Visualizzazioni totali

lunedì 26 ottobre 2015

Caivano (Na): Mentre il Paese muore sotto ai rifiuti, da indiscrezioni, si tumulano morti in cantieri ancora in corso d'opera (Questione di spazio?)

Caivano (Na): Mentre il Paese muore sotto ai rifiuti, da indiscrezioni, si tumulano morti in cantieri ancora in corso d'opera (Questione di spazio?)



di Gaetano Daniele



Mentre il Paese muore sotto ai rifiuti speciali e ai sacchetti della spazzatura, la politica affida piccoli lavoretti a fratelli di consiglieri comunali, a mogli di assessori ed in più, da indiscrezioni, come da foto, vengono tumulati anche morti in cantieri ancora in corso d'opera. Un fatto che se fosse confermato farebbe resuscitare anche tutankhamon. Insomma, due salme, forse di amici, in totale sfregio alle leggi vigenti, per cui si chiede anche conto alla Polizia Municipale e ai Carabinieri di indagare sull'indiscrezione lanciata da il Notiziario sul web, di come, se fosse confermato il tutto, sia possibile che si tumulino salme in un Cantiere. Insomma, si è riscontrato già, in campagna elettorale, una pseudo forma di abusivismo nell'affissione di manifesti non in appositi spazi, affidamenti diretti senza gara d'appalto (ovviamente legale) ma non in discontinuità con il passato, affidamenti a fratelli e a mogli di consiglieri comunali, appunto, continuità con il passato se non peggio, ora, se fosse confermata l'indiscrezione, anche tumulazioni abusive? Il Sindaco di Roma Marino, si è dimesso per molto meno. 

Belpietro, per la Procura di Milano pubblicare notizie è un reato

Per la Procura di Milano è un reato pubblicare notizie


di Maurizio Belpietro
@Belpietro.tweet




Per la Procura di Milano pubblicare una notizia è un reato. Anzi di più: se si racconta un illecito, verificando che qualcuno ha commesso un reato, si è colpevoli di ricettazione, violazione che il codice penale punisce con una pena da due a otto anni. È la prova che fare il giornalista è più pericoloso che fare il ladro. A rubare infatti si rischiano solo fra i sei mesi e i tre anni di carcere. Ecco forse perché i furti aumentano e le notizie sui casi scottanti diminuiscono.

Vi chiedete di che cosa io stia parlando? Lo spiego subito. Anni fa, quando dirigevo il settimanale Panorama, un tizio mi inviò una mail, scrivendo di essere a conoscenza di una serie di illegalità commesse da un importante gruppo imprenditoriale. Capita spesso che nelle redazioni arrivino segnalazioni. A volte si tratta dell’archivio segreto dello Ior (una soffiata che consentì a Gianluigi Nuzzi di scrivere «Vaticano Spa»), a volte di qualcosa che riguarda strani misteri.

Come in altri casi, diedi la mail a uno dei migliori cronisti di Panorama, per l’appunto Gianluigi Nuzzi. Il quale, dopo alcuni giorni, tornò da me dicendo che il materiale segnalato era interessante. Il collega, per convincermi che non si trattava di invenzioni, volle farmi conoscere i due signori con cui era entrato in contatto. Si trattava di addetti alla sorveglianza, di una società che aveva lavorato per i magazzini della Coop Lombardia. In breve, i due raccontarono di essere stati indotti a eseguire intercettazioni illegali all’insaputa dei dipendenti. Un’accusa grave, che però i vigilantes sostenevano con video e registrazioni. 

I due erano disponibili a raccontare tutto e anche ad autodenunciarsi, perché sapevano che senza una denuncia all’autorità giudiziaria sarebbe stato difficile accertare i fatti, ma chiedevano a Panorama una tutela legale. «La Coop cercherà di distruggerci: dateci almeno un avvocato». Richieste del genere, anche economiche, le ho sentite spesso da parte di chi intende vuotare il sacco ma ha paura di ritorsioni. Tuttavia le ho sempre respinte, perché le redazioni non sono un bancomat. I due temevano anche di perdere il lavoro e per questo mi venne l’idea di presentarli a Bernardo Caprotti, il patron di Esselunga, che conoscevo. Lo chiamai e lo incontrai. Gli spiegai soltanto che ero entrato in contatto con due tizi che facevano i vigilantes dei supermercati, chiedendogli di dar loro una mano perché erano una fonte di Panorama. Lasciai nomi e numeri di telefono, senza sapere se Caprotti avrebbe esaudito o meno la mia richiesta. 

