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venerdì 5 agosto 2016

Nomine Rai, scoppia il caos nel PD Addio Renzi: ora lo mollano due big

I due big lo scaricano. Nomine Rai, ora è il caos. Addio Renzi: Pd, chi lascia



Tutto come anticipato. Tutto come previsto. Il cda Rai ha approvato a maggioranza il pacchetto di nomine proposto dal dg, Antonio Campo Dell'Orto. Mario Orfeo resta al Tg1, al Tg2 arriva Ida Colucci al posto di Marcello Masi, al Tg3 addio di Bianca Berlinguer che lascia spazio all'ultra-renziano Luca Mazzà. Dunque Andrea Montanari a Radio 1 Giornale radio al posto di Flavio Mucciante e Nicoletta Manzione a Rai Parlamento al posto di Gianni Scipione Rossi. I nuovi direttori sono stati approvati con 6 voti favorevoli e 3 contrari, quelli dei consiglieri Freccero, Diaconale e Mazzuca.

L'occupazione Rai, insomma, è completa: anche il Tg3 viene normalizzato. Un giro di nomine che, però, rischia di far collassare il Pd. Già nella notte tra mercoledì e giovedì la tensione era alle stelle. Le critiche non solo alle opposizioni, con Forza Italia e Lega Nord sulle barricate, ma anche dalla sinistra del Pd. Infatti, subito dopo l'annuncio delle nomine, i senatori della minoranza Pd Miguel Gotor e Federico Fornaro si sono dimessi dalla commissione di Vigilanza rai. I due, hanno spiegato, si dissociano "da uno stile e un costume politico che non ci appartiene". Dunque sottolineano che le nomine rai sono state fatte "in modo non trasparente, peenalizzando competenze e professionalità interne, come ad esempio nel caso di una giornalista autorevole quale Bianca Berlinguer, senza che emergano un profilo e una visione di un moderno servizio pubblico".

Pappalardo, il dramma: schianto in volo È vivo, ma il bollettino è davvero grave

Adriano Pappalardo, la tragedia: si schianta in parapendio. È vivo, ma il bollettino è gravissimo: le conseguenze



Terrore per Adriano Pappalardo: la sua vacanza sul litorale pontino si è trasformata in un incubo. Tutta colpa di un incidente col parapendio. Pappalardo, 71 anni, si è schiantato al suolo e, nella serata di mercoledì, è stato trasportato al pronto soccorso dell'ospedale santa Maria Goretti di Latina. Pesante il referto medico: frattura della tibia, fratture costali e contusioni polmonari. Secondo quanto affermato da fonti sanitarie non è in pericolo di morte, ma quello che ha subito è un durissimo colpo. Preoccupazione per i fan, che hanno subito inondato la rete con messaggi di solidarietà e supporto per il cantante autore di Ricominciamo.

Sì dei colleghi, arrestano il senatore: l'accusa terribile, chi va in cella

Arrestato il Senatore: accusa terribile, chi va in cella



Il Senatore Antonio Stefano Caridi può essere arrestato: il Senato ha dato il via libera alla misura per l'esponente di Gal, dopo che la Giunta per le immunità aveva dato l'ok alla richiesta - con 12 voti a favore, 7 contrari e un astenuto - trasmessa ai magistrati di Reggio Calabria. Il Senatore è accusato dal pool di Reggio Calabria di essere al vertice della cupola segreta della 'ndrangheta. A favore dell'arresto avevano votato Pd, M5s e Lega Nord; Forza Italia, Gal e Idea contrari. Oggi, in aula a Palazzo Madama, i voti a favore sono stati 154, 110 i no e 12 gli astenuti. La votazione è avvenuta con voto segreto, anche se il Pd aveva chiesto il voto palese. L'avvocato di Caridi, Valerio Spigarelli, ha spiegato: "Ovviamente ci consegneremo noi" alle autorità.

