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venerdì 11 dicembre 2015

IL PENSIONATO SUICIDA Giordano: "Il banchiere? Ecco che cosa gli farei"

Pensionato suicida, Giordano feroce: "Che cosa farei a quel banchiere..."





Pubblichiamo Posta Prioritaria, la rubrica in cui Mario Giordano risponde alla lettera di un lettore.

Caro Giordano, sono la figlia di Cantori Cesare, un signore di 95 anni compiuti il 30 ottobre 2015, malato di mieloma multiplo, con cure fortissime che gli procurano tante sofferenze, tra l’altro da anni completamente sordo. Sapevo che mio padre aveva messo i suoi risparmi nella Banca Marche, ma non il tipo di investimento che aveva fatto. Si parlava da tempo delle sofferenze di questa banca, ma noi tutti in famiglia (mio marito, mio figlio, mio fratello ed io) vi abbiamo mantenuto il nostro conto corrente e i nostri risparmi per tre motivi: 1 - Si veniva sempre rassicurati dal personale della banca che tutto si sarebbe risolto. 2 - Abbiamo sempre pensato alla Banca delle Marche come alla «Nostra» Banca: eravamo orgogliosi che i nostri soldi sarebbero stati investiti nel nostro territorio. 3 - Pensavamo che se tutti avessero portato via i loro soldi dalla banca, questa sarebbe fallita immediatamente. Nell’ottobre 2015 ho accompagnato mio padre in banca e sono venuta a conoscenza che aveva investito in obbligazioni subordinate 110.000 euro, bloccate, invendibili. Ora la situazione è questa. Le mie azioni, 4.000 euro sono state azzerate. Poca perdita, lei dirà, ma per me valgono quanto 2 rate e mezzo di pensione. La perdita subìta da mio padre è però davvero inaccettabile. Il poveretto è sconvolto, assolutamente non ci vuol credere. Non dorme più e vive in uno stato di agitazione molto forte che compromette anche la cura che sta facendo. I suoi sono risparmi accumulati da generazioni con grandi sacrifici. Mio padre non si è concesso mai lussi, sempre parsimonioso in tutto. Sono tante le cose che mi chiedo ora, ma una per tutte. Perché lo Stato permette che i debiti della banca, contratti da amministratori spregiudicati devono essere pagati con i soldi dei risparmiatori che li hanno guadagnati onestamente e accumulati in una intera vita di sacrifici? Che razza di Stato è l’Italia che permette una simile ingiustizia? A titolo informativo specifico le date in cui mio padre (nato nel 1920) ha sottoscritto le obbligazioni: 50.000 nel 2009 all’età di 89 anni e 60.000 nel 2012 all’età di 92 anni. Oltre alla perdita economica, ora ci sentiamo traditi e abbiamo tutti una terribile sensazione di sfiducia nel sistema economico, nella società e nella vita in generale.

di Meri Cantori
Osimo (Ancona)

Sottoscrivo tutte le sue amare domande, cara Meri. E ne aggiungo una: chi è quel criminale funzionario di banca che ha fatto sottoscrivere 60mila euro di obbligazioni a un 92enne malato di mieloma multiplo? Non lo potremmo individuare e processare per direttissima?

di Mario Giordano

I soldi buttati per lo yacht fantasma: gli strani bonifici al cardinal Bertone

I soldi buttati nello yacht fantasma e quegli (strani) bonifici a Bertone...




Nelle carte contenute nel fascicolo della procura di Civitavecchia sul fallimento della Privilege yard spa con l’ipotesi di bancarotta fraudolenta c’è anche la corrispondenza tra uno degli indagati, Mario La Via, e il cardinale Tarcisio Bertone, all’epoca segretario di Stato vaticano. L’alto prelato, in base ai documenti in possesso di Libero, sembra utilizzare le casse della traballante azienda come un bancomat per un gran numero di «erogazioni» di beneficenza, soprattutto nei confronti del Movimento dei Focolari e dei Salesiani, l’ordine a cui lo stesso Bertone appartiene.

Marcianise (Ce): PRODOTTI CINESI ALL’OUTLET. La guardia di finanza sequestra 522 MILA capi d’abbigliamento

Marcianise (Ce): PRODOTTI CINESI ALL’OUTLET. La guardia di finanza sequestra 522 MILA capi d’abbigliamento


Fonte: CasertaCe.net



La merce arrivava a Fiumicino e da lì veniva smistata in tutta Italia: anche all'outlet di Marcianise

MARCIANISE – Articoli di abbigliamento prodotti in Cina venduti da una nota maison di alta moda per uomo come prodotti made in Italy. E’ stata ribattezzata True Made l’operazione dei finanzieri del Comando Provinciale di Roma, giunta a conclusione di articolate indagini sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Civitavecchia, scattate dai controlli di routine nell’area merci dello scalo aeroportuale di Fiumicino.

