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giovedì 15 settembre 2016

Una rivoluzione a scuola, sì al panino: le famiglia possono dire no alla mensa

Via libera al panino a scuola: la sentenza che rivoluziona le mense italiane



Via libera al panino a scuola. Il tribunale di Torino ha respinto il reclamo del Ministero dell’Istruzione contro la decisione di un giudice che, di fatto, aveva riconosciuto alle famiglie il diritto di mandare i bambini a scuola portandosi il pasto da casa.

La Corte d’appello aveva sentenziato a giugno l’obbligo di poter consumare il panino solo per i figli di 58 genitori che avevano presentato ricorso: adesso invece passa il principio che il diritto vale per tutti e quindi le scuole dovranno organizzarsi. «La sentenza dice chiaramente che trattandosi di momento formativo, i bambini non posso essere isolati dai compagni. L’assistenza deve essere gratuita e fornita dal corpo docente», spiega l’avvocato che difendeva le famiglie, Giorgio Vecchione

La perturbazione che spazza l'estate Meteo-horror: presto cambia tutto

La perturbazione che spazza l'estate Meteo-horror: presto cambia tutto



L’arrivo di una perturbazione atlantica determinerà nelle prossime ore un generale peggioramento delle condizioni meteo sulle regioni centro-settentrionali italiane, dando luogo a precipitazioni temporalesche anche di forte intensità. Sulla base delle previsioni disponibili, il Dipartimento della Protezione Civile d’intesa con le Regioni coinvolte ha emesso un ulteriore avviso di condizioni meteorologiche avverse, che integra ed estende quello diffuso nella giornata di ieri. I fenomeni meteo, impattando sulle  diverse aree del Paese, potrebbero determinare delle criticità idrogeologiche e idrauliche.

L’avviso prevede, dalle prime ore di stamattina precipitazioni da sparse a diffuse, anche a carattere di rovescio o temporale, su Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. I fenomeni saranno accompagnati da rovesci di forte intensità, frequente attività elettrica, locali grandinate e forti raffiche di vento. Sulla base dei fenomeni previsti è stata valutata per domani allerta arancione per rischio idrogeologico su Liguria e Toscana occidentale.  Mentre l’allerta è gialla sulle restanti zone della Toscana, sul Piemonte, Valle d’Aosta, parte della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Umbria, Lazio e ancora sul versante occidentale della Sardegna.

Higuain debutto-flop, la Juve si ferma A Torino solo un pari con il Siviglia

Higuain flop, non basta alla Juve: solo un pari col Siviglia



Il primo assalto è fallito. Al debutto stagionale in Champions League la Juventus non è riuscita ad andare oltre lo zero a zero contro il Siviglia. Non è bastato Higuain che ha colpito una traversa ma non è riuscito a segnare come ha fatto in campionato. E anche un ottimo Dybala ha permesso ai bianconeri di creare molte occasioni ma non è stato decisivo. Così la squadra dell’ex palermitano Franco Vazquez è tornata in Spagna con un prezioso pareggio. Nell’altra partita del girone H, il Lione ha liquidato per tre a zero la Dinamo Zagabria, conquistando il vertice della classifica. Negli altri gironi, il Leicester di Ranieri ha avuto vita facile in Belgio, con un rotondo 3 a 0 al Bruges, il Manchester City di Guardiola ha segnato quattro gol al Borussia Moenchengladbach mentre il Borussia Dortmund ha rifilato sei reti in Polonia al Legia Varsavia. Spettacolare rimonta del Real Madrid in casa: sotto di un gol fino all’89, ha fulminato lo Sporting Lisbona con il solito Cristiano Ronaldo e con l’ex juventino Alvaro Morata.

mercoledì 14 settembre 2016

L'intervista - Ghedini, Berlusconi e i finti amici: "Lui perdona, io no. Vi svelo tutto"

Nicolò Ghedini: "Berlusconi è buono lui perdona, io no Sono il più cattivo"


intervista di Cristiana Lodi



Smilzo e pallido. Arriva con passo aristocratico provocando fascino spettrale. E si dichiara pronto a tutto pur di salvare il capo. Il cliente in doppiopetto che lo ha creato, plasmato, reso potente. E ricco più di quanto già non fosse. La sua virtù (a far tutt'uno con la sua filosofia giuridica) è che lui non si stanca mai.

