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lunedì 29 maggio 2017

UNA PATOLOGIA DIMENTICATA Sindrome dell’intestino irritabile mal di pancia della nostra sanità

Sindrome dell’intestino irritabile mal di pancia della nostra sanità


di Martina Bossi



Toglietevelo dalla testa, in tutti i sensi: la sindrome dell’intestino irritabile, a lungo considerata malattia psicosomatica, non è una patologia ‘inventata’ né una serie di fastidi che nascono dallo stato psicologico, ma una vera malattia. È piuttosto un quadro gastrointestinale con molteplici sintomi, variamente associati tra loro, di intensità e frequenza diversa, con momenti di relativo benessere che si alternano a fasi di riaccensione dei disturbi. Ed è una pessima compagna di strada che condiziona la  vita di molti pazienti - in Italia sono oltre il 7 per cento della popolazione, in prevalenza femminile - e che, nelle sue manifestazioni più gravi, la sconvolge profondamente. Dolore addominale, sensazione di distensione dell’addome e meteorismo, accompagnati da stipsi e/o diarrea sono i segnali che debbono inviare all’attenzione del medico, evitando l’abuso di farmaci ‘fai da te’ da parte del paziente. “Purtroppo, sulle cause di questa patologia sappiamo ancora poco, malgrado siano state riscontrate numerose alterazioni, ognuna delle quali, però, non consente di identificare in modo univoco la malattia - afferma Enrico Stefano Corazziari, gastroenterologo all’Università di Roma ‘La Sapienza’ - molti studi ipotizzano una disfunzione del sistema immunitario, altri puntano il dito sulla ipersensibilità viscerale presente in molti pazienti”. Resta il fatto che quando fino a qualche decennio fa veniva considerato una sorta di ‘proiezione’ del cervello sul tubo digerente è oggi considerato una malattia ‘microrganica’, che come tale va riconosciuta, diagnosticata e correttamente trattata con un approccio su misura per ogni paziente.

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Le caratteristiche di questa patologia e i numerosi problemi che comporta sono al centro del convegno promosso da Public Health & Health Policy, rivista di economia e politica sanitaria, dal titolo ‘La sindrome dell’Intestino Irritabile: malattia sociale tra complessità terapeutiche, innovazione e sostenibilità’. L’evento si è tenuto oggi a Roma all’Istituto Superiore di Sanità, e ha visto la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni e del mondo advocacy, oltre ai massimi esponenti della gastroenterologia nazionale, con l’obiettivo di individuare le strategie capaci di offrire soluzioni adeguate per un delicato ambito sanitario nel quale mancano ancora troppe risposte sul piano diagnostico e assistenziale. Questo, anche per “… l’assenza di specifiche iniziative in materia di politica sanitaria - commenta la senatrice Emanuela Baio, presidente di Ibscom, il Comitato per la Sindrome dell’Intestino Irritabile - che confermano l’esistenza di una preoccupante disattenzione istituzionale in materia che con il nostro impegno ci prefiggiamo di contrastare”. Il quadro sanitario, a detta dei partecipanti, è oggi scarsamente riconosciuto ed è caratterizzato da diagnosi il più delle volte tardive perché spesso sottovalutate dai pazienti e spesso dagli stessi medici, nel quale i sintomi sono contrastati in modo inadeguato con un frequente e casuale ricorso dei pazienti al  dannoso ‘fai da te’ o, ancor peggio, con suggerimenti trovati sulla rete.

“Oggi è dimostrato che la sindrome dell’intestino irritabile è una vera e propria patologia micro-organica - ha dichiarato Vincenzo Stanghellini, ordinario di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna - e, come specialisti, abbiamo il dovere di diffondere questa informazione. È necessario creare una partnership che veda il paziente adeguatamente informato - ha proseguito Stanghellini - e in grado di fare da ponte tra lo specialista e il medico di medicina generale, essendo così il vero protagonista del proprio percorso di cura”. Fondamentale è quindi che questa patologia ‘dimenticata’ sia al più presto oggetto di una diversa e maggiore attenzione da parte del Servizio Sanitario Nazionale che renda più agevole l’accesso ai percorsi diagnostico-terapeutici e, almeno per i casi più gravi, alle terapie rese disponibili dall’innovazione e in grado di offrire sollievo rispetto a condizioni di vita spesso devastate. Non va sottovalutato infine il problema dei costi per il sistema sanitario e per il singolo. Diverse osservazioni internazionali, che hanno considerato anche la situazione italiana, dimostrano che la sindrome dell’intestino irritabile, nelle sue diverse forme, oltre a produrre gravi ripercussioni sia dal punto di vista personale che sociale, genera costi socio-sanitari di notevole importanza - soprattutto generati dai ricoveri ospedalieri - sovrapponibili a quelli di altre patologie quali il diabete, l’ipertensione e le osteoartriti. Costi che, con una maggior risposta sanitaria sul piano diagnostico e terapeutico, potrebbero essere sensibilmente ridotti. 

