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giovedì 12 gennaio 2017

Bocciato il referendum sull'articolo 18 Schiaffo alla Camusso: su cosa si voterà

Bocciato il referendum sul Jobs Act. Lo schiaffo della Consulta alla Camusso



Non ci sarà un referendum sul Jobs Act. La Corte costituzionale ha bocciato il quesito sul ripristino dell'art.18 promosso dalla Cgil. La decisione al termine della camera di consiglio, che ha dichiarato inammissibile il quesito che proponeva la cancellazione delle norme del Jobs act in materia di licenziamenti illegittimi che prevedono il pagamento di un indennizzo invece del reintegro sul posto di lavoro.

Computer hackerato, segreti rivelati La frase: "Quella scoperta" su Renzi

Computer hackerato, segreti rivelati La frase: "Quella scoperta" su Renzi



La verità sullo spionaggio ai danni di Matteo Renzi emergerà solo quando i magistrati italiani potranno accedere ai dati sui server degli Stati Uniti. Il sospetto che però l'ex premier sia stato spiato per almeno 96 giorni è più che fondato, così come è forte il timore che comunicazioni riservate e informazioni delicate per la sicurezza nazionale siano finite nelle mani dei fratelli Occhionero, grazie al loro sistema di spionaggio Eye Pyramid.

Il nome di Renzi compare nell'elenco di Giulio Occhionero con la data del 30 giugno 2017 alle 7:08, quando c'è stato l'ultimo tentativo di infettare il suo dispositivo, come ha riportato Repubblica. Nella casella di posta dell'ex premier è arrivata un'email da antoniaf@poste.it con un allegato in Pdf. All'interno di quel file c'era il malware che ha permesso agli Occhionero di ficcare il naso in migliaia di utenze.

Esselunga, le coop demolite Trionfo: spunta questo documento...

Primato internazionale per il colosso milanese Esselunga. Chiudono male le francesi Carrefour e Auchan-Sma




Per ogni metro quadrato di un supermercato della catena Esselunga c'è un guadagno per la società di 15.732 euro. Un record di efficienza che il colosso milanese strappa con quello del supermercato preferito tra tutti gli italiani. A dirlo è lo studio pubblicato da Mediobanca, secondo il quale da Nord a Sud la concorrenza delle catene straniere non è riuscita a intaccare minimamente l'ottima immagine che i clienti hanno della catena italiana. E se le francesi Carrefour e Auchan e le tedesche Eurospin e Lidl hanno poco da esultare per gli affari in Italia, non se la passa meglio neanche la Coop, grande avversario del defunto fondatore dell'Esselunga, Guido Caprotti. Secondo lo studio, i supermercati Coop hanno fruttato ai loro soci solo 6.856 per metro quadro (meno della metà del gruppo milanese), la Carrefour 5.171 euro.

Tornando agli affari del big milanese lo studio di Mediobanca prevede una possibile fusione con il gruppo olandese Ahold, compatibile sia nei numeri che sul piano organizzativo. Il patron Caprotti aveva fatto cenno agli olandesi l'anno scorso, durante una delle sue ultime interviste, e in effetti guardando i numeri si nota un'efficienza di 8.350 euro al mq, che sale a 12.775 contando i soli negozi olandesi. Un ottimo partner, ma la catena milanese con i suoi 15.730 detiene il primato assoluto anche nel raffronto internazionale.

In definitiva nel confronto internazionale chiudono tutti in positivo, la britannica Tesco, la statunitense Kroger, la spagnola Mercadona, vengono infatti tutte segnalate come alcune delle attuali eccellenze mondiali. Periodo negativo per i colossi d'oltralpe Auchan-Sma e Carrefour, che chiudono la stagione decisamente male, addirittura in rosso; il primo ha accumulato in quattro anni circa 559 milioni di perdite, il secondo con oltre 2 miliardi di passivo e un crollo delle vendite del 9,6%.

MPS-VERGOGNA Manager, quanto prendevano Tutte le cifre dello scandalo

Mps, ecco gli stipendi dei banchieri che finanziavano i bidonisti


di Francesco De Dominicis



È lunga più di 15 anni la strada che ha portato il Monte dei paschi di Siena al crac e quindi, gioco forza, sotto l’ombrello dello Stato. La nazionalizzazione della banca più antica del mondo, avviata col decreto salva risparmio del 23 dicembre, trae origine da una sfilza di operazioni scellerate, tutte riconducibili - di fatto - al periodo 2006-2012: tra l’acquisto di Antonveneta nel 2007 (pagata a peso d’oro ovvero ben 9,5 miliardi nel pieno della crisi dei mutui) e le successive manovre spericolate coi derivati (Santorini e Alexandria). È anche la stagione in cui viene accumulato il grosso delle sofferenze, quei 24 miliardi di crediti deteriorati che ancora oggi pesano sui conti dell’istituto. Per rintracciare il primo «errore fatale», per la verità, bisogna tornare indietro al 2000, quando viene deciso l’acquisto di Banca 121 (pagata 2.500 miliadi di lire).

