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martedì 6 giugno 2017

‘Spegni l’ultima!’, campagna 2017 della Fondazione Umberto Veronesi

‘Spegni l’ultima!’, campagna 2017 della Fondazione Umberto Veronesi


di Eugenia Sermonti





Una campagna che ha visto la Fondazione Umberto Veronesi nel corso di tutto il mese di maggio, mettere in campo una serie di attività di sensibilizzazione che hanno invitato tutti i fumatori a smettere di fumare e i giovani a non cominciare mai. Perché il fumo attivo è causa di almeno 25 malattie e di 18 tipologie di tumore ma malgrado ciò uomini, donne e soprattutto ragazzi continuano a fumare senza rendersi conto del pericolo a cui vanno incontro. Non ha dubbi il professor Francesco Blasi, ordinario di Malattie respiratorie presso il Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e trapianti dell’Università degli Studi di Milano, intervistato in piazza della Scala: “La legge Sirchia contro il fumo è stata una delle migliori del mondo, e aveva indotto una riduzione importante del fumo di sigaretta. Poi, come tutte le cose in Italia, non è stata seguita da una politica d’intervento sulla popolazione da parte del sistema in modo da chiarire quanto grave sia fumare. Credo che iniziative come quella della Fondazione Umberto Veronesi siano fondamentali per far ‘toccare con mano’ alla gente qual è il rischio cui va incontro fumando: la sigaretta spenta in mezzo alla piazza è un messaggio forte”. Informazioni tutte contenute nel nuovo Manuale della Fondazione Umberto Veronesi ‘Fumo. Domande e risposte per comprendere e scegliere’,  scaricabile gratuitamente dal sito www.fondazioneveronesi.it (area download), dove è possibile sciogliere dubbi e incomprensioni sul tema del fumo di sigaretta.

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Intanto per quattro giorni, dal 28 al 31 maggio scorsi, in Piazza della Scala con il Patrocinio del Comune di Milano è stato allestito un enorme mozzicone di sigaretta e la mostra educativa ‘Come sta il tuo corpo quando fumi?’ alla presenza di un divulgatore scientifico della Fondazione Umberto Veronesi, che ne ha approfondito i contenuti a tutti coloro che si sono avvicinati all’installazione. E l’ultimo giorno, mercoledì 31 maggio scorso, è stato possibile eseguire gratuitamente una spirometria, grazie al sostegno di Novartis. “L’esame rappresenta un valido punto di partenza per l’identificazione di malattie fumo-correlate, quali l’asma bronchiale e la BPCO - ha aggiunto Francesco Blasi - Individuare tempestivamente queste patologie, che ricordiamo essere croniche e progressive, permette di intervenire adeguatamente con piani terapeutici efficaci che contribuiscono a mantenere una buona qualità di vita dei pazienti”. Nell’ambito delle attività di educazione nelle scuole, la Fondazione Umberto Veronesi ha organizzato per tutto il mese di maggio un ciclo di workshop cinematografici per gli alunni delle scuole superiori, con la partecipazione di medici esperti, sociologi e giornalisti per parlare di fumo di sigaretta dal punto di vista scientifico, etico e sociale, a seguito della visione del film 'Thank You For Smoking'. E sempre per tutto il mese di maggio inoltre, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in virtù del Protocollo d’Intesa siglato con Fondazione Umberto Veronesi, ha invitato i docenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado a scaricare i materiali educativi sul sito www.fuvperlascuola.it dalla giuda operativa per i docenti aggiornata a un video informativo sui danni del fumo di sigaretta e una clip sui 6 motivi per cui non bisogna fumare presente anche sui social network.

‘No Smoking Be Happy’ è il progetto di lotta contro il fumo della Fondazione Umberto Veronesi che dal 2008 ha dato vita a numerose attività e campagne di comunicazione rivolte alle donne fumatrici, ai fumatori in generale e ai giovani per educarli, non solo sui danni provocati dal fumo, ma soprattutto sui benefici legati al non fumare. Tra le molteplici attività ideate: i laboratori didattici per i bambini delle scuole primarie di primo e secondo grado, i corsi di formazione per insegnanti, le indagini sociologiche sulle donne e i giovani che fumano, la mostra multisensoriale itinerante, l’App scaricabile per iPhone e iPad per orientare i fumatori verso i migliori centri anti fumo, la Mostra Laboratorio per le scuole italiane allestita negli ospedali e nelle scuole la campagna ‘Spegni l’ultima! con la testimonianza di Fabio Volo.

