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martedì 15 dicembre 2015

"Bomba" in diretta a "La Zanzara": Cav, Del Debbio e una telefonata...

La "bomba" in diretta a La Zanzara: il Cav, Del Debbio e quella telefonata




Una "bomba" (politica) in diretta, a La Zanzara di Radio24. L'annuncio lo dà Giuseppe Cruciani, che ha spiegato: "Habemus Papam. Forse il centrodestra ha trovato il candidato a Milano. Berlusconi ha preso in mano il telefono e ha chiamato direttamente Paolo Del Debbio, per dirgli che se non si candida lui la partita a Milano, contro Sala, è persa". Una telefonata che potrebbe avere un impatto decisivo, una chiamata che potrebbe convincere Del Debbio a rompere gli indugi e a scendere in campo: da Quinta Colonna alla corsa nel capoluogo meneghino, sulla quale si vocifera da mesi ma che, ad oggi, non è ancora iniziata. Difficile che Del Debbio possa rifiutare un invito tanto esplicito (ammesso che la telefonata ci sia stata). Secondo Dagospia, che ha rilanciato la notizia, Berlusconi avrebbe deciso di chiamare il conduttore dopo avere incassato il "no" alla candidatura da parte di Ernesto Pellegrini, ex presidente dell'Inter.

Marò in viaggio verso l’Italia, liberati, finalmente tornano a casa

Marò in viaggio verso l’Italia, liberati, finalmente tornano in Italia, a casa


Fonte: ilGiornale.it



E’ ufficiale, dopo anni di reclusione in un posto ostile come l’India, i Marò sono stati rilasciati ed è stato permesso loro di tornare in Italia, essi sono infatti già in viaggio e dovrebbero raggiungere l’Italia tra pochi giorni.

L’operazione è stata chiamata “Lib-1-2015″, avviata nel 2014 dal ministero della difesa per liberare i due Italiani reclusi in India, si è conclusa oggi con l’effettiva liberazione di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

L’operazione Lib-1-2015, prevedeva la liberazione dei Marò attraverso due piani, il piano A, attuato per tutto questo tempo, è stato un piano diplomatico, di contrattazione e dialogo con il governo indiano, il Piano B, che è quello che ad oggi ha effettivamente permesso la liberazione dei due Italiani, invece può essere definito il piano d’azione teorico effettivo, in vista di un fallimento del piano A.

Il piano B, riguardava infatti la liberazione forzata degli italiani di fronte ad ostruzionismo da parte del governo Indiano, questo piano è stato inattuabile per tutto questo tempo, ma negli ultimi mesi qualcosa è cambiato, protagonista del piano B è stato Putin, e l’alleanza Italia-Russia nella liberazione dei due Marò.

Putin aveva già minacciato precedentemente l’India di una sua azione se non avessero liberato immediatamente i due Italiani, e questa settimana il piano B, con una collaborazione delle forze militari Italiane, e degli agenti speciali Russi, è stato attuato. Sono riusciti infatti, irrompendo nel carcere Indiano, a liberare i due Marò, e a mettersi in viaggio per l’Italia.

Aspettiamo così l’arrivo dei nostri due Italiani, troppo a lungo lontani dal nostro paese, secondo le stime del governo Russo, dovrebbero arrivare in Italia prima di Natale.

La verità di un direttore di banca: "Vi spiego come si truffano i clienti"

La verità di un direttore di banca: "Le tecniche per truffare i clienti"



E' una confessione pesantissima quella che un direttore di Banca Etruria, della filiale del centro Italia, fa al quotidiano Repubblica, L'uomo ha chiesto di restare anonimo per evidenti ragioni. Dice che i dipendenti di Banca Etruria “ricevevano premi in soldi” per quante obbligazioni secondarie riuscivano a vendere a settimana. “È iniziata una caccia all’uomo spietata: correntisti (soprattutto anziani) venivano raggiunti in case di cura o ospedali, incontrati casualmente fuori da scuola e invitati ad andare in banca, o chiamati uno ad uno”. Eppure, tutti in banca “sapevamo che quei bond erano un prodotto che avrebbe rovinato solo e soltanto i clienti”. Lui ripete di aver fatto di tutto per salvare i correntisti:  “ho detto a molti dei miei clienti di rivolgersi ad una associazione di consumatori prima che fosse troppo tardi”. Sostiene che non poteva dire la verità perché avrebbe rischiato il posto di lavoro. “Con correntisti e piccole e medie imprese operavamo così: proponevamo le obbligazioni subordinate a tutti dichiarando un rischio zero. A chi invece ci chiedeva un mutuo lo concedevamo maggiorato con l’obbligo di acquistare questi titoli. Oggi le piccole e medie imprese a fronte del mutuo a garanzia con quei titoli hanno perso tutto”. 

