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mercoledì 2 marzo 2016

LA PREVISIONE DI SOCCI Nozze gay: "Saranno fatali" Ecco chi la pagherà (cara)

Le unioni gay costeranno care a Renzi. Si apre la guerra contro i cattolici


di Antonio Socci
Twitter @AntonioSocci1


Antonio Socci

Dopo l' approvazione della legge Cirinnà, Matteo Renzi ha dichiarato: «Ha vinto l'amore». L' amore per le poltrone (ha chiosato qualche maligno, pensando pure ad Alfano e Verdini). Avrebbe potuto fare un figurone citando Virgilio: «Omnia vincit amor et nos cedamus amori» («L' amore vince tutto, anche noi cediamo all' amore»). Ma anche questa si prestava alla parodia: come non cedere all' amore della poltrona?

È evidente che nel Giglio magico - secondo gli oppositori cattolici, ma anche secondo gli oppositori di Sinistra - si applica la filosofia ispirata a un fiorentino antico, Niccolò Machiavelli, e a uno dei giorni nostri: Denis Verdini, che, per la Sinistra snob, è indigeribile, mentre a Renzi va benone. Matteo non ha l' intralcio di una cultura politica - e di una Chiesa solida - che invece avevano nella Dc di De Gasperi e Dossetti, di Mattei, Moro e Fanfani. Non ha l' impiccio di grandi principi che possono ostacolare la sua azione e il suo potere.

Renzi è un cattolico light, professa la «politica del fare» (come ripete sempre Crozza) e una fede «politically correct», relegata alla vita privata e quindi culturalmente e politicamente irrilevante. Più che l' utopia evangelica di La Pira ricorda la brillante facondia di Leonardo Pieraccioni.

Nel popolo del Family day si dice che il cattolicesimo di Renzi resta a livello di «etichetta» non di etica, perché un' etica politica poi pretende di determinare i contenuti dell' azione e di non tradire i propri valori. Monsignor Giovanni D' Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, ha dato voce al pensiero di tanti cattolici: «Abbiamo un Presidente del Consiglio che si reputa cristiano, ma sinceramente non so cosa gli sia rimasto di cristiano quando gli sento fare certi ragionamenti. Oggi molti si dicono cristiani senza più esserlo e questo è il vero pericolo della nostra società».

Con «l' operazione Cirinnà», Renzi non ha solo acceso le polveri degli oppositori di Sinistra, ma di fatto è ufficialmente entrato in guerra con i cattolici. I quali, al Family day - dove erano presenti molti elettori Pd - lo avevano avvertito: «Renzi ci ricorderemo». E infatti oggi annunciano battaglia pure contro il referendum costituzionale di ottobre, quello dove Renzi si gioca il suo futuro politico.

Massimo Gandolfini, portavoce del Family day, lo ha dichiarato: «Voteremo no». E ha sfidato Matteo ad andare davvero nelle parrocchie - come ha detto - a spiegare la sua posizione sulle unioni civili e le riforme: «Si confronti con noi. Finora si è rifiutato di farlo». La legge Cirinnà apre un caso esplosivo per i cattolici. Non solo per i profili di incostituzionalità o per le assurdità di certi suoi articoli. Ma anche perché è stata promossa da politici cattolici.

C'era di mezzo l' autorevolissimo documento di Giovanni Paolo II e Ratzinger del 2003 che - a proposito di «progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali» tuonava testualmente: «Il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale». Renzi non solo ha ignorato un così solenne pronunciamento della Chiesa, ma è stato addirittura il promotore di questo progetto di legge. Un' operazione molto spericolata per un politico cattolico. La frattura è traumatica.

Tuttavia va riconosciuto che sarebbe troppo comodo attribuire solo a lui (e, in subordine, ad Alfano) tutta la responsabilità. Renzi deve essersi sentito autorizzato ad andare avanti dal «non m' immischio» di papa Francesco che, nella conferenza stampa delle ore più critiche della legge, ha detto addirittura di non ricordare quel pronunciamento della Santa Sede del 2003. Papa Bergoglio s' immischia solo se si tratta di «immigrazione» (in quel caso entra a gamba tesa pure nelle presidenziali americane).

Forse è vero che il Papa non ricorda bene quel documento, ma i suoi sostenitori fanno presente che nel 2010, quando la legge per i matrimoni omosessuali fu discussa in Argentina, l' allora cardinal Bergoglio usò parole di fuoco: «È in gioco qui l' identità e la sopravvivenza della famiglia… È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori… Qui pure c' è l' invidia del Demonio… un' invidia che cerca astutamente di distruggere l' immagine di Dio… Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio.

Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una "mossa" del padre della menzogna che cerca di confondere e d' ingannare i figli di Dio». Parole durissime. Ma Bergoglio oggi da Papa non le ha ripetute perché - ha detto - «il Papa è per tutti», cioè: vuole piacere a tutti. O almeno ai più potenti. Perché il povero popolo del Family day è stato da lui trattato a pesci in faccia.

Del resto anche Renzi nel 2007 era con il Family day, mentre nel 2016 è stato il suo grande avversario. Entrambi dunque - Bergoglio e Renzi - hanno avuto atteggiamenti opposti ieri rispetto ad oggi. Evidentemente il potere (ecclesiastico e politico) provoca amnesie. O è insorta in loro la volontà di non pestare i piedi a certe forze che hanno aiutato ad arrivare fino alla poltrona che occupano o che sono oggi loro sostenitrici.

A questo proposito, per l' approvazione della Cirinnà, Renzi ha addirittura ricevuto una telefonata di congratulazioni da Obama: è la conferma che il nostro premier ha obbedito all' agenda imposta dall' Impero. Il presidente Obama è stato il forte supporto sia del papato di Francesco che della premiership di Renzi. Infatti Renzi è il tipo di «politico cattolico» che va bene a papa Bergoglio: esprimono entrambi un cattolicesimo subalterno ai poteri e all' ideologia dominante. Da questo «contesto internazionale» Renzi ha avuto la sua vera legittimazione, perché non sono stati certo gli italiani a mandarlo a Palazzo Chigi. Da circa vent' anni l' Italia è una sorta di colonia, quasi completamente priva di vera sovranità e sballottata fra Unione europea a egemonia tedesca e Stati Uniti, i quali - richiesti in questi giorni di chiarimento sulle intercettazioni di Palazzo Chigi del 2011 - hanno risposto esplicitamente che loro, in territorio italiano, fanno quello che vogliono.

Dunque l' Impero si è congratulato con Renzi per la legge Cirinnà. Ma i «sudditi» italiani invece non hanno gradito. Perfino il più renziano dei giornali, Repubblica, ieri ha pubblicato un sondaggio dove si rivela che negli ultimi quattro mesi - da novembre a oggi - Renzi ha perso addirittura 7 punti percentuali nel gradimento degli italiani (e il suo governo ne ha persi 5). Il premier infatti, in questi mesi, ha preteso di far credere a tutti noi che l' urgenza più grande dell' Italia fossero i matrimoni gay. Mentre il Paese è allo sbando, con le sue banche nella tempesta, con un debito pubblico fuori controllo, con tasse sempre più soffocanti e una drammatica disoccupazione giovanile.

Il governo è arrivato a introdurre le pensioni di reversibilità per i coniugi gay - discriminando peraltro le coppie di fatto eterosessuali - negli stessi giorni in cui prospettava restrizioni nell' accesso alle stesse pensioni di reversibilità per le vedove. Ha deluso tanti che gli avevano dato fiducia. Con Renzi l' Italia sta sprecando un' occasione storica: infatti col petrolio ai minimi storici, il costo del denaro ridotto a zero e il cambio dell' euro favorevolissimo, il nostro Pil dovrebbe crescere del 4 per cento annuo. Invece respira appena. Per nascondere questo flop si è usata anche l' arma di «distrazione» di massa dei matrimoni gay. E sono insorti guai più grossi.

VERGOGNA RAI Umiliato un premio Oscar E Morricone li sputtana

Così hanno umiliato un premio Oscar. Morricone sputtana l'offerta della Rai



Quando è salito sul palco degli Oscar per ritirare la statuetta come miglior colonna sonora per The hateful eight di Quentin Tarantino, Ennio Morricone era emozionatissimo, la voce gli tremava e, confessa lui al Corriere della sera, anche le gambe lo sostenevano a stento. Ma il giorno dopo il più grande compositore vivente della musica cinematografica che l'Italia può vantare ha ritrovato vigore e orgoglio, oltre alla lucidità dei ricordi accumulati in 87 anni di vita a cavallo tra una guerra mondiale, l'età d'oro dell'industria cinematografica italiana e oggi. L'ultimo riconoscimento dell'Accademy ha voluto dedicarlo alla moglie, con la quale sta per festeggiare 70 anni di matrimonio, ma il suo successo vuol condividerlo anche con il cinema italiano: "Che non è affatto morto - chiarisce - anzi è più vivo che mai. D'accordo, sotto Natale escono sempre film un po' semplici. Ma Giuseppe Tornatore per me è un grandissimo artista, uno che resterà. Stimo molto Paolo Sorrentino. C'è ancora qualche bravo compositore, ma sono rimasti in pochi: da quando si è imboccata la scorciatoia del sintetizzatore, dove fai tutto o quasi con un solo accordo, la qualità della musica nel cinema e nella fiction è scesa".

