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martedì 7 febbraio 2017

Travaglio, la clamorosa separazione: la donna che gli dice addio / Guarda

Marco Travaglio, la clamorosa separazione: la donna a cui dice addio



Dago-bomba su Marco Travaglio. Nel Milano Spia di oggi si parla di "anno nuovo, vita nuova". Si legge sul tifo di gossip: "È finito il sodalizio sentimental-professionale tra il direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio e la vispa attrice Giorgia Solari. La ragione della separazione? Non la conosciamo e né ci interessa conoscerla. Noi non amiamo il pettegolezzo".

Rai, nuovo disastro: "Non si fa più" Addio al super-show "salva-ascolti"

Raiuno, clamoroso flop: niente serate-evento con Mina e Celentano




Un disastro targato Rai. Al momento sono saltate le due serate evento dedicate a Mina e Adriano Celentano, annunciate da Raiuno dopo il Festival di Sanremo. Doveva essere il fiore all'occhiello del palinsesto 2017, resterà un buco nero al momento inatteso e clamoroso. "Stavamo lavorando perché potessero andare in onda in primavera, ma al momento non sono più previste - ha commentato all'agenzia Ansa Andrea Fabiano, direttore della rete ammiraglia -. Il progetto resta in stand by, vedremo se sarà ripreso più avanti". "Sono due icone con cui sarebbe bello poter lavorare, ma al momento non sono più previsti", aggiunge Fabiano. Secondo indiscrezioni, a far saltare tutto sarebbe stata la ritrosia di Mina ad apparire in tv: una scelta di vita (la Tigre di Cremona non appare più in pubblico dal 1978) che ha complicato i piani degli autori, che avrebbero dovuto allestire due prime serate con solo materiale di archivio.

Usa-Cina, qui scoppia la guerra Trump, mossa sull'isola: è il caos

Isole contese, sale la tensione tra Usa, Giappone e Cina




La tensione è alle stelle tra Stati Uniti e Cina dopo che il segretario alla Difesa americano, James Mattis, ha rassicurato il governo giapponese che l'alleanza tra i due Paesi continuerà a essere "una pietra miliare" per la stabilità nella regione e che Washington continuerà a stare dalla parte di Tokyo sulla questione delle Senkaku, le isole contese con la Cina. L'esecutivo di Donald Trump, insomma, rinsalda subito l'asse col Giappone ma, soprattutto, manda segnali ben precisi al Dragone, il primo dei "nemici" sulla lista del presidente.

L'alleanza - "Ho chiarito che la nostra politica di lunga data sulle isole Senkaku rimane in piedi: gli Stati Uniti continueranno a riconoscere l'amministrazione giapponese delle isole e come vi si applica l'articolo 5" dell'alleanza militare bilaterale con il Giappone, ha detto nel corso di una conferenza stampa a Tokyo con la collega giapponese, Tomomi Inada. L'articolo 5 del trattato è quello in base al quale gli Usa si impegnano a difendere il Giappone e i territori sotto l'amministrazione giapponese, incluse le Senkaku, il gruppo di isolette disabitate, che i cinesi chiamano Diaoyu, e che sono al centro della disputa con Pechino. "Le Senkaku sono sotto l'amministrazione del Giappone" e gli Usa "si oppongono a qualsiasi azione unilaterale che si opponga" a questo, ha sottolineato Mattis. Dal canto suo, Inada ha sottolineato che "la Cina è un vicino importante per il Giappone" e che "il dialogo è sempre aperto".

La reazione della Cina - Immediata la reazione del governo cinese che chiesto agli Usa di non intromettersi nella disputa. La nota del Ministero degli Esteri di Pechino è arrivata nelle ore in cui il capo del Pentagono era a Tokyo, nel suo primo viaggio in Asia dopo avere assunto l'incarico sotto l'amministrazione guidata da Donald Trump. "Le Diaoyu e le isole vicine sono parte integrante del territorio cinese sin dai tempi antichi", ha affermato il portavoce del ministro degli Esteri di Pechino, Lu Kang. "È un fatto storico inalterabile", e il trattato di cooperazione e Difesa tra Washington e Tokyo è "un prodotto della guerra fredda". La Cina, ha concluso Lu, chiede agli Stati Uniti di avere un "atteggiamento responsabile", di "smettere di fare commenti sbagliati sulla questione" e di "evitare di renderla ancora più complicata portando instabilità alla regione".

