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domenica 9 aprile 2017

I dati del Rapporto della Croce rossa: al mondo 1 donna su 3 subisce abusi

I dati del Rapporto della Croce rossa: al mondo 1 donna su 3 subisce abusi


di Matilde Scuderi



Stupri, mutilazioni genitali, matrimoni forzati, schiavitù, sfruttamento sessuale, abusi, aborti indotti, incesti: sono queste le realtà che si celano dietro a espressioni come 'violenza sulle donne' o 'violenza sessuale', espressioni indeterminate, ampie, comprensive che sono quasi un eufemismo rispetto agli atti concreti cui alludono. Per questo motivo non basta più dire che una donna su tre nel mondo è vittima di violenza sessuale. Bisogna dire che una donna su tre nel mondo è vittima di stupri, mutilazioni genitali, matrimoni forzati, schiavitù, sfruttamento sessuale, abusi, aborti indotti, incesti. Doris Schopper, membro del Comitato internazionale della Croce rossa, ha presentato a Roma negli scorsi giorni durante il congresso dell'Accademia internazionale della riproduzione umana, un rapporto sulle forme di violenza sessuale nel mondo in particolare nelle zone di guerra - stilato proprio dalla Croce rossa internazionale - dal quale emerge una mappa dettagliata di prevaricazione e sfruttamento, che ha i suoi centri nodali nel Sud-est asiatico - dove la media degli stupri è del 37.7 per cento - e in Africa, dove se ne registra un preoccupante incremento in Marocco e in tutta l'Africa centrale, zone in cui, afferma Schopper "è altissima la prevalenza dei suicidi, aborti, aids, infezioni, infanticidi e omicidi conseguenti a uno stupro. Molte donne in seguito abusano di alcool e droghe pesanti, oppure sviluppano disturbi psichiatrici anche perché spesso vengono allontanate e emarginate dalla loro comunità e dalle famiglie. Non potendo sposarsi, trovare un lavoro o andare a scuola a molte vittime di violenza non rimane che prostituirsi per sopravvivere. Anche se tutte le leggi internazionali e umanitarie - continua Schopper - condannano e proibiscono la violenza sessuale specie nelle zone di guerra, purtroppo questo fenomeno rimane perché trova terreno fertile nell'aumento della vulnerabilità personale. Purtroppo ad oggi per combattere la violenza sessuale non esistono soluzioni efficaci”.

La situazione insomma non è cambiata rispetto al passato: siamo ancora nel 1994, in Rwanda dove in tre soli mesi sono state stuprate tra le 100mila e 250mila donne. Anche durante le emergenze sanitarie si registrano picchi nei numeri riguardanti la violenza sessuale: la media mondiale di stupri su donne rifugiate in seguito a emergenze sanitarie è del 21,4 per cento, ma ci sono anche picchi dell'83 per cento. Si potrebbe pensare che le situazioni di crisi - guerre, carestie o epidemie - provochino una sorta di follia collettiva, uno stato di disordine delle cose temporaneo destinato a cessare una volta ritornati alla normalità. Sarebbe, tutto sommato, un pensiero ottimista, quasi rassicurante. Invece la realtà è ben diversa: il dato è sottostimato, ma una revisione effettuata su 10 studi ha rilevato che la violenza sulle donne è più alta tra le pareti domestiche piuttosto che nelle zone di guerra. In Costa d’Avorio, ad esempio, la violenza sessuale viene subita perlopiù da giovani donne di età non superiore i 15 anni e per il 29 per cento ad opera del partner, mentre solo nello 0,3 per cento dei casi è opera di militari. Sempre in questo paese il fenomeno colpisce anche gli uomini: è stato stimato che circa il 6 per cento della popolazione maschile ha conosciuto nella propria vita una violenza sessuale. Ma non si pensi che la violenza sulle donne -  ovvero gli stupri, i matrimoni forzati, la schiavitù, lo sfruttamento sessuale, gli abusi, gli aborti indotti e gli incesti - sia una prerogativa di luoghi lontani da noi, ancora in via di sviluppo economico e civile: in Europa a subire violenza è una donna su quattro.