Ignoranza dei clienti - Il direttore di filiale dice chiaramente che loro giocavano soprattutto sul fatto che i clienti non capissero nulla di strumenti finanziari.  Nel 95% dei casi - riferisce il direttore al quotidiano - il questionario Mifid “veniva compilato dagli impiegati di banca. Partiamo da un presupposto: i risparmiatori interessati non lo vedevano neanche. Si trattava soprattutto di persone con una scolarità finanziaria pari allo zero a cui noi professionisti del settore eravamo obbligati a spiegare tutto. Invece questo non avveniva. Moltissimi di loro non sapevano neanche cosa stavano firmando”.

Clamoroso in diretta: la Gabanelli accusa, ma arriva una replica (senza precedenti...)

Clamoroso in diretta: la Gabanelli accusa, ma arriva una replica (senza precedenti...) 


Report ed Eni, lo scambio di tweet

Un caso che crea un precedente: un colosso dell'energia che replica, in diretta, a una trasmissione televisiva. Di mezzo c'è Report di Milena Gabanelli, che nella puntata di domenica sera ha messo nel mirino Eni nella puntata dal titolo La Trattativa. La trasmissione, come di consuetudine, viene accompagnata da alcuni tweet, pubblicati proprio durante la messa in onda. In uno di questi, Report affermava: "L'unico dato certo è che Eni ha pagato un miliardo e 92 milioni di dollari, bonificati su un conto Jp Morgan". Eni, però, non ha incassato in silenzio e ha risposto: "Ma sentenza Corti inglesi esclude comportamenti fraudolenti di rappresentanti" (nella foto, lo scambio di tweet).

Banche, spunta la nuova lista nera dove i tuoi risparmi sono a rischio

Banche, solo l'inizio? La nuova lista nera: dove i vostri soldi possono sparire


di Sandro Iacometti
@sandroiacometti



E se fosse solo l’inizio? Vigilanti che non vigilano, conflitti di competenze, responsabilità fantasma, eventi imprevedibili.

Di fronte al patatrac delle quattro banche, che ha trasformato in carta straccia i risparmi di oltre 130mila clienti, ci hanno voluto far credere che si sia trattato di un fulmine a ciel sereno. Un cataclisma improvviso ed eccezionale, che si è abbattuto su quattro istituti sfortunati.

La realtà è che quanto accaduto con Pop Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti potrebbe rivelarsi un fenomeno tutt’altro che isolato e irripetibile. Nei giorni scorsi si è calcolato che in giro per l’Italia ci sono circa 60 miliardi di obbligazioni subordinate che potrebbero fare la stessa fine di quelle in mano ai risparmiatori delle quattro banche. Si tratta di prodotti rischiosi acquistati spesso senza la dovuta preparazione finanziaria, in alcuni casi anche in maniera forzata per ottenere un finanziamento, ma raramente senza la consapevolezza di fare un investimento.

Diverso è il caso delle azioni. Abbiamo visto con il documento pubblicato ieri da Libero che l’acquisto dei titoli delle banche veniva imposto per la sottoscrizione di un mutuo, ma anche per la semplice apertura di un conto corrente o per avere accesso a determinati servizi bancari. La percentuale dei soci involontari delle banche più piccole e non quotate è elevatissima. Certo, in alcuni casi gli azionisti hanno intascato buoni dividendi, ma un discorso è acquistare un prodotto finanziario, un altro prendersi un pezzetto della propria banca. Come spiegano gli analisti indipendenti di Consultique, le azioni «non sono necessariamente titoli a rischio perché dipende appunto dalla situazione della banca ma in alcuni casi sono illiquide, ovvero non scambiabili facilmente sul mercato come in Borsa». E in altri casi, anche senza scomodare il bail in, che lì pescherebbe in prima istanza, il loro valore potrebbe ridursi sensibilmente. A metterci lo zampino, manco a dirlo, ci ha pensato anche il governo, con la sua riforma dello scorso inverno che obbliga le popolari più grandi a trasformarsi in spa. Tanto per avere un’idea la quotazione di Veneto Banca e Pop Vicenza provocherà, secondo le stime degli analisti, una svalutazione delle azioni che potrebbe arrivare fino all’85%.

