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martedì 10 novembre 2015

Il record della "patonza d'autore": venduta per 170 milioni di dollari. Ecco a chi

Il record della "patonza d'autore": venduta per 170 milioni di dollari. Ecco a chi




È stata la seconda asta su un'opera d'arte più cara di sempre quella sul capolavoro "Nu couché" di Amedeo Modigliani, venduto questa notte a New York per 170,4 milioni di dollari, circa 158 milioni di euro. A sborsare la cifra record è stato il musero Long di Shangai dopo nove minuti serratissimi di rilanci. Una cifra incredibile, anche per la stessa casa d'aste Christiés che sperava inizialmente di ricavare al massimo 100 milioni di dollari sull'opera di Modigliani. Finora aveva fatto meglio solo Pablo Picasso con la famosa "Donne di Algeri", battuto all'asta per 179,4 milioni di dollari. Nel club dei 100 milioni ci sono stati anche sculture di Alberto Giacometti, opere di Andy Warhol, Eward Munch e Francis Bacon. L'asta però potrebbe avere effetti notevoli sulla quotazione dell'opera artistica di Modigliani, che nei suoi 35 anni di vita ha prodotto appena un centinaio di opere, mentre di Picasso e Warhol ne esistono centinaia.

L'intervista Rivera: "Io politico sì, calciatore no L'Abatino? Non l'ho mai sopportato"

Gianni Rivera: "Mai stato un calciatore, ho solo giovato a pallone"



Intervista a cura di Giancarlo Perna



Oggi che ha 73 anni...» dico a Gianni Rivera che reagisce all' istante: «Settantadue, non cominciamo a invecchiare la gente!» e aggiunge scherzosamente piccato: «Ho vissuto 17 anni ad Alessandria dove sono nato e ho tirato i primi calci al pallone, 35 a Milano dove ho fatto tutta la carriera di calciatore e dirigente rossonero, da 20 abito a Roma, gli anni della mia attività politica. Facendo le somme viene fuori la mia età». Settantadue, appunto. Un riassunto della sua vita, in stile parabola. Diavolo di un Rivera. Uomo di poche parole e parchi gesti, ma tutti significativi.

Il luogo dell' appuntamento, per cominciare. Simboleggia i due momenti della sua esistenza, lo sportivo e il politico. Siamo nel Circolo del Tennis sotto la collina di Monte Mario, preferito dai parlamentari. Mentre parliamo, seduti in terrazzo con vista sulla terra rossa, Giorgio La Malfa si esibisce in un doppio. Assiduo è pure Giuliano Amato, il più accanito, che davanti alla tv studia i colpi dei vari Federer e cerca di riprodurli sul campo. Gli altri soci sono contenti di salutare Rivera, anche se per discrezione non si avvicinano, e si capisce che è ancora vivissimo il mito del celebre centravanti milanista. L' unico a scambiare due parole è Ciro Cirillo, anima del Circolo, ex prima categoria e maestro di Adriano Panatta. «Se Gianni non avesse fatto il calciatore, sarebbe stato un campione di tennis», sentenzia e spiega: «Come tutti quelli che hanno occhio per la palla». Ossia, se la palla è la tua passione, ne sarai comunque un giocoliere. Lo ignoravo ma vedo che anche Gianni approva con la testa. Ha i capelli candidi, Rivera, ma mossi e ondulati come nelle foto anni '60. È in completo scuro molto distinto e la camicia bianca col colletto slacciato. Nel taschino della giacca ha la cravatta pronta all' uso se si presentassero circostanze più formali.

«Internet le dà più spazio che ad Alcide De Gasperi», dico, avendolo accertato documentandomi per l' intervista. Rivera sorride: «Io sono nell' era di internet che ai tempi di De Gasperi non esisteva. Altrimenti non avrebbe avuto rivali». Saggia e coerente risposta da simpatizzante dc. «Lei ha avuto due vite -gli dico, per sondarlo un po'-, una da sportivo, l' altra da politico. Quest'ultima, meno brillante». «Sono complessivamente soddisfatto della mia vita politica - replica-. Ho fatto quattro legislature, cinque anni da sottosegretario alla Difesa e sono stato deputato Ue. Non volevo le cose a tutti i costi. Quel che mi è capitato ho preso». È pacato e realista anche quando gli chiedo: «Famiglia modesta, studi limitati (terza avviamento, ndr) ma numero uno nella vita. A cosa attribuisce il successo?». «A stimolarmi è stata proprio la modestia della nascita. Stirpe contadina. Papà fu fabbro delle ferrovie per sfuggire alla fatica dei campi. Eravamo però legati alla terra, ai valori veri. Ci si accontentava di ciò che si aveva».

