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lunedì 10 ottobre 2016

Miracolo all'italiana in Macedonia: 3-2 Immobile salva le speranze Mondiali

L'Italia batte la Macedonia: 3-2, doppietta di Immobile



Un miracolo all'Italiana. Contro la Macedonia, nelle qualificazioni Mondiali, la più folle e sofferta delle vittorie targata Ciro Immobile. Finisce 3-2 per gli azzurri, che riescono così a salvare la speranza di una qualificazione diretta alla massima competizione per nazionali. Dopo un buon inizio dei padroni di casa, l'Italia trova il vantaggio con una rete di Belotti. L'incubo, però, si materializza nel secondo tempo: in due minuti, dal 12esimo al 14esimo, le reti di Nestorovski prima e Hasani poi. La piccola Macedonia, 132esima nel ranking mondiale, in vantaggio e l'Italia quasi fuori dal mondiale. Anche il pareggio non può bastare. A quel punto, in una situazione disperata, la clamorosa e scomposta reazione d'orgoglio: ad accorciare le distanze Ciro Immobile al 30esimo. Poi, con la forza della disperazione, il bis, in pieno recupero: è ancora Immobile ad andare in rete al 46esimo. Immobile, dunque, salva l'Italia dal disastro (in una partita che la Macedonia non avrebbe meritato di perdere).

CI SONO TROPPO MISTERI Antonio Socci a Ratzinger: ci dica che cosa nasconde

Troppi misteri. Antonio Socci: ci dica che cosa nasconde


di Antonio Socci




Il libro di Benedetto XVI, “Ultime conversazioni”, è stato celebrato su tutti i giornali ed è nella classifica dei libri più venduti, ma è stato veramente letto e capito? Il primo enigma è il libro stesso. Il 14 febbraio 2013, tre giorni dopo l'annuncio del ritiro (che sarebbe scattato formalmente dal 28 febbraio), il papa annunciò solennemente: «Rimarrò nascosto al mondo». Invece, passati tre anni, esce addirittura un best-seller (oltretutto aveva affermato pure che dopo la trilogia su Gesù non ci sarebbero stati altri libri). Perché?

Com'è possibile che un uomo rigoroso, sempre lontano da qualunque protagonismo, di colpo rinneghi clamorosamente la sua decisione di star nascosto? Quali sono le vere ragioni del libro? Possibile che un grande teologo, che ha centinaia di pubblicazioni, uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo, dal carattere così timido, uno che è addirittura papa, a quasi 90 anni, venga meno all'impegno di stare nascosto perché sente il bisogno di raccontare aneddoti come il “marameo” della zia Theres o i membri della Commissione teologica che “sbevazzano” allegramente in Trastevere? Inverosimile. Ci sono poi le affermazioni improbabili con le quali Benedetto sembra dirci (implicitamente): non posso rivelare come stanno veramente le cose.

Anzitutto sulla causa del suo ritiro. Già una volta, nel febbraio 2014, liquidò chi voleva sapere perché era rimasto “papa emerito”, vestito da papa, con una risposta surreale: «nel momento della rinuncia non c'erano a disposizione altri vestiti».

È ovviamente assurdo pensare che sia rimasto papa emerito per motivi sartoriali (cioè perché in due settimane - dall'11 al 28 febbraio - non si poteva trovare una tonaca nera in Vaticano…). Altrettanto assurdo è ammettere che si sia dimesso - come si legge nel libro - a causa del fuso orario. Racconta infatti che si era affaticato nel viaggio in Messico del 2012 e pensando che sarebbe stato troppo stressante partecipare alla Giornata Mondiale della gioventù di Rio de Janeiro del luglio 2013, si è dimesso da papa. Ed è una risposta ancora più incredibile di quella sull'abito e ancora una volta sullo stesso “tema sensibile” su cui - evidentemente - non può o non vuole parlare.

Infatti il papa sa benissimo che nella dottrina cattolica la rinuncia al papato può avvenire solo per motivi “gravissimi” (la perdita delle capacità mentali per malattia), altrimenti è una seria colpa morale: è evidente che il viaggio a Rio non è certo una ragione gravissima, come è evidente che Benedetto non è uomo che voglia incorrere con spensieratezza in una seria colpa morale.

