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mercoledì 15 giugno 2016

Figli del Cav, furia con la Pascale: cosa è accaduto dopo le lacrime

Figli del Cav, furia con la Pascale: cosa è accaduto dopo le lacrime in Ospedale



Francesca Pascale piange affacciata alla finestra del sesto piano dell'ospedale San Raffaele dove stanno operando Silvio Berlusconi. La scena viene immortalata dai fotografi: ecco la Pascale che si asciuga una lacrima. La Pascale che inforca gli occhiali neri e sparisce.

Pianto vero o lacrime di coccodrillo? Il dubbio è legittimo. "Tutte le donne sono facili a commuoversi, poi quando sono donne che amano un uomo hanno tutto il diritto di farlo", taglia corto Paolo Berlusconi. Ma i figli non sono dello stesso avviso. Anzi, riporta il Messaggero, Marina di quel pianto non vuole proprio parlare e tanto è inutile: la smorfia che ha fatto quando l'ha visto dice tutto. Francesca sa che quel gesto non è stato affatto gradito dai cinque figli. Ieri, 14 giugno, si è parlato più delle sue lacrime che dell'intervento al cuore ballerino del Cavaliere.

Marina poi è furiosa con la Pascale e con le altre donne del cerchio magico, Maria Rosaria Rossi in primis, colpevoli secondo lei di aver procurato troppo stress a Berlusconi costringendolo ad una faticosissima campagna elettorale nonostante avesse già dato segnali di malessere. Così ora quel pianto sembra una forzatura, un modo di affermare il suo potere su di lui.

L’Expo di Sala lascia un conto da pagare di 1,1 miliardi

L’Expo di Sala lascia un conto da pagare di 1,1 miliardi


di Franco Bechis



Pensate a un vostro consulente di fiducia a cui date da investire 10 mila euro nel 2009. Dopo 7 anni e mezzo andate da lui e gli chiedete: “Come vanno i miei soldi? Quanto c’è sul conto? Mica ho perso tutto”. La risposta del mago degli investimenti è: “No, no. Positivo. Il conto non è in rosso. Ecco qui 1.200 euro tutti per lei”. Interessi e capitale compreso. Che fareste? Lo prendereste a legnate perché ha sperperato tutto il vostro patrimonio, visto che alla fine vi restituisce solo le briciole.

Beppe Sala e Laura Boldrini

Pensate che è accaduta la stessa cosa a Milano. Ma l’investitore deve essere un po’ pazzerello, perché invece di protestare ha pure premiato chi ha buttato via così quasi tutti i soldi: l’ha candidato sindaco di Milano. Sissignori, finalmente possiamo tirare con i numeri pre-liquidazione della società Expo 2015, un bilancio di cosa è accaduto con il grande evento gestito dal manager Beppe Sala. Ed è quel che è accaduto sempre: si sono perduti un bel po’ di soldi pubblici. Perché dal 2008 ad oggi lo Stato nei suoi vari abiti (governo, comune di Milano, provincia di Milano, città metropolitana di Milano, Regione Lombardia, Camera di commercio di Milano) ha iniettato in Expo 2015 la bellezza di 1.258.757.215 euro, quasi in miliardo e trecento milioni di euro. A quasi tutti gli osservatori man mano che venivano svelati i bilanci della società che ha organizzato il grande evento era sembrato un po’ difficile vedere lì un affare. Salvo nel 2008, quando a fine anno c’è stato un piccolo utile di 69.994 euro, in tutti gli altri anni la gestione ordinaria ha chiuso in perdita. Rosso di 8,3 milioni nel 2009, rosso di 10,4 milioni di euro nel 2010, rosso di 4,1 milioni nel 2011, ancora rosso di 2,3 milioni nel 2012 e poi rosso di 7,4 milioni nel 2013, di 45,2 milioni nel 2014, e ancora perdite di 23,8 milioni di euro nel 2015 e di 7,6 milioni di euro nei primi 49 giorni del 2016: fino al 18 febbraio, quando è iniziata la procedura di liquidazione di Expo.

