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martedì 17 gennaio 2017

VERGOGNA MPS Chi è l'uomo del potere che cela i bidonisti / Foto

Carlo Calenda, perchè il ministro copre i bidonisti di Mps


di Sandro Iacometti



Da Montezemolo a Renzi, passando per Monti e Bersani. Da quando, a soli 10 anni, il nonno Luigi Comencini lo chiamò per interpretare lo scolaro Enrico Bottini nello sceneggiato televisivo Cuore, Carlo Calenda non si è mai tirato indietro. Sale sul carro con la rapidità di un furetto e poi vi rimane abbarbicato con la tenacia di un mitile. Dopo il liceo classico al Mamiani di Roma, la laurea in giurisprudenza e alcuni incarichi nel mondo della finanza, l' attuale ministro dello Sviluppo, 44 anni ad aprile, figlio dell' economista Fabio Calenda e della regista Cristina Comencini, nel 1998 approda alla Ferrari, dove inizia un sodalizio con Luca Cordero di Montezemolo che gli permette di riempire tutte le pagine del curriculum fino al 2013, quando arriva la svolta politica.

Dopo l' incarico come responsabile delle relazioni con i clienti e le istituzioni finanziarie del Cavallino Rampante e una parentesi nel marketing di Sky, Montezemolo lo porta in Confindustria. Sotto la sua presidenza, dal 2004 al 2008, Calenda è prima assistente personale e poi direttore dell' area strategica e affari internazionali.

Finita la stagione di Viale dell' Astronomia, il futuro ministro torna nell' impresa. Sempre al seguito di Montezemolo, che lo vuole nel cda di Ntv. La conoscenza con il socio Gianni Punzo lo aiuta poi a conquistare la direzione generale dell' Interporto Campano e la presidenza di Interoporto Servizi Cargo. Incarichi che manterrà fino al 2011. È in quegli anni che prende forma Italia Futura, think tank con ambizioni politiche fondato da Montezemolo. Calenda è a disposizione, come sempre. E ne assume il coordinamento. Da lì il percorso dell' ex attore inizia ad intrecciarsi con quello di Mario Monti.

L' intesa è forte, ma dura poco. Lo spazio di una tornata elettorale, nel 2013, che Scelta Civica perde con disonore trascinandosi dietro pure Calenda, che si candida alla Camera nel collegio Lazio 1. L' ex braccio destro di Montezemolo è terzo in lista. A Montecitorio finiscono solo i primi due. Calenda resta a bocca asciutta, ma non si scoraggia. È uomo di relazioni importanti. Frequenta i salotti della Roma bene, tra Parioli e Prati. Ha rapporti con Lapo Elkann e Francesco Getano Caltagirone. Vanta quarti di nobiltà nel sangue, grazie alla nonna principessa Giulia Grifeo di Partanna, e parenti illustri, come il nonno regista e l' altro nonno ambasciatore in India e in Libia nonché consigliere diplomatico di Pertini.

Forte del suo passato, e del suo presente, Calenda inizia a tesssere la sua tela. E nel maggio 2013, fallito l' appuntamento con gli elettori, approda comunque a Palazzo Chigi, con il premier Enrico Letta che gli affida l' incarico di viceministro dell' Economia.

Messo piede nel governo, Calenda non solo sopravvive a due cambi della guardia, ma riesce pure a scalare posizioni, arrivando alla poltrona più alta del dicastero. Qualcuno sostiene che il suo segreto sia la precisione maniacale. Qualità che, però, evita accuratamente di applicare alle posizioni politiche. «Nessun salto in vista», aveva detto poco prima di abbandonare il partito di Monti. La versione immediatamente successiva, nel febbraio 2015, è che «il Pd renziano ha assorbito il centro della società prima ancora che quello politico. Ha assorbito la base sociale ed elettorale di Scelta civica».

Con il passaggio nel Pd parte il corteggiamento a Matteo Renzi, il quale, con una mossa a sorpresa, nel gennaio del 2016 gli offre la carica di rappresentante dell' Italia a Bruxelles al posto dell' ambasciatore Stefano Sannino. Calenda non è un grande esperto di relazioni internazionali. Ma, come sempre, non si tira indietro. Malgrado, a stretto giro, 230 diplomatici prendano carta e penna per chiedere al premier cosa ci faccia l' ex manager di Montezemolo con la feluca in testa. Passano pochi mesi e per Calenda si presenta un' altra opportunità. La sua ex collega confindustriale Federica Guidi viene travolta dall' inchiesta Tempa Rossa e lui, ancora una volta, è pronto. Renzi non ha dubbi: è l' uomo giusto per guidare lo Sviluppo economico.

