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lunedì 12 settembre 2016

Così la Appendino umilia i comunisti Lo schiaffo: alla festa dei "compagni"...

Come umilia i comunisti. Lo schiaffo dell'Appendino: alla festa dei "compagni"...



La sindaca M5s di Torino, Chiara Appendino, dà forfait alla festa Fiom, il sindacato rosso. Era attesa nel pomeriggio di oggi, domenica 11 settembre, all'ex fabbrica di Mirafoiori per un dibattito sul lavoro. Si sarebbe dovuta confrontare con Giorgio Airaudo di Sinistra Italiana, con Piero Fassino e Gianni Cuperlo. Ma niente, il forfait arriva a poche ore dall'incontro. Ma perché? Agli organizzatori lo staff dell'Appendino ha comunicato che a prima cittadina sarebbe stata indaffarata nel preparare la trasferta romana dei prossimi giorni che la vedrà impegnata, lunedì 12 settembre, a un tavolo con il ministro della Cultura Dario Franceschini e il sindaco di Milano Giuseppe Sala sul tema Salone del libro. E, martedì 13, a un incontro con Graziano Delrio sulle infrastrutture. La sindaca si sarebbe resa disponibile a passare per un saluto veloce. Ma non a restare a un dibattito di due ore. Una soluzione, quella del saluto veloce, che non è piaciuta affatto agli organizattori.

Berlinguer e Santoro, finisce in rissa Il loro programma? Una drastica scelta

Berlinguer e Santoro, la prima riunione finisce in rissa: il loro programma? La drastica scelta



Tra Bianca Berlinguer e Michele Santoro finisce malissimo. Anzi, non inizia neppure. Insieme avrebbero dovuto confezionare una striscia quotidiana che sarebbe dovuta andare in onda su Rai2 dalle 18.30 alle 19. Ma niente da fare: la coppia si scioglie. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, le prime riunioni tra l'ex direttrice del Tg3 e il teletribuno sarebbero state ad altissima tensione. Divergenze editoriali, insomma. Tanto che Bianca e Michele hanno deciso di chiudere subito il progetto. Alla striscia ci penserà soltanto la Berlinguer. Santoro, da par suo, si concentra esclusivamente sul suo ritorno su Rai2, previsto per il 5 ottobre, dove condurrà una serata-evento da Napoli. Infine, una nota sulla Berlinguer, che si "sdoppia": dal 7 febbraio condurrà anche un programma in seconda serata su Rai3.

Napolitano ordina, Renzi risponde Il premier si "rimangia" l'Italicum

Giorgio Napolitano ordina, Matteo Renzi risponde: il premier si "rimangia" l'Italicum



Giorgio Napolitano chiama, Matteo Renzi risponde. Nel corso dell'intervento alla festa dell'Unità di Catania, si è implicitamente rivolto all'appello dell'ex capo dello Stato, che in un'intervista a Repubblica aveva chiesto di modificare l'Italicum. "Pronti a discuterne. C'è bisogno però che gli altri facciano proposte, noi facciamo le nostre". Sul referendum, ha aggiunto: "Voglio parlare di questa riforma solo riferendomi al futuro. Mi hanno chiesto di non personalizzare e ho smesso. Ho detto che la legislatura ha una vita a se stante. E non parliamo più del governo in caso di vittoria del No".

Dopo l'intervento di Renzi, ci sono state proteste e scontri tra manifestanti e forze dell'ordine davanti a Villa Bellini: un corteo ha tentato di forzare il blocco degli agenti lanciando bottiglie e pietre.

L'intervista - "Come lo hanno ridotto in cella" Lo strazio della moglie di Dell'Utri

"Come lo hanno ridotto": lo strazio della moglie di Dell'Utri


intervista di Simona Voglino Levy



Signora Dell’Utri, come sono le condizioni di suo marito dopo il recente ricovero?

«Ha rischiato molto. Ora la fase acuta è superata. Ma le patologie diagnosticate sono croniche e gravi e potrebbero peggiorare. Sa cosa dice sempre Marcello?».

Mi dica…

«Ho il morale sotto i piedi ma cerco di non calpestarlo…».

Beh: non ha perso il suo senso dell’umorismo, possiamo dire?

«Possiamo dire di no. Per fortuna».

Da Parma, carcere di massima sicurezza, dopo il ricovero lo hanno trasferito a Rebibbia: cosa è cambiato?

