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lunedì 10 aprile 2017

Cardito (Na): Articolo 21 della Costituzione Italiana Libertà di informare e di essere informati

"Articolo 21 della Costituzione Italiana Libertà di informare e di essere informati"





Domani 11 Aprile, ore 18.00, presso la Sala consiliare del Comune di Cardito (Palazzo Mastrilli), l'Associazione "Libera", terrà una Manifestazione denominata: "Articolo 21 della Costituzione Italiana - Libertà di Informare e di essere informati". Presenti all'incontro: Prof. Maria Saccardo; dott. Sandro Ruotolo; dott. Giovanni Corona; dott. Fabio Giuliani; dott. Claudio Silvestri. Modera: Desireè Klein. 

TERREMOTO CONSIP Babbo Renzi, viene giù tutto "Le intercettazioni? False"

Consip, carabiniere accusato di aver falsificato gli atti contro Tiziano Renzi



Un capitano del Noe è inquisito - riporta il Corriere della sera - dalla Procura di Roma perché avrebbe manipolato gli atti dell’inchiesta Consip. Gianpaolo Scarfato è indagato per falso e ieri è stato convocato in procura. Il carabiniere si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Secondo quanto si legge, avrebbe attribuito a Alfredo Romeo (in carcere per corruzione di un funzionario della Consip) la frase: "Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato", riferita a Tiziano Renzi. Il procuratore Giuseppe Pignatone e il sostituto Mario Palazzi hanno disposto l’analisi di tutti i nastri e hanno scoperto che in realtà quella frase era stata pronunciata dall’ex parlamentare Italo Bocchino.

L'iscrizione al registro degli indagati dell'uomo ribalta non poco la situazione. Dimostrerebbe l'assenza di prove sul fatto che Romeo e Renzi si siano incontrati. Gli atti sarebbero stati falsificati, secondo l’accusa. "In realtà gli stessi carabinieri", scrive Fiorenza Sarzanini, "avevano accertato che la persona notata mentre venivano recuperati i 'pizzini' nella spazzatura adiacente gli uffici della 'Romeo Gestioni' era un cittadino residente nella stessa strada".

Secondo la Procura sarebbe stato messo in atto un depistaggio prima della decisione, presa dagli stessi magistrati romani, di ritirare la delega al Noe e affidarla ai carabinieri del Comando Provinciale di Roma.

Come se la gode tra un crimine e l'altro l'assassino più ricercato d'Italia / Foto

Igor, la sua vera identità: le foto e il nome su Facebook, doveva essere espulso



Russo anzi no, serbo. Ex soldato dell'Armata rossa anzi no: solo un killer efferato, abilissimo con le armi. Di Igor Vaclavic si è detto di tutto. La verità è che dell'assassino in fuga tra Budrio e Ferrara, dove ha seminato morti (due) e paura, si conosce solo il nome. Anzi, i nomi: come riporta Il Giorno, il quarantenne serbo è noto alle autorità anche come Ezechiele Norberto Feher, nato a Subotica, nel sud della Serbia. Era un ladro di campagna, un piccolo delinquente ritenuto relativamente pericoloso anche se violento. Aveva addirittura un profilo Facebook, a nome Ezechiele. E le sue foto sono beffarde: selfie sorridente, in giacca e camicia, in occhiali scuri. Un camaleonte dalle mille identità, che non esitava a mostrarsi sui social anche mentre era già latitante, ricercato per tre rapine e con i complici della sua banda in carcere. Il 29 dicembre 2015 augurava addirittura buon anno, l'agosto precedente si fa una foto al castello di Ferrara con il commento "alla grande". Aveva appena messo a segno un colpo.

La belva, tra l'altro, era già stata arrestata. È stato per 15 giorni "parcheggiato" nel Cie di Bari con "decreto di allontanamento dal territorio nazionale", come ricorda il Giornale. Una espulsione mai avvenuta, perché è stato rilasciato sulla fiducia.

MASSIMA ALLERTA La foto che condanna a morte il Papa L'allarme dei servizi segreti / Guarda

Visita di Papa Francesco in Egitto: l'allarme dei servizi segreti



La visita di Papa Francesco in Egitto è molto pericolosa, gli attentati di domenica 9 aprile sono solo l'ultimo segnale perché gli 007 da tempo hanno lanciato l'allarme. Addirittura il 7 marzo scorso Rumiyah, il giornale ufficiale dello Stato islamico aveva pubblicato in rete un numero monografico sui personaggi che frenano la guerra santa con le immagini dell'incontro tra Bergoglio e Ahmad Al Tayyib.

E adesso, a due settimane dalla partenza, questi attentati sono un chiarissimo messaggio. Il viaggio del Papa, scrive il Messaggero, è anche contrassegnato da un un'allerta dovuta a indicazioni precise rilevate dagli 007. La visita prevede infatti un incontro tra il pontefice e il patriarca copto, Tawadros II, sfuggito per miracolo a una delle due esplosioni e, soprattutto, un colloquio con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al Tayyib, leader spirituale dell'Islam sunnita, nemico dell'Isis

Il romeno premiato da Renzi: brutale Così insulta Salvini e Grillo / Guarda

Primarie Pd, Renzi premia il militante italo-romeno. Lui: "Fai vedere chi è il capo", e insulta Matteo Salvini e Beppe Grillo