Nel muro contro muro coi magistrati, non cede nemmeno se lo avveleni. A dispetto della voce cantilenante: «Ella, signor giudice …». Tende il labbro in direzione del lobo destro (non sia mai quello sinistro per uno che come lui è anticomunista per cromosoma) e, in un nanosecondo di scherno, sferra la sua strategia di difesa. Oppone impedimenti e codicilli. Azzecca astuzie procedurali, in quel ring dove ti chiamano soltanto per sbranarti. «In questo mestiere - dice - il 99,99 per cento è sudore e quel che resta è abilità». Notte e giorno, domenica e Ognissanti, Natale e Ferragosto: l'avvocato-onorevole Niccolò Ghedini è sempre presente. Nonostante (e meno male) stando al motto, sarebbe Silvio quello che c'è.

«Berlusconi è totalmente innocente e lo è sempre stato, come provano le mille assoluzioni e, ancor più, l'ingiusta condanna del 2013 per la frode fiscale mai esistita. Una sentenza, quella, utile soltanto a estrometterlo dalla scena politica. Basta andarli a vedere gli almeno 65 processi nei quali è stato costretto a difendersi. Assolto e sempre assolto. E anche i casi prescritti sarebbero finiti allo stesso modo, se non fosse intervenuto lo scadere dei termini. Si veda il caso Mills, per citarne uno.

È sufficiente leggere la sentenza per constatare che c'era assoluzione. Anche lì», arringa così l'avvocato padovano nato nel 1959. Il giovane disciplinato che alla fine dei Novanta sbaraglia nel cuore di Silvio Berlusconi e vince annientando ogni possibile rivale.

Come è diventato il suo avvocato e consigliere per eccellenza?

«Berlusconi non ha bisogno di un consigliere. È un uomo d'intelligenza superiore e in quanto tale può consigliarsi benissimo con se stesso. Io, al massimo, gli rappresento le norme procedurali. Sono il suo avvocato, quello che lo difende e che fa le scelte processuali».

Com'è cominciata?

«Per caso, nel 1998. Avevo difeso un giornalista del gruppo Fininvest su indicazione di Gaetano Pecorella che era presidente nazionale delle Camere Penali, quando io ero segretario. Fu lui a segnalarmi. Il Gruppo poi mi chiese dei pareri "pro veritate". Li diedi e la seconda richiesta fu di difendere il Presidente Berlusconi in un singolo processo».

Quale?

«Sme-Ariosto. Accettai con entusiasmo. Ci fu assoluzione anche se dopo anni. Nessuna prescrizione. Berlusconi fu scagionato dall'accusa di corruzione perché il fatto non sussiste e per non avere commesso il fatto».

L'instancabile Ghedini si prende così un primo processo, poi un secondo, finché si prende tutto.

«Non da solo. Berlusconi ha avuto l'apporto di altri validissimi colleghi: Amodio, De Luca, Pecorella, per citarne alcuni. E io ancora sono coadiuvato da altri avvocati altrettanto validi: Cerabona a Napoli, il mio maestro Piero Longo e il bravissimo Franco Coppi. Io e Franco siamo in rapporti...».

Siete in rapporti «ottimi». Lo ha confermato Coppi stesso a Libero. E lei gli ha perfino regalato un cane Golden retriever che lui ha ribattezzato «Rocky Ghedini».

«Aggiungerei che i rapporti sono eccellenti, a dispetto dei commenti di certa stampa. Ho stima straordinaria di Coppi, lo tormento tutti i giorni e lo considero un vero maestro».

Il primo, si sa, era stato Piero Longo. Memorabili le sue parole nel 1988. Niccolò aveva 29 anni ed era suo assistente di studio. All'epoca difendevano Marco Furlan: il fascista della Verona bene che con l'amico Wolfgang Abel faceva l'assassino seriale (18 omicidi) per liberare la società da drogati preti e barboni, in nome di Ludwig. In aula il professor Longo parlò ai colleghi durante una pausa d'udienza: «Tenete a mente il nome di questo ragazzo - disse - si chiama Niccolò Ghedini e farà strada».