«Rebibbia è certamente meglio, sono meno intransigenti, più cordiali e ci è consentito vederlo di più. Anche se il regolamento carcerario è folle: quando è nato il primo nipote abbiamo chiesto un permesso speciale perché mio marito potesse vederlo».

E?

«Gli è stato negato. E poi le limitazioni che abbiamo incontrato per portare il piccolo sono quasi umilianti».

Per esempio?

«Il passeggino non può essere introdotto, va lasciato in uno spazio di igiene dubbia. Finché il bimbo veniva allattato il disagio era relativo, ma poi è diventato complesso: il tempo di attesa per il colloquio è di circa due ore, mia figlia si teneva il piccolo in braccio senza la possibilità di avere un fasciatoio per cambiarlo, se non negli stanzini dove avvengono i controlli. Durante lo svezzamento, non sapendo mai quanto sarebbe durata l’attesa, ci sarebbe stato bisogno di portare omogeneizzati o biscotti, ma non sono consentiti nemmeno quelli. Nemmeno se sigillati. E poi altre limitazioni assurde».

Altri esempi?

«Si possono chiedere solo tre giornali. Ma non di domenica. Idem con i libri. Non se ne comprende la motivazione».

Suo marito si è anche iscritto all’Università, giusto?

«Sì, a storia. Ora dovrà dare l’esame di Storia medioevale».

Ma come funziona?

«Avrebbe dovuto sostenerlo a Parma, la commissione sarebbe dovuta andare lì, ma poi è stato ricoverato».

Che rapporto ha suo marito con gli altri detenuti?

«Di cordialità anche per la sua preparazione culturale. Aiuta anche alcuni di loro».


Come? 

«C’è chi ha fatto solo le elementari e in carcere cerca di laurearsi e lui li aiuta nello studio. Per qualcuno ha scritto lettere d’amore indirizzate alle rispettive compagne e anche poesie».

Una cosa molto carina…

«Sì. Un detenuto gli ha costruito una mensola fatta con i pacchetti di sigarette e il Vinavil, è la mensola che usa per gli oggetti del bagno. E poi è arrivato un nuovo vicino di stanza che ha vinto un torneo di scacchi a Regina Coeli ed ha voluto fare una partita con mio marito».

E com’è andata?

«Prima ha vinto Marcello. Poi hanno fatto una rivincita e ha perso. Ora aspettiamo la bella (sorride, ndr). A Parma gli avevano dato la possibilità di rimettere a posto la biblioteca. Ma lui voleva fare davvero il bibliotecario, voleva lo scambio con le persone. Cosa difficile in regime di alta sicurezza».

Quindi?

«Lo faceva dalla finestra: promuoveva le letture in cambio di caramelle».

Oggi è il suo compleanno, ha permessi speciali?

«Nessuno. Non può nemmeno telefonare, nessuno di noi potrà sentirlo. Non vengono autorizzate telefonate e questo non si capisce non tanto nei confronti di Marcello Dell’Utri, ma come regola generale. La telefonata, tra l’altro, è anche a carico del detenuto. Vorrei sapere: è questa la logica rieducativa?».

In effetti…

«Può essere questa la logica rieducativa che segue la nostra Costituzione? Oltre alla punizione e alla mancanza della libertà c’è anche l’isolamento rispetto alla famiglia. Indipendentemente dal reato commesso: qual è la logica?».

Ecco, ma a chi lo chiede?

«Alla politica».

E chi, in politica, se ne occupa di fatto?

«L’unico che si è occupato dei diritti dei detenuti è stato Marco Pannella con il Partito Radicale. Spero che adesso, dopo la sua morte, ci sia qualche altra anima pia che dia seguito. Una delle colonne portanti di un Paese dovrebbe essere la giustizia e non mi sembra che la giustizia in Italia sia all’altezza di un Stato civile e democratico. Mi auguro che qualche forza politica, indipendentemente dalla quantità di voti che può raccogliere, porti avanti questo discorso di civiltà e dignità dell’uomo. E non farlo vuol dire anche gravare sui soldi dei cittadini italiani».

In che senso?

«Quando una persona non viene rieducata, significa che tiene come unico datore di lavoro il crimine, dal primo giorno in cui entra fino alla morte. Entrano delinquenti ed escono peggio. E sa anche chi vorrei ringraziare?».

