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mercoledì 1 giugno 2016

Pure il Dalai Lama bastona il Papa: "Così diventate un Paese arabo"

Pure il Dalai Lama bastona il Papa: "Italia paese Arabo?"


di Andrea Morigi



«Anche da un punto di vista morale», il Dalai Lama è convinto che «i rifugiati dovrebbero essere ammessi soltanto temporaneamente» e «l’obiettivo dovrebbe essere che ritornino e aiutino a ricostruire i loro Paesi».

L’argomento è scottante, il terreno è scivoloso, ma lui non ha paura a dichiararlo pubblicamente, in un’intervista alla tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung, consapevole che sta per farsi dei nemici. A partire dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, a cui sembra rivolto il messaggio visto il mezzo di comunicazione, ma anche le parole scelte per parlare dell’emergenza migranti: «Ce ne sono troppi adesso», ha aggiunto.

Se lo avessero detto Marine Le Pen, Matteo Salvini o qualche leader di Pegida, nessuno ci avrebbe fatto caso. Che le loro opinioni siano condivise da una delle personalità più note e stimate del mondo, sconcerta. Potrà risultare anche sorprendente che un religioso mantenga il proprio attaccamento a una tradizione minacciata dalla globalizzazione, eppure il Dalai Lama sa quel che dice quando ci mette sul chi va là, spiegando che l’Europa, in particolare la Germania non può diventare un Paese arabo. La Germania è la Germania».

Certo, «quando guardiamo il volto di ogni rifugiato, ma specialmente quelli di donne e bambini, percepiamo la loro sofferenza e un essere umano che è un pochino più fortunato ha il dovere di aiutarlim ma ce ne sono così tanti che in pratica è diventato difficile».

Certo, i templi e i monasteri buddisti non sono noti come succursali della Caritas, ma ognuno ha la propria vocazione e in ogni caso Tenzin Gyatso, l’81enne leader mondiale del buddismo tibetano, è lui stesso un profugo, che ha scelto l’esilio dal 1959, a causa dell’invasione del Tibet da parte della Cina comunista nel 1950 e della successiva persecuzione della religione buddista. Già questa sua posizione politica ha contribuito un po’ a dipingere il Dalai Lama come un bieco reazionario e lo ha reso sgradito a molti che con Pechino desiderano a tutti i costi fare affari, dispostissimi a chiudere due occhi davanti ai campi di concentramento, alle esecuzioni capitali e alla mancanza di democrazia. Magari tenteranno di togliergli anche il Nobel per la Pace, che gli era stato assegnato nel 1989, di dargli dello xenofobo se non proprio del nazista, scoprendo che fra i simboli buddisti si trova anche una svastica.

Il rifiuto di Nicola Porro alla Rai: ecco a che cosa ha detto no

Il rifiuto di Porro alla Rai: ecco a che cosa ha detto no



Nicola Porro ha deciso di lasciare in modo definitivo la Rai. L'ultima offerta arrivata da viale Mazzini aveva quello strano retrogusto da elemosina. Il direttore di Raidue, Ilaria Dallatana, secondo il Giornale avrebbe offerto a Porro uno spazio di approfondimento giornalistico la domenica dalle 19 alle 20.30. Ben altra cosa rispetto al talk in prima serata che il giornalista ha condotto dal luglio 2013 fino a stasera, quando si appresterà a condurre la sua ultima puntata.

Porro è sotto il fuoco incrociato delle polemiche da metà maggio, quando lo stesso Porro aveva annunciato dalla sua pagina Facebook che il programma Virus non avrebbe avuto una nuova stagione, dopo quella che stava finendo. La decisione della Rai di non rinnovare il programma è apparsa a molti commentatori come un gesto punitivo, considerando il conduttore non proprio vicino alle posizioni del governo Renzi.

La manager rompe il lungo silenzio: come sta (davvero) Micheal Schumacher

La manager rompe il lungo silenzio: come sta davvero Schumacher



Nei giorni scorsi era stato Luca Cordero di Montezemolo a riaccendere le speranze per la salute di Micheal Schumacher. Adesso parla la sua manager storica Sabine Kehm che, dopo aver ritirato un premio dedicato alla carriera del campione, ha detto: "Credo che siamo tutti d’accordo – ha detto la Kehm – nel pensare che staremmo tutti meglio se Michael potesse essere qui e ringraziarvi. Questo purtroppo non è possibile. Purtroppo lo dobbiamo accettare, imparando come affrontare questo problema". E ancora: "Nonostante questo possiamo ancora sperare e fare di tutto, perché forse la situazione sarà diversa. Non lo possiamo valutare, e neppure influenzare. Ma possiamo fare tutto perché ciò succeda". Anche la parole della manager fanno sperare per il futuro, regalano ai suoi tifosi qualcosa (anche se si tratta solo di parole) a cui aggrapparsi. 

