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venerdì 26 maggio 2017

SCANDALO "Sapete cosa ci ha chiesto per un'intervista?". Un massacro per Cecilia Rodriguez. E ora...

Cecilia Rodriguez chiede 2mila euro per un'intervista. Poi scompare



"A nostro malincuore dobbiamo annunciare il comportamento scorretto di Cecilia Rodriguez e Francesco Monte, che ci han preso in giro, prima il manager della Steve&More ha scritto questo Cachet di Cecilia Rodriguez per questo tipo di collaborazioni è di € 2.000,00. Ebbene si duemila euro per una intervista telefonica in radio: Assurdo!. Esordisce così l'amministratore della pagina radio Free Station in un post su Facebook. La stazione radio stava organizzando un'intervista di coppia per la sorellina di Belen e il suo fidanzato, Francesco Monte, ma i due non si sono presentati.

Il direttore Antonietta Napoletano, indignata per la faccenda, ha dichiarato a Fanpage: "Tutto ha avuto inizio con una mail inviata alla Steve&More di Stefano Monte, un'agenzia che cura degli artisti tra cui Cecilia Rodriguez. Abbiamo mandato un'e-mail sia all'agenzia, sia alla MeFui. Il primo marzo scorso abbiamo ricevuto la risposta di Stefano Monte, in cui ci informava che il cachet per l'intervista era di 2.000 euro. Noi abbiamo rifiutato. Poi il 14 marzo è arrivata la mail da MeFui, in cui ci davano il numero di Cecilia per richiedere l'intervista, così l'abbiamo chiamata". 

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La sorella di Belen ha prima chiesto di essere retribuita, in seguito ha ritrattato accettando di fare l'intervista gratuitamente, per poi sparire nel nulla. Infatti "l'abbiamo richiamata - ha proseguito il direttore - e ci ha detto che per Francesco andava bene lunedì alle 21.20. Le abbiamo inviato la locandina, ha visualizzato il messaggio ma non ha risposto. L'abbiamo chiamata più volte e lei ha continuato a non rispondere. Le avevamo chiesto di avvisarci in caso di contrattempie ha bloccato il numero di telefono sia mio che del mio collaboratore. Come staff di Radio Free Station ci siamo sentiti umiliati dalla richiesta e delusi dal comportamento di Cecilia Rodriguez e Francesco Monte".

Arriva lo tsunami sui prezzi delle nostre case Le banche ci rovinano: una mossa fa crollare tutto

Altra bomba sulle case: le banche svendono e il mercato crollerà


di Sergio Luciano



Una villa da 6 milioni di euro di valore che stava per essere svenduta a uno e mezzo, in un'asta giudiziaria e grazie a una perizia tecnica sballata. Un bravo avvocato che interviene in extremis, le carte si rimescolano e l'immobile, alla fine, è stato venduto al triplo: 4 milioni e mezzo. Storie di tutti i giorni in quest'epoca grama di crediti bancari «in sofferenza» e di esecuzioni immobiliari forzate, messe in atto dalle banche per rientrare almeno in parte dei loro soldi. Sarebbe un fenomeno doloroso ma in fondo anche giusto, se non fosse inquinato da una velenosissima speculazione. Fondi specializzati che raccattano a due lire i pegni che le banche hanno a garanzia dei crediti non rimborsati e non solo lucrano, su di essi, guadagni favolosi ma non liberano dal gioco del debito residuo i debitori. Doppio danno, insomma.

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«Sì, posso raccontare tutto», conferma l'avvocato Biagio Riccio, fondatore della Associazione Culturale Favor Debitoris (www.favordebitoris.it) «perché con i miei clienti faccio ormai anche delle battaglie di civiltà. In questo caso si è trattato di Adriano Fracassi, stilista e proprietario di negozi di abbigliamento, proprietario di un palazzo antico nel cuore di Brescia. Una villa di 4 piani, con un parco di 500 metri quadri, edificato in parte nel XV secolo e in parte nel XVIII, che è un tripudio di affreschi, fontane, mobili antichi, stucchi e decorazioni (opera dallo scenografo Eric Job). A seguito di una perizia sbagliata per ragioni misteriose, stava per essere battuto all'asta al prezzo irrisorio di un milione e 497mila euro. Era evidente la speculazione, in aggiunta alla generale ingiustizia del procedimento esecutivo. Ho fatto ristimare l'immobile che è stato correttamente valutato 6,6 milioni. Ho fatto istanza al tribunale perché l'asta fosse bloccata per "evidenti errori nella Ctu". Il giudice ci ha dato ragione, ha ordinato di ripetere la stima e il prezzo di vendita è salito a 4 milioni e mezzo. (3 volte il prezzo iniziale)». Storie del genere sono all'ordine del giorno, ma è un' eccezione che finiscano bene. Non tutti hanno al fianco un bravo avvocato.