Sala con Matteo Renzi e Giuliano Pisapia

Da quando è in vita Expo 2015 ha quindi accumulato perdite per un totale di 109.478.633 euro. Se una società perde sempre, dove mai potrebbe esserci il grande successo che tutti hanno propagandato? La domanda è stata naturalmente rivolta a Sala durante il primo confronto elettorale con Stefano Parisi per il ballottaggio a sindaco di Milano. E lui ha confusamente risposto che sì, il conto economico dava anche nel 2015 un risultato negativo, ma non era quello da guardare. Bensì il patrimonio netto. E come è il patrimonio netto? A questa domanda Sala ha risposto laconicamente: “positivo”. Che vuole dire proprio nulla. Perché torniamo all’esempio iniziale: se ti do diecimila euro da investire, ci mancherebbe che sette anni e mezzo dopo alla resa dei conti tu mi dica che non solo non hai ricavato nulla, ma addirittura hai perso tutto e ti devo pure pagare qualcosa in più per la tua straordinaria abilità. Il risultato di Sala è invece lo stesso dell’esempio iniziale: a lui è stato dato dieci da investire, e alla fine restituisce solo 1,2, vale a dire le briciole. Usciamo dall’esempio e diamo numeri reali.

L’Albero della vita, simbolo di Expo 2015

Expo 2015 ha avuto 10 milioni e 120 mila euro di capitale sociale. Questa somma è stata versata dal ministero dell’Economia (4,048 milioni), dalla Regione Lombardia (2,024 milioni), dalla Camera di commercio di Milano (1,012 milioni), dalla Città metropolitana di Milano (1,012 milioni) e dal Comune di Milano (2,024 milioni). Fra il 2008 e il 2016 gli enti pubblici hanno girato ad Expo 1,248 miliardi di euro di contributi a vario titolo (riserve in conto capitale, contributi per opere da realizzare, contributi in conto esercizio per coprire le perdite annuali). Questa somma è stata versata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (829,945 milioni), dal comune di Milano (159 milioni), dalla Regione Lombardia (158,997 milioni), dalla Città metropolitana (ex provincia) di Milano (72,094 milioni) e dalla Camera di commercio di Milano (28,6 milioni di euro).

Il passeggio ad Expo 2015

In tutto ad Expo sono stati dati fondi pubblici per un miliardo, 258 milioni, 757 mila e 215 euro. Alla fine Sala restituirà all’azionista 152 milioni, 498 mila e 748 euro. La differenza di 1 miliardo, 106 milioni, 258 mila e 467 euro è esattamente la cifra che i cittadini italiani hanno rimesso (sono soldi pubblici) per finanziare quell’evento che avrebbe dovuto essere il grande volano della economia italiana e che tale non si è affatto rivelato. Come si arriva a questa differenza? Con una operazione algebrica che si trae dalle colonne finali del bilancio al 18 febbraio 2016 pre-liquidazione. Expo 2015 dopo avere assorbito tutti quei soldi pubblici ha in pancia ancora 356,8 milioni di euro di debiti e 288,735 milioni di euro di crediti. Questi avrebbero potuto essere più alti, ma molti che avrebbero dovuto pagare Sala non l’hanno fatto, e lui ha svalutato (quindi considerato perso) il dovuto per quasi 60 milioni di euro. Non è pochissimo in una manifestazione così concentrata nel tempo.

Stefabno Parisi, l’anti-Sala prende appunti

I debiti sono dunque più dei crediti, ma in cassa figurano disponibilità liquide per 115,2 milioni di euro. Poi c’è il famoso patrimonio netto citato da Sala, che è sì positivo per 23 milioni di euro, ma dopo iniezioni di soldi pubblici che hanno coperto i cento milioni e più di perdite annuali. Restano ancora le immobilizzazioni materiali che ammontano oggi a 82,36 milioni di euro. Il conto totale è proprio quel miliardo e 100 milioni di buco alle tasche dei cittadini italiani. Con una sola speranza: quelle immobilizzazioni potrebbero ancora fruttare qualcosa di più, se avessero mercato. Dipende da cosa si farà di terreni e strutture smantellate, e se c’è qualche privato disposto a pagare prezzi più alti del valore cui oggi sono appostate in bilancio. Forse si può recuperare qualcosa di quello spaventoso disastro finanziario, e limitare un po’ di danni. Ma è tutto da vedere. Di sicuro c’è solo il flop fatto: con i ricavi dei propri clienti (biglietterie, commerciale, struttura organizzativa e ricettiva) Sala avrebbe portato i libri in tribunale prima ancora di finire l’Expo.