Ma chi comandava nella ex banca del Partito democratico? Nella fase acuta della «tragedia senese», dopo il 2006, alla presidenza della banca c’era Giuseppe Mussari e nel consiglio di amministrazione, il vicario di Mussari era Ernesto Rabizzi, con Alfredo Monaci (il fratello era un altro esponente del Pd) un altro membro del cda. Il presidente del collegio sindacale era Tommaso Di Tanno. Sono rimasti sul ponte di comando fino al 2012: in totale, facendo un calcolo approssimativo, si sono portati a casa, tra retribuzioni e buonuscite, quasi 20 milioni di euro. Rabizzi aveva un emolumento di 400mila euro annui. Meno generose le «paghe» di Monaci (263mila euro) e del commercialista Di Tanno (240mila). Non era tra i più alti lo stipendio di Mussari (716mila). Più dell’avvocato prestato all’industria bancaria (ha guidato anche l’Abi tra il 2010 e il 2013) guadagnava il dg Vigni: a lui sono andati 1,6 milioni l’anno e quando ha lasciato la sua poltrona a Rocca Salimbeni è stato accompagnato alla porta con un assegno di «liquidazione» pari a 4 milioni. Braccio destro di Vigni era Gianluca Baldassarri: da direttore dell’area finanza comandava la cosiddetta «banda del 5%» ovvero quel nucleo di manager che, stando alle inchieste dei magistrati, faceva la cresta sulle operazioni finanziarie. Baldassarri aveva una paga annua di circa 400mila euro e la sua buonuscita è stata di 800mila euro. Nel 2014 sono arrivate le prime condanne in tribunale. Recentemente sono stati eseguiti sequestri milionari, forse frutto di ricchi «fuori busta».

Questo gruppo dirigente va a casa nel 2012. Vigni è rimpiazzato alla direzione generale da Fabrizio Viola (che assume anche la carica di amministratore delegato), mentre Alessandro Profumo prende il posto di Mussari, rinunciando da subito all’emolumento da 500mila euro: l’ex ad di Unicredit ha percepito solo 62mila euro l’anno, mentre Viola aveva una retribuzione di 1,5 milioni ed è stato liquidato con 3,1 milioni (l’ultimo anno ha versato 250mila euro al fondo di solidarietà della banca). Grosso modo lo stesso stipendio di Viola (oggi a capo di Banca Popolare di Vicenza) è quello percepito dall’attuale ad, Marco Morelli (che in Mps, con i galloni di vicedirettore generale, era già stato tra il 2006 e il 2010). Il quale, dopo aver ricevuto un bonus d’ingresso pari a 300mila euro, ha deciso di devolvere 200mila euro l’anno al fondo di solidarietà; allo stesso fondo, Massimo Tononi ha versato, nella breve parentesi (settembre 2015 - dicembre 2016), tutti i 500mila euro percepiti come presidente. Dallo scorso dicembre il presidente è l’azionista Alessandro Falciai, al quale spetta una paga da 500mila euro l’anno. I manager della «fase 2», quella dei tentativi di risanamento, hanno intascato retribuzioni e premi per circa 10,5 milioni, cifra che porta il totale degli stipendi degli ultimi 10-15 anni anni a una trentina di milioni.

C’è da dire che le responsabilità, a voler seguire l’iter della vicenda giudiziaria, sono legate al trio Mussari, Vigni e Baldassarri. A ottobre del 2014, come accennato, sono stati condannati in primo grado a tre anni e sei mesi con interdizione dai pubblici uffici. L’accusa, per tutti e tre, era di ostacolo in concorso all’esercizio della vigilanza, cioè la Banca d’Italia, in relazione all’occultamento del contratto stipulato da Mps con la giapponese Nomura per la ristrutturazione del derivato Alexandria.

