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venerdì 8 aprile 2016

Bersani massacra Renzi e sulla Boschi: "Perché Maria Elena deve dimettersi"

Bersani massacra Renzi e sulla Boschi: "Perché deve dimettersi"



Pier Luigi Bersani parla di Matteo Renzi, del suo governo, della sua politica, dei suoi uomini. E' devastante, le sue sono parole e commenti che non lasciano spazio alcuno alla replica. Tranchant. Al Corriere della Sera l'ex leader del Pd spiega il grande limite di Renzi che è stato, a suo avviso, quello di aver disertificato il Pd con il suo arrivo creando solo tanti "yes man e yes woman". Alla domanda diretta sulle dimissioni della Boschi, Bersani risponde senza esitare: "Le colpe dei padri non ricadono sui figli, però io non reggerei a un disagio di questo genere. C' è da dire che io sono di un' altra generazione e adesso ce n' è ben altra...".  Per quanto riguarda il referendum sulle trivelle, Bersani precisa che lui andrà a votare "no".  

IL GIORNO DEL RITIRO Bertolaso, la corsa è finita? Berlusconi ora cambia tutto

Bertolaso verso il ritiro, Berlusconi indeciso tra Meloni e Marchini


di Paolo Emilio Russo


Qualcosa si muove. Controvoglia, cambiando spesso idea, ma il Cavaliere si è convinto che sarebbe sbagliato «regalare una vittoria a chi non se lo merita» e sembra disposto a riaprire i tavoli con gli alleati - o ex - di centrodestra. Ciò non significa arrendersi, però, o, peggio, mettere Forza Italia in condizioni di dover rinunciare alla sua golden share, specie ora che le elezioni Politiche sembrano meno lontane di un tempo. Si tratta di capire se il “piano b” sia quello di far convergere i voti azzurri sul “civico” Alfio Marchini e ricucire col centro o agganciare i “lepenisti” di Lega e Fdi e riagguantare il Pd nei sondaggi.

Così a a Matteo Salvini che si offre pubblicamente di «mediare» e «vedere Silvio Berlusconi quando vuole», per ribadirgli che «l’unica candidatura vincente è quella di Giorgia Meloni», risponde seccamente la portavoce azzurra, Deborah Bergamini: «Facciamo fatica a capire cosa ci sia da mediare; noi abbiamo rispettato la parola data e gli accordi presi, mentre lui e Meloni no...». Proprio in quello stesso momento Guido Bertolaso, il candidato ufficiale degli azzurri, che da ieri ha avviato la campagna di affissioni, confermava di voler «restare in campo», anche se, lontano dai riflettori, avrebbe dato la sua disponibilità a ritirarsi in caso di richiesta del Cavaliere.

Ma la novità è che pure Alfio Marchini, candidato civico, che da giorni sta lavorando ad aggregare il centrodestra, si è scagliato contro il leader del Carroccio: «Berlusconi non mi sembra abbia bisogno di badanti, anche perché, a differenza di Salvini, nella sua vita ha dimostrato di saper vincere...», ha dichiarato l’ingegnere-imprenditore, candidato “civico”, ma sostenuto da Udc e Ncd. Da giorni Marchini lavora per “spostare” Forza Italia sul proprio progetto, nel quale vorrebbe coinvolgere anche La Destra di Francesco Storace. Insieme i tre potrebbero superare il 20%.

Ignazio La Russa, dirigente di Fdi, però va in pressing: «Ritirare Bertolaso e convergere tutti su Meloni? Sarebbe un colpo di buon senso». L’ex ministro della Gioventù dovrebbe arrivare agevolmente al ballottaggio. Frena, confermando però che qualcosa si muove, l’ex an, vicepresidente del Senato di Fi, Maurizio Gasparri: «Il quadro non cambia, c’è pressione per dire di non sprecare le forze, ma Bertolaso è in campo e Berlusconi ritiene che sia la soluzione migliore». «L’unità è auspicabile, ma potrebbe pure essere su Bertolaso», aggiunge. Quest’ultimo, però, anche a causa del ritardo nelle affissioni - mentre Meloni e Marchini hanno tappezzato da giorni la città - nei sondaggi resta indietro, circa all’8%. Con queste previsioni, gli azzurri nella Capitale avrebbero addirittura avuto difficoltà ad individuare candidati per il consiglio comunale. Una cosa è certa: l’ex premier prima di riaprire la partita-Roma vuole chiudere quella sulle altre città, specie Napoli, dove Gianni Lettieri ancora aspetta. In bilico - con meno speranze di successo - anche Torino, Bologna e Novara. «Io e Berlusconi ci vedremo dopo lunedì», annuncia Salvini. Che avrebbe già dalla sua una fetta importante di Fi.