In mattinata il presidente del Senato, Pietro Grasso, aveva disposto l'inversione dell'ordine del giorno dei lavori. Il Senato è stato infatti chiamato ad affrontare prima la relazione della Giunta per le immunità relativa alla richiesta d'arresto e successivamente la votazione degli articoli e degli emendamenti del ddl di riforma dell'editoria. La decisione di Grasso aveva innescato la protesta di Gal e del centrodestra, contrari all'inversione.

Imbarazzi anche per il Pd, con il capogruppo Luigi Zanda che ha dichiarato di non essere stato informato della cosa. Comunque sia, il Pd ha votato a favore dell'arresto. Il senatore democratico Andrea Marcucci ha spiegato: "Il Pd ha confermato il voto dato nella Giunta per le elezioni. Chi ha sperato in imboscate, ora sarà deluso. Lette le carte, abbiamo ritenuto che non ci fosse fumus persecutionis nell'inchiesta che riguarda il senatore Caridi. Sono decisioni comunque difficili, che il gruppo dem affronta sempre a viso aperto, con rigorosità, senza pregiudizi e caso, per caso".

Italia entra in guerra, ecco il piano Il generale: così li stermineremo

Italia entra in guerra: ecco il piano. Il generale: così annientiamo il terrore



Nessuna guerra è stata mai risolta dagli interventi aerei e se proprio si vuole che le milizie dello Stato Islamico vengano sconfitte, bisognerebbe intervenire con le truppe terrestri, italiane comprese. A dirlo in un'intervista al Giorno con un'analisi lucidissima è il generale di corpo d'armata Marco Bertolini, che ha appena concluso la sua carriera con l'ultimo incarico al comando del Coi, il Centro operativo interforze che coordina le missioni all'estero. I suoi stivali hanno calcato tutte le più importanti missioni di pace che l'Italia ha svolto negli ultimi anni: Somalia, Bosnia, Kosovo, Libano e Afghanistan.

E quando il generale Bertelli illustra i motivi per cui un'intervento via terra non si possa evitare per sconfiggere l'Isis in Libia, lo fa considerando la profonda conoscenza del territorio: "La Libia è un paese enorme che non si limita a Sirte - ha detto - Ha una costa che comprende Derna, Bengasi, Misurata, Sabrata, Tripoli dov'è concentrata la popolazione. Poi - ha aggiunto - c'è un entroterra sconfinato. Premetto ciò per dire che escludo che qualche raid su Sirte possa essere risolutivo. Può rimuovere il pericolo immediato o consentire di dare respiro alle forze che a terra si contrappongono a Isis. Il problema si risolve controllando tutto il territorio".

Inutile, secondo il generale, aspettare che l'intera Europa decida per un intervento comune sul territorio libico, considerando che già Francia e Gran Bretagna si stanno muovendo per conto proprio. Anzi l'Italia dovrebbe fare altrettanto: "Il nostro Paese è interessato a ciò che succede in Libia perché subiamo le conseguenze dell'iniziativa sciagurata contro Gheddafi. I migranti che arrivano sulle nostre coste sono uno dei nodi. Le basi aeree di Aviano e Sigonella sono già a disposizione degli americani".

L'intervento in Libia, secondo il generale Bertelli, non potrebbe essere di sola natura militare, per quanto l'uso dei soldati appaia inevitabile: "È necessario innanzitutto riprendere il controllo di tutta la fascia costiera. Bengasi è un punto difficile, a Sirte stanno operando adesso, a Misurata si combatte senza risultati apprezzabili. Poi bisogna muovere verso sud e acquisire il controllo del territorio. Una operazione immane" che richiederebbe "centinaia di migliaia di uomini". E a chi sostiene che un intervento militare italiano contro le milizie del Califfo esporrebbe il nostro Paese a maggiori pericoli di attentati, il generale Bertelli taglia corto: "L'Italia è già esposta e non legherei possibili attentati al nostro impegno. Cani sciolti vicini all'Isis possono agire ovunque".

giovedì 4 agosto 2016

Santa Brigida di Svezia viene ricordata dal vescovo Angerami: “grande esempio di virtù per il mondo intero”

Santa Brigida di Svezia viene ricordata dal vescovo Angerami: “grande esempio di virtù per il mondo intero”


Santa Brigida di Svezia

NAPOLI – L’attività dell’ordine di Santa Brigida si è concluso con una suggestiva cerimonia religiosa svoltasi nella splendida chiesa barocca di Santa Brigida per ricordare la compatrona d’Europa che nel 1366 fondò l’Ordine a lei dedicato, che poi fu ricostituito nel 1859 dal Conte Vincenzo Abbate de Castello Orleans, su autorizzazione del Re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone.  