Chiama Beppe Grillo "dittatore", Matteo Salvini "sciacallo" e a Matteo Renzi dice: "Fai vedere chi è il capo". Lui è Nicolae Galea, giovanissimo attivista Pd italo-romeno del Lazio che Renzi, alla convenzione nazionale democratica, ha voluto premiare come il militante più attivo. L'ex segretario ha fatto partire ufficialmente all'Hotel Ergife la sua campagna elettorale e ha puntato tutto sulla sua nuova App (che Galea su Facebook esalta, ovviamente) per mobilitare le truppe. I renziani esultano, e a giudicare dalle reazioni di Galea l'esercito di Matteo sembra ben armato e molto agguerrito, soprattutto con gli sfidanti Andrea Orlando e Michele Emiliano. Quel "fai vedere chi è il capo", all'orecchio dei non renziani, potrebbe suonare un po' minaccioso. L'ordine dell'ex premier al suo staff è chiaro: via al bombardamento social e mediatico, anche via mail. E niente sconti a nessuno. Nemmeno all'infortunato Emiliano, che alla vigilia aveva abbozzato la richiesta di rinviare il voto nei gazebo per permettergli di girare l'Italia. "La macchina è già in moto", ha tagliato corto Guerini. Al governatore della Puglia non resta che la carrozzina, alla faccia di chi chiede un Pd "più umano".

Hanno visto Igor, retroscena horror: perché non hanno potuto sparargli

Caccia a Igor, il retroscena horror: "Perché non abbiamo potuto sparargli"



Cecchini, 800 agenti che lo cercano palmo a palmo nella palude della Bassa, posti di blocco: nelle campagne tra Budrio e Ferrara è caccia a Igor Vaclavic "il russo", che forse russo non è ma slavo. E che di sicuro ha ammazzato il barista Davide Fabbri e, 7 giorni dopo, il guardiapesca Valerio Verri, oltre ad aver ferito gravemente la guardia giurata Marco Ravaglia. E ora è psicosi tra i casolari, dove la gente del posto che lo conosce bene ("Pensavamo fosse un ladro di polli") lo aspetta con i fucili e il terrore in corpo.

Come riporta Repubblica, nella notte tra sabato e domenica gli agenti lo hanno visto per tre volte, gli hanno intimato "alt" e sparato in aria e poi lo hanno visto fuggire tra canali, canneti e boschi. I carabinieri non hanno potuto sparare ad altezza uomo, troppo alto il rischio di ferire mortalmente gli altri colleghi sparsi nel giro di poche centinaia di metri. "Non c'erano le condizioni", spiegano. Igor vive all'addiaccio, trova riparo in capanni degli attrezzi, si ciba di frutta e verdura rubata negli orti. Lo faceva anche prima di diventare un "Rambo" emiliano. Minacciava i contadini con arco e frecce. Naif? No, spietato: "Non mi ha fatto male, ma mi ha terrorizzato", ha ricordato una sua vittima. Il suo obiettivo sarebbe arrivare sull'Adriatico, per poi tornare nella ex Jugoslavia da dove, probabilmente, arriva. È noto all'Interpol, la sua nazionalità sarebbe serba ma utilizza da tempo diversi nomi e documenti falsi. Pronto a tutto e armato fino ai denti, con due pistole e soprattutto decine di munizioni. Per catturarlo sono arrivati reparti speciali da tutta Italia, compresi i "cacciatori" che in Calabria trovano i rifugi dei latitanti in Aspromonte. Ma la palude, la "riserva naturale", è casa sua, e non sarà facile.

Trump lo minaccia? Pioggia di morte: Kim, una nuova Hiroshima in 15 minuti

Trump lo minaccia? Pioggia di morte: Kim, una nuova Hiroshima in 15 minuti



Quando Kim Jong-un ha paura, rischia di diventare ancora più imprevedibile e irrazionale. E ora, di paura, ne ha tanta. L'accelerazione di Donald Trump, che ha inviato la portaerei Vinson al largo della Corea del Nord con il suo gruppo d'attacco, potrebbe essere interpretata dal regime di Pyongyang non come una mossa di "deterrenza", ma come una vera e propria dichiarazione di ostilità. D'altronde, il confine è molto labile e il dittatore Kim da mesi sembra cercare il pretesto giusto per sfoderare le sue armi, con conseguenze devastanti.

Come ricorda il Corriere della Sera, Pyongyang dice di aspettare gli americani al varco, "perché noi abbiamo poderosi muscoli militari con una forza nucleare al centro". Almeno 20 ordigni nucleari (con un nuovo test previsto tra il 15 e il 25 aprile), più missili a corto e medio raggio, cannoni e lanciarazzi schierati sul 38° Parallelo puntati contro la Corea del Sud e il Giappone. La capitale del Sud, Seoul, dista appena 50 chilometri e Kim ha puntato contro i suoi 20 milioni di abitanti circa 10mila pezzi d'artiglieria e lanciarazzi. Se ogni cannonata, sottolinea il Corriere, "portasse 20 libbre di esplosivo ad alto potenziale (9 chili circa), con una cadenza di cinque colpi al minuto per pezzo, su Seoul pioverebbero 1.000 tonnellate di esplosivo ogni 60 secondi". Risultato: in un quarto d'ora si arriverebbe all'equivalente della bomba di Hiroshima, senza radiazioni nucleari ma magari con gas chimico.

Per il regime sarebbe la fine, con reazione internazionale immediata e terrificante, ma il mondo entrerebbe in una nuova fase. Anche perché, come ricordava Lucio Caracciolo sull'Espresso, il vero obiettivo di un Kim sempre più disperato non sarebbero più i Paesi vicini, ma direttamente la California, con mezzi tecnologici che tra qualche mese potrebbero veicolare le testate nucleari sulla costa americana e polverizzare Los Angeles e San Francisco. Scenari da The Day After e Guerra fredda, ma sempre meno fanta-politica. Anche per questo, forse, Trump ha scelto di agire subito.