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domenica 2 aprile 2017

Immunità di gregge e Comunità La parola al dott. Francesco Pellegrino

Immunità di gregge e Comunità La parola al dott. Francesco Pellegrino


di Francesco Pellegrino



Dott. Francesco Pellegrino

L'allarme morbillo registrato dal Ministero della Salute per l'anomalia di picco registrata da gennaio 2017 di 1010 casi contro gli 844 casi del periodo omogeneo del 2016, ci permette una riflessione critica sulla tenuta del sistema vaccinale nazionale e del SSN in genere.

La crescita esponenziale ha determinato un monitoraggio intensivo da parte del Ministero della Salute che aggiornerà personale sanitario e cittadini con la pubblicazione di una infografica settimanale per una comprensibilità immediata e fruibile.

La causa della diffusione potrebbe essere identificata, a detta del presidente dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) W. Ricciardi, nel superamento della soglia minima di protezione vaccinale scesa al 85% rispetto al valore soglia del 95% necessario per garantire l'immunità di gregge della popolazione. Questo traguardo è sempre stato l'orgoglio della funzionalità sanitaria italiana (e non solo), oltre che il frutto di una partecipazione responsabile all'obiettivo salute, del popolo repubblicano italiano, mediato da medici che riscuotevano fiducia incondizionata dei pazienti italiani, di genitori che si sentivano responsabilizzati di scelte proprie, per i propri figli e soprattutto per un senso di responsabilità di Comunità cui i nostri genitori partecipavano con grande senso critico e propositivo.

L'individualismo sociale imperante e sostenuto in vario modo nei media ci restituisce una società in trasformazione (liquida? fluida? inconsistente? afinalistica? autodistruttiva?….) che vede incrinare i e volte portanti delle strutture sociosanitarie quale la partecipazione sociosanitaria alla scelta vaccinale.

La questione che ne segue è analizzare le criticità comportamentali e culturali che hanno sostenuto questo ennesimo evento di malpractices, poiché sono anni che assistiamo a fenomeni di disorganizzazione sanitaria degeneranti spesso in illeciti, basti ricordare la mancata sensibilizzazione dei farmaci equivalenti verso gli originators, le difficoltà applicative della concorrenzialità sanitaria tra strutture pubbliche e strutture accreditate, la difficoltà applicativa di campagne sanitarie educazionali, le criticità farmacoeconomiche che comportano sull'intero territorio nazionale costi indistinti presso gli enti pubblici per lo stesso prodotto; la criticità di redigere con immediatezza e severità un registro dei tumori di fronte a sciagure sanitarie quali gli inquinanti della ' terra dei fuochi ' etc etc

La gestione della salute umana in Italia si è caratterizzata per i toni di sacralità, di missione umanitaria, riconducibili a modelli culturali della tradizione di compartecipazione alla fragilità dell'essere umano. Questa tradizione si sta affievolendo e sta banalizzando le conquiste che altri prima di noi hanno conseguito. Quanti approfittano ed abusano di un bene unico quale il tutelare l'individuo in ogni occasionalità di fragilità socio-sanitaria? Ed ancora quanti omettono di vigilare nel mandato di tutelare l'utente, gli operatori sanitari e l'intero sistema sanitario? Eppure investiamo allo scopo ingenti capitali pubblici.

Il malaffare è diventato ormai costume e modello da ostentare senza pudore laddove la deontologia e la coscienza sono corrotte.

Il fallimento etico si accompagna al fallimento di ruolo, infatti questa situazione assurda non può che ricondursi alla difficoltà di intendere la sanità quale necessità correlata ad una opportunità moderna e futuribile di fruizione ed esportazione.

Vecchi dogmi Keynesiani legano il nostro management sanitario al vivere la sanità quale costo piuttosto che investimento e redditività. Infatti sistemi di salute virtuosi nel mondo moderno saranno sempre più ambiti per vivibilità e per sostenibilità,  quindi esportabili in qualità di format e di personale specializzato allo scopo. Solo teorie furiose possono postulare la costruzioni di muraglie al fine di contenere genti e malattie sociali e sanitarie. La storia ci insegna che neanche la Grande Muraglia sia riuscita a resistere alle orde mongole, le tanto temute invasioni, nonostante le loro cruente esplicative si siano rivelate invece nel tempo una opportunità di cambiamento.

Nella società liquida moderna il cambiamento generato dalla consapevolezza della propria conoscenza e delle proprie tradizioni rinvigorirà quanto tracciato dai Padri costituenti della Comunità italiana, permettendoci di lanciare la sfida di conquiste innovative e la sostenibilità di un futuro a dimensione della vivibilità dignitosa. 

Vulgus volt decipi, ergo decipiatur

Dott. Francesco Pellegrino
Via G.A. Acquaviva, 39, 81100 Caserta.
E_mail: frankpiglrim@gmail.com
Cell: 348.8910362

Terrorismo, la nuova arma dell'Isis Così ci vogliono uccidere sugli aerei

Isis, arrivano i pc bomba che sfuggono ai controlli in aeroporto




L'Isis ha messo a punto un esplosivo che può essere nascosto all'interno di tablet, computer portatili e device elettronici: in questo modo la bomba non sarà rivelata dai normali controlli effettuati negli aeroporti. Così come rivelato dalla Cnn, il terrorista potrebbe far esplodere un aereo senza essere fermato: il dispositivo, pur contenendo l'ordigno, sarebbe identificato come un normale device elettronico.