Dolori - Eccolo il tasto dolente, la tv. Il rapporto tra il maestro e la televisione sembra complicato, di certo poco affettivo stando a quanto racconta dei suoi recenti trascorsi con la Rai: "Con la Rai ho chiuso. L'ultima volta mi hanno cercato per un'opera di Alberto Negrin. Mi hanno detto: 'Ci sono diecimila euro per lei e per l'orchestra'". Morricone con eleganza non fornisce dettagli su chi gli abbia potuto fare un'offerta così imbarazzante, da parte sua però è arrivato un rifiuto senza condizioni riuscendo a dare una lezione a tutti gli aspiranti professionisti: "Ora, io posso anche decidere di lavorare gratis per la tv del mio Paese, ma i musicisti vanno rispettati. Incidere una colonna sonora con un'orchestra costa almeno 20, 30, forse 40mila euro. È stato un momento di grande imbarazzo. Così ho dovuto dire: basta, grazie".

Porte chiuse - Ora che però ha vinto il suo secondo Oscar, dopo il primo alla carriera, sarebbe facile aspettarsi che da viale Mazzini fiutino l'occasione di avere la firma di Morricone in una delle produzioni Rai. Troppo tardi però per chiamare: "Non credo che lo faranno - aggiunge il maestro - È una storia finita. Li capisco. Sono ristrettezze necessarie, le condivido anche; ma non posso chiedere ai musicisti di suonare a loro spese".

martedì 1 marzo 2016

Caivano (Na): Problemi in maggioranza Monopoli scrive e dice una cosa e ne fa un'altra

Caivano (Na): Problemi in maggioranza Monopoli scrive e dice una cosa  e ne fa un'altra



Simone Monopoli
Sindaco di Caivano

Risalgono a venerdì 26 febbraio 2016 le dichiarazioni propositive del Sindaco di Caivano pro-tempore Simone Monopoli, che sulla sua pagina facebook dichiarava quanto segue: "Un fine settimana per me zeppo di incontri e di riflessioni mettendo al centro l'interesse di Caivano. La "start up" e' stata perfetta. Adesso abbiamo il dovere di partire con la "fase 2" garantendo il massimo sforzo possibile per un governo locale di "alto profilo" in grado di rappresentare un valore aggiunto alla comunità. Aprendo anche con la minoranza, sui grandi temi, un confronto di contenuto per ‪#‎lavorareinsieme‬ ‪#‎perscrivere‬ ‪#‎tuttaunaltrastoria‬ ‪#‎percaivano"‬. 

Dichiarazioni che a distanza di pochi giorni non trovano nessun riscontro, considerando che l'attuale maggioranza, ancora oggi si ritrova a fare i conti con i soliti nodi che paralizzano l'attuale decollo della futura Giunta che, dopo più di un mese, dalle dimissioni dell'ex Assessore Mena Sorrentino, e dalle dimissioni dell'ex. Vicesindaco di Forza Italia, Diana Bellastella, si ritrova appunto, sempre più in panne, aldilà dei soliti proclami che qualcuno scrive nascondendo la verità. Ai soliti proclami scritti non credono più neanche i moscerini! 

Da indiscrezioni, gli effetti della crisi si sono intravisti anche stamattina, dopo che il Sindaco Monopoli ha convocato la Giunta, senza trovare riscontro da parte degli assessori Claudio Castaldo e Vincenzo Mascolo, e quindi l'esecutivo non ha potuto deliberare per mancanza di numero legale. 

Insomma, il sindaco Monopoli ha fatto i conti senza l'oste, "forse" perchè forte di qualche accordo politico sottobanco con la minoranza Dem, o con qualche consigliere dell'Udc? visto che in questi ultimi giorni il silenzio prevale? 

In breve, mentre Monopoli sperimenta nuove strategie politiche, Caivano sprofonda sempre più nell'ingovernabilità. I consiglieri di maggioranza prendano atto del fallimento politico, e non tornino indietro facendosi ammutolire per paura di non essere più rieletti. Il braccio di ferro è iniziato e al momento il Paese è KO.