Tra i calciatori dei suoi tempi, lei spiccava per garbo. Era borghese d' istinto?

"I miei  pensavano che i figli dovessero superarli nell' ascesa sociale. Mi fecero studiare. Smisi perché ero già in serie A, pensando: se va male, riprendo. Per fortuna, andò bene. Un solo pentimento: non ho studiato le lingue. Come gli anglosassoni che parlano solo inglese, io parlo solo italiano".

Lei disse: "Mai stato calciatore. Ho solo giocato a pallone". Che intendeva?

"Il calciatore è visto oggi come un protagonista. Ai nostri tempi, andavamo al ristorante dagli amici per avere lo sconto. Oggi, i calciatori sono pagati per andare al ristorante e dargli lustro. Ecco perché non sono un calciatore, nel significato attuale".

Rivera, saldamente sposato da trent' anni con Laura Marconi che gli ha dato due figli, si è sottratto solo a una domanda sulla sua precedente vita privata.

"Ho già dato"

A tratti, mi sembra diffidente. Sbaglio?

"I piemontesi sono naturalmente riservati. Io ho sempre cercato di non occupare lo spazio destinato agli altri" risponde mentre applaude un elegante smash di La Malfa.

Forse per questa reticenza, scambiata per pigrizia e snobismo, i suoi critici le rimproveravano di non correre dietro la palla.

"Se c' era da conquistarla mi davo da fare anche io. Ma avevo compiti diversi dai difensori. Io agivo da calamita con gli avversari diretti: mi stavano sempre attaccati per sorvegliarmi e difficilmente potevano essere pericolosi per la nostra porta".

Di lei è stato detto: il calciatore più amato e più odiato.

"In una città con due squadre, gli avversari ti vedono come fumo negli occhi. Il tifoso controlla prima che la squadra avversa abbia perso, poi se la sua ha vinto".

Quale dei suoi soprannomi -Signorino, Abatino, Golden boy- la rappresenta meglio?

"I meno simpatici erano i diminutivi. Comunque, non ci badavo. Sapevo da me quando giocavo bene e quanto valevo".

Si scontrava con arbitri e cronisti sportivi.

"Ho contestato gli arbitri quando era evidente che qualcosa non funzionava. Ero capitano e, visto che la società taceva, parlavo io. Con i giornalisti reagivo se, invece di parlare del gioco, toccavano sensibilità personali".

Suo rivale per antonomasia fu Sandro Mazzola. Che prova per lui oggi che siete entrambi ultrasettantenni?

"Anche da avversari -capitani delle due squadre cittadine, Inter e Milan- ci siamo stimati. In azzurro abbiamo giocato quasi sempre insieme. Oggi, lui è a Milano, io a Roma e vivendo in ambienti diversi ci si perde".

A me imbarazza tifare per squadre zeppe di stranieri e una Nazionale infarcita di "oriundi". Sbaglio?

"È inevitabile. Ma basterebbe un po' di attenzione da parte delle società per le Giovanili e maggiori controlli sui contratti degli stranieri che sono quelli su cui più si sorvola".

Che senso ha fare tifo nazionalistico quando in campo si parlano tutte le lingue?

"Conta il colore della maglia. Tanto, quando giocano, i calciatori non parlano".

Il calcio l' ha fatta ricca come Gigi Buffon?

"Buffon è nato molto dopo di me e non c' è paragone. Io stavo un po' meglio dell' altro Buffon, Lorenzo, altro grande portiere azzurro. Appena ho lasciato io, negli anni '80, le squadre hanno cominciato ad arricchirsi con gli sponsor. Prima la pubblicità era vietata".

La corruzione nel calcio?

"Dove ci sono i soldi, la corruzione è automatica. Il danaro prende il sopravvento su tutto, anche sulla morale. Già il Cristo disse: O vinco io, ho vince Mammona".

È devoto?

"Nel modo giusto, alla maniera di Padre Eligio (prete dei bisognosi, oggi ultra ottantenne, noto negli anni '60 per l' amicizia col golden boy, ndr)".