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Non tutti riescono a difendersi, anzi. «Quel che è successo a Fracassi non è casuale, accade pure alle famiglie povere», commenta l'avvocato Riccio. «Il mondo delle esecuzioni immobiliari pullula di sciacalli. La vendita di beni a prezzi irrisori ha ormai generato un mercato parallelo aperto ad ogni genere di speculatori, anche i peggiori».

GLI SCIACALLI
«Indro Montanelli al tempo del terremoto dell'Irpinia scrisse un famoso articolo: quando calano gli sciacalli», aggiunge Riccio: «Per colpa dell' inerzia della politica che lascia, anche in questo campo, mano libera agli speculatori, si arriverà in pochissimi anni a 450.000 immobili in asta, il 3% delle case di proprietà. Nell'ambito delle aste immobiliari si è sviluppato un mercato ormai parallelo a quello imprenditoriale, con evidenti convenienze per chi acquista immobili all'asta. Questa speculazione sugli impoveriti inquina l'andamento dei prezzi normali, perché drena molta domanda che potrebbe confluire sul mercato ordinario e si ferma invece in attesa dell' asta della fortuna».

In pochi anni saranno comprati immobili con un esborso fra i 30 ed i 40 miliardi di euro: chi in Italia ha i soldi, spesso liquidi e contanti, per fare incetta di questo patrimonio a spese degli impoveriti? Perché nessuno si pone questa domanda?

Il meccanismo dell'esproprio strisciante è ormai rodato. Quando una banca avvia la procedura di esproprio giudiziario per liquidare un proprio pegno, il consulente tecnico di ufficio, nominato dal giudice, stabilisce il prezzo base, inferiore a quello di mercato. Di fatto, il giudice dell'esecuzione non sovrintende più all'espropriazione, ormai delegata. L'immobile viene posto all'asta per un valore irrisorio che, nel caso in cui non ci sia l'aggiudicazione immediata, subirà una falcidia del 20%, ad ogni ulteriore chiamata d' asta.

Un bene che vale 200mila euro viene venduto, dopo cinque aste deserte, a meno di 50mila euro. C'è un articolo di legge (art. 586 c.p.c.) che dovrebbe impedire tutto questo e il giudice potrebbe bloccare soprusi evidenti, ma non capita quasi mai. Quindi il debitore non solo perde il proprio bene, ma questo esproprio - seguito da una svendita - non genera mai un introito sufficiente a cancellare il suo debito, che gli resta addosso come una maledizione impedendogli o complicandogli molto il rientro del mondo degli affari.

DOPPIO AFFARE
Inoltre, una recente norma di legge stabilisce che i creditori (e lo fanno quasi esclusivamente le banche) possono farsi assegnare direttamente il bene posto all'asta, che poi rivendono tramite le agenzie immobiliari a prezzi raddoppiati, concedendo anche un mutuo al potenziale compratore. Così le banche lucrano due volte: perché rivendono il bene al doppio (rientrando del loro mutuo originariamente concesso e non rimborsato) e perché concedono un altro mutuo al nuovo compratore. Una legge tutta dalla parte dei creditori «In questo modo il mercato immobiliare non si riprenderà mai davvero in Italia», dice Attilio Simeone, avvocato della Consulta nazionale antiusura: «Il vero prezzo degli immobili vero non è più fissato dal mercato ma dalle svendite immobiliari. Le fondazioni antiusura intervengono come possono per proteggere il debitore da quel che gli capita dopo l'esproprio, il ricorso agli usurai. Ma il problema ha ormai raggiunto un livello di assoluta gravità sociale».

