Mps, la lista dei grandi debitori: tra i bidonisti Alitalia, coop rosse e top manager
A questo punto è praticamente certo: l’elenco ufficiale dei grandi gruppi che hanno preso i soldi da Mps e non li hanno restituiti, non verrà pubblicato. Non ha intenzione di costringere la banca senese a divulgare quei dati il governo di Paolo Gentiloni e ancora meno il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Non vuole chiederlo il Partito democratico e con lui la maggioranza del Parlamento che sul tema lancia ballon d’essai e molto fumo, baloccandosi con una commissione di inchiesta su tutte le banche che non potrebbe vedere i natali prima della fine della prossima estate e che non sarebbe in grado di arrivare a qualche conclusione nemmeno con la fine naturale della legislatura.
Per avere un pizzico di verità bisogna quindi ancora continuare ad affidarci alle poche carte che esistono sui finanziamenti accordati dal Mps a gruppi che per varie vicissitudini o non hanno onorato le scadenze, o hanno trasformato il debito in quote di capitale detenute dalla banca senese, o hanno visto apporre un pegno su proprie quote di capitale che spesso è stato esercitato con azioni pignoratizie.
Non è semplice trovare la documentazione che viene blindata all’interno dell’istituto di credito senese, con minacce a dipendenti che dovessero divulgarla. Ma qualcosa emerge almeno dai bilanci ufficiali di Mps e delle sue due principali controllate (Mps Capital Services banca per le imprese e Mps Leasing & Factoring) e in quelli di alcuni dei principali clienti che in questi anni hanno cercato e spesso ottenuto di ristrutturare la propria posizione debitoria. Fra i principali nomi che emergono da questa terza puntata dell’inchiesta di Libero c’è quello di una vecchia conoscenza della finanza italiana degli anni Ottanta e Novanta come Giuseppe Garofano (detto Pippo o il Cardinale), che fu presidente di Montedison e amministratore delegato del gruppo Ferruzzi all’epoca di Raul Gardini e venne arrestato dopo una breve fuga dal pool Mani Pulite nell’inchiesta sulla maxi tangente Enimont. Garofano era noto per essere un campione della cosiddetta finanza bianca, essendo assai vicino all’Opus Dei. Ma deve avere cambiato giri almeno per ragioni di business, visto che ha trovato una sponda in questi anni proprio nella banca rossa per eccellenza, Mps. L’incontro non proprio fortunato per i conti dell’istituto di credito senese è avvenuto grazie ai prestiti concessi a una società presieduta da Garofano, la Industria e Innovazione spa di Milano, quotata in borsa e attiva nel settore delle energie rinnovabili. La società è in concordato preventivo con riserva del tribunale di Milano, e ha anche qualche speranza di non morire, visto che esiste una offerta di acquisto da parte di Plc group. Mps è presente nel capitale con il 7,107% avendo convertito in azioni un credito vantato. Ma non è finita lì, perché la banca ha concesso una linea di credito a revoca «integralmente utilizzata e comprensiva degli interessi maturati e non pagati pari a 2,5 milioni di euro», mentre risultano scaduti e non rimborsati altri 2,836 milioni di euro di finanziamento ricevuto da Mps Capital services.
Proprio nel bilancio della controllata Mps che fa da banca per le imprese si trovano altre situazioni critiche. Ce ne è un’altra attiva nelle energie verdi come la Moncada Solar Equipment srl di Agrigento, che qualche anno fa inaugurò i suoi stabilimenti con la partecipazione dell’allora presidente della Camera, Gianfranco Fini. Il rapporto risulta in sofferenza con svalutazioni già cumulate per 1,7 milioni di euro. Altri quasi 3 milioni di euro di svalutazioni hanno riguardato il gruppo Targetti con le spa controllate Poulsen e Sankey classificate nell’elenco delle inadempienze probabili (una delle forme oggi con cui sono classificati i crediti in sofferenza). Altri 6,8 milioni di euro sono stati già svalutati nei crediti vantati dalla Marina di Stabia spa, che ha costruito il porto turistico di Castellammare di Stabia. Ancora 5,8 milioni di euro sono già stati persi con Stb spa, che è la società che gestisce le Terme di Chianciano, già finanziata con poco successo anche dalla capogruppo Mps. E ancora 4 milioni di euro si sono persi con la Gardenia Beauty spa, rettificati proprio nel corso dell’ultimo esercizio. E 2,8 milioni con la torinese Panini spa, che fabbrica complementi per computer.
La cifra più grossa per Mps Capital service - 42 milioni di euro - è stata svalutata però con la Fenice Holding spa, società che abbiamo già trovato fra i guai principali della banca capogruppo: appartiene alla famiglia Fusi che controlla anche la società di costruzioni Btp, che è insieme a Sorgenia il problema più grosso della banca senese. Fra i cattivi pagatori non poteva mancare la vecchia Alitalia quando ancora si chiamava Cai ed era guidata da Roberto Colannino. Anche in questo caso Mps è stata costretta a trasformare in capitale (circa il 3%) il credito vantato e non incassato.
Hanno ristrutturato il loro debito con il gruppo Mps, che quindi ha perso parte di quello che sperava di incassare e allungato le restanti scadenze anche altre importanti società come la Rbd (Rizzo-Bottiglieri-De Carlini) armatori, la Olidata computer, il gruppo di costruzioni Giusti per l’edilizia e il gruppo Acam nella provincia di La Spezia con le sue società controllate Acque e Ambiente. Consistenti le ristrutturazioni del debito con Mps della società informatica quotata Eems Italia spa (uno spinoff della vecchia Texas Instruments) e della coop rossa di costruzioni Coopsette, per cui negli anni sono state più volte riviste le posizioni debitorie.
Non rientra fra i cattivi pagatori la Navigazione libera del Golfo srl che ha sì un mutuo in corso con Mps, ma ha effettuato «i pagamenti alle scadenze pattuite, senza che vi sia stato alcun ritardo né che il mutuo sia andato in sofferenza».