Paura a Gardaland, la giostra è un incubo: come restano bloccati per mezz'ora / Foto

Gardaland, paura per una famiglia israeliana: bloccata per 30 minuti a testa in giù



Disavventura da incubo per una famiglia israeliana, madre, padre e due adolescenti, rimasti bloccati su una giostra di Gardaland. Alle 13 del primo giorno di apertura, nel parco di divertimento si è verificato un blackout improvviso: "Un problema tecnico temporaneo" ha chiarito l'Ad Aldo Maria Vigevani. Ci sono voluti almeno trenta minuti perché i Vigili del fuoco riuscissero a portare in salvo i quattro malcapitati turisti, dopo che il vagoncino del "Sequoia adventure" era rimasto bloccato proprio nel punto in cui i passeggeri arrivano a testa in giù per un breve tratto a 27 metri d'altezza. Come mostra il video del Corriere Veneto, gli addetti alla sicurezza del parco, addestrati per questo genere di emergenze, e i vigili del fuoco hanno recuperato uno a uno i turisti, rimasti illesi e senza conseguenze.

Secondo i responsabili del parco divertimenti, a causare l'incidente è stato un guasto ai trasformatori del Parco dovuto a "un anomalo straordinario sbalzo di energia da parte di Enel.  Ciò ha comportato un immediato black out - hanno chiarito in una nota - dovuto alla mancanza di energia elettrica; il Parco ha quindi  subito un improvviso blocco di tutte le attività che hanno coinvolto ogni area, le attrazioni e i punti di ristoro. E’ questo il motivo per cui sull’attrazione Sequoia Adventure una famiglia è rimasta bloccata sul convoglio a 20 metri d’altezza ma è stata prontamente evacuata dal personale di sicurezza. I generatori del Parco sono immediatamente entrati in funzione ma, come da protocolli di sicurezza, è stato necessario provvedere allo spegnimento e al successivo riavvio di tutte le attrazioni per poter arrivare alla normalizzazione attraverso le consuete procedure previste in questi casi".

Poco dopo è arrivata un'ulteriore precisazione da parte dell'Ad del parco di divertimenti: "A seguito di ulteriori e più approfondite verifiche effettuate congiuntamente nel corso di tutto il pomeriggio dai tecnici di ENEL e da quelli di Gardaland, è emerso che lo sbalzo di energia verificatosi non è da imputare a ENEL ma ad un guasto sulla rete interna del Parco. Gardaland si scusa con ENEL per aver erroneamente imputato loro, in un primo tempo,  la responsabilità del problema riscontrato". 

"Leggete queste intercettazioni..." Bomba Moggi: Inter e Milan kaput

Moggi querela Caressa: "Tiro fuori due intercettazioni...". La bomba: chi trema


di Luciano Moggi



È insolito dover aprire questa pagina, abitualmente dedicata al calcio, per rispondere a quanto di falso ha detto Fabio Caressa, giornalista di Sky, in una conferenza all'Università Bocconi di Milano, parlando di Calciopoli. Mi spiace dover accusare di falsità un professionista che ho sempre stimato: non posso però fare diversamente.

Troppo facile sparlare degli assenti, soprattutto persone che hanno subito di tutto senza aver commesso illeciti in un campionato che il processo sportivo ha detto essere regolare, senza partite alterate. Di alterato c'era solo il sentimento popolare, furono queste le conclusioni del professor Serio, membro di quel tribunale. Da allora, ci sono state occasioni in cui ho dovuto difendermi, come quando il figlio di Giacinto Facchetti, Gianfelice, mi ha querelato ed è finita come tutti sapete.

Anzi, scrisse il giudice nelle motivazioni che Giacinto, allora presidente dell'Inter, «faceva lobbying con gli arbitri», mentre il Procuratore Federale scriveva che «l'Inter era la società che rischiava più di tutte per il comportamento illegale del suo presidente».


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Evidentemente quel giudice aveva sentito le intercettazioni prodotte ma che a Napoli non ebbero il tempo di sentire. In quell'occasione fui io a dovermi difendere, in questa dovrà essere Caressa a dimostrare se sia vero quello che ha detto. Mi spiace dover nominare una persona che non c'è più ma devo farlo perché tirato in ballo senza motivo in un consesso in cui non era assolutamente richiesto di disquisire sulla mia persona e soprattutto su argomenti che non corrispondono a verità.