"La balla della Boschi: le prove" Quell'incontro (molto) pericoloso

La menzogna della Boschi, le prove del Fatto. Ecco chi ha incontrato e quando



Non appena è scoppiato lo scandalo petrolio in Basilicata, nel governo Renzi è scattata la corsa a chi dichiarava prima di non aver mai sentito parlare di Gianluca Gemelli, compagno dell'ex ministro Federica Guidi, indagato a Potenza per corruzione e traffico di influenze illecite. La Guidi è stata costretta a dimettersi una volta pubblicata la telefonata con il "padre di suo figlio" nella quale veniva tirata in ballo anche il ministro Maria Elena Boschi. Lei stessa è stata sentita dai magistrati di Potenza come persona informata sui fatti, trenta minuti di colloquio nel suo ufficio a Roma per fare chiarezza su quell'emendamento che ha sbloccato il centro di Tempa Rossa, tanto caro alla Total e a Gemelli. La Boschi ha chiarito da subito di non aver mai visto nè sentito Gemelli, ma secondo quanto riportato dal Fatto quotidiano, questa versione non sarebbe del tutto sincera.

Le coincidenze - Il Fatto riporta che il 27 novembre 2014 Gemelli è stato presente al Senato, proprio nei giorni in cui veniva discusso l'emendamento che gli interessava. In quello stesso giorno, l'agenda dei lavori di Palazzo Madama prevedono la presenza della Boschi. Alle 15.05, fino alle 15.50, Anna Finocchiaro, anche lei citata negli atti della procura di Potenza, presiede la commissione Affari costituzionali e riunisce l'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi. Proprio alla fine della riunione, ci sono dieci minuti con la partecipazione della Boschi, accompagnata dal sottosegretario Sesa Amici. In commissione si discute dell'Italicum e, scrive il Fatto: "non manca nessuno dei protagonisti dell'intricata vicenda dell'emendamento Tempa Rossa".

L'incontro - La Finocchiaro si è aggiunta alla schiera di chi ha detto di non aver "mai avuto rapporti con Gemelli", sulla stessa linea della Boschi. In quella commissione però qualcuno che Gemelli conosce c'era, tipo Paolo Quinto, componente dello staff della segreteria di presidenza della Finocchiaro. Quinto, qualche settimana prima, era stato raggiunto al telefono da Gemelli per avere qualche posto in prima fila per amici di aziende petrolifere in occasione del convegno di Italianieuropei, la fondazione di Massimo D'Alema. Il collaboratore Dem ha soddisfatto la richiesta.

È pareggio, Berlusconi ora stra-gode Il sondaggio che cambia la storia

Pareggio: Berlusconi ora stra-gode. Il sondaggio che cambia la storia



Un flash, su Dagospia. Poche righe per buttare in pasto al web la notizia-bomba. Si parla della corsa elettorale a Milano, dove la sfida è tutta tra Stefano Parisi, il candidato del centrodestra, e Beppe Sala, l'ex mister Expo voluto da Matteo Renzi e candidato dal centrosinistra. La sfida, si diceva, per Parisi pareva impossibile. Invece, giorno dopo giorno, punto dopo punto, si è capito che la corsa non era decisa in partenza, affatto.

E si arriva dunque al flash di Dagospia, che spiega: "Secondo le ultime proiezioni, Parisi si è appaiato a Sala". Il divario, secondo diversi sondaggi, si era già ridotto fino a 3-4 punti percentuali. Ora altre fonti, non esplicitate da Dago, darebbero conto del pareggio. Sempre Dago fa notare come "la casa svizzera non dichiarata ha fatto perdere al candidato di Renzi ben due punti". A Parisi, ora, resta da fare un ultimo sforzo per il sorpasso, e per "demolire" il centrosinistra: la sconfitta di Sala a Milano sarebbe un colpo da ko per Renzi.