La figura della Santa, nota ai fedeli per le sue “rivelazioni”, è stata ricordata da Sua Eccellenza il vescovo ausiliare di Napoli, monsignor Salvatore Gerami: “Brigida, nata in Svezia nel 1303, sposata in giovane età, fu prima moglie e madre esemplare di otto figli, poi dopo la morte del marito, donna ascetica, ma pur sempre presente nel mondo a difesa del Cristianesimo, intraprendendo lunghi pellegrinaggi a scopo di penitenza”. Questa volta ad abbellire la Chiesa, oltre agli affreschi di Luca Giordano, la statua di Santa Brigida, restaurata anche grazie al contributo dei Cavalieri dell’omonimo ordine; presenti il Luogotenente Generale Vicario Biagio Abbate, il preside Pierluigi Scarpa e la dama Carla Tammaro. Il parroco, padre Tommaso Galasso, ha infine ringraziato la Caritas e tutte le associazioni presenti che contribuiscono attivamente alla vita della parrocchia. 

Al termine della celebrazione eucaristica il vescovo Angerami ha partecipato ai festeggiamenti conviviali insieme alla comunità, che nel ringraziare il suo Pastore per la sua presenza gli ha rinnovato l’invito ai prossimi appuntamenti parrocchiali.

Caivano (Na): Sindaco non ritiri le dimissioni: Quando la protesta viaggia sulle spalle delle donne

Caivano (Na): Quando la protesta viaggia sulle spalle delle donne: Sindaco non ritiri le dimissioni


di Gaetano Daniele
Riprese: ilgiornaledicaivano



C'è un filo di speranza che unisce le mamme di Caivano, ed è il Primo cittadino, in questo caso il Sindaco Monopoli, anche se ormai dimissionario, e il settore politiche sociali. Quando queste due cose non funzionano, per le mamme in difficoltà sono dolori di pancia. 

Sono donne spesso invisibili, perchè i loro diritti, a volte, vengono mercanteggiati, perchè definite ultime. Ma al primo posto come umiltà e sacrifici. Sono tutte donne che si portano dietro un bagaglio pesante: è fatto di forza ma soprattutto di solitudine, di sacrifici e di partecipazione, di invisibilità: perchè la loro lotta collettiva non viene riconosciuta, perchè la loro storia di madri, passa in secondo piano.

Ed ecco che a Caivano nasce la protesta, Più di 10 mamme bloccano lo stato civile e lanciano la loro protesta. Le mamme sono stanche. Pretendono i loro diritti. Diritti. Il Sindaco ormai è dimissionario, e alcune mamme lo invitano a non ritirare le dimissioni per il bene del Paese. 

Sindaco non ritiri le dimissioni, per amore di Caivano e per senso di responsabilità. Non è possibile che in meno di un anno a Caivano sia successo di tutto e di più. Due Giunte comunali cambiate, lite in Forza Italia, passaggio del consigliere Castelli al Gruppo Misto. Prima la denuncia di Forza Italia, poi lo scontento all'interno della maggioranza con l'abbandono di altri 6 consiglieri comunali. Poi il dissesto finanziario e quindi altre tasse. Basta, non se ne può più. Il Paese è stanco. Sindaco, lei si è presentato come il nuovo, come la rivoluzione, ma quale? di quale rivoluzione parlava? la sua personale? Ha cambiato una Giunta politica con una giunta fatta tutta di suoi amici e parenti, come il commercialista di Portici, Poliso. Appena insediato ha dato la gestione all'ambiente ad un suo amico funzionario, certo Vito Coppola del V° Settore. Ha indetto un concorso per un posto di Capo di Staff, dove tutti i periodici online e cartacei preannunciavano settimane prima il nome del vincitore. Sindaco Monopoli, ma di quale rivoluzione parla? Per il bene di Caivano e dei nostri figli non ritiri le dimissioni. Per non parlare del nuovo Impianto per il trattamento dei rifiuti nello STIR di Caivano. Cosi, una mamma di nome Angela, alla nostra mail, il Notiziario. 