Crozza, la scelta radicale: molla La7 Schiaffone alla Bignardi: dove va

La soffiata di Dagospia: Crozza via da La7, sbarca a Discovery



Avete la tv via satellite? No? Allora scordatevi il funambolo Maurizio Crozza. Perchè sarebbe questione di ore l'addio del comico satirico da La7 per poi sbarcare a Discovery, che si vede solo sulla piattaforma Sky. A riportare la soffiata è il sito di news e gossip dagospia.com

Il doppio endorsement di Celentano: chi dovete votare a Roma e Milano

Il doppio endorsement di Adriano Celentano, vi dico io chi dovete votare a Roma e Milano



"Ha avuto il coraggio di dire che fare le Olimpiadi è da criminali. Una dichiarazione impopolare, ma, proprio per questo, tremendamente onesta". Adriano Celentano elogia Virginia Raggi, la candidata grillina a sindaco di Roma, sul Fatto quotidiano: "Prima di giocare al pallone è necessario pulire il campo, non solo dalla sporcizia, ma anche dalla corruzione, sembra volerci dire la probabile lupa dei romani. Per la prima volta, dunque, una donna al comando di Roma, e tutt'altro che inesperta. La quale, oltretutto, si rispecchia in pieno in quel movimento inarrestabile che ha creato Grillo". 

Questo a Roma. A Milano, l'endorsement per il manager di Expo: "Giuseppe Sala, per esempio, che a me non dispiace anche per come ha condotto con successo l'Expo: bisogna dire che anche a lui gli si è spezzato l'acuto sul problema delle moschee". "Ma, a parte questo e le grandi bugie che dicono sul suo conto, Sala può essere davvero un buon sindaco", dice il Molleggiato: "E il fatto che uno come l'ex pm Colombo, in seguito a una proposta dello stesso Sala, abbia accettato di istituire un comitato per la legalità e la trasparenza, è un segnale positivo da non sottovalutare". 

In pensione prima? Quanto ti costa: vent'anni di strazio, la nuova legge

In pensione prima? Vent'anni di rate con gli interessi



E' l'ultima proposta del governo, alla disperata ricerca di strumenti e sistemi per agevolare la flessibilità in uscita dal lavoro. L'ultima idea è quella che hanno messo sul tavolo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Prevede che il "prestito pensionistico", ovvero i soldi che riceve di pensione prima del dovuto chi lascia il lavoro, venga restituito a rate fino a vent'anni, e con gli interessi. Nannicini ha detto inoltre che "non si tratta di una penalizzazione, ma solo di una rata di ammortamento di venti anni, con la copertura assicurativa ed una detrazione fiscale sulla parte del capitale anticipato per alcuni soggetti più deboli e meritevoli di tutela".

Sì alla Brexit? Un incubo per l'Italia "Le banche che rischiano il collasso"

Sì alla Brexit? Un incubo per l'Italia: "Le banche ora rischiano veramente il collasso, quali"



Mancano nove giorni al 23 giugno in cui il Regno Unito voterà sulla Brexit, l'uscita dall'Unione europea, e la tensione è già ai massimi livelli. Le drammatiche sedute in Borsa stanno lì a dimostrarlo. Drammatiche soprattutto nella nostra Piazza Affari, in grande affanno da inizio anno e ora in apnea con l'incombenza del voto. Per intendersi, nel 2016 ha lasciato per strada circa il 20% del suo valore, il doppio rispetto a Londra e Francoforte e molto di più rispetto al 13% di Madrid e, soprattutto all'8,8% di Londra. Un divario che si è ampliato nelle ultimissime giornate di contrattazioni: a pagar dazio il comparto bancario, con pesanti ribassi.