Oltretutto la spiegazione addotta è del tutto inverosimile. Infatti, a scelta fra il papato e la partecipazione alla Gmg, è razionale e morale rinunciare alla seconda, non certo al papato. Oltretutto Benedetto avrebbe comunque potuto partecipare alla Gmg in collegamento video da Roma perché, in ogni caso, anche se fosse andato fisicamente, la gran parte dei giovani l'avrebbe visto solo sullo schermo.

Infine c'è un'ultima ragione che taglia la testa al toro. Ratzinger spiega che la Gmg di Rio doveva svolgersi nel 2014, ma «era stata anticipata di un anno per via dei mondiali di calcio». Senza questo anticipo «avrei cercato di resistere fino al 2014». Qui siamo all'assurdo. Perché ad anticipare al 2013 la Gmg può essere stato solo il Vaticano: se proprio si voleva evitare la coincidenza con i Mondiali, si poteva benissimo posticipare la Gmg al 2015 (anziché anticiparla al 2013). Insomma, c'erano mille modi per risolvere i problemi. L'unica scelta inammissibile era la rinuncia al papato per la Gmg. Soprattutto sapendo che il papa poteva benissimo arrivare al 2014 (lo dice lui stesso).

E poi perché una rinuncia così precipitosa? Perché dimettersi a febbraio quando la Gmg ci sarebbe stata a luglio? Benedetto XVI ha addirittura lasciato a metà la sua enciclica più importante, quella sulla fede, e anche l'Anno della fede. Chi conosce il suo abituale rigore ritiene che egli non è uomo da lasciare così a metà un'opera tanto attesa e tanto importante del suo ministero. Perché allora quella fuga precipitosa?

Il libro è pieno di contraddizioni e incongruenze di questo tipo. Clamorosa per esempio la sua risposta sullo Ior, dove Benedetto si assume la responsabilità personale di tutte le scelte. Qualcuno ha sostenuto che così avrebbe rivendicato anche la rimozione di Ettore Gotti Tedeschi. In realtà Benedetto non fa il suo nome e sembra riferirsi confusamente ad altre vicende. In ogni caso è impreciso e soprattutto sappiamo che il suo segretario, mons. Georg Gaenswein, aveva rivelato, il 22 ottobre 2013, al Messaggero, che Benedetto XVI era all'oscuro della cacciata del presidente dello Ior: «Benedetto XVI che aveva chiamato Gotti allo Ior per portare avanti la politica della trasparenza restò sorpreso, molto sorpreso per l'atto di sfiducia al professore».

Ci sono altri punti interrogativi. I giornali hanno insistito sugli elogi di Benedetto a Francesco. Ma hanno dimenticato di riferire che quelle riportate nel libro sono interviste realizzate nei primi mesi di pontificato di Bergoglio (luglio e dicembre 2013, e febbraio 2014), quando il papa argentino aveva firmato l'enciclica sulla fede, di fatto, già scritta da Benedetto. Io stesso - nei primi mesi - guardavo positivamente a papa Bergoglio. Del resto ci sono anche punture critiche («se un papa ricevesse solo gli applausi dovrebbe chiedersi se non stia facendo qualcosa di sbagliato»).

E poi, come Pollicino, Benedetto XVI sembra disseminare il libro di segnali che aumentano il mistero della sua attuale situazione di papa emerito e sulla compresenza di due papi. Dove per esempio, dice che la sua «non è una fuga, ma un altro modo di restare fedele al mio ministero». Dove spiega che egli continua ad essere papa «in un senso interiore» e dove addirittura ipotizza di essere l'ultimo papa («tutto può essere»). Cenni che alimentano il mistero. E che vanno nella direzione dell'esplosiva conferenza di mons. Gaenswein del 21 maggio, dove spiegò che «egli non ha abbandonato l'ufficio di Pietro». Ma allora cosa è successo in Vaticano?

domenica 9 ottobre 2016

Caivano (Na): Voce alla Politica PD, Intervista al consigliere comunale Antonio Angelino

Caivano (Na): Voce alla Politica locale PD, Intervista al consigliere comunale Antonio Angelino



di Gaetano Daniele



Antonio Angelino
Consigliere comunale PD

Consigliere Angelino, l'ex addetto stampa del Sindaco dott. Simone Monopoli, apre ad un governo di salute pubblica, il Pd cosa risponde?