L'allarme è scattato nel 2016 quando un islamista somalo riuscì a salire su un aereo nascondendo l'esplosivo nello scomparto del lettore dvd di un pc portatile. L'ordigno si innescò sul volo della Daallo Airlines da Mogadiscio a Gibuti, ma non fu sufficiente a far esplodere l'aeromobile che riuscì ad atterrare senza problemi: l'unica vittima fu l'attentatore, risucchiato nello squarcio provocato dall'esplosione.


Un orto più rigoglioso



I consigli per una coltivazione domestica 
America e Regno Unito hanno messo in atto le misure protezionistiche su tablet e pc proprio per questo motivo. Il divieto di portare a bordo device elettronici più grandi di uno smartphone dovrebbe, secondo loro, eliminare il problema, riducendo sensibilmente i rischi. 

Sono passati quattro mesi ma... niente Renzi e quel giallo da centomila euro

Renzi, il giallo del libro mai uscito su "#enricostaisereno"



Doveva uscire entro Natale, poche settimane dopo la batosta referendaria del 4 dicembre. Poi a gennaio, no a febbraio. Ma anche marzo se n'è andato. E del libro di Renzi non c'è traccia sugli scaffali delle librerie. L'ex premier lo aveva annunciato lo scorso dicembre come "la vera storia di #enricostaisereno". Da allora, però, sembrano passati secoli. Renzi, lasciato palazzo Chigi, è sprofondato in un cono d'ombra dal quale fa capolino solo in vista delle primarie del Pd del prossimo 30 aprile. Il rinvio sine die delle elezioni politiche (che si terranno con ogni probabilità alla naturale scadenza della legislatura, a primavera 2018) non aiuta. E non è un caso che girino voci di piani per un voto a novembre che avrebbero dietro proprio l'ex premier.

Insomma, di che cosa ci sia stato dietro quell'"Enrico stai sereno" oggi come oggi non frega più molto a nessuno. E così è assai probabile che Renzi stia rimettendo mano al libro, magari per riattualizzarlo. O ch, visto il vantaggio che ha su suoi avversari alle primarie, abbia deciso di rinviarne l'uscita a maggio, perchè un'uscita precedente e i commenti e le polemiche che porterebbe con se non farebbe altro che danneggiarlo. Intanto, si gode i soldi del lauto anticipo che l'editrice Feltrinelli gli ha versato già lo scorso autunno. Si parla di 100mila euro. Tanta roba, anche se per uno come lui che dice di non avere più un reddito...

Tsunami di fango, una vera ecatombe La città rasa al suolo: 200 morti / Foto

Frana di fango in Colombia: almeno 154 morti e 200 feriti




E' andata assumendo di ora in ora le dimensioni di una ecatombe a colata di fango che come uno tsunami ha investito la città di Mocoa, 500 km sud di Bogotà, nella regione andina della Colombia ai piedi delle Ande. Il bilancio ancora provvisorio fornito dal presidente Juan Manuel Santos in tarda serata è di 154 morti e 200 feriti. A causare la colata di fango Le piogge torrenziali abbattutesi negli ultimi giorni sulla Colombia che hanno fatto straripare i tre fiumi Mocoa, Sangoyaco e Mulatos, che circondano la città.

"Così povero che... ho dovuto venderlo" Sylvester Stallone, la confessione-choc

Confessione Choc Sylvester Stallone: "Sono stato costretto a vendere il mio cane per comprare da mangiare"



Se al nome di Sylvester Stallone associate automaticamente l'immagine dell'uomo burbero e violento, è arrivato il momento di ricredervi. Rocky e Rambo vengono spazzati via da due immagini caricate dall'attore su Instagram, accompagnate da due didascalie commoventi che raccontano una vicenda che in pochissimi sapevano.


Elimina le infestanti


In giardino, pianta gigli, gladioli, iris… 
Nelle immagini postate c'è uno Stallone 26enne accanto ad un cane, il suo migliore amico Butkus. I due affrontavano insieme la condizione economica non proprio agiata dell'attore hollywoodiano: "Eravamo entrambi magri, vivevamo in una topaia sopra una fermata della metropolitana, c’erano scarafaggi ovunque, non c’era molto da fare se non passare il tempo. Avevo solo due paia di pantaloni e le scarpe bucate, il sogno del successo era lontano quanto il sole, ma avevo Butkus, il mio confidente, l’unico essere vivente che mi amava per quello che ero".

E preso dalla disperazione ha compiuto il gesto estremo: "Quando le cose sono peggiorate ancora, l’ho venduto per 40 dollari perché non avevo i soldi per comprare da mangiare. Poi, come un moderno miracolo, la sceneggiatura per Rocky è stata venduta, e ho potuto riprendermi il mio amico. Certo, il nuovo proprietario sapeva che ero disperato e me l’ha fatto pagare 15 mila dollari. Ma li valeva fino all'ultimo centesimo".