Le ragioni di quanto sta accadendo sono facili da comprendere, ed assai preoccupanti. A spiegarle, interpellato da Repubblica, ci pensa Carlo Gentini, ad di Nextam partner, società del risparmio gestito indipendente, il quale sottolinea: "Non c'è dubbio che proprio il peso preponderante delle banche sul nostro listino rende Piazza Affari più debole delle altre Borse. A questo bisogna aggiungere i prossimi appuntamenti elettorali, che potrebbero rilanciare l'instabilità politica. Il terzo elemento di difficoltà, per il nostro listino, è la forza dell'euro, che non aiuta le imprese che esportano".

Il cuore del problema, insomma, sono le banche, alle quali la vittoria del fronte Brexit potrebbe dare un colpo durissimo. Gregorio De Felice, capo economista del servizio studi di Intesa, spiega sempre a Repubblica: "In caso di Brexit tutto il comparto delle banche verrà colpito sotto un doppio profilo: ci sarà un effetto diretto, legato ai mercato finanziari, e uno indiretto, più legato ai timori di una minor crescita economica, che ha un impatto sui crediti in difficoltà". Insomma, da un punto di vista bancario, anche l'Italia teme la Brexit. E a temere più di tutti gli altri sono gli istituti alle prese con enormi problemi di liquidità: Banco Popolare e Veneto Banca in particolare. Fari puntati anche su Unicredit, alle prese con il difficile processo di selezione di un nuovo ad.

DOPO L'OPERAZIONE L'allarme del chirurgo: quella frase sulla "vita"

DOPO L'OPERAZIONE L'allarme del chirurgo: occhio a quella frase sulla "vita"



Quattro ore sotto ai ferri. L'intervento al cuore di Silvio Berlusconi, assicurano dal San Raffaele, è andato come previsto. Tutto bene. Ora il Cavaliere è in terapia intensiva, poi dovrà affrontare almeno un mese di riabilitazione. L'intervento di sostituzione della valvola aortica, a cuore aperto, è assai delicato. Un duro colpo per l'organismo. E a dare qualche informazione in più sull'operazione alla quale è stato sottoposto l'ex premier, in un'intervista a Il Giorno, è Mattia Glauber, primario di cardiochirurgia all'Istituto clinico Sant'Ambrogio, che di interventi di sostituzione della valvola aortica ne ha fatti circa 5mila in carriera.

Il professor Glauber parla di un'operazione di "assoluta routine". Dunque spiega che "si resta in ospedale tra i 5 e i 7 giorni, poi segue un periodo di convalescenza con riabilitazione". E la riabilitazione, il Cav, potrebbe farla proprio al San Raffaele. Ma la risposta che lascia più dubbi arriva quando al professore viene chiesto quanto tempo serva per capire se il ventricolo stato danneggiato e se dunque Berlusconi dovrà cambiare vita: "Qualche settimana - risponde -. Pensate a una molla, se la sovraccarico di lavoro si allunga di più e si accorcia meno. Quando rimuovo la causa che la tiene allungata posso vedere se torna ad accorciarsi come prima: lo chiamiamo rimodellamento inverso. Più è giovane il tessuto, più breve è stata la sollecitazione, più il recupero sarà completo".

E in caso contrario, ovvero senza recupero completo, "se il ventricolo non torna normale bisogna parlare di cardiomiopatia - sottolinea Glauber -. Questo comporta terapie, controlli, verosimilmente un cambiamento dello stile di vita. Ma dipende dall'entità della disfunzione acquisita". Lunghe settimane d'attesa, dunque, per capire se Berlusconi potrà recuperare al 100%, e dunque non cambiare stile di vita e l'entità dell'impegno politico, o se al contrario qualche aspetto della sua quotidianità dovrà essere rimodellato.