BIMBO MORTO A PESARO Chi è l'omeopata indagato Attratto dall'Apocalisse: laurea, fuga, poi il mistero

Bimbo morto di otite, chi è davvero il dottor Mecozzi



Chi è davvero Massimiliano Mecozzi, il medico omeopata indagato per la morte del piccolo di 7 anni stroncato da un'otite mal curata? Nato nel dicembre del 1962 a Roma, si è laureato in medicina e si è regolarmente iscritto all'Albo. Si è trasferito a Pesaro e ha messo su famiglia. Ad un certo punto la crisi: si è cancellato dall'ordine dei medici per poi chiedere di essere riammesso 4 anni dopo. L'uomo, in quel frangente, si era trasferito a Varese e aveva trovato lavoro come tuttofare in un supermercato della zona per dedicare la sua vita a un'associazione religiosa, il "Roveto ardente", gruppo religioso d'ispirazione apocalittica finito sotto accusa per per associazione per delinquere finalizzata al reato di truffa aggravata e continuata. L'esperienza non è andata a buon fine e l'uomo è tornato al suo precedente mestiere. 

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Il medico era molto abile nell'arte di coinvolgere e convincere i genitori delle vittime a curare i figli con l'omeopatia. Mecozzi aveva un giro di pazienti invidiabile, oltretutto, adottava sempre la tecnica di farsi pagare sempre a fine anno e mai per le sedute intermedie, creando così una sorta di legame di fidelizzazione e non andava mai a domicilio. Ha fatto un unico strappo alla regola ed è andato fino a Cagli a visitare Francesco, affetto da una grave forma di otite. Gli ha dato delle goccine. Dodici ora più tardi il bambino è entrato in coma. Il nonno del piccolo ha giurato che passerà il resto della sua vita a perseguire nelle aule di tribunali il dottor Mecozzi per il dramma che ha provocato alla famiglia. 

INDISCRETO "I miei figli vanno nella scuola dei loro, so che..." Totti e Ilary, vita stravolta: la verità dietro le lacrime

Paola Ferrari, la verità sul futuro di Totti: "Andrà a giocare a Miami per Nesta" 



Paola Ferrari, la notte prima del saluto di Francesco Totti alla Roma, lancia la bomba via Twitter: "Totti andrà a Miami". La giornalista sportiva Rai spiega quanto è attendibile l'indiscrezione che ha riportato. Totti al Miami Football Club allenato da Alessandro Nesta? "Ovviamente non sono nella testa di Francesco Totti e quindi tutto può accadere", precisa a Il Tempo, "ma ho una fonte interna alla famiglia che mi ha confermato quanto l'idea di continuare a giocare a pallone e di farlo a Miami lo stia intrigando".

Paola Ferrari va oltre. Secondo lei un trasferimento così drastico non creerebbe problemi in famiglia: "I suoi figli frequentano la stessa scuola nella quale hanno studiato i miei. È un istituto anglo-americano ed è prevista la possibilità di un anno all'estero senza che questo possa influire, se non positivamente, sul percorso didattico". E poi si sa, il Pupone è quasi a casa a Miami. "Si, questo è un altro motivo per il quale potrebbe davvero sceglierla per continuare a giocare ancora un po'. Tra l' altro è piena di italiani, non avrebbe nemmeno il problema della lingua. E poi ritroverebbe il suo amico Alessandro Nesta".

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CHIAMALA INTEGRAZIONE La figlia "occidentale", orrore islamico a La Spezia: come l'ha ridotta il papà immigrato, violenza cieca

La Spezia, immigrato picchia la figlia: "Hai tradito i precetti dell'Islam"



Si vestiva all'occidentale come le ragazze del paese dove è cresciuta, ma al padre non andava bene: 'ha picchiata, l'ha insultata e l'ha accusata di "non essere una brava musulmana". L'uomo, 43enne immigrato dal Bangladesh e residente a La Spezia da 10 anni con la famiglia, proibisce alle figlie di vestirsi con jeans e magliette e pretende che indossino solo abiti tradizionali, pena le botte. La giovane si è fatta coraggio e ha deciso di ribellarsi alla dittatura del padre denunciando alla polizia le violenze subite. Giustizia è stata fatta: il padre è stato condannato a due anni e sei mesi di detenzione e al pagamento di una provvisionale di 12mila euro. Il 10 giugno dello scorso anno, infatti, la ragazza era stata riempita di schiaffi al volto e alle braccia dal padre che l' aveva costretta a stare in piedi per circa tre ore vicino al letto, senza muoversi.  La ragazza mentre era in attesa di una sentenza si è trasferita a casa del fidanzato italiano, per evitare rappresaglie e ulteriori episodi di violenza. Le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore Claudia Merlino, che non ha creduto agli alibi del padre. Il giudice Diana Brusacà ha, infatti, ritenuto provate le accuse e lo ha condannato. 

