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martedì 28 febbraio 2017

L'Italia sotto tiro sulle infezioni due Piani nazionali per fermarle

L'Italia sotto tiro sulle infezioni  due Piani nazionali per fermarle



di Eugenia Sermonti



C’è l’influenza, che ogni anno colpisce in Italia circa 5 milioni di persone. Le polmoniti, spesso associate all’influenza, con circa 200 mila casi l’anno e 10 mila decessi, e le meningiti. L’Herpes Zoster, che insieme a influenza e pneumococco forma la cosiddetta ‘triade maledetta’ che minaccia le persone anziane. Ci sono le epatiti B e C con centinaia di migliaia di portatori cronici. Le infezioni batteriche multiresistenti che colpiscono ogni anno dal 7% al 10% dei pazienti con migliaia di decessi. E ancora, le infezioni da Papillomavirus che possono causare tumori anogenitali. Ritenute debellate o sotto controllo, con una mortalità inferiore rispetto ai tumori e alle patologie cardiovascolari, le malattie infettive, di origine batterica o virale, in realtà sono più che mai tra noi. Oggi, a Roma, nel corso dell’evento AHEAD–Achieving HEalth through Anti-infective Defense, promosso da MSD Italia, rappresentanti di istituzioni, autorità regolatorie, associazioni pazienti e clinici fanno il punto sulle strategie di contrasto che il nostro Paese sta mettendo in campo contro le malattie infettive, mostrando una grande capacità di innovazione, grazie a scelte all’avanguardia in Europa, come il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, approvato all’inizio dell’anno, e il Piano contro la resistenza agli antibiotici, il cui varo è imminente.

«Le malattie infettive rappresentano tuttora un capitolo rilevante in termini di incidenza e mortalità in Italia - afferma Walter Ricciardi, Presidente Istituto Superiore di Sanità (ISS) - L’Italia è maglia nera per quanto riguarda le resistenze di germi come le klebsielle e altri batteri Gram negativi nei confronti di diversi antibiotici, primi fra tutti i carbapenemi. Ma anche malattie virali prevenibili, come ad esempio l’influenza, possono causare indirettamente migliaia di decessi ogni anno, per complicanze batteriche o cardiovascolari. Le emergenze infettivologiche poi costituiscono un caso a parte, e il caso meningite in Toscana ei focolai di chikungunya o West Nile rappresentano solo alcuni dei tanti episodi che siamo costretti ogni anno a fronteggiare». L’avanzata delle infezioni è favorita dalla flessione delle coperture che si registra in Europa e in Italia per quasi tutte le vaccinazioni, alcune delle quali sono scese sotto la soglia di sicurezza fissata al 95%, mettendo a rischio
la cosiddetta ‘immunità di gregge’, che protegge chi non si può vaccinare o i neonati.


Dalla cantina dei nonni alle grotte sotterranee.


Il primo e unico impianto al mondo per la conservazione delle mele è stato realizzato 275 metri sotto le... 
Una grande opportunità per arginare questo fenomeno è il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019, collegato ai nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, che ha aumentato l’offerta vaccinale e ha reso accessibili i vaccini senza pagamento del ticket. «Il nuovo Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019, approvato in Conferenza Stato-Regioni il 19 gennaio 2017, individua strategie efficaci e omogenee da implementare sull’intero territorio nazionale dando ampio rilievo alla garanzia dell’offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni prioritarie per le fasce d’età e popolazioni a rischio indicate. L’offerta vaccinale adesso è ampia e tra le più avanzate nel mondo», afferma Ranieri Guerra, Direttore Generale Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute. La prossima sfida è l’applicazione uniforme del nuovo Piano in tutte le Regioni italiane per assicurare a tutti i cittadini l’accesso equo ai vaccini. «Giudichiamo positivamente l’ampliamento e l’obiettivo di uniformità nell’offerta dei vaccini, che finalmente riduce le disuguaglianze in termini di opportunità tra i cittadini nel nostro Paese. La sfida è che questa opportunità di protezione della salute attraverso i vaccini diventi realtà per tutti: per questo dobbiamo garantire l’effettività dell’applicazione dei contenuti del Piano, migliorando l’organizzazione dei servizi e assicurando gli sforzi necessari a raggiungere le coperture», continua Francesca Moccia, Vice Segretario Generale Cittadinanzattiva.