CIÒ CHE NON TORNA Pastasciutta, come ti truffano al supermercato Sai cosa mangi davvero? Occhio al dettaglio

Pastasciutta, ecco come riconoscere la pasta al 100% italiana


di Attilio Barberi



All’inizio di maggio, dopo averlo annunciato innumerevoli volte, il governo ha mandato a Bruxelles lo schema di decreto che introduce l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano utilizzato per fare la pasta. In attesa di capire se la Commissione abbia qualcosa da obiettare - eventualità più che probabile vista l’opposizione dura e irremovibile degli industriali - ecco una guida utile per capire come distinguere la pasta italiana al 100% da quella fatta con frumento importato. Soprattutto da Canada e Ucraina.

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Dopo aver maneggiato centinaia di confezioni di pasta, mi sento di suggerire queste tre semplice regole per capire da dove arrivi il prodotto che si sta per comperare. Regola uno: non fidarsi di bandierine tricolori, coccarde, nastri e simboli che evochino l’italianità. Non c’è alcuna regola che ne impedisca l’uso, anche in presenza di materia prima straniera. Regola due: made in Italy, si può tradurre liberamente come «confezionato in Italia» e non garantisce nulla sulla provenienza degli ingredienti. Regola tre: se non c’è scritto nulla vuol dire che non si tratta di pasta italiana al 100%. Checché ne dica l’industria, l’origine nazionale è un valore aggiunto e chi può dichiararla lo fa senza esitazione. Consapevole che i consumatori sono disposti a pagare di più ed è più facile fidelizzarli.

Stabilite le regole generali che aiutano a distinguere i veri maccheroni italiani da quelli «fatti in Italia», ecco quel che si trova sul mercato, Vale a dire sugli scaffali della grande distribuzione.

Negli ultimi anni l’offerta di prodotti nazionali si è ampliata. Se fino alla metà del decennio scorso si potevano contare sulle dita di una mano i marchi che dichiaravano l’origine ora sono parecchie decine. Se si eccettuano i produttori artigianali che hanno una produzione incapace di varcare i confini della provincia, i marchi di pasta 100% Italia, sono in tutto una cinquantina, con infinite varianti. E quasi uno su due è un prodotto biologico, con tanto di certificazione. Fra i brand più diffusi quasi ovunque nello Stivale, segnalo la pasta di Gragnano Igp Fiorfiore Coop. Poi sicuramente la Voiello, ottenuta a partire soltanto da grano Aureo e frutto di un accordo di filiera fra Barilla, proprietaria del pastificio di Torre Annunziata, e gli agricoltori.

Altro marchio abbastanza diffuso è Alce Nero, presente sui banconi con infinite varianti: pasta di grano duro, di farro, pasta di Gragnano, di frumento Senatore Cappelli. E sempre fatta con il frumento del Duce (noto per essere stato il protagonista della «battaglia del grano») è la Dalla Costa, sede a Castelminio di Resana, in provincia di Treviso, fra i primi produttori a far uscire dal dimenticatoio questa varietà di cereale. Dalla medesima zona, per la precisione da Castello di Godego, arriva la pasta Sgambaro che ha ottenuto la certificazione Csqa per il grano duro italiano. Certificazione condivisa anche dai maccheroni Voi, Valori Origine Italiana, frutto della collaborazione fra Iper la Grande I e Coldiretti.

Dalla Puglia arriva la linea Dedicato della Granoro, fatta esclusivamente con frumento coltivato nella regione. Mentre è avellinese la pasta Grano Armando della famiglia De Matteis, pure dei frutto di un accordo di filiera corta con i coltivatori locali.

E poi ci sono i maccheroni di farro (quasi sempre bio), capaci di conquistarsi negli ultimi 12 mesi uno spazio considerevole in tutte le insegne della grande distribuzione. Fra i brand che ho acquistato, oltre ad Alce Nero, segnalo Poggio del Farro, Sgambaro, Fior di Pietra.

Invece la lista dei prodotti che utilizzano con disinvoltura il tricolore o che si definiscono «made in Italy», pur senza utilizzare soltanto materia prima nazionale, è molto lunga. Fra quelli più noti ci sono sicuramente De Cecco e Divella, ma mi sono accorto che al gruppo si è aggiunta di recente pure la pasta Esselunga Bio, che fa sfoggio sul pacchetto di un tricolore accompagnato dalla scritta: «Prodotto in Italia».