La contesa - La disputa tra Pechino e Tokyo sulle isole Senkaku/Diaoyu è riesplosa nel 2012, dopo l'annuncio da parte dell'allora governo giapponese di volere nazionalizzare l'arcipelago del Mare Cinese Orientale. Dopo mesi di tensione e di raffreddamento dei rapporti diplomatici tra Cina e Giappone, la disputa ha avuto una prima risoluzione in occasione della visita a Pechino del primo ministro giapponese, Shinzo Abe, in occasione del vertice Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) del novembre 2014, dove ha incontrato il presidente cinese, Xi Jinping. Cina e Giappone hanno firmato all'epoca un accordo in cui veniva riconosciuta la divergenza di vedute sulle isole contese tra i due Paesi asiatici, anche se senza reali passi in avanti sulla risoluzione della disputa. Mattis, a Tokyo, ha parlato oggi anche della posizione statunitense sul Mare Cinese Meridionale, dove Pechino ha in corso altre dispute di sovranità con i Paesi della regione, a cominciare dalle Filippine. Il nuovo capo del Pentagono ha smussato i toni dei recenti commenti statunitensi sulla questione, sottolineando che gli Stati Uniti al momento "non vedono il bisogno di marcate mosse militari" nella regione, anche se ha criticato Pechino per l'atteggiamento assertivo nell'area.

Dopo il terremoto, bomba politica C'è il piano: secessione dall'Italia

La carta disperata di Pirozzi: "Senza No Tax area secessione di Amatrice"





"Siamo pronti ad un piano B se non verrà prevista una no tax area nei Comuni del cratere con zona rossa, siamo pronti a creare la Contea di Amatrice". Lo ha annunciato il sindaco Sergio Pirozzi, intervenuto ai microfoni di Mi manda Rai Tre. "Questa e la partita della vita. Sappiamo che per far ripartire tutto quel tessuto di micro-imprese che sono state azzerate dal terremoto è necessario dare concretezza ai contributi ai quali queste imprese stanno ricorrendo, e per fare questo è necessario creare una no tax area nei comuni del cratere con zona rossa, dove si consideri l'esenzione dalle imposte per tutte quelle attività economiche e commerciali che altrimenti lasceranno definitivamente questo territorio".

Il tema della creazione di una zona franca urbana è per Pirozzi centrale per il futuro economico di Amatrice: "La creazione di questa zona franca urbana, che è prevista già dal nostro ordinamento nazionale, non potrà essere estesa a tutti i Comuni del cratere, perché se così fosse si sforerebbero i parametri europei, ma dovrà essere applicata a quei Comuni che hanno avuto danni importanti. Questo è il tema, se il governo e le forze politiche avranno la capacità di capire questa cosa ben venga, altrimenti andremo avanti con il nostro piano B".

L'agente insegue il moldavo e muore Rabbia della Polizia: l'accusa finale

Agente morto mentre inseguiva delinquente moldavo, la rabbia della Polizia



Dopo il dolore e il cordoglio è l'ora della rabbia, quella della Polizia. Lo scorso 3 febbraio il 28enne Francesco Pischedda, agente della Stradale di Bellano, è morto precipitato da un cavalcavia a Colico (Lecco) durante l'inseguimento di un ladro moldavo fuggitivo. Da quel momento su Facebook si è diffusa a macchia d'olio la protesta di amici e colleghi di divisa, che hanno accusato lo Stato assente, colpevole di non fornire uomini, armi e tutele agli agenti, per poi puntare il dito contro la Giustizia che protegge delinquenti e criminali lasciando nello sconforto i tutori della legge.

Parole durissime, condivise a migliaia, che hanno trovato sponda nell'ispettore capo alla Questura di Lecco, Alessandro Camerota, 47enne vicesegretario regionale del Coisp (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia): "Non è morto solo Francesco, con lui siamo morti tutti noi poliziotti - spiega commosso al Giorno -, perché quando un nostro collega muore in servizio è come se morisse una parte di tutti noi. Quello che è successo a lui poteva e potrebbe succedere a ognuno di noi. Ogni volta che cominciamo il turno siamo consapevoli che potremmo non terminarlo vivi". "Era giovane e per noi rappresentava un patrimonio insostituibile, come tanti di noi aveva lasciato la propria terra per servire i cittadini e lo Stato. Sapeva quello che rischiava, lo sappiamo tutti, ma quando capita quello che è capitato a lui ci si chiede se ne valga la pena...".