Altro fronte aperto è quello dell’infezione da virus dell’epatite C (HCV), un’epidemia globale con una prevalenza di circa 180 milioni di persone cronicamente infette. L’Italia è il Paese europeo a maggiore prevalenza di HCV, con circa 1 milione di portatori del virus. Recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato l’obiettivo dell’eliminazione delle epatiti a livello globale entro il 2030 e tutti i Governi dei Paesi industrializzati - Italia in testa - stanno adottando misure in tal senso. L’eliminazione dell’epatite C passa attraverso l’accesso a terapie antivirali di nuova generazione in grado di eradicare il virus nella maggioranza dei casi. «Non utilizzare le opzioni terapeutiche che la scienza mette a disposizione per eradicare una delle infezioni più diffuse e insidiose come quella da HCV è una scelta inaccettabile sul piano sanitario, sociale e anche etico: è arrivato il momento di dare certezze a tutti i pazienti con infezione da HCV, eliminando ogni barriera per l’accesso alle nuove terapie attraverso un Piano nazionale finalizzato alla completa eradicazione di questa patologia», afferma Federico Gelli, membro della XII Commissione ‘Affari Sociali’ della Camera dei Deputati.

Se negli ultimi 70 anni l’avanzata delle malattie infettive di origine batterica ha trovato un muro, questo muro è stato rappresentato dagli antibiotici. Ma in anni recenti, l’antibiotico-resistenza, la capacità cioè dei batteri di resistere agli antibiotici, è cresciuta fino a diventare un problema drammatico. Entro il 2050, le infezioni resistenti agli antibiotici potrebbero essere la prima causa di morte al mondo, con un tributo annuo di oltre 10 milioni di vite. In Italia, la resistenza agli antibiotici si mantiene tra le più elevate in Europa. Nel nostro Paese, le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) colpiscono ogni anno circa 284.100 pazienti causando non meno di 5.000 decessi. La risposta da dare su questo altro fronte passa per procedure di buona pratica clinica, uso appropriato degli antibiotici introducendo il concetto di stewardship, ossia la possibilità di razionalizzare l’uso degli antibiotici, e la ricerca di nuove terapie antibiotiche in grado di sconfiggere i batteri resistenti. Principi che ispirano il Piano contro la resistenza agli antibiotici che sarà varato in primavera.

«Il Piano Nazionale contro la resistenza agli antibiotici, annunciato nei giorni scorsi dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. va nella giusta direzione per non tornare in qualche decennio all'era pre-antibiotici e alle morti pre-penicillina: l’aspetto qualificante è la scelta di affrontare in modo integrato tutti gli aspetti dell’antibiotico-resistenza secondo un approccio 'One Health', ovvero un approccio olistico alla salute umana e degli animali. Altro aspetto fondamentale è la disponibilità degli antibiotici di nuova generazione, che devono essere resi accessibili al paziente nel rispetto dei criteri di una corretta stewardship», afferma Mario Marazziti, Presidente XII Commissione ‘Affari Sociali’ della Camera dei Deputati. In prima linea insieme alle Istituzioni, nella ricerca di nuove terapie e nella definizione di una adeguata stewardship antimicrobica, anche un’azienda farmaceutica come MSD, che ha scritto alcune delle pagine fondamentali nella storia della lotta alle malattie infettive.

«MSD vanta una lunga storia nel trattamento delle malattie infettive - afferma Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia - una storia costellata da successi importanti, con la scoperta di vere e proprie pietre miliari che hanno cambiato l’approccio alle patologie e soprattutto l’aspettativa e la qualità di vita per i pazienti. Un ambito che MSD ha sempre continuato a presidiare, anche quando gli investimenti delle aziende sono stati diretti verso altre aree terapeutiche. I nostri sforzi protesi all'avanzamento scientifico ci hanno consentito di affermare nel tempo la nostra leadership in questo campo, cogliendo importanti risultati nella terapia delle malattie infettive di origine virale, come per esempio l’epatite C (una vera e propria emergenza sanitaria, per la quale in pochi anni sono stati fatti passi da gigante e finalmente sappiamo che, grazie alle terapie di ultima generazione, la guarigione è possibile) piuttosto che nella lotta contro i cancri causati dal virus HPV. Sul fronte delle infezioni batteriche, MSD è uno dei pochi gruppi farmaceutici ancora attivi in ambito della salute sia umana che animale per favorire l’adozione di una vera stewardship antimicrobica attraverso lo sviluppo di nuovi antibiotici in grado di contrastare il fenomeno dell’antibioticoresistenza e la ricerca di nuovi vaccini che possano dare concrete risposte ai bisogni sanitari insoddisfatti sia nei Paesi a economia avanzata che in quelli in via di sviluppo. Intendiamo ribadire e proseguire il nostro impegno contro le malattie infettive, non solo continuando a ricercare nei nostri laboratori innovazioni tecnologiche, ma anche collaborando con tutti gli stakeholder coinvolti attraverso partnership trasparenti e di valore a fianco della sanità pubblica».