Malore per Laura Biagiotti, tragico bollettino dei medici: "Morte cerebrale", il dramma

Laura Biagiotti, "morte cerebrale dopo l'arresto cardiaco"



Morte cerebrale per Laura Biagiotti. Ad annunciarlo è il bollettino medico dell'ospedale Sant'Andrea di Roma, dove mercoledì sera la stilista 73enne è stata ricoverata dopo aver subito un arresto cardiaco nella sua villa romana. "Le manovre rianimatorie, avviate a quanto riferito già prima che la paziente giungesse in ospedale e poi ripetutamente effettuate presso il nostro Pronto Soccorso - spiegano i medici - hanno consentito la ripresa dell'attività cardiaca, ma il quadro clinico e gli accertamenti effettuati attestano un grave danno cerebrale di tipo anossico. La signora Biagiotti è ricoverata in Terapia Intensiva in condizioni gravissime e stanno per essere avviate le procedure per l'accertamento strumentale della condizione di morte cerebrale", conclude il bollettino medico.

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La sentenza che rovina la vita Clamoroso: perché e quando ti possono ritirare la patente

Ritiro della patente, la sentenza del Tar del Lazio: ritiro anche per lievi infrazioni



Perdere la patente? Non è mai stato così facile. Anche quando non viene contestata al guidatore alcuna responsabilità o infrazione. È quanto stabilisce una recente sentenza del Tar della Toscana, la quale conferma che per essere sottoposti alla procedura di revisione della patente e, quindi, rischiare di perderla basta commettere un banale incidente, anche senza feriti e senza che vi siano infrazioni contestate a carico dell'automobilista.

La bizzarra fattispecie viene messa nero su bianco con il pronunciamento 681 del 12 aprile, pubblicato il 12 maggio 2017, con il quale il Tar ha respinto il ricorso di un automobilista contro il provvedimento di revisione proposto dalla Motorizzazione Civile di Pisa in seguito all'investimento di un pedone, senza conseguenze fisiche per quest'ultimo.

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Nel dettaglio di questa vicenda, il pedone era balzato all'improvviso fuori dal marciapiede: i carabinieri intervenuti sul luogo dell'incidente non avevano contestato all'automobilista alcuna infrazione. Il collegio di Firenze, confermando gli orientamenti del Tar di Venezia e del Piemonte, ha poi chiarito: "I provvedimenti di revisione della patente di guida non presuppongono l'accertamento di una violazione delle norme sul traffico o di quelle penali o civili, ma sono adottati in dipendenza di qualunque episodio che giustifichi un ragionevole dubbio sulla persistenza dell'idoneità psicofisica o tecnica alla conduzione dei veicoli a motore''.

Dunque, prosegue la sentenza, è da ritenersi "irrilevante la circostanza che i Carabinieri, intervenuti sul posto del sinistro, non abbiano elevato alcuna sanzione a carico del ricorrente mentre l'investimento di un pedone può logicamente fondare tale dubbio". L'automobilista implicato nella vicenda, dunque, dovrà sottoporsi alla revisione della patente, con un nuovo esame di teoria e di pratica, procedura che normalmente scatta quando vengono persi tutti i punti della licenza di guida.

"Se sei qui, è solo perché..." Pugnalata senza precedenti: il siluro di Renzi a Gentiloni

Renzi a Gentiloni, il retroscena: "Se sei qui è perché ti ho messo io in lista"



L'accordo sulla riforma della legge elettorale pesa come una spada di Damocle sulla testa del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Che cosa farà il premier se quell'accordo andrà definitivamente in porto? Che ne sarà di lui se non ci saranno più ostacoli per andare al voto? Che ci sia fretta di chiudere la partita, sciogliere le Camere e convocare le elezioni è sempre più chiaro sia da sponda Pd che da quella di Forza Italia. Lo stesso Silvio Berlusconi, come ricorda un retroscena del Corriere della Sera, non perde occasione per rassicurare Renzi ad ogni suo momento di nervosismo che "è necessario tornare finalmente alle urne". E Renzi non ammette opinioni contrarie, visto come ha bacchettato il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio dopo la sua sortita: "il voto non è merce di scambio".