martedì 31 maggio 2016

Musica, solidarietà, divertimento, legalità ed ambiente a Caivano Moda

Musica, solidarietà, divertimento, legalità ed ambiente a Caivano Moda


di Francesco Celiento 



CAIVANO - Moda, spettacolo, musica, comicità, divertimento, impegno per l’ambiente. Ci sarà tutto questo nella 14/a edizione di Caivano Moda, uno dei maggiori eventi che si svolgono nella città di Caivano, organizzato dal direttore artistico Michele Trasparente.

La prossima edizione si terrà da venerdì 3 a domenica 5 giugno, sempre nell’area del mercato comunale con il patrocinio del Comune. La prima giornata sarà arricchita da tanta musica, in concomitanza con l’evento “Venerdìopaesmì”, organizzato dal Forum dei Giovani, che si terrà ogni venerdì in via De Gasperi, ma che per l’occasione sarà trasferito nell’area mercato in concomitanza con la kermesse.

Sabato 4 a partire dalle ore 16 andrà in scena, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo “Cilea-Mameli”, l’associazione Talità Kum e il sodalizio “Noi genitori di tutti”, che si batte per la terra dei fuochi, un programma ricco di eventi: dalla caccia al tesoro e altri giochi con gonfiabili giganti, sempre gratuiti, alle esibizioni dei bambini della Cilea-Mameli con recite, canto e musica, sfilate con il negozio per bambini “Follie” e balli con la scuola “Heidi-Helena Dance”.  L’evento conclusivo della serata a cura del Ansiteatro con il musical dedicato a Don Peppe Diana, il prete di Casal di Principe ucciso dalla camorra 22 anni fa. Il gran finale si terrà domenica 5 giugno a partire dalle ore 19.

Prima la consueta sfilata di moda: in passerella ci saranno bellissime modelle e modelli, fra cui quattro caivanesi, con le coreografie realizzate da Mariangela Trasparente. Il finale, invece, sarà affidato al super ospite, il noto attore comico napoletano, Biagio Izzo.

L’ingresso è gratuito e permetterà di accedere a tre giorni di divertimento musica, spettacolo ma anche riflessioni su emergenze sociali importanti che arricchiranno ulteriormente un evento dal successo già consolidato.

L’organizzatore e direttore artistico Michele Trasparente ringrazia tutti gli enti e gli sponsor che hanno contribuito alla realizzazione della manifestazione, senza i quali sarebbe stato impossibile organizzare questa kermesse.

La clamorosa beffa degli 80 euro Renzi li rivuole: chi deve restituirli

La beffa degli 80 euro: un milione e mezzo di italiani deve restituirli

di Francesco De Dominicis



Il simbolo del governo di Matteo Renzi che torna indietro come un boomerang. Per una curiosa coincidenza, sempre a ridosso di un appuntamento elettorale: due anni fa l' esecutivo aveva tirato fuori dal cilindro il discusso bonus da 80 euro per i lavoratori con redditi fino a 26mila euro e ora, a pochi giorni da un altro fondamentale test con gli elettori, si scopre che una bella fetta dei beneficiari ha restituito (o sta per farlo) allo Stato - in tutto o in parte - quel «regalo».

Che si trattasse di una misura funzionale a conquistare un po' di voti per le «europee» era chiaro a tutti; un po' meno chiaro, va detto, che dietro quello sgravio fiscale ci fosse un' impalcatura normativa traballante e non accuratamente valutata. Ma tant' è. Fatto sta che, come riportato ieri da alcuni quotidiani, un milione e mezzo di contribuenti è stato costretto a ridare quanto ricevuto o si appresta a farlo.

Ballano, complessivamente, 750 milioni di euro. La magagna è nel conguaglio ovvero nella compensazione fiscale che a fine anno viene operata in busta paga da tutti i datori di lavoro. Una manovra dalla quale, per il gioco dei versamenti tributari e delle trattenute sul salario mensile, chi ora è chiamato all' inedito quanto fastidioso rimborso si è ritrovato con un reddito superiore al limite previsto dalla legge targata Renzi cioè 26mila euro. È il caso di chi ha oltrepassato quella soglia per redditi extra legati a prestazioni straordinarie oppure di chi ha commesso un errore nella dichiarazione «730» nell' anno precedente.