Ma nemmeno lui immaginava quanta. Da almeno vent'anni l'allievo difende l'uomo che per altrettanti vent'anni ha governato e deciso le sorti del Paese; ne conosce i segreti più nascosti. La potenza e anche le fragilità. Con lui vive in una simbiosi che lo ha trasformato nel suo doppio.

Cos'è per lei Berlusconi?

«Un amico. Vero. Carissimo. Il nostro rapporto va oltre, molto al di là dell'amicizia comunemente intesa. Perché io difendo l'onore e la libertà di questo amico, ogni volta innocente, a cui voglio bene. Molto bene».

Chi altro vuole bene a Berlusconi?

«Gianni Letta e Fedele Confalonieri: gli vogliono bene in modo critico e sono le persone ideali nel confronto con lui. Loro, a parte i figli che lo amano all'infinito, sono anche gli amici fidati e che gli sono accanto ogni volta in cui la salute dà problemi. E sempre loro, per primi, gioiscono quando Berlusconi da malato si trasforma all'improvviso in una star del rock. Com'è successo dopo l'intervento dello scorso 14 giugno».

Le lacrime di Francesca Pascale affacciata alla finestra del San Raffaele, quella volta lì? Una commedia secondo il parere di tanti.

«Ma non è così… È stata la stampa che ha diffuso questo messaggio».

Non erano i giornalisti a piangere.

«La Pascale vuol molto bene a Berlusconi. Normale e comprensibile fosse emozionata. Dispiaciuta. Nessuno possiede gli strumenti per poter leggere i sentimenti dell'altro. Meno che meno io».

È stato scritto che voi amici, avvocati e parenti avreste però allontanato certe figure nocive alla salute del presidente. Persone che lo avrebbero fatto stancare più del dovuto, a proprio uso e consumo. Pascale compresa.

«Non è vero. Com'è falsa la storia del cerchio magico. Che non esiste. Berlusconi non ha bisogno di consiglieri, né di registi col cappello di Mago Merlino».

Però di nemici ne ha. Chi sono, se escludiamo i magistrati e gli oppositori?

«Parliamo degli ingrati? Di quelli ne avrei un lungo elenco, ma mi avvalgo della facoltà di non rispondere».

Faccia un esempio almeno.

«È capitato di leggere intercettazioni e di scoprire così che soggetti da sempre vicini, di colpo parlassero male di lui. E ogni volta Berlusconi li ha giustificati. È come se cercasse di dare una spiegazione: "Sono cose che si dicono…", commenta nonostante i piaceri fatti. Berlusconi è una persona buona. Trova la spiegazione e poi perdona qualsiasi cosa».

Lei invece è più cattivo?

«Assolutamente sì, al confronto. La scorrettezza non la accetto. La slealtà ancora di meno, la detesto. Con gli scorretti chiudo. E se qualcuno è con me sleale, io non lo perdono. Berlusconi invece sì».

Lei è anche l'uomo dei cavilli.

«Ho sempre impostato la mia difesa sulle questioni di procedura e di diritto. Il processo giusto è quello che segue le regole. Se è lento e incontra la scadenza dei termini, è colpa della norma. O del giudice che non la applica o la applica male». Non c'è avvocato sulla faccia della terra che non miri alla prescrizione. I giudici talvolta sbagliano e condannano gli innocenti. Succede perfino che lo facciano in buona fede, perché sono uomini e non Dio.

Si può mirare alla prescrizione. E non si può negare che lei in questo sia un maestro.

«Andiamo con ordine. Anzitutto io non sono un maestro di niente e Berlusconi non è stato condannato in modo corretto. E poi i suoi processi sono stati spesso su fatti molto vecchi (anche di 15 anni e oltre, con i testimoni praticamente morti), alla fine si sono prescritti a causa dell'accusa e non della difesa».

La condanna del primo agosto 2013? Quella che lo ha fatto decadere, cancellandolo dalla scena politica attivamente intesa?