Cattolico conservatore o progressista?

"Non ragiono con questo metro.
So però che il Cristo era più innovatore dei conservatori di oggi".

Entrò in Parlamento nell' 87 con la sinistra dc. Perché con la Dc e perché con la sinistra?

"Fui introdotto da Giovanni Goria e Bruno Tabacci (entrambi, sinistra dc, ndr), ma ero amico di tutti. Ero per la squadra, come nel calcio. Anche in politica, se non c' è accordo, spariscono i partiti".

Fu sottosegretario alla Difesa di Max D' Alema, l' ex comunista diventato premier. Non le si contorsero le budella?

"Se sei nell' istituzione, ti muovi nella logica istituzionale. Seguivo i ministri sopra di me. Il migliore fu il dc Beniamino Andreatta, primo a dirsi favorevole all' abolizione dell' esercito di leva".

Col Cav, invece, sempre ai ferri corti, fin da quando acquistò il Milan (1986).

"Al contrario. Auspicavo l' arrivo di un tycoon per tirare il Milan dalle secche".

Ma appena arrivò l' arcoriano, lei che era vicepresidente della vecchia società, sbatté la porta.

"Fu Berlusconi a creare le condizioni perché me ne andassi, allontanandomi dalla gestione".

Come accadde?

"Ti fa capire che se non lo consideri il Re Sole, non ti metterà tra i collaboratori. Se gli fai un po' ombra non ti accetta".

Al Berlusca premier non fece sconti.

"Consideravo Berlusconi ineleggibile perché concessionario di reti tv. Il famoso conflitto d' interessi, tuttora vigente. Io rispetto le leggi e per me un ineleggibile non deve stare in Parlamento".

Matteo Renzi?

"Appare troppo. Forse si sente costretto a occupare la scena avendo i nemici in casa. Ma dovrebbe limitarsi".

Spera qualcosa dal suo agitarsi?

"Una guerra totale alla burocrazia e una netta diminuzione del peso fiscale".

Non è un parlare da centrosinistra...

"Sono del centrosinistra che ragiona. Quello a favore della gente e non solo dell' istituzione".

Dopo 72 anni, che opinione ha di sé?

"Soddisfacente. Poteva andare meglio se fossi stato più politico. Ma se l' ho fatto di mestiere, non lo sono per vocazione».

Caivano (Na): Caso Braucci Dopo 4 anni di inefficienza alla Provincia Monopoli recupera a stento 130 mila euro

Caivano (Na): Dopo 4 anni di inefficienza alla Provincia e dopo 4 giorni di chiusura del Plesso scolastico Braucci Monopoli recupera a stento 130 mila euro



di Gaetano Daniele





Finalmente la montagna ha partorito il topolino. Monopoli, nonostante i 4 anni e mezzo in Provincia da consigliere provinciale di maggioranza in quota Forza Italia-Cesaro, e dopo 4 anni e mezzo di nulla per scongiurare la chiusura dello stesso Liceo Scientifico Braucci, arrivando, difatti, alla chiusura del Plesso per 4 giorni, oggi,  il neo Sindaco Monopoli, a stento riesce a recuperare 130 mila euro per risanare, forse, una situazione insostenibile per insegnanti e alunni che, appunto, proprio mentre il neo Sindaco si destreggiava a destra e a sinistra in campagna elettorale e proprio mentre si insediava nei banchi del civico consesso, veniva staccata appunto, la corrente al Liceo Scientifico Braucci. 4 giorni di chiusura e quindi 4 giorni di lezioni perse per i liceali del Braucci, perchè la Provincia, ora Città Metropolitana, non versava più all'Ente Comune, i soldi per le forniture Elettriche. E Monopoli all'epoca dov'era? forse a studiare la sua candidatura a Sindaco? 

Insomma, il primo cittadino Monopoli, riesce a scongiurare la chiusura del Liceo Scientifico Braucci recuperando a stento 130 mila euro, sventolando pure a destra e a manca la bandiera dell'utilità come se avesse fatto il piacere a qualcuno, al Preside o agli insegnati o persino agli alunni, quando garantire il regolare funzionamento del Plesso è di base. Che figuraccia avrebbe fatto nei riguardi di insegnanti, alunni e genitori, in breve agli occhi dell'opinione pubblica, se il Liceo Scientifico Braucci, avesse chiuso nuovamente per mancanza di fondi? 