Nel 2015, la brutta sorpresa è toccata a 798mila lavoratori che hanno restituito tutto e altri 651mila che hanno ridato indietro una fetta dello sgravio Irpef: grosso modo 1 su 8 degli 11,3 milioni che avevano incassato il bonus (in totale stiamo parlando di 6,1 miliardi di euro) tanto sbandierato da Renzi come mossa che ha tagliato in maniera netta la pressione tributaria. E come se non bastasse è saltato fuori che ci sono pure 341mila contribuenti a dir poco beffati: risultati incapienti a fine anno (vale a dire troppo poveri per poter pagare le tasse) hanno restituito tutto. Ciò perché quel bonus era una sorta di detrazione fiscale a cui non ha diritto chi non versa almeno un centesimo all' erario.

La questione era già stata sollevata in Parlamento nei mesi scorsi. Lo aveva fatto, a marzo e pure prima, Simone Baldelli (Forza Italia). Il vicepresidente della Camera aveva denunciato il caso dai banchi di Montecitorio e aveva chiesto a palazzo Chigi e al Tesoro di rendere noto a quanto ammontassero gli importi delle restituzioni. Ieri, a dati pubblicati, Baldelli, con un post su Facebook, ha puntato il dito contro il governo che «ha pensato di poter facilmente guadagnare consenso dando soldi con una mano per poi toglierli con l' altra». Il risultato, in effetti, è proprio questo.

Ed è il frutto della fretta con cui Renzi pretese di far approvare quel decreto senza ponderare tutti gli effetti del farraginoso ordinamento tributario italiano. C' era un risultato, la vittoria alle elezioni per il Parlamento di Strasburgo, da portare a casa (il Pd stravinse quella tornata con oltre il 40% dei consensi). Il premier era convinto che quella misura avrebbe spinto i consumi. E invece gli italiani hanno continuato a risparmiare. Parla di «vergogna» anche Nicola Fratoianni di Sinistra italiana.
Adesso, si assisterà al solito scaricabarile. La colpa, ovviamente, non sarà di nessuno.

INPS, TRUFFA-VERGOGNA Sai che un assegno su tre... Quanti soldi ti hanno fregato

Inps, truffa vergogna: sai che un assegno su tre... Quanti soldi ti hanno fregato


di Sandro Iacometti



Altro che prescrizione lunga. Mentre in Parlamento si discute sulla necessità di estendere i termini dei processi, per evitare che qualche delinquente la faccia franca, migliaia di pensionati sono costretti ad una frenetica corsa contro il tempo per ottenere giustizia dall’Inps. Il diritto alla pensione, fortunatamente, è imprescrittibile. I requisiti, dopo la Fornero, sono diventati quasi impossibili da raggiungere, ma una volta ottenuto l’accesso alla prestazione previdenziale, la richiesta può essere avanzata anche dopo vent’anni, a patto di essere ancora vivi. Tutt’altra la situazione sui ratei di pensione, ovvero gli assegni mensili. In questo caso, per evidenti motivi di cassa, lo Stato è assai meno generoso. Dal 2011, infatti, sia per le pensioni già liquidate ma non riscosse che per quelle neanche liquidate il diritto ad incassare si prescrive dopo soli cinque anni, invece dei precedenti dieci. Il che significa che se presento la richiesta dopo vent’anni anni dal termine utile, quindici anni della mia pensione se li mangia l’Inps.

La beffa più grossa riguarda, però, gli assegni sballati di cui si chiede la correzione. In questo caso la prescrizione si trasforma in decadenza (il diritto si estingue per sempre) e il termine si accorcia a tre anni.

Si potrebbe pensare che con circa 30mila dipendenti difficilmente l’Istituto nazionale di previdenza possa prendere un abbaglio. Eppure, tra erronei accrediti della contribuzione, calcoli sbagliati dei periodi di malattia, maternità e cassa integrazione, scorrette rivalutazioni dei montanti, l’errore è molto più frequente di quello che si immagini.

Qualche tempo fa la Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro ha calcolato che gli assegni con importi pensionistici inferiori al dovuto rappresentano circa il 38% del totale. Le singoli posizioni presentano in media scostamenti minimi, intorno ai 30 euro mensili, ma se si moltiplicano le somme per i 12 mesi e per gli anni di trattamento la perdita per i pensionati (e il guadagno illegittimo per l’Inps) è tutt’altro che irrilevante.