Guidi intercettata, Renzi nel caos: verità imbarazzante su un ministro

Guidi intercettata, Renzi nel caos: la verità imbarazzante su un ministro

di Fabio Amendolara



Gli investigatori lo definiscono «il quartierino romano». Al centro c' è l' imprenditore Gianluca Gemelli, compagno dell' ex ministro Federica Guidi. Nel gestire i propri affari, secondo gli investigatori, «curava gli interessi di un intero gruppo stabilmente deciso - si legge in un' informativa della Squadra mobile di Potenza allegata agli atti dell' inchiesta sui subappalti Total a Tempa Rossa - a manovrare procedure di singoli funzionari e istituzioni pubbliche, sì da piegarne l' esercizio del potere a proprio esclusivo e personale interesse». Il «quartierino» secondo gli investigatori era ben noto al ministro Guidi che, a telefono, in più di una occasione lo ha definito «combriccola». È sulla «combriccola» che si concentreranno le domande della sua audizione in Procura a Potenza oggi alle 12. L' attenzione della polizia si è concentrata su una riunione segreta tra Mef e Mise. A quella riunione con la «combriccola» non c' era Guidi, ma un sottosegretario: Claudio De Vincenti. È il ministro a parlarne a telefono con il compagno, sostenendo di volerlo «sbattere fuori». La Guidi dice al compagno di essersi «rotta» e di riferire alla «combriccola» che avrebbe dovuto «adeguarsi»: «O il giochino è sempre uguale oppure si interrompe». La Guidi, secondo gli investigatori, con quelle parole ammette di aver «definitivamente scoperto le carte». Il riferimento è alla riunione tra Mef e Mise che prevedeva la sua presenza.

La Guidi non riesce a partecipare. Si presenta il viceministro. E l' incontro si tiene lo stesso. La Guidi va su tutte le furie e chiama la segreteria del ministro Pier Carlo Padoan, ma ottiene «risposte imbarazzanti». Le parole dell' ex ministro sono durissime: «Dì ai tuoi amici che mi sono accorta che nonostante tutte le loro balle io ho in casa un pezzo di merda e siccome la merda non me la prendo per parargli il culo al loro amichetto, fin che posso... dato che ho capito... lo tratto da pezzo di merda... perché la Guidi ha anche una sua reputazione... nel senso che non è che facciamo un favore a De Vincenti e allora stiamo meglio tutti. Io non mando a puttane un pezzo della mia roba per fare un favore a tutta quella combriccola».

Il ministro manda anche un sms a De Vincenti e dice: «Non mi ha neanche risposto, ma io non vado a chiamare Anna Finocchiaro, perché non sono io che devo andare a spiegare alla Finocchiaro... prendo atto della cosa loro... lo prendano come un avvertimento». La Guidi è determinata: «Se tolgo le deleghe al viceministro, anche il tuo amico Nicola Colicchi, che dovrebbe sapere che crolla il governo...». Il ministro ribadisce che De Vincenti è la sua rovina: «Però siccome è amico del tuo clan, sappi che lui è uno che sa le cose, quindi prova a prenderci le misure».

Gemelli replica che il viceministro non ha niente da dividere con lui. Ma la Guidi è netta: «No, non ha niente da dividere, ma te e la fida amica Finocchiaro, Paolo Quinto, siccome lo portano tutti in palmo di mano, sai che tutte le cose che racconti a loro, magari lui le sapeva già, però sappi che... lì è fatto così». E infatti sulla stampa De Vincenti viene definito il «ministro ombra». «Ma - secondo Guidi - non aveva alcun titolo per andare al Mef». Il ministro non riesce a capire neanche come abbia fatto a sapere di quella riunione molto riservata. Poi se la prende con Padoan: «Padoan viene fuori... sai chi glielo ha messo lì Padoan? Sempre quel quartierino lì... non è che te lo devo spiegare... Quelle pedine... cioè De Vincenti da me non è un caso... non è per farmi un favore perché è bravo, capito? Come non hanno messo lì Pier Carlo per fare un favore a Matteo, perché Pier Carlo è bravo». Gemelli risponde: «Si tratta di mere dinamiche». Dinamiche che la Guidi dovrà spiegare ai magistrati di Potenza.