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Riciclaggio: Fini rovinato Un sequestro milionario: "Su Montecarlo decise lui"

Riciclaggio, sequestrate a Gianfranco Fini polizze vita per un milione di euro



Altra mazzata per Gianfranco Fini: la Guardia di Finanza ha proceduto a un sequestro preventivo di un milione di euro riconducibili a due polizze vita intestate alle figlie dall'ex presidente della Camera. Il provvedimento, sollecitato dal pm Barbara Sargenti e dall'aggiunto Michele Prestipino, coordinatore della Dda, rientra nell'inchiesta bis che riguarda tra l'altro la vendita dell'immobile di Montecarlo e che ha coinvolto il "re delle slot" Francesco Corallo con Fini indagato per riciclaggio in concorso con la compagna Elisabetta Tulliani e il cognato Giancarlo Tulliani. 

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L'ex presidente della Camera è stato "artefice dei rapporti che si sono instaurati tra Corallo e i membri della famiglia Tulliani, rapporti in forza dei quali costoro hanno ricevuto dal primo cospicue somme di denaro, in assenza di qualsiasi causale logica, ovvero in presenza di causali non collegabili a reali prestazioni effettuate". "Proprio sulla base di queste nuove indagini - sottolineano gli investigatori della Guardia di Finanza - è stato emesso il decreto di sequestro preventivo eseguito oggi".

Il provvedimento cautelare segue un altro sequestro preventivo del valore di 7 milioni di euro, già eseguito a febbraio nei confronti di Giancarlo, Sergio ed Elisabetta Tulliani, in relazione a diversi reati, tra cui episodi di riciclaggio e autoriciclaggio commessi secondo l'accusa in concorso con Fini. "Si tratta - ricordano le Fiamme gialle - di reati emersi nell'ambito di una più ampia attività d'indagine che ha già portato alla esecuzione, in data 13 dicembre 2016, di una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Francesco Corallo, Rudolf Theodoor Anna Baetsen, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani e Amedeo Laboccetta, in quanto facenti parte di una associazione a delinquere aggravata, a carattere transnazionale, dedita ai reati di peculato, riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, promossa e diretta da Corallo".

L’analisi dei flussi finanziari oggetto di riciclaggio ha permesso di ricostruire "un circuito economico fraudolento posto in essere dai sodali i quali si adoperavano, attraverso la costituzione di numerose società offshore, a trasferire, dall'Italia verso numerosi Paesi europei ed extraeuropei, somme di denaro oggetto di peculato, e sottratte alla pretesa impositiva erariale". I proventi conseguiti dall'associazione capeggiata da Corallo sarebbero stati utilizzati per attività economiche, finanziarie, ed acquisizioni immobiliari, tra cui la compravendita dell'immobile di Montecarlo. Le Fiamme gialle hanno anche accertato come i membri della famiglia Tulliani dal 2008 abbiano ricevuto, per il tramite di società offshore riconducibili a Corallo, oltre 7 milioni di euro, trasferiti su conti personali e su conti di società a loro direttamente o indirettamente riconducibili: "I Tulliani - spiegano gli investigatori - consapevoli della provenienza delittuosa del denaro si sono adoperati per reinvestire e reimpiegare le stesse somme in beni immobili siti nel comprensorio di Roma e provincia". Tali evidenze avevano consentito al Gip di emettere, già a febbraio 2017, un decreto di sequestro per equivalente relativo a beni immobili, mobili e conti correnti, della famiglia Tulliani, per un valore di oltre 7 milioni.

JUSTIN TRUDEAU "Ora vieni qui e chiedi scusa". Schiaffo in Vaticano Che cosa ha osato ordinare il canadese al Papa

Il premier canadese Trudeau al Papa: "Viene in Canada a chiedere scusa ai..."