Mattarella umilia Napolitano Lo schiaffo: c'entrano molti soldi

Mattarella umilia Napolitano. Lo schiaffo: c'entrano molti soldi



Ha risparmiato cinque milioni di euro rispetto al suo predecessore, Sergio Mattarella. Le spese del Quirinale, infatti, sono scese e il bilancio di previsione per il 2016, pubblciato sul sito del Colle e ripreso da Repubblica, parla di una riduzione dei costi di oltre il 2 per cento: da 241 a 236 milioni.

Mattarella spiega di aver lanciato un' operazione di "contenimento e di razionalizzazione delle spese, sia per il personale che per beni e servizi". Per cominciare ha tagliato gli stipendi dei vertici del Quirinale: del segretario generale Zampetti, dei consiglieri del presidente, e dello stesso capo dello Stato. Mattarella ha dato il buon esempio autoriducendosi l'appannaggio da presidente della Repubblica dell'importo che gli spetta da ex professore universitario. Non incassando pensione per gli anni alla Corte costituzionale e vitalizio per la carriera parlamentare. 

Il segretario generale Zampetti, che ha la pensione da ex segretario generale della Camera, è a costo zero per il Colle con un risparmio di 351mila euro l'anno. Anche altri consiglieri dello staff di Mattarella lavorano senza ricevere stipendio: altri 875 mila euro in meno. Nell'operazione risparmio rientra lo sfoltimento degli alloggi di servizio al Quirinale, "con nuove modalità e criteri di concessione assai più restrittivi": aumento del 20 per cento dell'affitto per chi resta negli alloggi di salita Montecavallo e dintorni, "sfratto" nel giro di due anni per gli altri, che nel frattempo però pagheranno a canone di mercato. 

L'Italia in guerra: ok all'azione in Libia con chi e cosa attaccheremo (presto)

L'Italia è in guerra. Più di 3mila soldati per la Libia: i piani di attacco e i mezzi



Sarà l'Italia a guidare le operazioni militari in Libia. Lo hanno confermato gli Stati Uniti attraverso il segretario alla Difesa Ash Carter: "L'Italia - ha detto essendo così vicina, ha offerto di prendere la guida in Libia. E noi abbiamo già promesso che li appoggeremo con forza". Da parte di Obama c'è sempre più fretta di intervenire con la massima urgenza. Lo conferma lo stesso Carter: "La coalizione entrerà in campo quando si sarà formato il governo e esperiamo presto".

Gli ostacoli - Domenica scorsa a Tobruk, i parlamentari avrebbero dovuto appoggiare il nuovo governo, ma il voto è stato rinviato perché è mancato il numero legale. La pressione da parte della comunità internazione è fortissima, perché solo con un governo costituito, e in tempi rapidi, la coalizione di 19 Paesi può intervenire sotto l'egida dell'Onu.

Il piano - L'impegno italiano prevede lo schieramento di navi, aerei e almeno tremila soldati. Questi verranno soprattutto dalle forza speciali, più adatti per svolgere operazioni mirate contro obiettivi Isis proprio come già stanno facendo francesi e britannici. Il sostegno americano sarebbe principalmente via aerea, con i Predator armati che decollerebbero dalla pista di Sigonella.

I giudici rovinano la festa di Vendola Vogliono Nichi a processo: ecco perché

I giudici rovinano la festa di Vendola. Vogliono Nichi a processo: ecco perché



Riparte il 17 maggio in Corte d’Assise a Taranto il processo per il reato di disastro ambientale dell’Ilva. Oggi il giudice dell’udienza preliminare, Anna De Simone, ha rinviato a giudizio tutti coloro per i quali la Procura di Taranto aveva avanzato richiesta specifica: si tratta di 44 persone fisiche e di 3 società che rispondono in base alla legge sulla responsabilità amministrativa delle imprese. Le tre società coinvolte sono Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici. Tra le 44 persone fisiche invece ci sono Fabio Riva - attualmente detenuto nel carcere di Opera a Milano -, Nicola Riva (rappresentanti della proprietà Ilva), l’ex presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, gli ex direttori dell’Ilva di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, l’ex governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, il sindaco di Taranto, Ezio Stefano. Molto diversificati i capi di imputazione: si va dall’associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale nei confronti dei due fratelli Riva mentre il sindaco di Taranto è accusato di omissione di atti d’ufficio e l’ex-presidente della Regione Puglia Nichi Vendola per concussione per presunte pressioni sull’Arpa.