Devo confessare che della faccenda in seguito non mi occupai perché di lì a pochi giorni lasciai Panorama, assumendo la direzione di Libero. Anche Nuzzi trascurò la questione, perché impegnato a presentare «Vaticano Spa», il libro nato da una segnalazione che, come per la Coop, mi era giunta da uno sconosciuto. E così passarono i mesi, fino a quando Nuzzi, che mi aveva seguito a Libero, tornò a parlarmi della storia delle intercettazioni abusive nei supermercati. Aveva fatto accertamenti e interviste, verificando i fatti. Risultato, decidemmo di pubblicare tutto, raccontando in più puntate ciò di cui eravamo venuti a conoscenza. Nuzzi fece anche altro: consegnò agli inquirenti il materiale raccolto.

Le indagini accertarono che le intercettazioni e le riprese televisive abusive esistevano, che qualcuno le aveva eseguite, dunque che erano stati commessi dei reati a danno dei lavoratori della Coop. Insomma, Nuzzi ed io avevamo raccontato una storia vera e fatto il nostro mestiere di giornalisti, verificando le notizie e segnalandole all’autorità giudiziaria. Non dico che ci aspettassimo un premio (quello si dà solo a giornalisti rigorosamente di sinistra, mica a gentaglia che lavora per quotidiani liberali, anzi liberi), ma certo non credevamo neppure di finire indagati con l’accusa di ricettazione e calunnia, autori secondo la tesi della Procura di una specie di complotto ordito da Caprotti ai danni della Coop. E invece è quel che è successo.

Ribadisco. Le intercettazioni c’erano. I vigilantes lavoravano per la Coop e controllavano i dipendenti della Coop su indicazioni di un dirigente dell’azienda. Tanto è vero che la persona poi fu allontanata. Ma la colpa è nostra: dovevamo tacere di fronte a un reato e far finta di niente. È la giustizia, bellezza. Se in un’azienda succede un incidente la colpa è del legale rappresentante. Se in un supermercato spiano i dipendenti, la colpa è di chi racconta i fatti, il quale, se per disgrazia ha guardato o ascoltato video e intercettazioni al fine di essere certo di ciò che scrive, è pure colpevole di ricettazione. Forse io e Nuzzi avremmo dovuto rubare qualche cosa: avremmo rischiato di meno.

Caso Stival LA MAMMA DI LORIS Un'intercettazione l'inchioda "Tu mi fai venire dei dubbi..." la confessione al marito

Veronica Panarello, intercettato il dialogo che la inchioda; "Mi fai venire dei dubbi..."




È trascorso quasi un anno dalla morte del piccolo Loris Stival, il bambino di otto anni trovato soffocato in un canalone a Santa Croce Camerina. Per la procura la colpevole dell'omicidio è la mamma di Loris, Veronica Panarello, e sulla sua colpevolezza ora pende una prova schiacciante, quella di un'intercettazione tra Veronica e suo marito, nonché padre di Loris, Davide Stival.

Il dialogo sospetto - L'intercettazione è stata pubblicata come anticipazione dal settimanale Giallo, che a sua volta si riferisce a un'esclusiva di Porta a Porta, come riporta Il Giornale. Il dialogo tra Veronica e il marito risale al 6 gennaio 2015, quando la donna si trovava già in carcere con l'accusa di omicidio. Nel corso del colloquio, il marito incalza più volte Veronica, le chiede come siano andate davvero le cose la mattina in cui Loris morì. Lei sembra negare tutto, e ripete perentoria di non essere la colpevole. Poi però, le parole la tradiscono. Quando il marito le chiede: "Loris è rimasto a casa quella mattina?", Veronica ci pensa e poi dice: "Non lo so... ora mi fai venire dei dubbi". E aggiunge anche: "Può essere che hai ragione tu, può essere che io mi ricordi di averlo lasciato a scuola e invece...". Parole queste, che potrebbero aggravare ulteriormente la posizione della Panarello. La donna infatti deve rispondere all'accusa di omicidio aggravato perché secondo gli inquirenti sarebbe stata lei a soffocare Loris, con alcune fascette da elettricista, e ad abbandonare il corpo senza vita del bambino nella zona del Mulino Vecchio, dove è poi stato rinvenuto. 