Giovedì scorso Pischedda aveva cominciato il turno alle 19, avrebbe dovuto terminarlo all'una ma quell'intervento dell'ultimo momento gli ha prolungato fatalmente il servizio. "Ogni criminale che riesce a scappare è una sconfitta personale per noi - spiega il collega -, un delinquente non si molla mai, se lui gira l'angolo tu giri l'angolo anche se non sai cosa trovi dietro, se lui salta anche tu salti perché se lo fa lui puoi farlo anche tu e non puoi permettere che continui a far del male a qualcuno".

lunedì 6 febbraio 2017

Esclusiva il Notiziario / Intervista al Prof. Dott. Marco Plutino Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino

Esclusiva il Notiziario / Intervista al Prof. Dott. Marco Plutino Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino



intervista a cura di Gaetano Daniele



Prof. Dott. Marco Plutino
Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino

L'indomani del referendum costituzionale segna uno scenario difficile per il paese. I mercati sono nervosi e la situazione politica sembra quantomai ingarbugliata, non tanto per quanto riguarda l'azione di governo - incanalato verso una sorta di ordinaria amministrazione - ma circa lo scenario politico. Come incide in questo contesto la recente sentenza della Corte Costituzionale?

La sentenza della Corte sulla legittimita' della legge elettorale per la Camera dei Deputati era attesa da molti mesi e la politica ha ritenuto preferibile attendere il pronunciamento della Corte anziché provare ad anticiparlo. Un segno evidente di debolezza. La Corte pero' aveva paletti molto stretti per muoversi e ha sanzionato i punti più grossolanamente incostituzionali della legge, stando bene attenta a preservare la sua immediata applicabilità per consentire il voto in qualunque momento. La Corte però non poteva farsi carico della garanzia di una sufficiente omogeneità tra i due sistemi elettorali delle Camere, sulla cui necessità c'era un monito del Presidente della Repubblica. Ad oggi la classe politica è in bilico sia sulla doverosità di un intervento di razionalizzazione sia sul tipo di intervento da realizzare. A questo proposito la legge elettorale attualmente vigente per la Camera dei Deputati prevede un premio di maggioranza al primo turno che può essere incamerato soltanto se la lista più votata consegue almeno il 40% dei consensi.

Quali sono le opportunità e limiti di questa soluzione?

La soluzione attuale ha fatto risorgere un dibattito che sembrava superato. Dal 1998 si parla di partiti a vocazione maggioritaria ovvero tendenzialmente autosufficienti per costituire il governo. In realtà cio' non è mai avvenuto perché alle elezioni si sono presentate coalizioni palesi o mascherate. La pretesa egemonia del PD si e' infranta sui risultati delle elezioni amministrative, su quelli del Referendum e infine sulla caduta del governo. Renzi e' il segretario Pd ma non è un parlamentare. Attualmente abbiamo un sistema di partiti molto frammentato con tre poli grosso modo con la stessa capacità di attrazione del consenso: una delle situazioni peggiori che si possono immaginare in astratto. Il dibattito investe appunto l'opportunità di trasformare il premio alla lista in un premio esplicito a liste collegate, quindi ad una coalizione pre-elettorale come sostiene ad esempio Franceschini, ovvero se mantenere il premio alla lista. Dibattito in parte nominalistico, in parte no. La lista che si presenta alle elezioni può ben essere infatti una coalizione a tutti gli effetti gia' oggi, sia pure soltanto alla condizione che i partiti minori accertino di confluire nella lista del Partito maggiore con il suo simbolo, perdendo visibilità. Per alcuni partiti medi o medio-piccoli questo non è accettabile. Diversamente devi immaginarsi la presentazione di un simbolo apposito e quindi una coalizione a tutti gli effetti sia pure in forma monolista. Anche tale soluzione però potrebbe stare stretta ad alcuni partiti, come la Lega. In tal caso non resterebbe, se si coagula un consenso sufficiente, che modificare la legge elettorale per consentire apparentamenti formali. Personalmente andrei al sodo della questione, oltre questo profilo: non ritengo che valga la pena da parte di alcuno provare a conseguire quel 40%, che oggi appare a tutti gli analisti peraltro assolutamente irrealistico raggiungere. Punterei ad una situazione da annozero, ovvero la presentazione di ciascun partito in solitaria tenendo conto dei non irrilevanti sbarramenti esistenti, di modo che i cittadini possano ricominciare a ritrovarsi nell'identità delle formazioni politiche fino ad oggi bistrattata il nome di un mandato popolare che si è rivelato in ogni cosa impossibile da perseguire per le agitate vicende dei governi di questa cosiddetta Seconda Repubblica. L'incontro eventuale, determinato da necessità numeriche per far nascere il governo, avverrebbe in Parlamento con una seria e pubblica negoziazione e la fissazione di un programma dettagliato, come avviene nelle grandi democrazie europee, a partire dalla Germania. Questo non vuol dire in alcun modo voglio precisare andare alle elezioni manifestando la volontà o la certezza di produrre un consimile accordo innaturale, perché cio' regalerebbe un prezioso spazio al Movimento 5 Stelle, che per statuto non si coalizza. Una condizione, questa, che al tempo stesso realizza la forza, che appunto è quella dell'identità e della purezza, e il limite, ovvero l'estrema difficoltà e forse l'assenza di disponibilità a divenire forza di governo.