L'interruzione - I 47 erano già stati rinviati a giudizio a fine luglio da un precedente gup, Wilma Gilli, dopo un’udienza preliminare durata quasi un anno. Il processo in Corte d’Assise era anche cominciato solo che a dicembre fu interrotto a seguito di un errore nei verbali riscontrato dalla Procura, errore che avrebbe potuto inficiare il prosieguo del procedimento. Di qui il parziale azzeramento e il ritorno ad un nuovo gup. Parziale perchè l’udienza preliminare è cominciata dalla requisitoria della Procura mentre sono state salvate le oltre 800 costituzioni di parte civile tra ministeri, enti locali, sindacati, famiglie dei lavoratori, associazioni degli agricoltori, pescatori e allevatori che ritengono di aver subito gravi danni dall’inquinamento dell’Ilva. Dopo lo stop intervenuto a novembre scorso in Corte d’Assise a Taranto in quanto la Procura aveva rilevato un errore in un verbale di udienza - mancava il nome del difensore di ufficio per una decina di imputati, il che poteva far supporre che quel giorno gli stessi imputati non avessero beneficiato del diritto alla difesa - il processo è stato parzialmente azzerato ed è nuovamente cominciato dall’udienza preliminare dinanzi ad un nuovo gup, essendosi il gup precedente, Wilma Gilli, già pronunciato, sino alla conferma del rinvio a giudizio di oggi. È da sottolineare che rispetto al precedente procedimento, non ci sono state novità negli interventi di Procura e difesa. I pm hanno infatti rinnovato la richiesta di rinvio a giudizio per tutti i 47 imputati, la difesa, invece, ha chiesto il proscioglimento. È il caso, tra gli altri, parlando degli ultimi casi discussi, dell’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, del direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, dell’imprenditore Nicola Riva della proprietà Ilva e già presidente, sino ai primi di luglio 2012, presidente del cda dell’azienda. La difesa dell’ex presidente Vendola ha ricordato come il governo regionale pugliese abbia contrastato l’inquinamento dell’Ilva attraverso controlli e leggi specifiche come quelle sul benzoapirene e sulla diossina, mentre quella del direttore generale Giorgio Assennato ha detto che nessun atto dell’Arpa ha mai agevolato Vendola. L’accusa, infatti, sostiene che Vendola avrebbe fatto pressioni sull’Arpa perchè attenuasse i suoi controlli ambientali sull’Ilva.

La difesa - La difesa Ilva ha invece annunciato che riproporrà in Corte d’Assise la richiesta di patteggiamento, già avanzata nella prima udienza del gup ma sulla quale la Procura aveva negato l’assenso. La precedente udienza preliminare davanti al gup Gilli si era chiusa a fine luglio con 47 rinvii a giudizio, cioè quanti ne aveva chiesto la Procura e quindi oltre a Vendola, Assennato e Claudio Riva, anche Fabio Riva, della proprietà Ilva, l’ex presidente Ilva, Bruno Ferrante, il sindaco di Taranto, Ezio Stefano, il parlamentare Nicola Fratoianni, assessore regionale all’epoca dei fatti, l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, gli ex direttori del siderurgico di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo. Diversi i reati contestati: in 52 erano giunti alla precedente udienza preliminare ma in cinque avevano scelto l’abbreviato e il gup Gilli in proposito si era pronunciato

SONDAGGIO MENTANA I numeri che beffano Grillo Condannato a perdere: perché

Sondaggio Mentana, la beffa per Grillo al ballottaggio: lo vince ma è escluso


Grillo visto da Benny

La situazione politica che emerge dall'ultimo sondaggio Emg Aqua è a dir poco caotica. Secondo la rilevazione diffusa dal TgLa7 di Enrico Mentana, se si andasse oggi al voto accederebbero al ballottaggio l'ipotetica lista unica di centrodestra con il 32%, in crescita dello 0,6%, e il Partito democratico con il 31,2%, in forte calo dello 0,8%. Terzo e quindi escluso dalla corsa a due il Movimento Cinquestelle al 27,8%, in calo rispetto a sette giorni fa dello 0,2%.

Ballottaggi - Nella sfida ai ballottaggi, i numeri beffano il M5S che in teoria non avrebbe accesso alla seconda fase delle elezioni, ma che di fatto vincerebbe ogni confronto. Contro il Pd, i grillini avrebbero la meglio 50,8 contro 49,2. Contro il listone di centrodestra stravincerebbero 52,6 a 47,4. Nello scontro tra Pd e centrodestra sarebbe invece il partito di Matteo Renzi ad avere la meglio con il 52,4% contro il 47,6%.