Non solo non siamo responsabili delle dichiarazioni dell'ex addetto stampa del Sindaco ma ne siamo anche sorpresi. Se c'è una cosa che ci è stata chiara, sin dal giorno in cui ci siamo insediati ed abbiamo assunto la volontà dell'elettorato caivanese, è il nostro ruolo di opposizione all'amministrazione. Volontà che si é poi rafforzata giorno dopo giorno alla luce delle scelte fallimentari e scellerate dell'attuale maggioranza, che stanno mettendo la città in ginocchio e che pertanto continueremo a contrastare con tutte le nostre forze.

Consigliere Angelino, l'assessore all'ambiente Baldi, risulta indagato dalla Corte dei Conti, massimo rispetto per l'uomo Baldi e a lui va il nostro in bocca al lupo, ma ad oggi qual'è la linea del Pd?

Premesso che il garantismo ed il rispetto umano sono e sempre saranno baluardi delle nostre battaglie politiche, siamo fortemente preoccupati per la gestione delle cosa pubblica. Pertanto, mentre attendiamo che la magistratura faccia il suo corso, continueremo a vigilare sull'operato della maggioranza provando nel frattempo, con la nostra attività politica (seria, costante e pertinente alle necessità e alle richieste dei nostri concittadini), a mostrarci come valida alternativa di governo.

Consigliere Angelino, il leader delle opposizioni Luigi Sirico, nonchè esponente di spicco del Pd, di recente invitò il sindaco Monopoli a dimettersi, la linea è unica?

Crediamo che il sindaco e la sua squadra abbiano già, in pochissimo tempo, disatteso le aspettative dell'elettorato. Girando per la città si ha l'impressione di essere in un paese completamente abbandonato a se stesso, per non parlare poi degli ultimi vergognosi provvedimenti presi nell'ambito scolastico: Eliminazione delle mense scolastiche, dell'assistenza materiale e del trasporto ai disabili. Si è deciso insomma di tagliare proprio sulla pelle dei nostri figli e dei nostri nipoti, sul futuro della nostra città! Pertanto riteniamo che prima si staccherà la spina di questa amministrazione prima si potrà provare a risollevare le sorti della nostra martoriata terra.

Consigliere Angelino, ambiente. Caivano è invasa dalla spazzatura, perchè, e come si può rimediare a questo scempio?.

La gestione dei rifiuti e l'educazione dei cittadini alla raccolta differenziata ed al rispetto dell'ambiente non dovrebbero mai essere meri slogan da campagna elettorale bensì obiettivi seri a cui dedicarsi ed investire nel corso del proprio mandato. Non esiste una bacchetta magica, ma credo seriamente che una raccolta differenziata spinta (su cui investire seriamente) mista ad una buona gestione del ciclo dei rifiuti sono l'unico modo per garantire una definitiva risoluzione del problema. Ci riescono molti dei comuni napoletani anche limitrofi non vedo perchè Caivano dovrebbe essere da meno.

LO SFOGO: ROTTURA TOTALE Bersani-Renzi, siamo alla fine "Mi ha trattato come un..."

Bersani e Matteo Renzi, siamo alla fine. Lo sfogo: "Mi ha trattato come un..."



"È un anno che l'Italia mangia solo pane e riforme, ora basta. Renzi proverà a stanarmi con una proposta sull'Italicum? Chiacchiere. Non mi si può raccontare che gli asini volano. Vediamo in direzione, ma io non mi aspetto nulla". Pierluigi Bersani sbotta contro Matteo Renzi in una intervista al Corriere della Sera: "Se parlo fuori è perché nel Pd non si può. In un anno e mezzo non ho mai avuto occasione di discutere di riforme nel partito. E dire che un po' ci capisco". "Anche con me non sono andati per il sottile, sono stato trattato come un rottame. Non ho ragioni per difendere Massimo D'Alema, ma deve esserci un limite a questa cosa volgare del vecchio e nuovo, che riguarda le idee e i protagonisti di una stagione. Nell'Ulivo c'erano anche idiosincrasie e liti furibonde, ma perbacco c'era una cosa da tenere assieme e c'era il rispetto, tanto che D'Alema propose Veltroni segretario e Prodi presidente della Commissione europea".