La vittoria del SI al referendum ci avrebbe precipitato in uno scenario completamente diverso?

Bisogna distinguere. Non sono tra quelli che ricollega la pronuncia di incostituzionalità della legge elettorale alla vittoria del No al referendum. Era risaputo che la legge elettorale presentasse profili di pressocche' certa incostituzionalità e non è certamente per motivi di opportunità che la Corte Costituzionale li ha rilevati. Detto questo, la vittoria del SI al referendum a mio avviso avrebbe chiuso la questione della grande riforma istituzionale, ma ammodernare in modo significativo la nostra organizzazione costituzionale non avrebbe affatto chiuso la transizione. La quale in realta' dipende non da l'inadeguatezza delle regole, ma della debolezza nella politica e dalla mancata strutturazione di un sistema partitico dopo il crollo di quello precedente. Soltanto ripartendo dalla cultura e dall'attenzione per le organizzazioni sarà possibile chiudere la transazione italiana recuperando le storture che si sono realizzate a beneficio dei poteri tecnici, della magistratura e anche dell'Unione Europea. La quale, preciso, non ci impone nulla ma semplicemente porta ad esecuzione quanto è già stato deciso con il consenso del nostro paese, ancorche' spesso in modo poco consapevole. Tuttavia non nascondo il fatto che la debolezza nella politica ha portato anche ad una interpretazione distorta della nostra forma di governo, e qui prima ancora che l'inadeguatezza delle regole costituzionali mi sembra evidente l'inadeguatezza della loro interpretazione. Quando facevo riferimento alla normativa sulle coalizioni pre-elettorali facevo riferimento esattamente ad uno dei possibili esempi di questo eccezionalismo italiano che non ci ha risollevato, ma anzi probabilmente ha contribuito al declino del paese. Ricordiamo che la nascita e l'incredibile progressione del Movimento 5 Stelle è stato il diretto frutto del quasi default del paese, per sterili alternanze al potere di coalizioni pre-elettorali tanto capaci di vincere le elezioni quanto incapace di governare. fino al punto che il sistema tutto ha perso di credibilità. Un problema di idee e di classe dirigente, evidentemente.

Sabato 11 Febbraio 2017: XXV Giornata Mondiale del Malato / Video

Don Luciano Pellino, Direttore della Pastorale della Salute: “Celebrazione sia punto di partenza per un impegno solidale da parte di tutti”



intervista a cura di Don Francesco Riccio
Post a cura di Gaetano Daniele



Sabato 11 Febbraio 2017 verrà celebrata la XXV Giornata Mondiale del Malato e la Festa della Madonna di Lourdes. Anche nella diocesi di Aversa è in programma la Celebrazione Eucaristica che si terrà sempre sabato 11 febbraio nella Chiesa Cattedrale a partire dalle ore 17,30.

L’evento diocesano è organizzato dall’Ufficio della Pastorale per la Salute ma, sottolinea il direttore don Luciano Pellino, anche cappellano all’Ospedale Moscati di Aversa, “lavoriamo in stretta sinergia con altri uffici diocesani e con numerose fondazioni e associazioni di volontari. Questi organismi svolgono sul territorio una lodevole e costante opera di assistenza ai tanti bisognosi di cure e conforto proprio nel momento più fragile della vita di una persona: quello della malattia. Cercheremo di vivere l’intenso momento della Celebrazione Eucaristica come un punto di partenza che sia destinato a produrre i suoi frutti anche nel futuro”.