Pure il Dalai Lama bastona il Papa: "Italia paese Arabo?"
di Andrea Morigi
«Anche da un punto di vista morale», il Dalai Lama è convinto che «i rifugiati dovrebbero essere ammessi soltanto temporaneamente» e «l’obiettivo dovrebbe essere che ritornino e aiutino a ricostruire i loro Paesi».
L’argomento è scottante, il terreno è scivoloso, ma lui non ha paura a dichiararlo pubblicamente, in un’intervista alla tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung, consapevole che sta per farsi dei nemici. A partire dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, a cui sembra rivolto il messaggio visto il mezzo di comunicazione, ma anche le parole scelte per parlare dell’emergenza migranti: «Ce ne sono troppi adesso», ha aggiunto.
Se lo avessero detto Marine Le Pen, Matteo Salvini o qualche leader di Pegida, nessuno ci avrebbe fatto caso. Che le loro opinioni siano condivise da una delle personalità più note e stimate del mondo, sconcerta. Potrà risultare anche sorprendente che un religioso mantenga il proprio attaccamento a una tradizione minacciata dalla globalizzazione, eppure il Dalai Lama sa quel che dice quando ci mette sul chi va là, spiegando che l’Europa, in particolare la Germania non può diventare un Paese arabo. La Germania è la Germania».
Certo, «quando guardiamo il volto di ogni rifugiato, ma specialmente quelli di donne e bambini, percepiamo la loro sofferenza e un essere umano che è un pochino più fortunato ha il dovere di aiutarlim ma ce ne sono così tanti che in pratica è diventato difficile».
Certo, i templi e i monasteri buddisti non sono noti come succursali della Caritas, ma ognuno ha la propria vocazione e in ogni caso Tenzin Gyatso, l’81enne leader mondiale del buddismo tibetano, è lui stesso un profugo, che ha scelto l’esilio dal 1959, a causa dell’invasione del Tibet da parte della Cina comunista nel 1950 e della successiva persecuzione della religione buddista. Già questa sua posizione politica ha contribuito un po’ a dipingere il Dalai Lama come un bieco reazionario e lo ha reso sgradito a molti che con Pechino desiderano a tutti i costi fare affari, dispostissimi a chiudere due occhi davanti ai campi di concentramento, alle esecuzioni capitali e alla mancanza di democrazia. Magari tenteranno di togliergli anche il Nobel per la Pace, che gli era stato assegnato nel 1989, di dargli dello xenofobo se non proprio del nazista, scoprendo che fra i simboli buddisti si trova anche una svastica.