Dicevamo dello sterminato elenco di magagne. Il botto arriva con l’acquisto di Antonveneta dagli spagnoli del Santander: affare da oltre 17 miliardi complessivi. Nel 2011, al culmine della crisi dell’istituto, il bilancio registra una pedita di 4,6 miliardi. Viola e Profumo cercano di fare pulizia e scoprono, in una cassaforte, i contratti sui derivati con Nomura. Immediata una rettifica del «buco» per altri 730 milioni, ma con una scelta contabile che porterà la Consob, all’inizio dello scorso anno, a imporre la riscrittura di tutti i bilanci a partire dal 2009. Ma è la dimensione degli aumenti di capitale messi in fila negli ultimi anni - in totale 15 miliardi, rivelatisi insufficienti - a certificare l’entità del sostanziale fallimento. Ai manager sono andati comunque grossi stipendi. Ai contribuenti sta per arrivare il conto finale da 6 miliardi e mezzo del salvataggio di Stato.

mercoledì 11 gennaio 2017

Napoli: Esclusiva / l'On. Ermanno Russo sul caso Nola: "Tutelare Dirigenti, medici e pazienti"

Caso Nola Disservizi all'Ospedale Santa Maria della Pietà, Ermanno Russo: "Tutelare Dirigenti, medici e pazienti"


di Gaetano Daniele


On. Ermanno Russo
Vicepresidente Regione Campania

On. Russo, caso Nola. Cos'è successo? 

"Ciò che è successo al pronto soccorso dell'ospedale Santa Maria della Pietà sta venendo fuori con chiarezza in queste ore. La Regione sapeva che c'era una sofferenza sul presidio di Nola nei giorni del week end appena trascorso, dovuta in parte alla chiusura di alcuni servizi di medicina territoriale ma anche alle condizioni climatiche estreme con la neve che impediva di raggiungere l'ospedale di Avellino, tutto questo peraltro in piena psicosi meningite. 

Quindi la Regione sapeva?

La Regione sapeva ma non ha fatto nulla per prevenire ciò che poi si è verificato: un sovraffollamento selvaggio e cure somministrate ai pazienti in condizioni estreme. Si tratta peraltro di una carenza di strumentazioni e posti letto storica, essendo Nola un presidio che serve un bacino di 600mila utenti. Di qui però a voler punire i medici della struttura, ossia il direttore sanitario insieme al responsabile del pronto soccorso e della medicina d'urgenza, ce ne passa. I medici vanno ringraziati e va pubblicamente riconosciuta al personale e ai dirigenti dell'ospedale la capacità di intervenire salvando delle vite pur in una situazione difficile"

On. Russo, c'è il rischio che quanto accaduto a Nola possa ripetersi anche in altre strutture ospedaliere?

"Senz'altro, specie se continuerà a mancare una visione d'insieme compiuta a livello regionale. Del resto, anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha più volte ribadito l'apprezzamento ai medici di Nola e specificato che se responsabilità ci sono queste non sono da rintracciare all'ospedale Santa Maria della Pietà bensì più in alto, a livello di coordinamento regionale. Manca una visione compiuta della sanità campana".

On. Russo, come si può evitare tutto questo? 

"Tutti gli attori della medicina del territorio devono fare da filtro perché in ospedale arrivino soltanto i pazienti realmente in condizioni difficili. La Regione deve intervenire su questo e non certo per sospendere colleghi medici che operano già normalmente in condizioni di trincea e, nonostante tutto, salvano vite umane"

Prima il malore, poi l'operazione al cuore Ore di paura per il premier Gentiloni

Malore e operazione a un vaso periferico: "È vigile"




Paura per Paolo Gentiloni: è stato ricoverato e operato per un'angioplastica a un vaso periferico del cuore, dove è stato posizionato uno stent. L'intervento è stato effettuato al policlinico Gemelli di Roma al rientro da un impegno a Parigi. Salta la visita ufficiale a Londra del presidente del Consiglio, prevista per oggi: dovrà restare ricoverato per alcuni giorni. Il premier, hanno fatto sapere, "è vigile". L'angioplastica è un trattamento per la dilatazione di un vaso sanguigno e l'intervento, che si è svolto nella tarda serata di martedì, è perfettamente riuscito.

Il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, intervenendo al videoforum di Agi Viva l'Italia ha confermato che "Gentiloni è vigile" e "tornerà presto alle sue funzioni". E ancora: "L’ho sentito per messaggio stamattina. Per come lo conosco io è una persona molto forte e tranquilla. Può darsi che queste cose servano a intercettare per tempo cose che magari in futuro sarebbero potute diventare più serie", ha concluso Della Vedova.

TANTI SALUTI A POLETTI Bomba: ministro cacciato? Chi gli ruba il posto / Foto

Poletti, il governo pensa a sostituirlo con Nannicini




Tanti saluti al ministro del Lavoro Giuliano Poletti? La gaffe sui ragazzi all'estero potrebbe costargli carissima, seppur a scoppio ritardato. Secondo alcune indiscrezioni rilanciate da Il Giornale, a Palazzo si starebbe pensando di privarlo della poltrona di ministro: al suo posto, in pole position,m ci sarebbe Tommaso Nannicini, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi, non riconfermato, e ora in prima linea nella stesura del programma economico del Pd. La figura di Nannicini, inoltre, sarebbe gradita anche ai sindacati, che per le più importanti vertenze, da tempo, si rivolgono a lui.