"Riina da Vespa ha usato codici mafiosi" Cos'è successo davvero a "Porta a porta"

Don Luigi Ciotti: "Il figlio di Riina da Vespa ha usato codici mafiosi"



«Il servizio pubblico può affrontare  tutto ma il punto sta nel modo in cui lo fa e nelle riflessioni del giorno dopo ci sono molte cose che ritengo insopportabili: dall’inizio alla fine Salvo Riina ha dato una intervista da mafioso». Lo afferma,  ascoltata dalla commissione Antimafia, la presidente della Rai Monica  Maggioni, precisando subito però che «la Rai non è ’appiattibile' su  un personaggio. La Rai è un’azienda che ogni giorno si dà da fare  nella lotta alla mafia e nessuno delle 13mila persone che lavorano in  questa azienda ha un atteggiamento incerto rispetto a questo».

«Inquietante perchè lui usa dei codici mafiosi»: cosi il presidente di Libera, Don Luigi Ciotti, ha commentato l’intervista a Salvo Riina andata in onda ieri sera a «Porta a Porta» riferendosi alla parte in cui il figlio di Totò parla dei collaboratori di giustizia e specificando di non aver visto la puntata ma di averne letto i contenuti su alcuni quotidiani. «Per me - ha detto Don Ciotti a margine di un incontro a Bologna con gli studenti universitari - è molto importante alzare il tono della voce perchè a Libera aderiscono alcune migliaia di familiari delle vittime innocenti delle mafie a cui sono stati strappati i loro affetti. Il 70 per cento di queste persone non conosce la verità. C’è bisogno di verità non di creare enfasi su storie che hanno fatto soffrire il nostro Paese».

Il presidente di Libera dopo aver ricordato di aver subito minacce di morte da Totò Rina ha sottolineato che «ci sono tante altre occasioni per far conoscere le mafie, non c’è bisogno di far fare la passerella a personaggi come il figlio di Riina. Mi disturba tutto questo palcoscenico che gli si dà. Lo rispetto nei suoi affetti ma vedere questa pubblicità umilia la storia di tante persone». Secondo Don Ciotti, «oggi in Italia si è creato un clima per il quale il rischio è di non fare più la lotta alla mafia ma di fare la lotta all’antimafia». Per quanto riguarda la Rai, il presidente di Libera ha dato anche atto al servizio pubblico di aver seguito «con grande attenzione la giornata del 21 marzo mobilitando tutte le sue forze per dare dignità alla giornata della Memoria e dell’impegno a livello nazionale e a livello regionale. Bisogna riconoscere il positivo - ha concluso - e denunciare le cose che non vanno».

Autovelox, arriva quello fantasma Attenti: saranno multe a raffica

Autovelox, arriva quello fantasma. Nuovo incubo: multe a raffica



L'ultima idea per bastonare gli automobilisti arriva dal comune di Maniago, in provincia di Pordenone, e rischia di diventare il nuovo incubo degli italiani. Non bastavano gli autovelox piazzati nei punti strategici delle città o quelli con gli appostamenti della polizia municipale in quei tratti dove è facile che l'acceleratore venga premuto un po' oltre il limite per fare multe a strascico. Adesso arriva il "bidon velox" che appare e scompare a piacimento, un giorno è dietro un albero, il giorno dopo non c'è più, con buona pace della sanità mentale di chi guida. Al Gazzettino gli amministratori di Maniago si dicono certi degli effetti positivi sulla sicurezza stradale: "Il meccanismo è il medesimo degli altri bidoni arancioni, soltanto che l'effetto deterrenza dovrebbe essere ancora maggiore perché sfrutta il fattore sorpresa e, quindi, impone la massima attenzione al rispetto costante dei limiti di velocità, non sapendo dove potrà essere posizionato. Il dispositivo può essere spostato dalla pattuglia di turno che lo allestisce e si procede con multe immediate".