Mi dica, Signora…

«Michele Santoro. E vorrei anche fargli i complimenti, sinceri e sentiti».

Addirittura. Per cosa?

«Sì. Perché ha presentato a Venezia un documentario sul problema della criminalità napoletana. Un lavoro davvero ben fatto: chapeau. Come cittadina italiana, lo ringrazio. E vorrei fargli una richiesta».

Dica pure…

«Quella di continuare a cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica su due questioni».

Quali?

«L’opinione pubblica dovrebbe cambiare mentalità: quando uno finisce in carcere non bisogna chiudere e buttare la chiave. La pena dovrebbe essere rieducativa. E per farlo bisognerebbe organizzare dei dibattiti per le persone. Chiederei a Santoro di fare degli incontri in televisione sulla questione. E sa anche a chi lo chiederei?».

A chi?

«Alla Rai. Che dovrebbe fare servizio pubblico e questo sarebbe un buon modo per farlo».

Quanti anni compie suo marito?

«Oggi, 75».

Quanti ancora deve scontarne?

«Due e mezzo, circa».

Cosa gli augura per questo 75esimo compleanno?

«Intanto ringrazio voi per avermi dato questa opportunità. Un augurio? Quello di continuare con la stessa forza perché arriveranno tempi migliori e noi tutti siamo qui ad aspettarlo».

domenica 11 settembre 2016

Pensioni, la spaventosa profezia: si ridurranno di un quarto: quando

Pensioni, la spaventosa previsione: si ridurranno di un quarto: quando e perché



Cassandre? Gufi? Speriamo di sì. Ma secondo un'inchiesta sulle pensioni del quotidiano La Repubblica, le cose stanno così. L'Italia non cresce, non consuma, non investe, crea sempre meno posti di lavoro stabili e di qualità.

Ristagna da troppo tempo al punto che la crescita zero di oggi sembra un pantano permanente e vischioso. Ad esempio cosa succederebbe alle pensioni degli italiani se di qui all' uscita dal lavoro il Pil fosse in media inchiodato allo zero, visto che l' assegno previdenziale è legato alla crescita? Un quarto dell'importo volerebbe via, avremmo pensionati più poveri, fino a due-trecento euro in meno al mese, simula Progetica. Ipotesi dell' irrealtà? Non proprio se si guarda alla curva del Pil degli ultimi quindici anni, un sismografo della crescita quasi sempre attorno allo zero, con un paio di incursioni verso i due punti, poi le discese agli inferi della recente recessione che ne bruciano dieci e le sabbie mobili attuali. Senza pensare poi alla deflazione che zavorra il potere d' acquisto delle pensioni attuali. E ai tassi di interesse a zero o negativi che rischiano di falcidiare anche le pensioni future affidate ai fondi integrativi.

Renato Brunetta attacca Libero ma per noi è solo un fallito replica Libero: perché

Renato Brunetta attacca Libero ma per noi è solo un fallito replica Libero: perché


di Francesco Specchia



Sui marciapedi veneziani di Cannaregio, nella strepitosa ironia dei Dogi, Renato Brunetta è chiamato, da sempre, «Spanna montata». Che - se ci si pensa - non è un soprannome ma un trattato sociologico. Spanna montata. Dice tutto.

Quel soprannome è stato rievocato ieri, quando il capogruppo forzista della Camera si inalberava contro Vittorio Feltri che su Libero l'aveva imbrancato tra i «falliti» azzurri che vogliono spegnere la rivoluzione di Parisi attizzata da Berlusconi («Falliti a chi? Ma come ti permetti Vittorio», ha gridato, avvolto da un colorito carminio).

E lo stesso soprannome è stato poi richiamato quando lo stesso Brunetta ha fatto riprendere, una tantum, le pubblicazioni del Mattinale - il suo denso, freudiano, bollettino antistress - sparando contro la convention del 16-17 settembre di Stefano Parisi indicato non come la speranza d'un partito in coma ma come un passante della democrazia. Pare che Berlusconi si sia infuriato, facendogli richiudere il Mattinale. Ma pare che Brunetta non se ne sia accorto. Come quando, il 2 ottobre 2013, dichiarava davanti ai cronisti, col sorriso sprezzante la «sfiducia all'unanimità nei confronti del premier Enrico Letta»; mentre, contemporaneamente, il suo Presidente Berlusconi quella fiducia la votava.