Se le filiali francesi della salute fanno bene all'economia italiana

Se le filiali francesi della salute fanno bene all'economia italiana



di Matilde Scuderi




Imprese francesi in territorio italiano: un connubio dai risultati estremamente positivi, soprattutto per quanto riguarda l'innovazione nel settore delle scienze e delle attività legate alla salute. Il tema della cooperazione tra Italia e Francia a livello di politiche industriali è stato posto al centro di una serata organizzata presso l’Ambasciata francese a Roma dal  Club santé Italie, rappresentanza italiana che raggruppa 50 imprese francesi della salute direttamente presenti in Italia. Nel corso dell’evento è stato presentato il report 'Il valore creato in Italia dalle filiali francesi della salute', risultato di un’indagine condotta dalla società di consulenza aziendale Kpmg che illustra la  presenza importante delle imprese transalpine che, con 3 miliardi di euro di fatturato annuo, 10mila dipendenti diretti e 340 milioni d’euro di contributi fiscali versati, rappresentano una leva significativa di crescita e di lavoro per l’Italia.

Kpmg ha anche calcolato l’impatto indiretto di questa presenza tenendo conto dei fornitori coinvolti nelle attività delle imprese francesi su suolo italiano: le persone occupate salgono in questo caso a 19 mila, e i contributi fiscali a 485 milioni d’euro. In termini qualitativi emerge anche dal rapporto  la posizioni di rilievo che le imprese francesi ricoprono sia nel settore delle specialità farmaceutiche con imprese come Sanofi, Servier, Ipsen, Pierre Fabre Pharma, Thea Pharma, Stallergenes o la specialista dell’omeopatia Boiron sia in quello dei dispositivi medicali, con Air Liquide Healthcare, bioMérieux, Guerbet,  Sebia, Stago o Vygon. Terzo pilastro del settore della salute, quello dell’assistenza socio-sanitaria agli anziani nel quale i gruppi francesi vantano un’esperienza riconosciuta con Korian, Orpea o Colisée/Isenior. Le aziende francesi nella loro diversità e complementarità gestiscono in Italia 13 siti produttivi e 69 strutture assistenziali.  Puntano sull’innovazione come leva di sviluppo e contribuiscono allo sviluppo del sistema sanitario italiano, riconosciuto come uno dei più efficiente al mondo e tra i più virtuoso in Europa. 

Gli Indispensabili Mutti.


Scopri tutte le differenze. 
Thibaud Eckenschwiller, presidente del Club santè nonché presidente e amministratore delegato di Ipsen Italia, ha spiegato che ”Per fare fronte alle nuove sfide del settore della salute che derivano dalla demografia, dall’immigrazione e dalla necessità di recepire nuove cure innovative, in un contesto di razionalizzazione della spesa pubblica, le imprese del Club santé Italie hanno avviato un dialogo con le autorità italiane per identificare  nuove soluzioni per incentivare le società a investire sempre di più nella penisola. Il Club santé Italie, nel corso dell’incontro, ha confermato la propria disponibilità a prolungare il dialogo, già iniziato nel 2016 attraverso diversi incontri tecnici, anche nel 2017, anno importante in quanto dovrebbe essere definito un nuovo modello di governance del settore della salute”.

"Siamo spiati, c'è una talpa tra noi" Allarme Trump, scatta la vendetta

Fughe di notizie, Trump passa al setaccio gli smartphone dei collaboratori




Come in "Perfetti sconosciuti". Ma alla Casa Bianca. E non per scoprire se qualcuno è gay o ha una amante. Ma per trovare la talpa, il collaboratore che starebbe passando alla stampa informazioni sensibili. Il presidente americano Donald Trump Ha deciso di aumentare le misure di sicurezza per evitare le fughe di notizie e ha avviato controlli a campione sui cellulari degli uomini dello staff. L'episodio più recente è capitato appena qualche giorno fa nella West Wing della residenza presidenziale: il portavoce di Trump, Sean Spicer, ha convocato a sorpresa il suo gruppo di lavoro per una riunione urgente. E quando tutti erano presenti, dopo aver manifestato il suo disappunto e la sua frustrazione per il fatto che sui giornali erano trapelate notizie "sensibili" uscite da una riunione di pianificazione, ha chiesto ai suoi collaboratori di appoggiare sul tavolo gli "smartphone", compresi quelli privati, per poi procedere a un loro controllo.