Appena salito sulla tolda di comando, però, Calenda si riposiziona. Torna a strizzare l' occhio ai suoi amici imprenditori, spiattellando un piano di investimenti da 13 miliardi (industria 4.0), e inizia a flirtare con l' opposizione interna del Pd, portandosi al ministero un piccolo drappello di bersaniani. Un avvicinamento, questo, che ha fatto addirittura circolare il suo nome prima come antagonista di Renzi per la guida del partito e poi come possibile premier. A Palazzo Chigi alla fine è andato Paolo Gentiloni, ma Calenda è rimasto saldamente in sella. Talmente saldo da sentirsi autorizzato ad alzare la voce. Prima con il suo amico Montezemolo, accusato di chiedere esuberi in Alitalia senza un vero piano industriale. Poi con Berlino, replicando agli attacchi all' Italia sul dieselgate di Fca.

Ma l' uscita più clamorosa è sicuramente quella su Mps. Premurandosi di non essere completamente in contrasto con il ministro dell' Economia, Pier Carlo Padoan, che nei giorni scorsi aveva difeso gli imprenditori «sfortunati» che non restituiscono i soldi alla banca, Calenda si è gettato in una battaglia di retroguardia in difesa dell' opacità e dell' omertà. Niente black list degli insolventi, ha spiegato, perché «è la banca che deve valutare il business plan e deve dire sì o no al prestito» e «non si deve spostare l' onere sul debitore» a meno che «non ci siano state connivenze». Ragionamento che potrebbe stare in piedi se gli insolventi fossero piccoli artigiani o commercianti. Ma di fronte a dati che parlano del 70% dei 47 miliardi di sofferenze in capo ai grandi gruppi, come le Coop o l' impero De Benedetti, la tesi dell' insabbiamento sembra una scelta dettata più dalle vecchie logiche confindustriali che dalle riflessioni di un ministro. Se è questa l' industria 4.0, la somiglianza con quella di prima è impressionante.

Vincono gli animalisti: dopo 146 anni chiude il mitico "Circo Barnum"

Vincono gli animalisti: dopo 146 anni chiude il mitico "Circo Barnum"



Dopo 146 anni cala il sipario sul "più grande spettacolo del mondo". Il proprietario del circo Barnum ha dichiarato che a maggio lo show chiuderà per sempre. Il calo di pubblico combinato con gli alti costi di gestione, oltre alle battaglie con i gruppi per i diritti degli animali, alla base della scelta obbligata. Nato nel 1871 negli Stati Uniti il circo Barnum era celebre non solo per gli spettacoli, ma per le sue "curiosità": i giganti d'Islanda, le donne della Patagonia, i nani e "la sirena delle Fiji".

Tennista-scandalo, in campo ci va così: lo mostra a tutti (roba mai vista) / Guarda

Scandalosa all'Australian Open: come si è presentata in campo la sexy tennista



Bellissima e sexy su Instagram (dove si mostra spesso in bikini), ma anche in campo non scherza. La tennista canadese Eugenie Bouchard sta mandando in visibilio gli spettatori dell'Australian Open presentandosi con un look inedito e da "pin-up": maglietta corta, ombelico in vista, trasparenze strategiche. Un trionfo estetico e sportivo per la lanciatissima 22enne attualmente numero 46 del ranking mondiale.

LA BESTIA DI ISTANBUL Arrestato il killer del Reina L'hanno ridotto così / Guarda

Istanbul, "arrestato il killer della discoteca Reina a Capodanno"



Sarebbe stato arrestato il killer della discoteca Reina di Istanbul a Capodanno, in cui sono morte 39 persone. A riferirlo è il quotidiano turco Hurriyet: si tratta dell'ennesima notizia in questo senso, con vari "falsi allarmi" ed errori di persona che avevano alimentato il caos tra le forze di sicurezza locali. L'arrestato dovrebbe essere l'uzbeko Abdulkadir Masharipov, identificato l'8 gennaio scorso come l'autore della strage. Il sanguinoso attentato era stato rivendicato dallo Stato islamico.