Il modello che si starebbe imponendo nell'accordo in stile Nazareno bis è quello tedesco, dove il leader del partito che vince le elezioni va a fare il premier. Se poi Forza Italia cambierà idea su questo, Renzi non potrà mai saperlo, ma è costretto a fidarsi. Il segretario Pd non ha molte scelte alternative, visto che intorno a sé la platea di chi non vuole anticipare il voto si sta facendo sempre più larga. Ne è una riprova l'ovazione raccolta da Carlo Calenda che davanti agli industriali ha semplicemente detto, in sostanza, che prima di votare bisogna lavorare per evitare l'esercizio provvisorio e mettere in sicurezza le banche.

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Si sta così creando una sorta di "partito di Gentiloni" che apprezza il premier in carica per i suoi modi di sicuro più accomodanti e meno irruenti di chi abitava palazzo Chigi prima di lui. Di questa popolarità Renzi ne è fin troppo consapevole, così come è consapevole della fedeltà di Gentiloni al segretario del suo partito. Per star sicuro però Renzi ha voluto mandare un messaggio esplicito all'attuale premier, ricordandoli che "sono stato io a metterlo in lista alle passate elezioni - riporta il Corriere - perché Bersani lo aveva depennato". 

Debora Serracchiani, il matrimonio è finito. E ora... Pene d'amore: quel suo segreto (molto) intimo

CIÒ CHE ANCORA NON SAPEVATE Debora Serracchiani, dopo il matrimonio finito un nuovo fidanzato: il segreto delle sue pene d'amore


di Melania Rizzoli



«Un giorno, dopo 24 anni insieme, mi ha comunicato che se ne andava, che non mi amava più e che si era innamorato di un’altra. Non è stato facile per me, ero sconvolta, anche perché non avevo avuto da lui alcun segnale di crisi, o forse io ero troppo assorbita per accorgermene, e comunque l’interruzione del rapporto con mio marito è avvenuta in un modo che non mi sarei mai aspettata». Così Debora Serracchiani ha raccontato in un’intervista a “Vanity Fair” la sua sofferta separazione dal coniuge, dopo cinque anni di matrimonio e venti di convivenza, aggiungendo di aver rinunciato anche a un figlio che lui non desiderava, e di essersene pentita, perché: «Quando devi fare tutto da sola quello che prima facevi in coppia, penso alle vacanze ma anche alla spesa al supermercato, se avessi un figlio oggi mi sentirei meglio».

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Di storie così è pieno il mondo, ma leggere queste parole nelle intime dichiarazioni della presidente della Regione Friuli Venezia-Giulia, con la quale sono stata spesso critica, me l’hanno resa più simpatica e umana, e il suo racconto mi ha colpito, primo perché non è facile confidare le delusioni d’amore con tanta dolorosa sincerità, e poi perché in quelle righe ci sono scritte molte verità comuni delle nostre vite frenetiche, sempre in corsa, senza soste ristoratrici o di riflessione.

Non avvertire che un rapporto sentimentale si sta spegnendo come una candela liquefatta e arrivata alla fine, vuol dire non sentire nemmeno il puzzo del fumo, vuol dire essere troppo distratti, assorbiti da altro, dal lavoro, dal raggiungimento dei propri obiettivi o concentrati sulle proprie ambizioni, tutte cose verso le quali indirizziamo le nostre energie ed attenzioni, a discapito delle persone che ci sono accanto, la cui presenza viene data per scontata come un albero radicato nel giardino di casa, senza accorgerci che invece non è così.

Considerare gli uomini forti abbastanza e preparati culturalmente e logisticamente ad un continuo impegno delle donne fuori casa è sempre un errore, perché per molti di loro rinunciare alle attenzioni quotidiane che una volta gli venivano riservavate, viene percepito come una forma appunto di disattenzione e in seguito di disamore.

La lontananza fisica della persona amata, infatti, in un primo momento viene accettata, sopportata e giustificata, ma alla lunga viene colpevolizzata di egoismo e menefreghismo, ci si sente trascurati, e inevitabilmente, nelle lunghe notti solitarie, si ricerca il calore perduto in altri focolari, più gratificanti e in grado di soddisfare il bisogno di contatti fisici e di amore.