La massa di titoli illiquidi che rischia di veder abbattuto da un giorno all’altro il suo valore è enorme. Gli esperti di Consultique si sono presi la briga di calcolare il valore delle azioni di 20 istituti di credito medio piccoli, magari oggi in ottima salute, ma con caratteristiche simili per dimensioni, struttura organizzativa e tipologia di business, alle quattro fallite. Ebbene, complessivamente siamo di fronte a quasi 16 miliardi di azioni. La lista degli istituti con il patrimonio netto più alto parte proprio da Pop Vicenza (che ha già svalutato i suoi titoli da 62 a 48 euro) e Veneto Banca (lo scorso aprile ha svalutato da 39,5 euro a 30,5 euro), che totalizzano rispettivamente 3,7 e 2,9 miliardi di euro.

Più staccata arriva la Cassa Risparmio Asti ,con 771 milioni, e la Banca Sella con 617 milioni. Seguita dalla Cassa risparmio di Bolzano con 504 milioni. Chiude la lista la Banca di credito Popolare, con 231 milioni.

Per avere un’idea di quello che può succedere quando le banche non quotate si confrontano con il mercato si pensi che in base ai multipli utilizzati da istituti comparabili il prezzo indicativo per i titoli di Veneto banca potrebbe essere tra gli 11 e i 12 euro. Per quelli di Pop Vicenza tra i 17 e i 18.

L'attacco in aula contro la Boschi Arriva la sfiducia: la sua reazione

L'attacco in aula contro la Boschi. Arriva la sfiducia: la sua reazione



Arriva in Parlamento lo scontro politico sul crac banche. Il Movimento Cinquestelle ha presentato nel pomeriggio di ieri, una mozione di sfiducia contro il ministro della Riforme Maria Elena Boschi, accusata di essere in conflitto di interesse per il coinvolgimento del padre e del fratello nel commissariamento della Banca Etruria e il successivo salvataggio da parte del governo: "Il Ministro Boschi - hanno scritto i grillini nel documento - ha dichiarato che i genitori ed i fratelli non hanno prestato il consenso alla pubblicazione sul sito del Governo dei dati inerenti alla loro situazione patrimoniale, ad onta del principio generale di trasparenza". Nella mozione, pubblicata da Beppe Grillo sul suo profilo Twitter, si legge: "I fatti citati e la loro concatenazione temporale gettano un’ombra sul ministro e la sua funzione istituzionale con riguardo alla cura ed alla salvaguardia degli interessi pubblici, del principio generale di assoluta imparzialità, nonchè della necessità di tutelare il risparmio in tutte le sue forme, come espressamente previsto dall’articolo 47 della nostra Costituzione al momento vigente; anche il solo sospetto che, attraverso la sua funzione di governo, il ministro Boschi abbia potuto interagire ovvero influenzare l’intera compagine governativa al fine di perseguire interessi personali e familiari, non ne consente la permanenza nel prosieguo dell’incarico per tali motivi, visto l’articolo 94 della Costituzione, visto l’articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati, esprime la propria sfiducia al ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, e lo impegna a rassegnare immediatamente le proprie dimissioni". A stretto giro ha risposto anche la Boschi: "Discuteremo in Aula, voteremo e poi vedremo chi ha la maggioranza".

TERREMOTO NELLA TV ITALIANA Tre arresti: tutti i regali e le tangenti

Grossi guai per un manager della tv: l'ombra dello scandalo pure su Sanremo




È partita l'ordinanza di custodia in carcere per il produttore televisivo David Biancifiori, oltre che a un militare della Guardia di Finanza ritenuto vicino al manager. L'accusa della Procura di Roma è di associazione a delinquere finalizzata ad "una pluralità di delitti tributari" tra cui "l'emissione di fatture relative a operazioni inesistenti", la "dichiarazione fraudolente" e la corruzione. Nel fasciolo dell'indagine del pm Paolo Ielo sono coinvolte più di 40 persone, tra le quali funzionari e dirigenti Rai, società del gruppo Mediaset, La7 e Infront.

Le ipotesi - Secondo gli inquirenti, le società di Biancifiori avrebbero ottenuto l'affidamento di lavoro e servizi, tra i quali si ipotizza anche opere realizzate per un'edizione di Sanremo, versando ai committenti denaro oppure offrendo loro vacanze, biglietti aerei e assunzioni. Le verifiche della Guardia di Finanza riguardano le società Di and Di lighting & truck srl e la Di.Bi. Technology, specializzate in servizi per la televisione e lo spettacolo. A David Biancifiori, spesso chiamato nell'ambiente "Scarface", la polizia tributaria contesta fatture relative a operazioni inesistenti per diversi milioni di euro. Insieme con il manager noto anche come 'Scarface' sono stati coinvolti nel provvedimento di custodia anche l'imprenditore Giuliano Palci ed il militare della Gdf Pietro Triberio che avrebbe ricevuto una mazzetta a molti zeri per chiudere gli occhi nel corso di una verifica fiscale.