Caivano (Na): Il Mattino: "Forniture e appalti? ai parenti del Sindaco"

Caivano (Na): Il Mattino: "Forniture e appalti? ai parenti del Sindaco" 




di Gaetano Daniele



Lettera di dimissioni del segretario della Civica
"Noi insieme con Monopoli"


Il Mattino accende i riflettori sul caso Caivano

Anche il Mattino, accende i riflettori su Caivano. Forniture, appalti e parentele, questo il tema scottante che tocca ancora una volta il cuore di Caivano. Le parentele, in senso lato, possono anche riguardare appunto, fratelli, mariti o cugini di consiglieri comunali che, invece di vigilare, invece di controllare che somme urgenze, appalti diretti e indiretti avvengono e quindi affidati a familiari ed amici o ad amici di amici. Purtroppo, così non è!. Sì, potrebbe recitare la maggioranza, si tratta di poca roba, di poche migliaia di euro, oppure: ma questi fornitori, anche prima consegnavano materiale per l'Ente. Bene! Se cosi fosse, le mogli, oppure i fratelli, oppure chicchessia, dovevano restare alla larga dalle liste elettorali, o meglio, fare una scelta di campo. Accettare e continuare con le forniture all'Ente, oppure gestire gli interessi pubblici? il problema appunto, non è il quantitativo, il dilemma è che tali pratiche all'interno di amministrazioni trasparenti non devono avvenire, soprattutto da parte di un'amministrazione il cui leader, Simone Monopoli, in campagna elettorale, sventolò appunto la bandiera della coerenza e della discontinuità, facendone un vero e proprio cavallo di battaglia. E questa volta, a parlare di parentele è anche il Mattino, uno dei primi quotidiani nazionali. Non solo, proprio mentre siamo intenti a riportare la notizia che compare su Il Mattino, apprendiamo che, un altro segretario, grande sostenitore del Sindaco Monopoli, Carmine Piccirillo, nonchè segretario della Civica "Noi insieme con Monopoli", proprio stamattina, ha rassegnato le dimissioni da segretario. Piove sul bagnato, per il neo Sindaco Monopoli che, dopo neanche 6 mesi di consiliatura si ritrova a fare i conti con l'inesperienza politica, nonostante i quindici anni di attività politica, attiva. Insomma, non ci resta che sperare in un colpo di scena, anche se l'unica alternativa, pare siano subito nuove elezioni, in modo da affidare ad una vera forza politica, l'arduo compito di trainare un Paese come Caivano lontano dai mille problemi che l'affiggono. In primis, l'abnorme tegola spazzatura. 

"Ho perso mia figlia, tu non morirai" Così il carabiniere sventa il suicidio

Carabiniere salva una donna dal suicidio: "La ho convinta parlandole della morte di mia figlia"




Un appuntato dei carabinieri e una donna, di 43 anni, pronta a togliersi la vita gettandosi dal cavalcavia di una stazione: sotto, i treni che marciano tra Ancona e Falconara. Ed è stato il carabinieri, Carlo Morresi, con 20 anni di servizio alle spalle, ad evitare la tragedia e a salvarle la vita. Il militare ha parlato alla donna attraverso la grata che divide il camminamento dalla balaustra che dà sul vuoto. Parole dolci, tenere, con le quali ha convinto la donna a desistere, e a non privarsi della sua stessa vita. Quest'uomo, un eroe, è stato intervistato da Il Giorno, a cui ha spiegato: "Abbiamo parlato di Dio. Se è stato sufficiente? Certo che no. Continuavo a ripeterle che ci vuole più coraggio a vivere che a morire. Lei mi ascoltava, e mi guardava negli occhi ma non diceva una parola".

Il ricordo della figlia - Poi la donna si è girata verso il vuoto, e l'uomo prosegue nel racconto: "Le ho preso la mano, gliel'ho toccata con dolcezza. Continuava a ripetermi: E' inutile, tanto mi butto". Dunque il carabinieri le ha detto che "la vita ci mette continuamente a dura prova". Si riferiva "alla morte di mia figlia. Era il 5 giugno del 2008. Era molto giovane, in macchina, un incidente terribile dalle parti di Modena. E adesso basta che non ne voglio più parlare". La ha convinta a non buttarsi parlando della figlia, e l'appuntato lo conferma: "E' vero. Le ho detto: Oggi non morirà nessuno e sai perché? Perché oggi sarebbe stato il compleanno di mia figlia che non c'è più. E non puoi rovinarmi questo bellissimo ricordo". Parole che hanno convinto la donna, che non si è buttata. E che hanno trasformato il signor Morresi in un eroe.