Hai visto a fare tanto quello di sinistra, il Papa "terra-terra" che si definisce "un sacerdote" ed elimina in pochi anni qualsiasi aspetto di sacralità che per secoli aveva circondato la figura del pontefice? Succede poi che un politichino quasi imberbe come il premier canadese Justin Trudeau, che guida un Paese che nella geopolitica globale conta come il due a briscola, abbia la sfrontatezza (che su guarderebbe bene dall'avere, ad esempio, con Donald Trump) di dirti che devi venire a casa sua a chiedere scusa. A te, che sei il Papa di miliardi di persone e guidi una istituzione che conta milioni di persone.


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E' quanto sarebbe successo qualche ora fa in Vaticano dove, nel corso della udienza privata ottenuta da Papa Francesco dopo il G7 di Taormina, Trudeau ha chiesto al Pontefice di recarsi al più presto in Canada. La visita sarebbe in risposta al Rapporto 2015 del Governo Canadese sui popoli nativi, che contiene oltre 90 raccomandazioni per il Governo, una delle quali invoca che il Papa venga in Canada per chiedere scusa, soprattutto per le scuole residenziali che hanno contribuito in modo determinante all’estinzione delle culture e lingue locali.

domenica 28 maggio 2017

RIPRODUZIONE ASSISTITA E. Greco: “per otto donne su dieci fondamentale diventare mamma”

E. Greco: “per otto donne su dieci fondamentale diventare mamma”


di Martina Bossi


Prof. Ermanno Greco
Direttore Scientifico Centro di Medicina e Biologia della Riproduzione Roma

Otto donne su dieci considerano ‘estremamente importante’ essere genitori e in particolare avere 2 figli (65 per cento), uno (20 per cento), tre (13 per cento) e addirittura 5 (due su cento). Inoltre l’età desiderata per diventare mamma è in oltre un caso su due tra i 35 e i 40 anni, nel 30 per cento dei casi tra i 30 e i 35 anni, ma anche nel 10 per cento quando si è over 40 e però solo il 5 per cento under 30. Sono alcune delle risposte dell’indagine effettuata lo scorso 8 marzo all’European Hospital di Roma in occasione di una giornata di visite gratuite, promosse dalla struttura sotto il coordinamento del professor Ermanno Greco, direttore scientifico del Centro di medicina e biologia della riproduzione. Il ‘Questionario sugli atteggiamenti nei confronti della genitorialità, le intenzioni nell’avere un figlio e sulla conoscenza dei problemi di infertilità’, a cui hanno risposto 136 donne italiane (tranne una proveniente dal Perù e dalla Grecia) con età media di 36 anni, si basa su modelli già validati in passato nel Nord Europa, Nord America ed Est Europa. Comprende sette categorie di domande: 1) caratteristiche socio-demografiche e storia riproduttiva; 2) le future intenzioni ad avere un figlio; 3) l’importanza ad avere un figlio; 4) presunti comportamenti in caso di infertilità; 5) circostanze importanti per decidere ad avere un figlio; 6) cambiamenti di vita, percepiti come positivi o negativi, relativi alla genitorialità; 7) le conoscenze riguardo i problemi alla fertilità.

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«Il desiderio di avere un figlio è davvero preminente nella quasi totalità delle donne - sottolinea il professor Ermanno Greco - e ritenuto di altissima importanza. Il 55 per cento delle donne lo vorrebbe tra i 35 e i 40 anni, segno di percorso di maturità anche lavorativa che però va in conflitto con l’età migliore per diventar mamma ovvero sotto i 30 anni». Infatti per quanto riguarda i cambiamenti di vita legati alla genitorialità, percepiti come positivi o negativi, la maggioranza delle donne (l’80 per cento) ritiene che avere un figlio porta a svilupparsi come persona, a dare e ricevere più amore, può rafforzare il rapporto con il proprio partner, che può cambiare la visione su ciò che è importante nella vita, che si fa qualcosa che è il senso della vita, che ci saranno nuovi interessi ma che comunque c’è meno tempo da dedicare al lavoro e alla carriera, un’economia più povera e più difficoltà nel mercato del lavoro. «Riguardo le conoscenze sull’infertilità - prosegue Greco - il 90 per cento delle intervistate ritiene che l’età più fertile è tra i 20 ed i 35 anni, con circa il 2 per cento che risponde di non saperlo. La maggioranza sostiene che vi è una leggera diminuzione dell’infertilità tra i 35 ed i 40 anni (l’80 per cento) e una marcata riduzione dopo i 40 anni, alcuni sostengono dopo i 45-50 anni. Infine la maggior parte non è a conoscenza (l’80 per cento) di quante coppie sono infertili e di quante probabilità di successo, in media, ci sono per avere un bambino sia naturalmente che con la FIV. Inoltre questa voglia di diventare madre è talmente grande che la maggior parte delle donna accetta il trattamento di fecondazione artificiale per risolvere il loro problema».