«Il caso Mediaset ha avuto uno svolgimento anomalo. Il calcolo della prescrizione era diverso e questo è conclamato. Il processo scadeva a settembre, c'era tutto il tempo per assegnare la discussione a una sezione normale. Invece è stata appositamente assegnata alla sezione feriale, fissando quelle tre udienze fra luglio e il primo agosto. Una composizione della Corte anomala, nonostante il processo si prescrivesse in autunno. Lei cosa dice?».

Che vi aspettavate la condanna.

«Ci siamo resi conto subito che il processo era segnato. La sezione era diversa dal dovuto. Ripeto: era del tutto anomala».

Com'è stato dirlo a Berlusconi? Cos'ha provato quel giorno, al telefono quando lo ha sentito?

«Incredulità. Berlusconi reagisce sempre così, anche quando gli prospetto le norme o gli illustro i rischi. È normale per una persona innocente e che ha la coscienza pulita. Anche quel tardo pomeriggio era incredulo. Vede, io ho sempre difeso un innocente e l'ho sempre difeso nel processo. Lo ripeto: Berlusconi è sempre stato difeso nel processo, che poi ci sia stata una persecuzione da parte dei magistrati più o meno politicizzati, è palese e sotto gli occhi di tutti. Innegabile. A questo, ovvio, si aggiunge la strumentalizzazione da parte degli oppositori che hanno sfruttato ai propri fini la persecuzione giudiziaria stessa. Dov'è la novità?».

Strasburgo?

«Certamente. Davanti alla Corte Europea l'ingiusta condanna del primo agosto 2013 sarà riconosciuta con tutte le sue anomalie. Il Presidente Berlusconi risulterà doppiamente e totalmente innocente nel merito. Così come sarà assolto nell'assurdo processo Ruby ter che neppure sarebbe dovuto iniziare e che non è nient'altro se non un'indebita e intollerabile intromissione nella sua vita privata, per giunta impeccabile».

Quando l'esito?

«A primavera, vogliamo sperare».

Torniamo a lei, oltre a fare l'avvocato di Berlusconi cosa fa?

«Il mio lavoro è il mio hobby. Ritengo sia una fortuna. Non frequento salotti, non conosco la cosiddetta mondanità. Non vado a teatro, non scio, non nuoto, non vado a cavallo, niente. Quando non sono ad Arcore o a Palazzo Grazioli, torno a casa a Padova. Ci sono mia moglie con cui ho uno splendido rapporto e mio figlio Giuseppe che ha 18 anni ed è un ragazzo molto gradevole». 

Gradevole? 

«Sì, è gradevole e amatissimo. Noi siamo una famiglia molto unita. Mio padre era un avvocato di chiara fama, il nostro studio ha 400 anni. Lui è morto che io avevo 13 anni. Ci sono le mia sorelle: quattro. Una di loro è acquisita. Due fanno l'avvocato civilista, una fa l'archeologa e ho un cognato magistrato».

Un giudice in famiglia?

«Perché no?».  Una volta ha detto che se entra in un salotto e vede cinque persone, lei vuole scappare mentre Berlusconi, al suo posto, chiederebbe dove sono gli altri. «Sì, mi annoiano i salotti».

La spaventano le arene agguerrite?

«Per niente. Travaglio, per esempio, mi è simpatico».

Lui le sentenze le legge. È uno dei pochi.

«Sì, ma racconta solo quello che gli piace e gli fa comodo. In ogni caso è sempre costruttivo discutere con lui. Certo, i programmi in cui c' è Travaglio non sono mai equilibrati. Altra cosa è la trasmissione di Vespa. A Porta a Porta il confronto è possibile e il conduttore lo sa gestire con equilibrio e correttezza, garantendo a tutti la possibilità di intervenire».

Niccolò Ghedini che non fa l'avvocato, sarebbe stato possibile?

«Eccome se lo sarebbe stato. Ho la laurea in Giurisprudenza, ma avrei fatto volentieri anche Agraria. Non mi sarebbe dispiaciuto lavorare in una delle nostre aziende agricole, a produrre olio o vino. Ecco, amo la campagna ed è lì che quando torno a casa mi piace andare. In campagna».