"Noi abbiamo cercato di salvare il salvabile", continua Bersani, "ma a volte trattenersi è molto difficile. E anche adesso dico quel che dico perché un pezzo del nostro popolo non vada via, restando vittima di cattivi pensieri. Non puoi sempre farti vedere con Marchionne e Polegato". Sullo scontro tra Lotti e D'Alema Bersani afferma: "C'è un limite, perché se sei dove sei c'è sempre qualcuno che ti ci ha portato. Invece ora tutto quello che c’è prima è da sputarci su... Così vai a sbattere". Sulla possibilità che si possa ridiscutere l’Italicum, Bersani sostiene: "In tutta Europa si cercano sistemi in grado di rappresentare quel magma che c’è, e noi ci inventiamo il governo del capo? C’è da farsi il segno della croce. Nella legge elettorale bisogna metterci dentro un po' di proporzionale, invece che prendere tutta altra strada per sapere alla sera del voto chi comanda".

Per quanto riguarda il partito della Nazione, Bersani dice: "Qualcuno sta rompendo i ponti con la tradizione convinto di prendere i voti della destra, ma non ci metto la firma su una prospettiva così. Se passa il Sì, temo che Renzi prenda l’abbrivio e vada dritto con l’Italicum. Ma non sono disposto a mettere in mano il sistema a quella roba inquietante che sento venir su dal profondo del Paese". Poi, ancora: "A turbarmi non è Grillo ma l’insorgenza di una nuova destra in formazione, aggressiva, non liberale, protezionista, che, da Trump a Orbán, cerca le sue fortune. Il ripiegamento della globalizzazione ha portato un aumento bestiale delle disuguaglianze. La sinistra deve trovare una nuova piattaforma di base di diritti del lavoro. La ricetta? Welfare, fedeltà fiscale, basta bonus e voucher".

Marino, l'accusa devastante a Renzi: "Cos'ha fatto. E cosa farò io adesso"

Ignazio Marino, l'accusa devastante a Matteo Renzi: "Cos'ha fatto. E cosa farò io adesso"



Abusi, scontrini, spese pazze: niente di tutto ciò, Ignazio Marino è stato assolto. Cadono tutte le accuse. Per il tribunale "il fatto non sussiste". E se l'ex sindaco di Roma si gode la rivincita, chi si preoccupa è Matteo Renzi: l'assoluzione, infatti, si è rapidissimamente trasformata in un nuovo guaio per quel premier che di fatto scaricò l'ex primo cittadino capitolino.

Non a caso, in un'intervista a Repubblica, Marino picchia duro proprio su Renzi. "Non ho davvero nulla da dire a Renzi - premette -. Solo che sono sbigottito, come tutti i romani, per quello che è accaduto a Roma. La cosa peggiore che può capitare a una città è che qualcuno ne determini l'instabilità. E purtroppo Roma dall'estate del 2015 vive in una grande instabilità amministrativa", dietro alla quale, questo il sottotesto, ci sarebbe la mano di Renzi, il premier che "non mi ha chiamato" dopo l'assoluzione.

Ma i guai, per il premier, non terminano qui. Marino, infatti, vuole gustarsi a fondo la sua vendetta. Ed è in questo contesto e con queste motivazioni che l'ex sindaco potrebbe tornare subito ad impegnarsi in politica, fianco a fianco con Massimo D'Alema (uno tra i primissimi a telefonargli dopo l'assoluzione) nella campagna per il "no" al referendum. Ogni iniziativa del sindaco, infatti, ora è legata alla campagna anti-referendaria. Un nuovo nemico per il premier, dunque. E infine, l'ultima idea del "Marziano": potrebbe anche chiedere i danni al Pd, un partito sul quale ha promesso già mesi fa di rivelare "retroscena scottanti" relativi a ciò che accadde a Roma. Altre nubi dense si addensano sopra Palazzo Chigi.

Talk show, Renzi fa la lista nera Ordine al Pd: "Boicottateli"

Talk show, la lista nera di Matteo Renzi. Ordine al Pd: "Da loro non ci andate"



Il "permesso" dato a Maria Elena Boschi di confrontarsi con Matteo Salvini a Otto e mezzo sarebbe solo una "deroga". In realtà il premier, secondo Il Fatto Quotidiano, avrebbe vietato a ministri, sottosegretari e parlamentari dem di andare ospiti nel talk show di Giovanni Floris, Corrado Formigli e  Lilli Gruber, tutti in onda su La7.

È già accaduto giovedì per Piazzapulita: l'eurodeputata Simona Bonafè, all'improvviso, ha declinato l'invito di Formigli. Perché Renzi boicotta i programmi di Formigli, Gruber e Floris? Secondo il punto di vista di Renzi, ci sarebbe uno squilibrio tra come sono trattati i rappresentanti del Sì al Referendum e quelli del No. I secondi sarebbero sempre numericamente maggiori, ai danni, ovviamente, della posizione del governo, per cui il referendum è più o meno una questione di vita o di morte.