Le nostre relazioni oggi si consumano soprattutto nei cellulari, con messaggi virtuali che, anche se intensi o erotici, non riescono a trasmettere il calore di un abbraccio, la profondità di uno sguardo, il profumo della pelle o il brivido di un bacio sulle labbra. Inoltre, non avere la minima percezione che la persona con la quale condividiamo la vita si sta allontanando, e manifestare sorpresa quando scopriamo che ha fatto le valigie, significa aver perso completamente quella intimità, quella confidenza e quella complicità che una volta si avevano in comune, e non accorgersi che il rapporto si era da tempo consumato sotto i nostri occhi chiusi o rivolti altrove, è ancora peggio, per l’evidente distanza e distacco che si è contribuito a creare senza rendercene conto.

In genere si dice che quando una coppia scoppia, la colpa non è mai di uno solo o di tutti e due, ma di tutti e tre. E però la terza persona che si inserisce in un rapporto logorato non ha alcuna responsabilità, perché viene accolta e invitata ad entrare in una stanza già disabitata, per colmare un vuoto consolidato e non più recuperabile, dove del profumo amoroso precedente non esiste più nemmeno l’odore.

L’amore, si sa, è un sentimento forte e delicato, che ha bisogno di passioni e di carezze, che impone generosità e dedizione, che pretende attenzioni e gesti dimostrativi, che chiede pensieri e parole, perché se è vero che quando ci colpisce ha radici robustissime; queste, se non vengono innaffiate di continuo, si rinsecchiscono, iniziano a scricchiolare sottoterra, mettendo in pericolo di vita l’intero albero, che un giorno qualunque crolla all’improvviso, si schianta senza nemmeno una folata di vento premonitrice, abbattendosi su di noi e su tutte le nostre illusorie certezze.

L’amore quando non è alimentato si affloscia, si sgonfia di intensità e lentamente perde la sua potenza e la sua pulsione, la sua passione scende a livelli di rischio, trasformandosi dapprima in affetto e poi in un sentimento vuoto, insipido, inutile, non più dolce e gratificante, diventando spesso amaro o addirittura irritante.

Comunque la triste storia di Debora Serracchiani ci regala non una, ma due belle morali. La prima è che esistono ancora gli uomini che hanno il coraggio della verità, che ti rivelano limpidamente di essersi innamorati di un’altra guardandoti negli occhi, senza inventare storie penose o umiliarti con ridicole scuse. La seconda è che dell’amore non si può fare a meno, perché la stessa protagonista di questo racconto oggi sta affrontando «un’esperienza di coppia nuova» che le ha regalato nuovamente la felicità. Anche perché se all’amore non si rinuncia mai, quando viene meno lo si ricerca di continuo, essendo ancora un bisogno insopprimibile dello spirito, una irresistibile necessità per riempire la solitudine del nostro cuore, per tenere in vita l’unico sentimento che ci rende vitali, senza il quale ci si sente svuotati e incompleti, privi di entusiasmo, apatici e non motivati, robotizzati nel tran tran quotidiano come degli automi senz’anima.

E anche perché di uomini in cerca d’amore ce ne sono tanti, basta guardarsi attorno.

giovedì 25 maggio 2017

TUMORE DEL POLMONE Grazie all’arrivo di pembrolizumab il 70% dei pazienti vivo a un anno