I fatti. In una partita del 2004, Bologna-Juve, vinta dai bianconeri 1-0 con un gol di Nedved, Caressa ha detto che il centravanti del Bologna, Cipriani, essendo della Gea, non aveva reclamato per aver subito un fallo da rigore: è falso, perché Cipriani non è mai stato legato alla Gea e sarà lui stesso a dichiararlo quando sarà chiamato a testimoniare. Mentre l'arbitro Pieri fu assolto da ogni addebito per una partita risultata evidentemente regolare.

Ha aggiunto Caressa che la dirigenza della Juve aveva telefonato a Sky chiedendo la sua testa e quella del commentatore Bergomi, mentre io non ho mai pensato di fare cose del genere: per carattere, io affronto le persone direttamente. E non ho mai conosciuto il suo capo se non di nome.

Ha detto Caressa che io potevo anche decidere sulle retrocessioni, mentre erano altri a tramare, probabilmente l'allora presidente federale che chiedeva al designatore Bergamo il massimo riguardo verso la Lazio: «Domenica vanno a Milano e non possiamo far niente ma da domenica prossima... ». E continuava: «Sarebbe poi un altro grosso guaio se retrocedesse anche la Fiorentina». Questo lo raccontano le intercettazioni che saranno prodotte e che,tra l'altro, svelano anche altro, come quando prima di un Inter-Juve del 2004, sempre dietro indicazione dell'allora presidente federale, il designatore telefonò all'arbitro di quella partita, Rodomonti, dicendogli che «in caso di incertezza doveva favorire chi stava dietro». L'Inter.

Adesso il signor Caressa sarà chiamato in tribunale dove troverà difficoltà a provare quanto ha detto alla Bocconi. Sarebbe magari interessante se spiegasse l'accordo che era stato raggiunto nel 2005 tra la società "09", lui e la Gea che adesso dipinge come un male del calcio. Evidentemente non l'ha sempre pensata alla stessa maniera. E magari potrei essere io ad aggiungere qualche altro particolare di fatti avvenuti, ad esempio alla morte di Papa Wojtyla, di cui è a conoscenza il suo opinionista Billy Costacurta. Erano le 20 del sabato e noi eravamo in ritiro a Firenze per giocare il giorno successivo con la Fiorentina. Interpellato sul da farsi per meglio onorare la memoria di Sua Santità, espressi il mio pensiero di far slittare la partita di un giorno.

Racconta poi una intercettazione del presidente della Lega Galliani a Meani e per conoscenza a Costacurta: «Quei figli di p... di Moggi e Capello volevano giocare il lunedì, siccome sono io a decidere ho fatto slittare la gara di una settimana così possiamo recuperare Kakà infortunato per la partita di Siena». Ed ebbe i complimenti di Meani. Dispiace che un'Università seria come la Bocconi abbia permesso tanto a questo signore, per questo motivo sarà chiamata a darne spiegazioni. Per chiudere la conferenza, Caressa ha esclamato che riteneva meglio non parlare più di quei momenti così brutti. Peccato che l'abbia detto solo dopo aver ampiamente esposto le «sue» verità.

Trump fa tremare Google, l'accusa grave: ecco che cosa fanno alle donne in ufficio

Indagine del dipartimento del Lavoro: Google paga le donne meno degli uomini



Google paga le sue dipendenti donne sistematicamente meno degli uomini. È quanto rivelano, secondo il Guardian, le autorità del dipartimento al Lavoro statunitense, le quali hanno scoperto questa "sistematica disparità" nel corso di un’inchiesta di routine.

La società di Montain View è sotto contratto con l'amministrazione federale Usa, per questo è sottoposta come tutte le altre a una serie di verifiche sull'applicazione delle leggi contro le discriminazioni, comprese quelle di genere. Uno degli obblighi imposti dalla legislazione americana, infatti, proibisce disparità di salario a seconda del sesso. Il dipartimento del Lavoro quindi ha chiesto a Google di avere accesso ai suoi dati sui compensi, per approfondire l’inchiesta.