Insomma, gli animi sono accesi, ed il Paese affonda sempre più nell'immobilismo. L'invito al Sindaco Monopoli è quello di non ritirare le dimissioni e di rimettersi nuovamente alla volontà popolare. 


Italia, arrestato il superbanchiere Era ora, ecco chi va in cella / Foto

Italia, arrestato il superbanchiere. Era ora, ecco chi va in cella


di Nino Sunseri



Era dai tempi di Michele Sindona e poi di Roberto Calvi che in Italia non veniva arrestato un banchiere. Ieri è toccato a Vincenzo Consoli che per vent' anni ha guidato Veneto Banca. Sono statati effettuati sequestri per 45,425 milioni (un immobile, liquidità e titoli) nei confronti di persone legate all' istituto. Fra gli indagati anche l' ex presidente Flavio Trinca.

I provvedimenti sono stati emessi dalla procura di Roma dopo un' ispezione di Bankitalia. I reati contestati sono aggiotaggio e ostacolo all' esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. L' indagine era aperta da più di un anno e certamente in tutto questo tempo non saranno mancate le occasioni per addomesticare le prove. Nel mirino le operazioni «baciate», grazie alle quali la banca finanziava importanti clienti perché acquistassero azioni dell' istituto di credito. Si trattava di parcheggi temporanei di titoli che, in realtà, avrebbero dovuto rientrare nel perimetro dell' istituto di Montebelluna. Molto spesso i prestiti venivano erogati a soggetti in difficoltà economiche o comunque non in grado di restituire le somme ricevute. L' obiettivo finale era quello di fornire un' immagine di solidità patrimoniale che non corrispondeva alla realtà. Questo patrimonio virtuale consentiva a Consoli, secondo l' accusa, di fissare un sovraprezzo delle azioni assai lontano dalla realtà. Ma soprattutto gli permetteva di consolidare il suo ruolo al vertice della banca. Le principali vittime di questo meccanismo infernale sono stati gli oltre 100 mila risparmiatori che hanno visto azzerato il loro investimento. Nel falò della truffa organizzata da Consoli sono stati bruciati sei miliardi che nessuno vedrà più tornare indietro.

Veneto Banca è stata salvata un mese fa dal fondo Atlante con un intervento tampone di un miliardo di euro per evitarne il fallimento. La domanda sorge spontanea: Consoli ha governato la banca per vent' anni e probabilmente il suo potere è stato costruito dagli incroci incestuosi che emergono oggi. Ma è mai possibile che nessuno se ne sia accorto prima? Come mai solo ora vengono fuori problemi che sono molto vecchi?

Consoli, attorno al quale è ruotata Veneto Banca ininterrottamente dal 1997, ha fra l' altro ha un contenzioso aperto con l' istituto per il pagamento di 3,46 milioni di euro che non gli sono stati riconosciuti per le sue dimissioni. Ha chiesto il rispetto dei suoi diritti dopo aver fatto strage di quelli degli altri.

Il fondo Atlante non si è limitato a salvare Veneto Banca. Nel suo portafoglio compare anche la totalità del capitale di Banca Popolare di Vicenza, l' altro disastro del nord-est costato miliardi ai risparmiatori. Ed è proprio su destino di quest' altra banca che concentra l' attenzione Giovanni Schiavon ex presidente del Tribunale di Treviso e vicepresidente uscente di Veneto Banca. Una dichiarazione tagliente nei confronti di Gianni Zonin ex presidente della Vicenza: «Mentre per Veneto Banca procede la Procura di Roma, per la Popolare di Vicenza la competenza è rimasta a Vicenza e nonostante la maggiore gravità del quadro di quella banca, verso gli ex amministratori non succede nulla».