I militari si sono insospettiti davanti ad alcune spedizioni di capi di abbigliamento e relativi accessori, provenienti dalla Cina e dirette a una rinomata casa partenopea, che, oltre a essere corredati da un cartellino descrittivo che specificava, in lingua italiana, che il processo di fabbricazione era fedele alla ‘Antica sartoria napoletana’, avevano una piccola etichetta con la dicitura ‘Made in China’ facilmente asportabile. La presenza dei prezzi di vendita, sia al dettaglio che outlet, ha fatto il resto inducendo le fiamme gialle del Gruppo di Fiumicino a ritenere di trovarsi davanti un colossale traffico di prodotti taroccati, con la variante, questa volta, costituita dalla mistificazione della loro origine, provenienza e qualità.

Il sequestro non è scattato subito consentendo ai militari di seguire le partite di merce fino alla centrale di stoccaggio e ai luoghi di smercio, tutti riconducibili a una nota maison di alta moda per uomo, che, in questo modo, commercializzava maglioni, pullover, camicie, smanicati, cravatte, guanti, foulard, cinture in realtà prodotti in Cina.

Il quadro investigativo si è poi consolidato grazie alle perquisizioni locali eseguite, con la collaborazione dei Comandi Provinciali competenti per territorio, nei punti vendita di Napoli, Ischia, Roma, San Cesareo (Roma) e Bologna, nonché presso i famosi outlet di Valmontone (Roma) e Marcianise, nel centro di distribuzione di Nola e nella sede legale e amministrativa della società riconducibile a un insospettabile napoletano, che dovrà rispondere dell’introduzione e della vendita di prodotti industriali con segni mendaci.

Ammontano, invece, a oltre 522.000 i pezzi sequestrati, tra capi di abbigliamento ed etichette Made in China.

LO ZAR PUTIN SPAVENTA L'ITALIA "Occhio, correte un grosso pericolo"

Il ministro di Putin avverte l'Italia: "Siete in pericolo, ma vi aiuteremo"




Trova sempre più conferme la notizia sui movimenti dei vertici dell'Isis dalla Siria verso la più "tranquilla" Libia. L'ultima arriva dal Cremlino per voce del ministro degli Esteri di Vladimir Putin, Sergej Lavrov, che ieri ha incontrato i giornalisti italiani a Mosca. Le ultime indiscrezioni dicono che il Califfo in persona, Al Baghdadi, sia arrivato a Sirte, di fatto a poche centinaia di chilometri dalle coste italiane. Lavrov non si sbilancia, ma assicura: "Il Califfato vuole fare di Sirte una filiale di Raqqa. Per l'Italia è un problema serio. Noi siamo pronti ad aiutarvi". Sulla posizione del Califfo resta prudente, come riportato dall'intervista su Repubblica: "Non so dove sia Al Baghdadi - ha detto Lavrov -. Ma abbiamo informazioni su cellule dell'is insinuate nelle milizie libiche". L'obiettivo del capo dell'Isis è tutto propagandistico e con la mossa di arrivare in Libia vuole dimostrare di potersi espandere perché riscuote successo ovunque arrivi il suo esercito: "Per l'Italia - avverte il ministro russo - è una forte preoccupazione per motivi geografici e storici. Putin e Renzi ne parlano da più di un anno in tutti i loro incontri. Faremo del nostro meglio per aiutarvi".

L'intervento - Intervenire militarmente in Libia sembra sempre più indispensabile, ma Lavrov vuole mettere in guardia i Paesi Nato ricordando i gravi errori del passato in quelle terre: "Speriamo che tutti si rendano conto del grave errore commesso in Libia quando si pensò che la fine di un regime fosse la panacea di tutti i mali. Bombardare Gheddafi - ricorda Lavrov - destituirlo, giustiziarlo in diretta tv, ma senza un progetto alternativo, fu una grave dimostrazione di irresponsabilità. Noi diciamo: non scavare una buca per gli altri, perché poi ci cadi anche tu".