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Kim Jong-Un choc, l'ordine è partito Schiaffo a Trump, è incubo nucleare

La minaccia: "Pronti a usare l'atomica per reagire alla violenza Usa"




Si impenna la tensione tra gli Stati Uniti e il regime nordcoreano dopo il bombardamento ordinato da Donald Trump sulla base aerea siriana di Sahyrat. Da Pyongyang era arrivata la condanna scontata sull'azione americana, ma fonti vicine al regime riportano la ferma intenzione di reagire. Secondo i vertici militari nordcoreani la pioggia di razzi americani "prova un milione di volte" come sia giustificato il rafforzamento e la prosecuzione del proprio programma nucleare per dotarsi di quegli ordigni atomici che terranno Pyongyang al riparo da eventuali azioni di Washington. Lo riferiscono i media locali citando un portvaoce del ministero degli esteri nordcoreano. Il via libera del presidente Usa Donald Trump è arrivato proprio mentre stata ricevendo in Florida il presidente cinese Xi Jinping, al quale ha di fatto intimato: o tenete a bada voi Pyongyang o ci penseremo noi anche ricorrendo ad un intervento militare.

Secondo l’agenzia di Stato Kcna il portavoce del ministero degli Esteri ha aggiunto che gli "atteggiandosi arrogantemente a superpotenza gli Stati Uniti hanno solo scelto di colpire Paesi senza armi nucleari (cosa in sè verissima, ndr) e l’amministrazione Trump non fa eccezione alcuna" a questa linea di condotta. "L’attacco siriano ci ricorda con durezza che solo la nostra potenza militare ci proteggerà da un’aggressione imperialista e pertanto rafforzeremo le forze di autodifesa per fare fronte agli ancora più intensi atti di aggressione statunitensi" ha concluso il portavoce di Pyongyang.
La Corea del Nord ha effettuato dall’ottobre 2006 cinque test di esplosioni di altrettanti ordigni atomici, due solo lo scorso anno e le immagini satellitari raccolte dagli americani da settimane lasciano intendere che si prepari ad effettuarne un sesto, in palese violazione delle sanzioni Onu. Allo stesso modo Pyongyang ha dimostrato che non ha alcuna intenzione di fermare il proprio programma missilitico che ha l’obiettivo di riuscire a costruire un vettore balistico intercontinentale sul quale montare una testata atomica miniaturizzta in grado di essere collocata nell’ogiva e sparata a migliaia di km di distanza.

PORTOMAGGIORE MEGA-CACCIA ALL'UOMO Braccato Igor, killer di Brudio Ha ucciso un agente, è a piedi

Ucciso un poliziotto provinciale, un altro è ferito: sospetti su Igor il Russo



Si è scatenata un'imponente caccia all'uomo vicino Ferrara per braccare Igor Vaclavic, il presunto killer di Davide Fabbri, il barista ucciso a Budrio. Incappato alle 19 in un posto di blocco della polizia provinciale tra Marmorta e Molinella, in provincia di Bologna al confine con il Ferrare. L'uomo ha ingaggiato una sparatoria con due agenti, uccidendone uno, un altro invece è rimasto ferito gravemente. Vaclavic ha abbandonato l'auto e, ancora armato, è scappato a piedi trovando rifugio nella boscaglia. Sul posto stanno convergendo diverse pattuglie della polizia, compresi i reparti speciali.


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Sarebbe un volontario guardia pesca la vittima del conflitto a fuoco avvenuto nel Bolognese al confine con la provincia di Ferrara, mentre a restare ferita è stata una guardia provinciale di Ferrara. "Un nostro agente della polizia provinciale di Ferrara è ferito gravemente a un braccio - ha spiegato all’Adnkronos il presidente della Provincia Tiziano Tagliani - È rimasto ucciso un volontario guardiapesca, che era con l’agente".
L'ex militare russo è accusato anche di far parte della banda Pajdek, con la quale avrebbe rapinato e ucciso un pensionato di Aguscello, nel Ferrarese, Pier Luigi Tartari. Su Vaclavic pendono anche i sospetti su una serie di violente rapine a Mesalo, Coronella e Gaibanella.

Le ricerche della polizia sull'uomo sono ripartite la scorsa settimana, quando ha ucciso Davide Fabbri, il barista 52enne di Budrio, nel Bolognese. Vaclavic aveva fatto irruzione nel locale armato di fucile, che il barista aveva tentato di strappargli dalle mani, e una pistola, con la quale il barista è stato freddato.