La solita politica che lascia passare messaggi di regolare amministrazione come chissà quali manovre politiche intelligenti, appunto, di intelligente non c'è niente. Pensate se un qualsiasi capo di famiglia esultasse a fine mese solo perchè ha pagato la bolletta elettrica. Si pensi al concreto, si pensi al reddito di cittadinanza. Si pensi alla nuova gara rifiuti, escludendo favoritismi e garantendo trasparenza. Si pensasse ai buoni pasto e alle graduatorie. Si pensasse ad una nuova riqualificazione ambientale delle strade, considerando che alcuni giorni fa per una giornata intensa di pioggia i cittadini non sono potuti neanche uscire dalle proprie abitazioni, solo qualche fortunato, si, con la Canoa. Speriamo domani di non vedere sventolata un'altra bandiera dell'utilità solo perchè dopo una giornata di pioggia non si è dovuto prendere la Canoa. 

Il favore di Conte a Renzi: ecco chi farà le nuove divise della Nazionale

Per la Nazionale di Conte nuove divise griffate Ermanno Scervino




Tra sette mesi si giocano gli Europei di calcio di Francia 2016. La nazionale italiana di Antonio Conte è già qualificata e può quindi pensare a cose più leggere di gol, classifiche e differenze reti. Tipo le divise da portarsi Oltralpe. Si sa, ad ogni manifestazione ufficiale il look cambia per stare al passo coi tempi e per essere il più "cool" possibile. In più, in questo caso, c'è da lasciarsi alle spalle (anche sul piano del look) la disastrosa spedizione di Brasile 2014. E così, nuove maglie, nuovi pantaloncini, ma anche nuove giacche, cravatte, pantaloni e quant'altro. Roba normale. Meno, forse, lo è lo stilista che tra qualche mese vestirà gli azzurri. Mollati Dolce & Gabbana, la Figc ha scelto Ermanno Scervino. Sarto forse poco al grande pubblico se paragonato alle grandi griffe made in Italy, ma con una asso nella manica: essere fiorentino (ma va?) ed essere lo stilista preferito dei Renzi, Matteo e Agnese, la mogliettina del premier che non si perde una sfilata di Scervino oltre a indossarne i capi.

Loris, arriva la svolta clamorosa cosa ha detto Veronica al marito

Veronica Panarello ammette: "Quella mattina non ho portato Loris a scuola"




Comincia a parlare, a ricordare, Veronica Panarello. La donna accusata di aver ucciso suo figlio Loris ha incontrato il marito Davide Stival in carcere e, secondo quanto scrive il quotidiano La Sicilia, gli avrebbe detto: "Quella mattina il bambino io non l'ho accompagnato a scuola", ma poi avrebbe ribadito: "non l'ho ammazzato io. Ho un buco, mi ricordo solo questo - aggiunge - non ti basta? Ora stammi vicino...".

Stangata da 10 miliardi sui rifiuti Ecco i comuni dove si paga di più

Tari, stangata da 10 miliardi sulla monnezza


di Antonio Castro



Per essere rifiuti li paghiamo (e li pagheremo) sempre più a peso d' oro per smaltirli. Sia quelli che produciamo a casa, sia quelli che vengono realizzati nei processi produttivi delle imprese. La sostanza è che la Tari (la tassa sui rifiuti che dal gennaio 2014 ha assorbito e sostituito Tarsu e Tares) è aumentata (la media d' incremento nazionale è dell' 1,5/2%), e continuerà a crescere.

I tagli ai trasferimenti alle amministrazioni locali, l' evasione dal pagamento del tributo, e la necessità di fare cassa, hanno fatto lievitare la tariffa comunale per lo smaltimento dei rifiuti. E gli italiani negli ultimi due anni si sono trovati con una tassazione locale minore che è letteralmente esplosa: dai 60 euro che si pagano a Fermo (appartamento di 100 mq con tre residenti), agli oltre 523 euro l' anno che si sborsano a Cagliari (ed è pure scesa del 6,4% l' imposta 2015 rispetto al 2014).