Le province abolite? Farsa e vergogna:  ecco quanti soldi spendi in più all'anno

La farsa dell'abolizione: le spese sono aumentate di 1,7 miliardi in un anno


di Francesco De Dominicis



Matteo Renzi non è riuscito nell’impresa di spazzarle via definitivamente e ora ce le terremo a lungo. Con esborsi a carico dei contribuenti sempre più alti. Solo nel 2015 ci sono costate ben 1,7 miliardi di euro in più. Stiamo parlando delle province: simbolo made in Italy dello spreco di denaro pubblico, ora sono diventate immortali. E lo sono diventate, come spiega la Corte dei conti in un documento di pochissimi giorni fa, proprio per il clamoroso flop del referendum costituzionale del 4 dicembre. Anche se pasticciata, la riforma del 2014 - quella che aveva cercato di dare una prima, goffa spallata agli enti territoriali - ora è in qualche modo rafforzata dal «no» degli elettori alla revisione della Costituzione.

Quel «no», secondo i magistrati contabili, ha di fatto reso le province immortali. L’esito del voto del 4 dicembre «ha avuto l’effetto di cristallizzare la riforma ordinamentale». Si tratta, nel dettaglio, della legge 56 approvata nel 2014, a pochi mesi dall’insediamento di Renzi a palazzo Chigi. L’ex premier affidò all’allora sottosegretario Graziano Delrio il compito di avviare la cancellazione degli enti. Il risultato fu una riforma a metà (e decisamente mal scritta) che si sarebbe dovuta completare solo con la revisione della Costituzione. Saltata quella, resta la legge 56. Che, scrive la Corte dei conti, «esprime» comunque «un nuovo assetto delle province e del livello istituzionale di area vasta che è da ritenere stabile anche in funzione del rispetto del principio di continuità delle funzioni amministrative e, in quanto tale, opera, oggettivamente, in una prospettiva duratura». Il concetto è chiaro: l’attuale architettura della macchina amministrativa italiana è stabile e duratura. Lo stesso concetto ribadito dai diretti interessati, ovvero i presidenti di provincia, in una comunicazione ufficiale al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Al quale, poco dopo la sconfitta referendaria di Renzi, è stato puntualizzato che le province sono «incardinate nella struttura costituzionale». Tanto per ancorarsi meglio nel porto del Quirinale.

Archiviato l’aspetto istituzionale, passiamo ai quattrini. Quelli che cittadini e imprese saranno costretti a sborsare per mantenerle, le province. I dati incrociati dalla Corte, che giovedì ha consegnato un dettagliato dossier in Parlamento, rivelano un allarmante ritorno alla crescita: per il 2015, primo anno di applicazione della riforma Delrio, viene registrata una «brusca inversione di tendenza rispetto alla progressiva contrazione registrata negli esercizi precedenti». Un paradosso: le amministrazioni provinciali costavano meno prima che fossero svuotate di competenze. Nel 2014, le uscite complessive sono state pari a 6,7 miliardi, cifra salita a 8,4 miliardi l’anno successivo. L’incremento è enorme: 1,7 miliardi in più (+26%). Un aumento spaventoso che ha interessato tanto le spese correnti (salite di oltre 1,3 miliardi da 5,9 miliardi a 7,3 miliardi) quanto le uscite per investimenti (aumentate di 372 milioni da 769 milioni a 1,2 miliardi). Il tutto a fronte di incassi di bilancio (ovvero tasse) che restano intatti: poco più di 2 miliardi sia nel 2014 sia nel 2015 tra imposte ordinarie e tributi speciali.

E dire che la fotografia della Corte è parziale, visto che riguarda «solo» 71 enti su oltre 100. Una giungla che fa da sfondo a una rete sterminata di migliaia di uffici pubblici, società partecipate, enti collegati. Tutti, adesso, intoccabili. Ma non è finita. A fronte di province ben amministrate (prima e dopo la riforma Delrio) bisogna fare i conti anche con svariati dissesti finanziari. A partire dal 2012, sono ben 12 gli enti entrati nella cerchia di quelli vicini al fallimento: Chieti, Potenza, Catania, Ascoli Piceno, Imperia, Verbania Cusio Ossola, Asti, Novara, Iserina, La Spezia, Varese, Terni.

Insomma, non solo «inutili», come diceva in uno dei suoi Leitmotiv Silvio Berlusconi, ma anche finanziariamente a rischio. Il Cavaliere aveva una certezza: «Eliminare le province? In Italia non lo potrà fare mai nessuno». Ne aggiungiamo un’altra: in caso di crac, pagano i contribuenti.