Oppure come quando, in una progressione irresistibile, chiamava «elite di merda» la parte dell'opposizione che non gli garbava, augurandole di «andare a morire ammazzata»; o quando sfotteva i «panzoni», gli agenti di polizia che lavorano negli uffici; o quando sfanculava un'educata ragazza precaria («voi siete l'Italia peggiore!»). O anche quando definiva «fannulloni» i dipendenti del suo ministero della Funzione Pubblica; senza, peraltro, alla fine dei conti, aver mai debellato davvero il fenomeno dell'assenteismo. Il problema è che Brunetta, oltre a cannare i tempi di reazione, vive ormai una dimensione onirica tutta sua della politica. Dal partito gli fanno notare che per vincere occorre la palingenesi?

Renato non è Toti, o Romani, o la Santanchè: non si pone domande. No. Tira dritto, continua, indomito, la personale guerra atomica contro Renzi.

Lo fa in qualsiasi momento, luogo e posizione. Dal palco di Cernobbio, dove non essendoci neanche un usciere di dentrodestra non gli par vero d'assumersi il compito di rappresentare il resto del mondo contro il satana di Rignano; dalle pagine del divertito Foglio dove definisce Renzi «un accidenti della storia»; dal palco dei talk show dove prepara l'ennesima chiamata alle armi contro il «Papa straniero», sempre Parisi, e l'audience gridata lo accoglie sempre volentieri. Brunetta ormai è l'incasinatore di professione. Quando lo interpelli, per i primi cinque minuti ti parla di deficit e pil, sguaina dati Istat e ti spiega la deflazione e la stagnazione come un Keynes, uno Stiglitz qualsiasi.

Poi qualcosa in lui scatta. Forse è il ricordo della «Spanna montata», forse l'idea che al suo posto ora c'è Marianna Madia - e possiamo capirlo - fatto sta che gli parte l'embolo. E, smesso l'abitino ingessato dell'economista, Brunetta si dimena, ghigna come volesse prenderti a craniate, inveisce, si trasfigura. Somiglia in modo impressionante al Louis De Funes nevropatico nei film anni 70.

La realtà è che dovrebbero incazzarsi gli altri. Specie i suoi elettori. Per difendere il ruolo di bastiancontrario ad ogni costo Brunetta ha dichiarato su Radio 24 da Giovanni Minoli di rivolere l'Imu; ed è stato perfino capace di apprezzare le scelte di Monti sull'austerity e di D'Alema sul ritorno della vecchia guardia comunista. Come vicecoordinatore di Forza Italia e responsabile del programma ha coordinato pochino con un programma di cui s'ignora l'esistenza: ora è tra quelli che covano le ceneri del partito. Come ministro non ha lasciato traccia. Anzi, ricorda Peter Gomez del Fatto Quotidiano, «secondo un rapporto della Commissione Europea (dopo i fiammeggianti piani di ristrutturazione di Brunetta, ndr) l'Italia è ancora agli ultimi posti per l'accesso digitale agli uffici pubblici. I dati da lui strombazzati sulla straordinaria diminuzione dell' assenteismo nelle pubbliche amministrazioni, si sono dimostrati quantomeno gonfiati alla luce di quelli della Ragioneria Generale». Come candidato sindaco di Venezia - la sua città, occhio - Brunetta s'è candidato e ha perso per ben due volte. La seconda addirittura da Giorgio Orsoni, uno con l'appeal dell'orso Yoghi che potrebbe fargli da assistente. E hai voglia a dar la colpa alla città di sinistra; oggi in Laguna regna Brugnaro, di centrodestra...

Come professore universitario, pur combattendo i privilegi pensionistici dei dirigenti pubblici (leggi Rai) , «la rendita pensionistica che è sempre superiore ai contribuiti versati», è andato in pensione con 37 anni di contributi, di cui 10 «figurativi». E, per non infierire non m'infilo in altri fallimenti, come il Fomez 2, l'ennesimo carrozzone della Funzione Pubblica. Le suddette non sono esattamente illuminazioni da statista. L'uomo, però continua a ritenersi un fenomeno. Sarà perchè si era sinceramente preparato per vincere il Nobel per l' Economia - come confessò a Enrico Mentana - ; ma nel Palazzo Brunetta può essere accumunato assieme a molti altri «falliti» nel senso del progetto politico della rivoluzione liberale.