SIMIT "In Italia nessun pericolo imminente di febbre emorragica”

"In Italia nessun pericolo imminente di febbre emorragica”


di Eugenia Sermonti



Dopo l’allarme destato dalla segnalazione di due casi di febbre emorragica di Crimea Congo verificatisi in Spagna, il primo in un uomo di 62 anni, poi deceduto, che sarebbe stato punto da una zecca nei dintorni di Avila e il secondo in un’infermiera che gli aveva prestato assistenza, il vicepresidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) professor Massimo Galli sottolinea come la febbre emorragica di Crimea e Congo sia una malattia  causata da un virus (CCHFV, genere Nairovirus, famiglia Bunyaviridae) trasmesso da zecche, o in seguito a contatto con sangue e secreti di animali o persone infette. "Anche se i casi in Spagna possono rappresentare un segnale da non trascurare e anche il Sud della Francia sembra poter essere a rischio, non sussistono dunque elementi per prospettare un pericolo imminente per l’Italia - puntualizza Galli - L’esistenza in Italia di una rete di specialisti infettivologi in grado di riconoscere eventuali casi sospetti ricopre comunque un ruolo importante per la sorveglianza delle infezioni emergenti e l’individuazione precoce di infezioni di nuova introduzione". 

Il fatto che nelle aree in cui la malattia è stata osservata si siano trovati anticorpi specifici anche in persone sane suggerisce che la maggioranza delle infezioni siano asintomatiche e non comportino conseguenze. "Nei casi sintomatici il tasso di letalità è però attorno al 5 %, con picchi oltre il 40% in piccole casistiche. Non esiste al momento un vaccino disponibile nè per le persone nè per gli animali - prosegue il professor Galli, ordinario di Malattie Infettive Università di Milano AO-Polo Universitario Luigi Sacco' - La ribavirina è stata usata per trattare l'infezione con apparente beneficio". I principali vettori sono le zecche del genere Hyalomma, in particolare H. marginatum. Le zecche infette possono essere trasportate da uccelli migratori, quali ad esempio l’averla capirossa (Lanius senator). Vari mammiferi domestici e selvatici possono essere parassitati e infettati da questo tipo di zecche, in genere sviluppando solo infezioni asintomatiche. Il virus è stato ad esempio isolato nel 2010 in Spagna in esemplari adulti di Hyalomma lusitanicum provenienti da un cervo. Il fatto che in Spagna si siano verificate infezioni nell’uomo non è quindi del tutto inatteso.

CCHFV è attualmente endemico in 18 paesi africani, 11 paesi del Sudest asiatico e in 8 paesi dell’Europa dell’Est ed è in ulteriore espansione. Dal 2001, oltre 40 casi sono di CCHF stati segnalati in Albania. Nelle aree endemiche del Kosovo la prevalenza degli anticorpi anti-CCHFV nella popolazione generale ha raggiunto il 24% . Un primo caso di febbre emorragica  umana è stato segnalato nel 2008 in Grecia, ove un’indagine sierologica attuata nelle regioni nordorientali (ai confini con Bulgaria e Turchia) suggerisce un incremento della prevalenza e un ampliamento dell’area di diffusione del virus negli ultimi 20 anni. La Turchia ha riportato un crescente numero di casi sintomatici a partire dal 2002, con circa 1000 casi all’anno. Al presente le zecche del genere Hyalomma della penisola balcanica e dell’Europa orientale sarebbero separate da quelle di Italia, Spagna e Nord Africa. In Italia centrale un’indagine su un piccolo campione di uccelli migratori a corto e lungo raggio non ha rilevato la presenza del virus, nonostante sia stato rilevato un elevato tasso di infestazione da Hyalomma spp