Grazie all’arrivo di pembrolizumab il 70% dei pazienti è vivo a un anno


Eugenia Sermonti



Uno spauracchio per tutti - malati e medici, infermieri e parenti - che da oggi vede una luce in fondo al tunnel della cura. È il tumore del polmone, la terza neoplasia più frequente in Italia, per la terapia del quale le autorità hanno stabilito la rimborsabilità di una nuova molecola (pembrolizumab, frutto della ricerca MSD), più efficace della chemioterapia nella forma non a piccole cellule in persone che esprimono alti livelli di PD-L1. “al punto che - afferma il professor Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica all’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano - in molti casi eviterà il ricorso alla chemioterapia”. Una vera e propria rivoluzione per gli oltre 41mila nuovi casi registrati nel 2016, perché cambia radicalmente, dopo più di 40 anni, lo standard di cura in questo tumore in stadio avanzato in prima linea, finora rappresentato, appunto, dalla chemioterapia. I pazienti italiani colpiti da carcinoma polmonare non a piccole cellule in fase avanzata che esprimono PD-L1 possono oggi accedere a pembrolizumab, una nuova terapia immuno-oncologica. L’Agenzia italiana del Farmaco (AIFa) ha infatti stabilito la rimborsabilità della molecola non solo in prima linea ma anche in pazienti già trattati con la chemioterapia. Pembrolizumab rappresenta la prima molecola immuno-oncologica resa disponibile nel nostro Paese per il trattamento del carcinoma polmonare anche in prima linea. Una decisione che apre nuove opportunità, approfondite oggi in un incontro con i giornalisti a Milano. “Il melanoma ha rappresentato il modello per l’applicazione di questo approccio innovativo che ora si sta estendendo con successo a diversi tipi di tumore come quello del polmone, particolarmente difficile da trattare - spiega il professor Carmine Pinto, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) - È un’arma che si affianca a quelle tradizionali rappresentate da chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche. Un passo in avanti verso la sconfitta o la cronicizzazione della malattia. La decisione dell’AIFa conferma l’impegno dell’agenzia regolatoria italiana a supportare l’innovazione in un’area con significativi bisogni clinici insoddisfatti”.

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Lo studio che ha condotto all’approvazione della molecola in prima linea (su più di 300 persone) ha dimostrato che a 1 anno il 70 per cento dei pazienti trattati con pembrolizumab è vivo rispetto a circa il 50% con chemioterapia. Sono stati osservati un 40 per cento di riduzione del rischio di morte e un 50 per cento di riduzione del rischio di progressione della malattia nei pazienti trattati con pembrolizumab ed è risultata triplicata la sopravvivenza libera da progressione di malattia che, a 1 anno, raggiunge il 48 per cento rispetto al 15 per cento con chemioterapia. “I dati che hanno portato all’approvazione del farmaco, prima negli Stati Uniti poi in Europa, sono ‘rivoluzionari’, perché per la prima volta in oltre 40 anni un gruppo di pazienti ha ricevuto un vantaggio in termini di sopravvivenza in prima linea con una molecola immuno-oncologica al posto della tradizionale chemioterapia - conferma Filippo de Marinis - Con pembrolizumab inoltre si amplia il concetto di medicina di precisione: è l’unico farmaco immuno-oncologico basato sulla definizione di un biomarcatore, PD-L1, che permette di scegliere il trattamento ‘giusto’ per il paziente ‘giusto’. In base cioè al livello di espressione di PD-L1 può essere utilizzata l’immuno-oncologia nel modo più efficace, con evidenti risparmi per il sistema sanitario. In particolare il 75 per cento dei pazienti con istotipo non squamoso e tutti quelli con istotipo squamoso in fase metastatica, che oggi in prima linea sono trattati con chemioterapia, potranno trarre importanti benefici dall’immuno-oncologia se rispondono a determinati criteri”. È stato infatti dimostrato che pembrolizumab è più efficace della chemioterapia tradizionale quando un biomarcatore, la proteina PD-L1, è espresso a livelli elevati, in misura uguale o superiore al 50% delle cellule tumorali. “È quindi necessario determinare immediatamente il livello di espressione di PD-L1, cioè al momento della diagnosi della malattia in stadio IV non operabile – sottolinea il professor Andrea Ardizzoni, direttore dell’Oncologia Medica al Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna e Ordinario di Oncologia all’Università degli Studi Alma Mater di Bologna – L’immuno-oncologia rappresenta un’opzione importante anche in seconda linea, quindi nel caso in cui la malattia sia in progressione dopo la chemioterapia. Lo studio di riferimento ha infatti dimostrato che pembrolizumab è superiore alla chemioterapia tradizionale usata in seconda linea quando il tumore esprime livelli di PD-L1 uguali o superiori all’1 per cento. Quindi la molecola funziona anche in condizioni di minore espressione di questo bersaglio molecolare. Senza dimenticare che grazie all’immuno-oncologia vi è una percentuale di pazienti più alta che presenta una riduzione del tumore con un conseguente miglioramento dei sintomi e della qualità di vita. Non si può parlare di abbandono della chemioterapia nel trattamento del polmone perché è ancora in grado di svolgere un ruolo preciso. Però oggi abbiamo un’arma in più, l’immuno-oncologia, che in specifiche situazioni può costituire un’alternativa importante al trattamento chemioterapico”.