"Questi li voglio con me, loro li caccio" Berlusconi: chi gode e chi fa fuori

Silvio Berlusconi, ecco i centristi che vuole con sé


di Salvatore Dama



Si rientra da Malta con la sensazione che il centrodestra ruoti ancora intorno a lui. A Silvio Berlusconi. Vero, il Cavaliere non è più quello dei tempi d’oro, ma neanche gli altri vivono i loro anni ruggenti. Prendiamo i centristi che, abbandonato il Pdl, sono rimasti al governo. Hanno fatto una scommessa. Più d’una in realtà: su Renzi, sulle riforme, sul tramonto berlusconiano. È andata come andata. E ora il Nuovo centrodestra, che nel frattempo ha cambiato nome in Alternativa Popolare, rischia di dover andare da solo. Non per scelta, ma per necessità. Berlusconi, salvo qualche eccezione, non li rivuole più. E non è detto che Matteo Renzi proponga loro un’alleanza elettorale.

Il discrimine è «la posizione assunta sul referendum costituzionale», spiega Gianfranco Rotondi, leader di Rivoluzione cristiana e gran tessitore della rediviva area dei post-Dc, «con chi ha detto no, come Cesa, il dialogo è aperto». Alfano? «Io sono amico di Angelino, non ho condiviso il suo percorso, ma lo rispetto. Però a uno che ha fatto il ministro in tre governi di sinistra, non possiamo chiedere di tornare a cantare “Menomale che Silvio c’è”...». Più che recuperare pezzi di ceto politico, a Berlusconi interessa mettere insieme blocchi di elettorato. E ritiene che questo può accadere solo se è lui il protagonista. In prima persona.

C’è da aspettare la sentenza della Corte di Strasburgo e sperare che arrivi prima delle elezioni politiche del 2018. Oppure c’è il “lodo Rotondi”. Che l’ex ministro dell’Attuazione del programma ha esposto al diretto interessato a margine del congresso maltese del Partito Popolare Europeo. «La legge Severino incide sulla candidabilità e sulla permanenza in Parlamento, altro discorso è l’assunzione di incarichi di governo. Su questo vanno fatti approfondimenti politici e giuridici. Il quinto governo Berlusconi non è una fantasia bizzarra, ma un tema concreto. Io ci sto lavorando», spiega Rotondi.

Al di là della fattibilità, resta il tema degli alleati. Che hanno già archiviato la leadership berlusconiana. Guardano avanti. «Io stimo molto Salvini», conclude il leader di Rivoluzione cristiana, «anche lui sa che il modo migliore per arrivare al governo è farne parte sotto la direzione di uno che ha già grande esperienza. Per il bene dell’Italia ci vuole un premier di 81 anni circondato da una squadra di quarantenni. E lo dice uno che, nonostante porti bene la sua età, ha abbondantemente superato i cinquanta».

Salvini, però, insiste a porre la questione della collocazione politica di Forza Italia: «O con Merkel o con il popolo italiano», è il nuovo aut aut che arriva dal segretario leghista. Matteo lo dice da piazza Cadorna a Milano: «Per il nostro Paese, Merkel in questo momento rappresenta disoccupazione e immigrazione fuori controllo», ribadisce il segretario del Carroccio, «quindi qualcuno dovrà scegliere con i tempi che meglio riterrà opportuni se il futuro deve passare dalla Lega, e dunque dai popoli, quindi dagli italiani, oppure dalla Merkel, dalla Bce e da Strasburgo».

Il leader leghista ha infine commentato la possibilità che, dopo il voto, si torni a collaborare con il Partito democratico in assenza di un risultato che restituisca un vincitore certo. L’auspicio, dice, è che «nessuno che si dice di centrodestra pensi di fare l’occhiolino a Renzi, D’Alema o Bersani», ha concluso.

"Possiamo prendere Berlino in 3 giorni" La guerra in Europa: Merkel avvertita

La Francia: "Possiamo prendere Berlino in tre giorni"



Una corazzata dal punto di vista economico. Meno, sul piano militare. Verrebbe da dire per fortuna (visto il passato), non fosse che uno dei cardini per la costruzione di una Europa unita vera (e non solo burocratica) dovrebbe essere un esercito unico. In grado di dare autorevolezza globale a Strasburgo e in grado di fronteggiare adeguatamente minacce esterne come quelle dell'Isis o della Russia. Perno di questo esercito (che in una forma embrionale già esiste e si chiama "Eurocorps") dovrebbe essere la Germania. Non fosse, appunto, che l'attuale forza armata di Berlino non sia esattamente all'altezza della tristemente invincibile Wermacht. Il quotidiano Italia Oggi rivela, in merito, le preoccupazioni di un alto funzionario dello Stato maggiore francese, secondo il quale "nei fatti, oggi, è la Polonia a tutti gli effetti che deve proteggere l'Europa centrale dalla Russia". Non solo: "Oggi - aggiunge il funzionario - calcoliamo di poter raggiungere Berlino in tre giorni". Angela Merkel è avvertita...