A confermare l’entità del fenomeno ci hanno pensato diverse rilevazioni sul campo. Lo scorso anno il patronato Inca Cgil di Lucca ha diffuso i dati di una verifica effettuata sulle pensioni di 1.800 persone residenti nella provincia. Ebbene, un assegno su quattro si è rivelato inesatto e dai ricalcoli sono usciti fuori oltre 4 milioni di euro non corrisposti dall’Inps in cinque anni, con errori medi tra i 70 e i 100 euro mensili.

Stessa attività è stata portata avanti dall’Inca Cgil di Rimini lo scorso marzo. Su 1.850 richieste di ricalcolo, ben 791 hanno portato al computo di un rimborso. Si tratta di una percentuale elevatissima del 42,7%. Dall’operazione sono emersi complessivamente 509mila euro di prestazioni dovute e non erogate.

Nella quasi totalità dei casi i pensionati non hanno, ovviamente, alcuna responsabilità. L’errore tecnico o umano è solitamente ascrivibile alla macchina dell’Inps che, seppure involontariamente, rosicchia ogni mese un po’ di soldi al malcapitato di turno. Difficile dire con esattezza quante, tra i 18 milioni di pensioni attualmente versate, siano fasulle. Una cosa, però, è certa: chi vuole verificare la propria posizione, rivolgendosi ad un professionista abilitato, deve farlo in fretta. Una legge del luglio 2011 ha introdotto un termine di decadenza triennale che scatta dal momento della liquidazione del primo assegno e una circolare Inps del luglio 2014 ha sancito l’entrata in vigore della prima tagliola, annullando tutti i possibili ricorsi relativi ai tre anni precedenti.

Solo un intervento della Corte costituzionale (sentenza 69/2014) ha impedito che la stessa stretta sui tempi fosse applicata retroattivamente anche ai trattamenti erogati prima del 2011 o a quelli già in corso di contenzioso (per cui valgono i vecchi termini decennali). Davanti alla Consulta l’Inps ha così difeso la norma. La finalità della disciplina, si legge nella sentenza, è quella «di produrre risparmi nel settore previdenziale riducendo i tempi di esercizio del diritto degli assicurati alle prestazioni pensionistiche».

Spunta il governissimo Grillo-Cav Ecco cosa succederà (e perché)

Spunta il governissimo Grillo-Cav. Lo dice pure Di Maio: il piano



Da giorni Silvio Berlusconi saltella da una trasmissione tv all'altra con il mantra che la legge elettorale va modificata e con lei la Costituzione, perché allo stato attuale dopo il voto si otterrebbe: "un solo partito e un solo leader padrone d'Italia. Una situazione del genere - ha detto più volte Berlusconi - non so chiamarla che da regime". Su questi presupposti, in più occasioni il Cav ha fatto capire che dopo il referendum, vincesse il no, non sarebbe opportuno far finire la legislatura, appellandosi al Capo dello Stato per una sorta di maggioranza dalle larghe intese.

Ma queste intese possono essere larghe fino a punti ancora inesplorati. Solo domenica su Raitre a In mezz'ora, Luigi Di Maio si è appellato a Sergio Mattarella e al suo intervento chiarificatore, perché: "Indichi la strada per farci capire, se gli italiani andranno alle elezioni, con quale legge debbano andare a votare, perché alla Camera ci sarà l'Italicum e al Senato il Consultellum". Al netto dei tecnicismi, i grillini non hanno nessuna intenzione di chiedere le dimissioni di Renzi in caso di sconfitta al referendum, come riporta il Messaggero, ma si aspetterebbero da Mattarella un gesto forte.

Da Forza Italia le parole di Di Maio sono suonate come una grande apertura a "un governo di emergenza", un titolo che calzerebbe a pennello per giustificare la tenuta del parlamento, con rispettivi posti incollati a Montecitorio e Palazzo Madama fino al 2018. Un'emergenza che non può tenere escluso escluso nessuno, tanto meno la minoranza Pd e Sinistra Italiana, che a modo proprio annuiscono: "Certamente non si può andare subito al voto - ha detto Alfredo D'attorre - servirebbe una riforma del sistema valido sia per la Camera che per il Senato, mi sembra che anche i grillini lo abbiano compreso". Secondo Il Messaggero, citando fonti parlamentari, anche la Lega nord sarebbe della partita. Così che vinca il Sì o che vinca il No, sembra quasi che vincano tutti comunque.