato e ha raccolto 115 euro per pagare le spese di rimpatrio di Florea Durac, 54 anni, detto Dudù, nonostante il suo curriculum criminale faccia pensare a tutto tranne che al docile barboncino di Berlusconi. Durac, lunga barba e baffi bianchi, in Romania ha passato più di vent' anni in prigione, di cui otto per omicidio: "Ho ammazzato una persona con una bottigliata in testa" racconta lui stesso senza giri di parole. "Poi ho compiuto una serie di rapine". Uscito di galera, ha iniziato a vagabondare per l' Europa.

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Germania, Francia, Svizzera, Spagna. Per vivere ha continuato a delinquere. È finito in carcere un po' ovunque, tranne che in Italia, se non per qualche giorno. Per un anno e due mesi Dudù è stato il terrore degli abitanti del quartiere Gad di Ferrara: ha collezionato denunce per possesso d'armi, oltraggio, danneggiamento, reati contro il patrimonio. Ha urinato e defecato davanti a supermercati e negozi.

Lo scorso 31 maggio, all'ennesima segnalazione, gli era stato consegnato il foglio d'espulsione: per abbandonare l'Italia aveva un mese di tempo. Lo stesso Dudù voleva andarsene già da un po', ma non aveva più i documenti né i soldi per rifarli: glieli avevano rubati una notte mentre dormiva in strada. "Per potersene andare, oltre a un centinaio di euro, gli mancava la carta d' identità" dice Lodi-Naomo a Libero. "La questura ci ha negato il documento e così abbiamo deciso di accompagnare Durac al consolato romeno di Bologna, dove in 24 ore siamo riusciti a sbloccare la situazione e a ottenere il nulla osta per il suo ritorno in patria".

"Ma come si fa a espellere una persona e poi rendere impossibile il suo allontanamento per questioni burocratiche? Con la nostra azione - continua Lodi - abbiamo dimostrato alle istituzioni che il modo per fare le cose c' è, basta volerlo". E dunque, mentre scriviamo, Dudù sta raggiungendo a bordo di un pullman Craiova, nel sud-ovest della Romania. Lì vivono alcuni suoi parenti. Il gruppo leghista di Ferrara è in costante contatto con l'autista. "Una volta arrivato - aveva detto sabato Durac prima della partenza dall'Emilia - lavorerò la terra coi cavalli». Prima di salire in autobus, ricorda Naomo, si era anche scolato due bottiglie di vino rosso. "In Italia non ci torno più, lo prometto" aveva ripetuto. Dudù in Italia ha sei figli. Bivaccano tra le stazioni di Bologna, Rimini e Mestre, nel Veneziano. "A Bologna - prosegue Lodi - quando lo abbiamo accompagnato in stazione per fargli le fototessere per i documenti, una delle figlie ci ha avvicinati e ci ha detto che non vedeva il padre da vent'anni".

Naomo, assieme ai leghisti di Ferrara, festeggia per il risultato raggiunto, ma si sta già preparando alla prossima battaglia. "Cercheremo di far allontanare dall' Italia Tatiana, una rom pluripregiudicata che bivacca nel Ferrarese e che si è macchiata anche di violenza sessuale nei confronti di un minore". Pure in questo caso il rimpatrio è bloccato da questioni burocratiche. Ora però che ha capito come fare, Naomo non lo ferma più nessuno: basta una colletta di pochi euro a testa, una visita al consolato di turno, e via, il rimpatrio da impossibile diventa possibile. Certo, perché tutte le persone espulse lascino effettivamente l'Italia servirebbe un Naomo in ogni città.

Fiamma, lei è la fascista sexy eletta a Mantova Il suo trionfo: Laura Boldrini perde la testa / Foto

CUORE NERO Fiamma Negrini, la neofascista eletta in provincia di Mantova. E la Boldrini perde la testa: "Minniti intervenga subito"



È la democrazia, bellezza. A Sermide e Felonica, provincia di Mantova, la "Lista dei Fasci italiani del lavoro" - con tanto di fascio littorio come simbolo - ha ottenuto ben il 10,41%, pari a 334 voti. Risultato, è stata eletta in Consiglio comunale la candidata sindaco, Fiamma Negrini, di 20 anni. Una neofascista in consiglio comunale, a rappresentare una lista neofascista sia nei contenuti sia nel nome. Forse non il massimo dell'eleganza, ma tant'è: il popolino ha votato.

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Ma ovviamente, l'elezione di Fiamma ha scatenato un putiferio. In primissima fila - e chi se no - Laura Boldrini, la quale ha scritto al titolare del Viminale, Marco Minniti: "L'ammissione alle elezioni di una lista che si richiama dichiaratamente a nomi e immagini del partito fascista desta forti perplessità sul piano giuridico in quanto - come rilevato, tra gli altri, dall'Anpi - sembra contrastare con le norme costituzionali e legislative che vietano la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista. In questo senso - continua la presidenta della Camera - ricordo che anche le Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature, emanate nello scorso mese di maggio dal Ministero dell'Interno, stabiliscono che le commissioni elettorali circondariali ricusano i contrassegni in cui siano contenute espressioni, immagini o raffigurazioni che facciano riferimento a ideologie autoritarie (per esempio le parole fascismo, nazismo, nazionalsocialismo e simili), come tali vietate dalla XII disposizione transitoria della Costituzione". Dunque, la Boldrini, chiede a Minniti di intervenire sul caso che scuote la provincia di Mantova.

Al coro delle proteste si sono uniti anche Pd, la "cosina rossa" di Bersani & Co, Sinistra Italiana, Anpi e l'Unione delle comunità ebraiche italiane. La polemica, per inciso, covava già da qualche giorno, tanto che Claudio Negrini (padre di Fiamma, che come foto profilo su Facebook ha la scritta "boia chi molla"), di fronte agli attacchi e agli insulti aveva pensato di ritirare la lista. Cosa che poi non è avvenuta, tanto che la pargola è stata eletta.