Nel mezzo ci sono tutte le sfumature (e tutte le variazioni possibili). A prendersi la briga di analizzare tutte le possibili varianti dell' imposta - ripartita e aggregata per 104 province - ci ha pensato Ref Ricerche, pensatoio di analisi che ha realizzato per il Sole 24 Ore un approfondimento. L' analisi ha fatto emergere che la gestione dei rifiuti a livello nazionale (costo aggregato circa 10 miliardi), è coperto per il 99,5% dalla tassazione dei cittadini. Insomma, lo Stato ci rimette veramente poco in questo caso per sanare la differenza. Salta anche fuori che mediamente per "gestire" un chilogrammo di rifiuti sborsiamo 0,33 centesimi. Anche se la differenza tra il costo sostenuto al Nord e quello pagato nelle regioni meridionali, ovviamente, varia: al Nord - secondo l' analisi Ref - si pagano in media 30 centesimi, mentre al Centro come al Sud il costo/chilo supera i 37 centesimi di euro.

Perché, principalmente la variazione tariffaria è imputabile alla diffusione della differenziata. Nei comuni e nelle province dove è più sviluppata, spesso (ma non sempre) il costo al chilogrammo scende. A Salerno (dove la raccolta differenziata supera il 65%), una famiglia tipo paga la bellezza di 493 euro in media, non proprio un premio per uno dei pochi comuni del Sud ad avere adottato percentuali nordiche di differenziata. Insomma, il prelievo in aumento (solo una quarantina di comuni hanno deliberato riduzioni delle tariffe), nonostante la crescita della differenziata, dimostra che i sindaci usano come un bancomat - in mancanza di altre risorse finanziarie certe - anche la tassa sui rifiuti.

Se le famiglie boccheggiano tra aumenti e bollette folli, non se la passano certo meglio le imprese che - sempre stando all' analisi Ref - hanno visto crescere, e non di poco, la tariffa tra il 2012 ed oggi. E nonostante qualche limatura recente il bilanciamento tra rincari e riduzioni non basta a riportare l' imposta ai livelli di 3 anni fa.

La sostanza è che per far quadrare i conti i sindaci hanno spremuto dove hanno potuto, con un ventaglio tariffario che passa dai 2,54 euro al metro quadrato, agli oltre 18,23 euro (sempre per un metro quadrato di rifiuti). Resta da chiedersi - come hanno fatto alla Confesercenti giusto qualche giorno fa - se quest' esplosione tariffaria sia giustificata poi dall' effettivo servizio reso. Nel 2015, tanto per fare un esempio, il costo per la fornitura idrica alle famiglie è lievitato dell' 8,8% (rispetto al 2014), e in quattro anni è addirittura lievitato del 36,6%. Considerando complessivamente tutte le utenze - stima la Confederazione - quest' anno le famiglie pagheranno il 10% in più rispetto a quattro anni fa (9,6%) e lo 0,9% in più rispetto al 2014.

Per le famiglie la tassa sui rifiuti nel 2015 è salita del 2%. Il record va a Cagliari con 523 euro. A Napoli, sommersa dall' immondizia, si sborsano quasi 500 euro. Salasso in crescita anche per le aziende. Ecco l' elenco dei capoluoghiStangata da 10 miliardi sulla monnezza.

TSUNAMI FORZA ITALIA Il piano degli anti-Bologna vogliono un nuovo leader

Forza Italia, i moderati pronti a scendere in campo con Diego Della Valle




La "svolta" leghista non è piaciuta ai moderati di Forza Italia, le colombe azzurre sono sempre più attratte dal richiamo di Diego Della Valle. Aspettano e sperano nella sua discesa in campo e, stando a quanto scrive Repubblica, sarebbero già pronti alla scissione. A lui si sarebbero rivolti molti nomi in vista di Forza Italia e di Ncd, i conservatori di Fitto e il movimento di Tosi. L'obiettivo è quello di raccogliere in un'unica lista tutti quelli che non hanno approvato la scelta di Bologna. Rimproverano a Silvio di aver ceduto a Salvini e ai suoi toni che vengono considerati troppo radicale rispetto a loro che stanno su posizioni più moderate. E poi ci sono di mezzo i calcoli. Amesso anche che il centrodestra unito avrà molti voti al capo di Forza Italia spetterebbero tra Camera e Senato trentacinque posti. Troppo pochi. Per questo si guarda e si aspetta la discesa in campo di Della Valle. Il quale per ora resta fermo. Da tempo l'imprenditore marchigiano è tentato dalla politica. Ma contattato da Repubblica ha preferito non parlare.