Da Berlino la bordata a Marchionne: "Ecco quali sono le macchine truccate"

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Da Berlino arriva la richiesta del ministro Alexander Dobrint di verificare nuovamente i modelli 500, Doblò e Jeep-Renegade, recentemente finiti sotto accusa per presunti brogli sui controlli delle emissioni. I tre modelli però avevano già superato i controlli imposti dalle regole Ue, svolti in Italia cioè dove sono stati prodotti. Lo stesso identico percorso seguito per le auto Volkswagen dopo lo scoppio dello scandalo Dieselgate, con i controlli eseguiti dalla Germania come Paese produttore, in accordo con tutti gli altri Stati membri. Allo scetticismo dei tedeschi per le verifiche italiane ha quindi risposto il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda che ha rigettato le accuse: "Pensino a Volkswagen". I sospetti del ministro tedesco si sono concentrati sui tempi impiegati dall'Italia, troppo lunghi, nel fornire risposte ufficiali a Germania e Unione europea sui controlli fatti sulle auto Fca.

Non prendete questa aspirina da banco L'allerta: il farmaco ritirato in tutta Italia

Questa aspirina da banco non va usata. Il farmaco ritirato in tutta Italia



Diverse confezioni dell'aspirina da banco della ditta EG sono stati ritirati dal commercio su disposizione dell'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco. I lotti di Paracetamolo EG*16CPR 1000MG -AIC 041467111 fanno riferimento ai lotti n. 2850023A scadenza Novembre 2017 e numero A6001 scadenza Luglio 2019, Paracetamolo EG*20CPR 500MG - AIC 041467034 Lotti n. 1760001F scadenza Novembre 2018 e n. K6046 scadenza Aprile 2021.

Il farmaco contro la febbre non avrebbe avuto la regolare conformità alle norme di buona fabbricazone del sito di produzione, emesse dall'agenzia in Portogallo.

PARACETAMOLO EG è utilizzato nel trattamento sintomatico del dolore da lieve a moderato e degli stati febbrili. I lotti in questione non potranno essere utilizzati e la ditta EG dovrà assicurarne l'avvenuto ritiro entro 48 ore dalla ricezione del provvedimento.

"Germania adesso va via dall'euro": fine dell'Europa, la voce da Berlino

"Solo così la Germania vi può salvare". Il siluro del consigliere della Merkel



Il futuro dell'Unione europea è sempre più messo in pericolo se la Germania dovesse restare ancora nell'unione monetaria. A dirlo non è un antieuropeista radicale, ma il consigliere della cancelliera tedesca Angela Merkel, Roland Berger, che in un'intervista al Corriere della sera ha decretato il fallimento dell'euro per come lo conosciamo oggi. Alla base del disastro europeo ci sono i presupposti su cui è stata costruita la moneta unica: "Si pensava che il tasso di cambio all'ingresso avrebbe garantito che la competitività dei diversi Paesi si darebbe aggiustata. Inoltre - ha aggiunto il consulente tedesco - le fondamenta del progetto erano costuite sul tratta di Maastricht, ma dall'introduzione dell'euro le sue regole sono state violate almeno 165 volte. E si pensava che si sarebbe potuta essere una politica economica e di bilancio dell'area monetaria, che avrebbe portato a risultati coordinati".

Oggi la situazione economica europea vive un grande paradosso, con le politiche della Bce adeguate, secondo Berger, per il 75% dei Paesi membri, ma non per la Germania che cresce molto più degli altri, venendo così penalizzata dalle regole europee: "E ora corre il rischio di perdere competitività essa stessa perché per noi il tasso di cambio dell'euro è troppo debole. La nostra economia dipende al 50% dall'export e perciò la nostra competitivà globale".

La soluzione secondo Berger è quindi di far tornare Berlino all'uso del Marco, con il quale: "il mondo delle imprese era abituato a rivalutazioni costanti, dunque investiva per guadagnare produttività. Questa esigenza ora è scomparsa. L'attuale tasso di cambio dell'euro non è tale da aiutare la Germania. Aiuta il nostro export, ma superficialmente, proprio perché scoraggia gli investimenti e gli aumenti di produttività. Il nostro Paese è economicamente un animale diverso. Ci sarebbe molta più armonia se fosse fuori e i Paesi latini, Francia inclusa, restassero nell'euro".