"Senza dignità. Lui è morto e voi...". La rabbia di Rita Dalla Chiesa: la frase con cui distrugge i magistrati

Totò Riina, Rita Dalla Chiesa: "Mio padre una morte dignitosa non ce l'ha avuta"



"Penso che mio padre una morte dignitosa  non l’ha avuta, l’hanno ammazzato lasciando lui, la moglie e Domenico  Russo in macchina senza neanche un lenzuolo per coprirli. Quindi di dignitoso, purtroppo, nella morte di mio padre non c’è stato niente".

Ecco il gelato del futuro!

Un gruppo di bambini ha scoperto il gelato del futuro. Il risultato è sconvolgente! 



Questa la dichiarazione rilasciata da Rita Dalla Chiesa al Tg4 dopo la notizia che la Cassazione ha aperto al differimento della pena per Totò Riina perché gravemente malato.

"Sto insegnando a mio nipote ad avere fiducia nella giustizia e nella legalità - continua la figlia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa ucciso dall’ex capo di Cosa Nostra - lo porto sempre in mezzo ai carabinieri. Portandolo in mezzo ai carabinieri faccio quello che avrebbe fatto mio padre. Per quanto riguarda invece la fiducia nella  giustizia, forse sto sbagliando tutto, sto sbagliando tutto".

Caccia al killer di Budrio, ora scattano gli arresti: ecco chi finisce in manette

Caccia al killer di Budrio, 15 persone arrestate per spaccio e reati vari



I carabinieri di Bologna e Ferrara, senza sosta, proseguono la loro caccia a Igor, il killer di Budrio, all'interno della zona rossa dove pensano che possa essere ancora nascosto. E nel corso delle ultime operazioni, sono state arrestate 15 persone, responsabili di reati contro il patrimonio e dediti alla coltivazione e spaccio di stupefacenti. Già, perché nel corso delle ricerche sono state trovate armi, proventi di furti e sono stati sequestrati 20 kg di marijuana. Sono stati inoltre recuperati diversi monili in oro e una somma di 5.500 euro in contanti. Arresti e "reati" collaterali scoperti nel corso della caccia al killer.

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lunedì 5 giugno 2017

Caivano (Na): Antonio Angelino, consigliere comunale nonchè Segretario politico PD, Campione Italiano di Arti Marziali

Onore ad Antonio Angelino, Campione Italiano di Arti Marziali


Antonio Angelino
Campione Italiano Arti Marziali

Antonio Angelino, consigliere comunale di Caivano del partito PD Giovani Democratici, ha vinto per la decima volta il campionato italiano assoluto FIJLKAM in arti marziali. Oggi è campione italiano assoluto federale.

La sua disciplina si definisce marziale mista, poiché ha dato i natali a tutte le arti marziali moderne. Si compone di tre fasi di combattimento:

La prima fase (in piedi) prevede dei colpi a distanza con arti superiori ed inferiori (pugni e calci).

La seconda fase è di contatto (le stesse tecniche del judo) tesa alla proiezione a terra dell’avversario.

La terza fase, sempre di contatto, si articola nella lotta a terra che prevede: leve alle articolazioni, strangolamenti e immobilizzazioni.

Le arti marziali sono discipline fondamentali nel panorama dello sport italiano, perché allenano il corpo e la mente. Hanno una funzione pedagogica che mira al raggiungimento dell’equilibrio tra psiche e soma.

ECCO IL GELATO DEL FUTURO!

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La sua dichiarazione:

Il giovane ha mostrato tenacia nel corso del suo impegno politico e civile. In un suo post su Facebook, ha così dichiarato:

“Ogni sacrificio, ogni sforzo, ogni lotta, ogni rinuncia, ogni lacrima, ogni momento impiegato in questa grande passione, oggi viene ripagato. Nella splendida cornice del centro Olimpico Pala Pellicone di Ostia, vinco per la decima volta il campionato italiano assoluto FIJLKAM – Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali- e voglio dedicare questa vittoria e questa grande gioia, a tutti voi. Alla mia famiglia, ai miei maestri, ai miei amici, alla mia città”.

Sapere che i giovani caivanesi riescano a raggiungere dei traguardi importanti, per tutta la comunità è motivo di orgoglio e dedizione.

MISTER FOLGORE Il Generale 'me ne frego' Boldrini, ascolta un eroe: "Le spiego cos'è la Patria"

Il generale Marco Bertolini: "Il mancato applauso della Boldrini? Discorso a sé. Ma il 2 giugno che c'entra il servizio civile?"