Il colpo di scena di Rossi: si "arrende" Il messaggio di Valentino agli spagnoli

Colpo di scena, Valentino Rossi si "arrende": un messaggio di fuoco agli spagnoli




Un colpo di scena: Valentino Rossi ha ritirato il ricorso presentato al Tas di Losanna contro la decisione dei Commissari sportivi della Fim, che gli avevano imposto tre punti di penalizzazione dopo lo scontro con Marc Marquez nel famigerato gp della Malesia, lo scorso 25 ottobre. La notizia è stata resa nota proprio dal Tas: il Dottore aveva chiesto l'annullamento della pena, o almeno una riduzione da 3 punti a 1, poiché un pilota che complessivamente ha raccolto 4 punti di penalità è costretto a partire dall'ultima piazza in griglia, così come era accaduto a Valencia, l'ultima gara in cui il "biscottone" spagnolo è stato sfornato. Quando Rossi presentò l'appello avanzò anche la richiesta di sospensiva, ovvero congelare la penalizzazione almeno fino a dopo l'ultima gara, ma la sospensiva non fu concessa (il "no" arrivò il 5 novembre).

Il "messaggio" del Vale - Dunque, ad oggi, anche in caso di vittoria del ricorso, Rossi avrebbe ottenuto soltanto una vittoria simbolica: il risultato finale non si può più cambiare, il titolo (di "cartone") sarebbe comunque restato nelle mani di Jorge Lorenzo. Si apprende ora, dunque, che Rossi rinuncia al ricorso: la procedura di arbitrato è stata terminata e la decisione della Fim continuerà a restare in vigore. Per ora, da parte del Dottore, silenzio sulle ragioni della scelta, che però si possono ipotizzare. Conscio del fatto che, ormai, non si sarebbe potuta cambiare la (brutta) storia, il Vale ha preferito chiudere completamente questa pagina, almeno quella legale. Stop a una battaglia ormai superflua. Meglio concentrarsi su altro. Rossi l'ultima sfida la vuole correre in pista. Contro Lorenzo e contro Marquez, lo spagnolo che ha corso solo per farlo perdere e per perdere la faccia. Ci si vede sull'asfalto, non al Tas di Losanna. La rincorsa al - difficilissimo - decimo titolo mondiale è ufficialmente iniziata.

Crac banche, parla la Boschi: "Perché mi sento in colpa..."

Il crac delle banche, parla la Boschi: "Mi sento in colpa per la mia famiglia"




L'occasione per spendersi in una battuta sulla vicenda che monopolizza la cronaca degli ultimi giorni, il salvataggio da parte del governo di quattro banche, tra cui la Banca Etruria di cui il padre fu vicepresidente e nella quale il fratello ricoprì un ruolo di rilievo, Maria Elena Boschi la coglie nel corso della presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa. Le chiedono se si sente in colpa per i risparmiatori che hanno visto parte dei loro soldi andare in fumo, e la Boschi risponde con poche e significative parole. Il ministro premette: "Mio padre è una persona perbene e se sento del disagio è verso di lui e la mia famiglia". E ancora: "Mi sento un po' in colpa nei confronti della mia famiglia, perché se mio padre è finito nelle cronache è perché è mio padre e mi spiace. Ma lo conosco, conosco la mia famiglia e affronteremo questo momento".

Il Fisco ti massacra per e-mail Ultima frontiera: come ti spennano

Massacrati per e-mail, l'ultima frontiera del Fisco: ecco come ti spennano




Il Fisco ti "becca" anche per e-mail. Già, perché la Pec (la posta elettronica certificata) entra di diritto nella riscossione e nel contenzioso tributario. Nel dettaglio, vi entra per le seguenti possibilità: riscossione e per la notifica degli atti per imprese e professionisti (dal 1° giugno 2016). Insomma, le cartelle del Fisco, d'ora in poi, pioveranno anche per e-mail. È quanto prevede il decreto legislativo 159/2015 relativo alle misure per semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione.

Per le persone fisiche intestatarie di una casella Pec, occorre invece l'espressa richiesta del contribuente, essendo prevista la facoltatività di ricezione delle cartelle esattoriali attraverso la mail certificata rispetto a quella cartacea. Come ricorda Il Sole 24 Ore sono differenti le modalità attraverso le quali l'agente della riscossione acquisisce gli indirizzi di posta elettronica certificata. Per imprese e professionisti si stabilisce che la notifica debba avvenire "esclusivamente con tali modalità, all'indirizzo risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata". All'agente riscossore, inoltre, sarà consentita la consultazione tematica e l'estrazione degli indirizzi.