Meno male, per i renziani, che c'è la Rai. Ovvero i tanti speciali dopo il Tg1, tribune elettorali, Politics, RaiNews, Porta a Porta e compagnia cantante. 

Isis in Deutsche Bank: scandalo Ecco gli sceicchi del terrore

Isis in Deutsche Bank, l'ultimo scandalo del colosso: spuntano gli sceicchi del terrore


di Attilio Barbieri



Altro che industria tedesca. A scendere in campo per salvare dal disastro la Deutsche Bank sono gli arabi. Per la precisione la casa reale del Qatar attraverso il fondo sovrano Qatar Investment Authority.

L’emiro Tamim bin Hamad Al Thani ha fatto sapere di essere disponibile a incrementare la propria partecipazione al capitale dall’attuale 10 per cento fino al 25. A riferirlo è stata l’agenzia Bloomberg citando fonti vicine al dossier. Secondo le stesse fonti alcuni emissari della casa regnante hanno già avuto incontri decisivi. Si tratta di Sheikh Hamad Bin Jassim Bin Jabr Al Thani, ex primo ministro dello Stato del Golfo e dello sceicco Hamad Bin Khalifa Al Thani. Quest’ultimo ben noto agli investitori occidentali per le operazioni condotte sul capitale di importanti società quotate nelle Borse europee.

Interpellato sulla questione, un portavoce di Deutsche Bank non ha commentato. Ieri Der Spiegel ha scritto che la famiglia reale del Qatar starebbe valutando la realizzazione di una holding che controllerebbe l’istituto di credito tedesco.

Il ceo di Deutsche Bank, John Cryan, sta provando a ripristinare la fiducia intorno alla banca dopo che il Dipartimento di Giustizia Usa ha avanzato una richiesta di risarcimento per 14 miliardi di dollari legata alla vendita irregolare di prodotti con sottostanti mutui subprime. Secondo gli americani all’istituto di Francoforte sul Meno andrebbe ascritta una bella fetta di responsabilità per lo scoppio della bolla che ha trascinato nel gorgo della crisi l’intera finanza mondiale.

I fondi controllati dall’ex primo ministro del Qatar, hanno acquistato il 6,1% di Deutsche Bank a metà 2014 e hanno successivamente incrementato la quota poco sotto il 10%, opzioni incluse, a luglio di quest’anno. In questo modo sono riusciti finora ad evitare gli obblighi di trasparenza che scattano in Germania per gli azionisti che superino un decimo del capitale.

Con lo scivolone seguito all’annuncio della maxi richiesta di risarcimento americana, gli azionisti qatarioti hanno accumulato una perdita teorica quantificata dal quotidiano Handelsblatt in oltre un miliardo di euro.

Resta da capire se potrebbe restare in pista anche il piano di salvataggio a cui stavano lavorando alcuni grandi gruppi manifatturieri tedeschi. I big del Dax, riferisce sempre Handelsblatt, «hanno discusso nei giorni scorsi un piano di salvataggio per Deutsche Bank». Ora starebbero «valutando se sia possibile l’acquisto di azioni dell’istituto, nel caso questi avesse bisogno di capitale fresco». Un piano che aveva l’appoggio incondizionato del governo di Angela Merkel «che è a conoscenza dell’iniziativa». «Sarebbe una strada elegante per evitare un salvataggio di Stato», confessava al giornale tedesco l’anonimo presidente di un’altra banca europea.

Sul Qatar la business community tedesca e non solo, nutre più di una perplessità. A Doha si fanno risalire ingenti risorse fra quelle che gli Stati del Golfo pompano da anni nelle casse dell’Isis. Ma oltre all’imbarazzo per la contiguità con il califfato del terrore c’è una certa resistenza pure negli ambienti bancari a consegnare le chiavi del primo istituto tedesco agli arabi. Deutsche Bank è entrata in tutti i maggiori affari che hanno segnato la vita finanziaria negli ultimi decenni.

Oltre al ruolo giocato in Usa, Deutsche avrebbe allestito oltre 30 (per alcune fonti un centinaio) operazioni simili a quella denominata Santorini, con la quale il Montepaschi riuscì a occultare perdite miliardarie. Conoscerle potrebbe significare tenere in scacco molti protagonisti della finanza mondiale. E forse anche di più.