“Un plauso particolare va all’AIFa - afferma Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia - che, sulla base degli incredibili risultati clinici di questa molecola, ha fatto sì che i pazienti italiani potessero avere a diposizione in tempi record la prima opzione terapeutica immuno-oncologica, in prima linea, per questa tipologia di tumore, che potrà fare la differenza nella vita di molte persone. Sapere che, dopo oltre un secolo di tentativi degli scienziati, sia stata la ricerca scientifica MSD a concretizzare finalmente questa nuova opportunità per i pazienti non può che spingerci a perseverare nel nostro impegno quotidiano”. Sono molto ampie le prospettive di utilizzo della molecola anche nei malati che non esprimono il biomarcatore PD-L1. “Recentemente la Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatorio americano - aggiunge De Marinis - ha approvato la combinazione pembrolizumab e chemioterapia anche per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule il cui tumore esprima bassi livelli di PD-L1 o in assenza di PD-L1 (inferiori all’1%). L’approvazione dell’FDA è molto importante perché evidenzia che la combinazione di pembrolizumab con chemioterapia permette di oltrepassare il limite della negatività di PD-L1”. “Nel prossimo futuro la collaborazione fra oncologi e anatomo-patologi, chiamati a identificare i biomarcatori - sottolinea il professor Mauro Truini, presidente della Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica (SIAPEC-IAP) - diventerà ancora più rilevante. La SIAPEC-IAP insieme ad AIOM è fortemente impegnata per armonizzare i diversi test e renderli fruibili diffusamente nella pratica clinica. È un’area della ricerca di grande interesse, perché potremo incrementare la percentuale di malati in grado di rispondere ai trattamenti in funzione delle caratteristiche della neoplasia da cui sono colpiti”. Negli ultimi anni è cambiato il quadro epidemiologico del tumore del polmone nel nostro Paese. Tra il 1999 e il 2011 l’incidenza di questa neoplasia è diminuita del 20,4 per cento tra gli uomini mentre è aumentata del 34 per cento nelle donne. Un fenomeno strettamente legato all’abitudine al fumo di sigaretta che sta diventando sempre più un vizio ‘femminile’: il 23 per cento delle italiane è fumatore abituale.

“Per troppo tempo è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile - spiega Stefania Vallone dell’Associazione Women Aganist Lung Cancer in Europe (Walce) - i nuovi dati evidenziano invece una forte crescita anche tra le donne a causa dell’aumento del consumo di tabacco nella popolazione femminile. La prevenzione primaria è uno dei pilastri della nostra Associazione, ma WALCE lavora anche al fine di garantire ai pazienti la possibilità di accedere al trattamento migliore. Purtroppo la diagnosi del tumore del polmone è ancora tardiva e l’approvazione di questo nuovo farmaco, frutto dell’innovazione che in questi anni ha caratterizzato sempre di più la medicina, rappresenta un passo in avanti decisivo poiché offre alle persone affette da questa patologia la possibilità di avere accesso a nuove terapie in grado non solo di allungare la sopravvivenza ma anche di preservare una buona qualità di vita”. “Sostenibilità per la sanità pubblica e garanzia di accesso per tutti i pazienti alle migliori cure non sono elementi in contraddizione - conclude Pinto - se si definisce il perimetro di valore e costo e di reale impatto di innovatività di un farmaco. L'Aiom, fortemente impegnata per garantire sostenibilità e accesso, ha richiesto e sostenuto un Fondo Nazionale per i farmaci innovativi in Oncologia, che sarà di 500 milioni di euro per il 2017 e che verrà attuato secondo i criteri di definizione di innovatività previsti dall’AIFA”.