Vaclavic avrebbe dovuto lasciare l'Italia da tempo, visto che su di lui pendevano diversi decreti di espulsione. Il primo a suo carico risale al 2010, seguito da un altro nel 2011, entrambi mai eseguiti. 

Schiaffo all'euro dallo Stato europeo Così hanno evitato una catastrofe

L'euro perde un altro pezzo: la Repubblica Ceca si sgancia


di Nino Sunseri



Praga come Berna. Il governo della Repubblica Ceca ha imitato la Svizzera tagliando il cordone ombelicale che legava la sua valuta all' euro. Niente più cambio fisso a 27 corone per un euro come negli ultimi tre anni. Dopo l' annuncio la moneta unica si è svalutata 3% a 26,6. Secondo gli esperti si stabilizzerà intorno a 26,1 Ovviamente il gesto compiuto dal governo del piccolo stato dell' est ha un signficato politico molto alto. Niente a che vedere con la Banca centrale svizzera che ha fatto un semplice calcolo di convenienza finanziaria

La decisione del premier Bohuslav Sobotka ha una forte valenza simbolica. Un' altra picconata alla costruzione europea. La Repubblica Ceca fa parte della Ue: vuol dire che la sua corona, prima o poi era destinata a finire nel calderone della moneta unica. Invece il governo di Praga ha deciso di riguadagnare la libertà di fluttuazione. Non è un gesto paragonabile alla Brexit però all' orecchio dei mercati suona come una nuova presa di distanza da Bruxelles.

La prospettiva svizzera sulle Obbligazioni.


Obbligazione Tasso Fisso Misto in Dollari USA. Disponibile su Borsa Italiana. 
Ora tutta la partita è in mano ai francesi che votano fra due settimane. Al primo turno la vittoria di Marine Le Pen appare scontata. Bisognerà vedere il ballottaggio. L'anno scorso non andò benissimo. I candidati del Front Nationale Avevano vinto al primo turno ma poi sono stati battuti dal vecchio "patto repubblicano" che unisce gollisti e socialisti.

La missione della Le Pen questa volta non appare impossibile. Sia per la maturazione dell'elettorrato francese sia perchè Emmanuel Macron il suo più accreditato rivale non appare irresistibile La decisione della Repubblica Ceca per quanto il Paese sia marginale nell' ambito dell' economia della Ue sembra il canto del canarino nella gabbia. Indica l'avvicinarsi di un grande pericolo.

Tre anni fa la Banca centrale ceca aveva deciso di introdurre il cambio fisso con l'euro per evitare che un eccessivo rialzo della propria moneta inasprisse la deflazione. La Bce, come qualche anno prima la Fed, ha azionato nel 2015 il quantitative easing per tenere basso l'euro. La Banca di Praga ha risposto (muovendosi anche in anticipo) creando un ancoraggio artificiale. In questa maniera ha evitato la gelata sui prezzi.

«Bloccare il cambio però comporta dei costi - spiega Vincenzo Longo, strategist di Ig. Per questa ragione Praga ha deciso di lasciare fluttuare liberamente la corona dopo tre anni di interventi». In quattro anni l'istituto centrale ha acquistato 47,8 miliardi di euro. Tanto è costato mantenere il cambio fisso a 27. Adesso le sue riserve valutare ammontano a 110 miliardi di euro. Un tesoro sufficiente per dormire tranquilli.

Due anni fa la Svizzera si era dissanguata per bloccare il franco a 1,20. Poi, però, la speculazione ha vinto come sempre in questi casi. Se le divergenze fra le diverse economie diventano troppo grandi è impossibile tenere il cambio. E difatti negli ultimi anni i risultati della Repubblica ceca sono stati costantemente migliori dell'eurozona. I prodotto interno lordo è cresciuto del 2,3% nel 2016. Certo è calo rispetto al +3,5% del 2016, ma più in alto del +1,7% esibito dall' area euro.

Dal 2008 il confronto tra le due aree è ancora più ampio. Il Pil dell'area euro è riuscito a riportarsi in positivo (dopo il crollo del 2009) e oggi vale il 4,6% in più. Nello stesso arco temporale la Repubblica Ceca ha archiviato una crescita del 9,2%. Alla fine la piccola tigre dell' est si stancata delle lentezze del resto d'Europa e ha deciso di correre per i fatti suoi.