Si parla ancora di Laura Boldrini e del suo atteggiamento alla parata del 2 giugno, dove ha ignorato la sfilata della Folgore, umiliando di fatto i nostri militari. Intervistato da Il Tempo, il generale Gianni Fantini ha usato parole dure contro la presidente della Camera, spiegando in buona sostanza che del suo applauso non gli interessa nulla. Toni differenti, invece, li usa Marco Bertolini, presidente dell'Associazione Nazionale Paracadutisti d'Italia, una carriera eccellente nella Brigata Folgore. Sempre intervistato da Il Tempo, smorza la polemica affermando: "Io non ho mai applaudito un reparto che sfila. Non è uno spettacolo di fronte al quale qualcuno può esprimere o meno soddisfazione applaudendo o fischiando. Si saluta stando composti, è la prassi".

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Quando però gli chiedono se non ha considerato irrispettoso il comportamento della Boldrini, il generale risponde lasciando intendere in modo piuttosto chiaro che, a lui, non interessa: "Che la presidente della Camera possa non fremere di amore per i militare in generale e la Folgore in particolare è un discorso a sé. Io non ho mai applaudito in vita mia e ho 44 anni di servizio alle spalle". Infine, il generale Bertolini ci tiene a sottolineare che "le sfilate sono un omaggio alla Patria, che solennizza se stessa esibendosi con le forze armate, la sua espressione più pura. In questi anni, invece si sono via via trasformate in esibizioni di umanità varia nelle quali ci sono i ragazzi del servizio civile, che non ho capito cosa siano". Gli stessi ragazzi del servizio civile elogiati il 2 giugno da Laura Boldrini. Presidenta demolita.

I giudici lo mandano a casa "Riina deve morire sereno" Il regalo al boss dei boss

La Cassazione apre ai domiciliari per Totò Riina: "Malato, deve morire sereno"



Valutare nuovamente se sussistano o meno i presupposti per concedere a Totò Riina il differimento della pena o gli arresti domiciliari per motivi di salute. È quanto ha disposto la Cassazione, che, accogliendo il ricorso presentato dalla difesa del boss di Cosa nostra, ha annullato con rinvio la decisione del tribunale di sorveglianza di Bologna che aveva detto ’no' alla concessione di tali benefici penitenziari, nonostante le gravissime condizioni di salute in cui Riina versa da tempo.

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Il giudice bolognese aveva ritenuto che le «pur gravi condizioni di salute del detenuto» non fossero tali da «rendere inefficace qualunque tipo di cure» anche con ricoveri in ospedale a Parma (nel cui penitenziario Riina è recluso al 41 bis) e osservato che non erano stati superati «i limiti inerenti il rispetto del senso di umanità di cui deve essere connotata la pena e il diritto alla salute». Il tribunale di sorveglianza di Bologna, invece, metteva in evidenza la «notevole pericolosità» di Riina, in relazione alla quale sussistevano «circostanze eccezionali tali da imporre l’inderogabilità dell’esecuzione della pena nella forma della detenzione inframuraria».

Oltre all’«altissimo tasso di pericolosità del detenuto», il giudice ricordava «la posizione di vertice assoluto dell’organizzazione criminale Cosa nostra, ancora pienamente operante e rispetto alla quale Riina non ha mai manifestato volontà di dissociazione»: per questo, osservava il tribunale bolognese, era «impossibile effettuare una prognosi di assenza di pericolo di recidiva» del boss, nonostante «l’attuale stato di salute, non essendo necessaria, dato il ruolo apicale rivestito dal detenuto, una prestanza fisica per la commissione di ulteriori gravissimi delitti nel ruolo di mandante».

La prima sezione penale della Suprema Corte, con una sentenza depositata oggi, ha ritenuto fondato il ricorso, definendo «carente» e «contraddittoria» la decisione del tribunale di sorveglianza, che ha omesso di considerare «il complessivo stato morboso del detenuto e le sue generali condizioni di scadimento fisico»: affinchè la pena non si risolva in un «trattamento inumano e degradante», ricordano i giudici di piazza Cavour, lo «stato di salute incompatibile con il regime carcerario, idoneo a giustificare il differimento dell’esecuzione della pena per infermità fisica o l’applicazione della detenzione domiciliare non deve ritenersi limitato alla patologia implicante un pericolo per la vita della persona, dovendosi piuttosto - si legge nella sentenza - avere riguardo ad ogni stato morboso o scadimento fisico capace di determinare un’esistenza al di sotto della soglia di dignità che deve essere rispettata pure nella condizione di restrizione carceraria».