Anche i piloti con il diabete possono ora guidare un aereo

Anche i piloti con il diabete possono ora guidare un aereo



Uno studio presentato all’EASD in corso a Monaco di Baviera fa cadere uno degli ultimi tabù sul lavoro: il diabete, anche quello trattato con insulina, non può e non deve rappresentare una preclusione assoluta all’attività lavorativa. Nemmeno quando il lavoro consiste nel pilotare un aereo. Lo dimostrano i risultati di uno studio presentato al congresso della European Association for the Study of Diabetes (EASD) a Monaco (Germania), che dimostra come i piloti delle linee aeree commerciali inglesi con diabete in trattamento con insulina abbiamo condotto negli ultimi tre anni un aereo su voli dal breve al lungo raggio, senza problemi, mantenendo i livelli di glicemia in buon compenso e monitorandoli con un glucometro in cabina di pilotaggio. Nel 2012 la Gran Bretagna è stata la seconda nazione al mondo (la prima è stata il Canada) a consentire ai soggetti con diabete in trattamento insulinico di ottenere un Certificato Medico di Classe 1 per la Licenza di Pilota Commerciale (CPL). Nel mese di aprile del 2015 l’Irlanda ha seguito l’esempio della Gran Bretagna ed ha adottato un Protocollo di Valutazione Medica nell’ambito del regolamento della European Aviation Safety Agency (EASA).

Una task force composta da esperti medici e dell’aviazione britannica ha sviluppato un protocollo ad hoc che regola la certificazione medica dei piloti in terapia con insulina. I piloti che ottengono questa certificazione sono soggetti a requisiti molto stringenti (controllo della glicemia prima e durante il volo), sotto la supervisione diretta dei dipartimenti medici di UK Civil Aviation Authority (CAA) and Irish Aviation Authority (IAA). Lo studio presentato all’EASD ha valutato i primi risultati e la sicurezza del programma inglese. Sono stati analizzati tutti i file medici dei 26 piloti insulino-trattati con certificato di Classe 1, prendendo in considerazione età, durata e tipo di diabete, trattamento, comorbilità, monitoraggio delle complicanze del diabete, valori di emoglobina glicata prima e dopo il conseguimento del certificato di Classe 1, tutti i voli effettuati con il relativo monitoraggio delle glicemie durante il volo.

L’identikit dei piloti considerati da questo studio era il seguente: maschi, di età media 41 anni, l’85% dei quali affetti da diabete di tipo 1 insorto in media 8 anni prima, con licenza conseguita in media 19,5 mesi prima. Le glicate pre e post-certificazione sono risultate sovrapponibili (53,1mmol/mol e 54,8mmol/mol). Nell’arco di 4.900 ore di volo sono state registrate 8.897 misurazioni della glicemia, classificate in 3 diverse categorie, secondo i colori del semaforo: verde (90-270 mg/dl), giallo (72-90 e 270-360 mg/dl) e rosso (< 72 or >360 mg/dl). Per i voli di breve-medio raggio (sotto 6 ore) il 96% delle 7.829 letture di glicemia è risultato nel range ‘verde’; per quelli di lungo raggio (più di 6 ore), il 97% dei 1.068 valori di glicemia rilevati in volo è risultato nella categoria ‘verde’. Complessivamente, sommando le letture ottenute nei voli di breve-medio e lungo raggio, solo 19 misurazioni (lo 0,2%) sono risultate nel range rosso, ma al momento non risultano casi di piloti inabilitati al volo per una glicemia troppo bassa o troppo alta. Il protocollo CAA sembra dunque funzionare molto bene, garantendo la sicurezza in volo, senza bisogno di discriminare i piloti con diabete. Il monitoraggio della glicemia nella cabina di pilotaggio con un semplice glucometro consente di rilevare prontamente delle alterazioni potenzialmente a rischio e di correggerle rapidamente. Alla luce di questi risultati ‘real life’ diverse nazioni europee hanno manifestato interesse in questo programma. Dall’altro lato dell’oceano, di grande equilibrio è anche la posizione dell’American Diabetes Association (ADA) che suggerisce come approccio più appropriato quello di valutare caso per caso i soggetti con diabete, per determinare se una persona sia idonea o meno a svolgere determinate attività. Seguendo questa linea, l’ADA sta sviluppando delle raccomandazioni da condividere con la US Federal Aviation Administration (FAA) allo scopo di consentire alla FAA di individuare i potenziali piloti con diabete senza rischi particolari di inabilitazione, rispetto a tutti gli altri. Al momento tuttavia anche negli USA, la diagnosi di diabete preclude la possibilità di condurre aerei commerciali.