Spazzata da Tangentopoli la Prima Repubblica, Renato fu un ottimo professore di Economia Politica che, dalle terze file del craxismo, s'infilò da subito nelle liste (bloccate, naturalmente) dei boiardi berlusconiani. Ma ora di lui si ricordano, per il vero, le intemperanze in tv - molte delle quali sacrosante - i fatti privati, la polemica e la maleducazione. Sfuggono, nel complesso, le opere...

Sconfitte le carnose, Miss Italia 2016 è la 21enne toscana con gli occhi da gatta Chi è / Guarda

Sconfitte le carnose, Miss Italia è la 21enne con gli occhi da gatta / Guarda



Ha vinto la 21enne con gli occhi verdi e dolci. La candidata toscana che ha vinto sulla rivale "curvy", ossia in carne. Rachele Risaliti è Miss Italia 2016. La bella  fiorentina è stata eletta al termine della diretta televisiva condotta da Francesco Facchinetti su La7.

Seconda classificata la curvy campana Paola Torrente, terza la veneta Silvia Lavarini. Alta 1,77, capelli biondo cenere e occhi verdi, Rachele è nata a Prato l'1 febbraio 1995 e attualmente vive a Firenze, dove studia Fashion Marketing Management al Polimoda, una tra le migliori scuole di moda internazionali. La ragazza, iscritta al terzo anno, ha le idee ben chiare: "Vorrei laurearmi entro due anni e fare un master all’estero per diventare una Trend Forecaster", figura specializzata nel mondo della moda, con il compito di prevedere tendenze, comportamenti e consumi.

Proprio come la Miss uscente, anche Rachele è una sportiva: tifosa della Fiorentina, ha praticato ginnastica ritmica a livello agonistico per ben undici anni e, inoltre, ha studiato danza e praticato Gymnaestrada, disciplina di squadra che le ha dato l'opportunità di esibirsi nel 2013 al Quirinale, davanti al Presidente della Repubblica, e di vincere anche il campionato europeo nel 2014 a Helsingborg. "Lo sport - dice- è stato per me sinonimo di disciplina, senso del dovere, rispetto e sacrificio, insegnamenti che hanno contribuito fortemente a formare il mio carattere e a superare tanti momenti di difficoltà".

Tra i momenti difficili anche quelli legati alla sua vita famigliare. "I miei genitori si sono separati quando avevo 3 anni - spiega - purtroppo non ho ricordi di loro assieme e questo mi ha fatto un po’ soffrire, però posso dire di aver avuto la fortuna di conoscere due nuove persone meravigliose, che mi hanno affiancato e sostenuto nel mio processo di crescita...in poche parole mi sono ritrovata con quattro genitori, condizione forse non facile da gestire ma oggi sono felice".

La madre, laureata in Scienza Riabilitative, lavora come dirigente presso l’azienda sanitaria locale di Firenze, mentre il padre è un imprenditore e gestisce un’azienda di ricambi auto. Appassionata di pittura e di fotografia, si definisce "solare, umile, creativa, generosa e sincera, ma anche timida, orgogliosa e un po' permalosa".

Con Rachele la Toscana conquista il titolo per la quinta volta nella storia del Concorso. La regione non vinceva da vent'anni ovvero dal 1996, quando la corona andò alla dominicana Denny Mendez. Prima ancora, nel 1980, fu Cinzia Lenzi a vincere il titolo. Scorrendo gli annali, ritroviamo Margareta Veroni nel 1973 e la ventenne di Empoli Rossana Martini, la prima Miss Italia della storia, che vinse il titolo ben 70 anni fa, nel lontano 1946, a Stresa.

Le regioni che hanno collezionato il maggior numero di Miss Italia sono il Lazio e la Sicilia, con ben 11 vincitrici a testa. Seguono la Lombardia con 10, il Veneto con 6, il Friuli e la Calabria con 5, il Piemonte e la Toscana con 4 a testa, Campagnia e Marche con 3, Emilia Romagna, Liguria, Sardegna e Umbria con 2, Puglia Abruzzo e Trentino Alto Adige con una sola miss. Rachele Risaliti cede la fascia nazionale di Miss Rocchetta Bellezza 2016, assegnatale nei giorni scorsi, alla diciottenne pugliese Viviana Vogliacco, classificatasi seconda.  Salemi e Dayane Mello