"Datemi il russo arrestato in Liguria" Putin azzanna, guai per l'Italia

Ventimiglia, l'arresto di Mikhail Nekrich diventa un caso internazionale: Putin vuole l'estradizione, le autorità italiane indagano




Mikhail Nekrich, cittadino russo residente a Zurigo, è stato fermato durante un controllo ordinario dalla polizia di frontiera di Ventimiglia. Si è scoperto che l'uomo è un ricercato comune, sul cui conto pende un mandato di cattura internazionale per omicidio e per appropriazione indebita. L'uomo è stato condannato all'ergastolo dal tribunale di Mosca. È accusato - come rivela Il Messaggero - di essere il mandante dell'omicidio del magnate nemico Alexandre Mineev, ucciso con numerosi colpi di kalashnikov nel 2014.

Ascoltato dal tribunale italiano, Nekrich, con l'assistenza degli avvocati Andrea Rovere e Maurizio Mascia, avrebbe invece raccontato una storia diversa. Una storia con cui vuole dimostrare la propria innocenza: i servizi segreti russi vogliono obbligarlo a incastrare un dissidente, ovvero il suo socio in affari Egor Schuppe, il genero di Boris Berezovsky. Quest'ultimo era lo storico avversario di Vladimir Putin, che nel 2013 annunciò l'imminente ritorno a Mosca per svelare i segreti del presidente russo, salvo poi venire ritrovato impiccato a Londra.

Stando alla ricostruzione dei fatti di Nekrich, i poliziotti russi gli avrebbero chiesto di collaborare all'inchiesta: "Sappiamo che il tuo socio è imparentato con Berezovsky e sappiamo che ha materiale compromettente sul governo russo. Vogliamo lui, non te, se ci aiuti ad incastrarlo ti lasciamo andare, altrimenti sei finito". E così, in un contesto scivolosissimo, in parallelo alla procedura di estradizione verso Mosca di Nekrich, sono state avviate le indagini sul caso. Le autorità italiane vogliono vederci chiaro. Anche se di mezzo c'è niente meno che lo zar Putin.

Capito, il viaggio negli Usa di Renzi?  Toh, che caso: chi lo ha pagato / Foto

Matteo Renzi, il viaggio in California pagato dai Clinton




L'endorsement, alla fine, qualcosa ha pagato. Pochi giorni prima delle presidenziali Usa, Matteo Renzi fu l'unico premier di un grande Paese al mondo a schierarsi apertamente a favore di Hillary Clinton e contro Donald Trump. Pareva una scelta a basso prezzo, visto che la democratica era data per strafavorita nei sondaggi. Poi le cose sono andate in modo leggermente diverso... e non solo alle elezioni americane. Trump è finito alla Casa Bianca, Renzi a casa.

Nei giorni scorsi, l'ex premier è tornato da semplice cittadino (l'altra volta c'era andato da capo del governo) in California, a farsi un giro tra le realtà e i protagonisti della Silicon Valley. E il quotidiano Il Giornale scrive che a pagargli la trasferta sia stata la Clinton Global Foundation. Non solo come "ringraziamento" per l'endorsment dello scorso novembre. Il quotidiano di via Negri rivela come negli anni i vari governi di centrosinistra che si sono succeduti al potere dal '96 a oggi abbiano contribuito finanziariamente alla fondazione dell'ex presidente Bill (e consorte). L'ultima volta, come appare sul sito ufficiale della stessa Foundation, nel 2015 quando figura un contributo governativo italiano tra i 101mila e i 250mila dollari.

lunedì 27 febbraio 2017

Il Renzi segreto, Dini lo fa a pezzi: "Chi è davvero e cosa deve fare"

Lamberto Dini fa a pezzi Matteo Renzi: "Lo conosco bene, vi dico com'era da giovane e cosa deve fare adesso"



"È un arrogante e sostanzialmente inesperto in questioni di governo. Ha perso il referendum ma non ha dato spazio ad alcuna riflessione programmatica, perché vuol essere un capo assoluto". A puntare il dito contro Matteo Renzi è Lamberto Dini, intervistato da Il Tempo.

"Io lo conosco bene perché stavo nella Margherita dove lui cominciò a muovere i primi passi. Perciò, quando decise di candidarsi alla Provincia di Firenze, essendo io fiorentino e avendo molti contatti là, gli diedi un appoggio", ricorda l'ex premier. "Lui è brillante, svelto nel ragionamento, molto bravo a parlare. Ma è supponente e autoreferenziale, e questi sono grandi difetti. Secondo me in questo momento dovrebbe prendersi una pausa di un paio d'anni, studiare molto e semmai riproporsi".