“L’attuale normativa italiana - ricorda il professor Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia - non consente la concessione della licenza a piloti di linea con diabete in trattamento con insulina o farmaci orali che possano causare ipoglicemie. Se questa restrizione appare dettata da logiche motivazioni di buonsenso, i progressi del trattamento del diabete con nuovi farmaci che non causano ipoglicemie e con insuline sempre più intelligenti che riducono i rischi d’ipoglicemia aprono alla possibilità che questa patologia possa essere trattata in assoluta sicurezza anche con insulina. Lo studio sui piloti inglesi con diabete insulino-trattato dimostra chiaramente che è possibile pilotare aerei su rotte commerciali in piena sicurezza attraverso un attento monitoraggio della glicemia e un protocollo terapeutico rigoroso. La SID è disponibile a collaborare con le autorità regolatorie italiane per approfondire la tematica e sviluppare protocolli per il trattamento e il monitoraggio della terapia”. Dal canto suo l’Ente Nazionale Aviazione Civile ENAC, interpellato in proposito, fa sapere che “nel confermare la propria attenzione agli importanti sviluppi emersi dai recenti studi e che indicano la necessità di un'innovazione della normativa in materia, ha evidenziato che il tema deve comunque essere portato avanti nel contesto europeo che è regolamentato dall'EASA, l'Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea". Al momento la Gran Bretagna dispone della più vasta ‘flotta’ al mondo di piloti diabetici trattati con insulina e rappresenta dunque un esempio per tutti nel campo della non discriminazione sul lavoro per le persone con diabete.

Armani, la mossa (a sorpresa) del Re: a chi andrà il suo impero miliardario

La mossa a sorpresa di Giorgio Armani. Ecco a chi andrà il suo impero miliardario



L'impero miliardario di Giorgio Armani rischiava di restare senza un erede, visto che Re Giorgio a 82 anni ha fatto capire che non ha intenzione di fare colpi di scena su questo fronte. Per questo poche settimane fa, riporta Radiocor e il Giornale, in un'assemblea straordinaria della Giorgio Armani spa sono state approvate due delibere che di fatto delineano la strada da seguire quando uno tra i più grandi stilisti viventi non ci sarà più.

Re Giorgio non ha nessuna intenzione di ritirarsi neanche stavolta, come aveva già ribadito qualche anno fa, quando in un'intervista aveva chiarito che il suo interesse principale è quello di far crescere il suo team. Intanto però continua a gestire tutta l'azienda in prima persona, come fa ormai dal 1975. E in prima persona durante l'assemblea ha prima eliminato il valore nominale delle azioni, annullato le proprie pari al 5%, arrivando a possedere il 100% della società.

Non proprio il primo passo di chi si vuol fare da parte quindi, considerando poi che gli affari vanno a gonfie vele, visto che solo nel 2015 il bilancio consolidato ha visto ricavi in crescita di 2,66 miliardi, con un utile netto di 240,8 milioni di euro e una disponibilità di 654,4 milioni. Il secondo passo lo ha fatto sempre Armani in persona, illustrando: "la proposta di adottare, con effetto dalla data di apertura della successione del signor Giorgio Armani, un nuovo testyo di statuto sociale che lascia immutata denominazione, sede e oggetto, fatta salva l'introduzione e precisazione dei principi fondanti ai quali l'attività sociale deve essere improntata, e prevede la proroga al 31 dicembre 2100".

Le linee che il gruppo dovrà seguire saranno le stesse della sua Fondazione, già anticipate a luglio scorso, cioè: "autonomia e indipendenza, un approccio etico alla gestione con integrità e correttezza, un'attenzione all'innovazione e all'eccellenza, priorità assoluto allo sviluppo continuo del marchio Armani, sostenuto da adeguati investimenti, una gestione finanziaria prudente ed equilibrata, un limitato ricorso all'indebitamento e un cauto approccio alle acquisizioni".