Addio al salame, non lo mangeremo più La crociata dell'Onu: va messo al bando

L'Onu mette al bando il salame: "Pericolose per la salute le carni lavorate"



di Attilio Barbieri


Bacon, hamburger e salsicce, ma anche pancetta, coppa, salame e perfino prosciutto potrebbero finire all’indice. Nella lista dei prodotti pericolosi, accusati di causare il cancro. Come le sigarette. A sentenziarlo dovrebbe essere l’Organizzazione mondiale della sanità, organismo che fa capo nientemeno che all’Onu. Per lunedì, dopodomani, è atteso l’annuncio: i prodotti confezionati a base di carne rossa dovrebbero finire nella lista delle sostanze cancerogene. A far compagnia a sigarette arsenico, alcol e amianto. Nel mirino anche la carne fresca, che rischia di essere inserita nella «enciclopedia dei cancerogeni» ed etichettata come «lievemente meno pericolosa» rispetto ai lavorati industriali. A rivelarlo in anteprima è il quotidiano britannico Daily Mail che cita una «fonte interna ben posizionata» nell’Oms.

L’annuncio atteso per lunedì rientrerebbe negli aggiornamenti periodici delle linee guida che l’Organizzazione con sede a Ginevra trasmette a ricercatori e autorità competenti dei diversi Paesi.

LA RACCOMANDAZIONE
Secondo l’edizione web del Daily Mail, l’Oms potrebbe anche emettere una raccomandazione volta a inserire «avvertimenti sulle etichette dei prodotti interessati». Un po’ come quelle che già compaiono sui pacchetti di sigarette. Il giornale inglese parla di «novità potenzialmente shoccante per le catene di fast food e per l’industria della carne», dimenticando di dire, però, che i Paesi più danneggiati sarebbero Germania e Italia, ai primi posti nella classifica mondiale dell’industria delle carni lavorate.
Per quel che ci riguarda rischierebbero di finire sulla lista nera dell’Oms tutti i salumi, inclusi quelli sottoposti soltanto a salagione, come il prosciutto crudo. In compagnia di salame, coppa, pancetta, mortadella e perfino bresaola. Il risultato finale sarebbe addirittura peggiore di quello ottenuto con le etichette a semaforo introdotte lo scorso anno dalla Gran Bretagna e giudicate inammissibili dall’Unione europea.

NUOVA DIETA
In questo caso, a effettuare la riclassificazione dei componenti della dieta alimentare è l’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms, che, sempre secondo la fonte citata dal Daily Mail, avrebbe approfondito la questione «in seguito alle preoccupazioni crescenti che la carne fosse all’origine del cancro all’intestino, il secondo tipo di tumore per frequenza nel Regno Unito». Quindi fra le segnalazioni arrivate a Ginevra, tali da indurre l’agenzia dell’Onu ad assumere una decisione così gravida di conseguenze per chi consuma ma anche per chi produce, ci sarebbe anche quella di Londra.

La carne in generale contiene grandi quantità di grasso, sostengono gli inglesi, e c’è il dubbio che il composto che la rende rossa possa danneggiare lo strato interno dell’intestino: questa la motivazione all’origine della sua messa all’indice. Non migliorano la situazione, sempre secondo il Regno Unito, i trattamenti di preparazione e conservazione industriali, dalla salatura all’aggiunta di conservanti chimici, potenzialmente cancerogeni. Le stime del governo inglese indicano che, nella metà dei casi, per evitare di ammalarsi di tumore all’intestino basterebbe seguire uno stile di vita più sano, che prevede un consumo non eccessivo di carne rossa. Tesi finora con confermata da evidenze scientifiche.

Prevedibile la tempesta di polemiche che la decisione dell’organismo ginevrino potrebbe suscitare. Anche se, almeno per l’Italia, non si tratterebbe di una novità. Come non ricordare lo scontro tutto interno a Federalimentare fra i produttori di pasta e quelli di carne, per l’endorsement dell’oncologo Umberto Veronesi a favore della prima e contro la seconda.

LA POSTA IN GIOCO
La posta in gioco, almeno per l’Italia, è notevole. Sui 180 miliardi annui di valore prodotti dalla filiera agroalimentare tricolore, le carni pesano per 32 miliardi, dei quali 22 riconducibili all’industria e 10 all’agricoltura. La parte del leone spetta ai suini, con 10 miliardi, mentre bovini e pollame pesano ciascuno 6 miliardi di euro. Ad essere più colpito, a giudicare da quel che è trapelato finora, sarebbe il comparto delle carni trasformate, a cominciare dai salumi. Poco importa che nella lavorazione dei prosciutti non entri in gioco alcun conservante, ma solo il sale per il crudo e le spezie per il cotto.

Resta da capire se le indiscrezioni amplificate dal giornale britannico troveranno lunedì una conferma nelle comunicazioni dell’Oms. In quel caso, non si faranno certo attendere le prese di posizione degli operatori del settore.

La firma di Repubblica insulta la Fallaci L'incredibile frase: "Lei non ha mai..."

Natalia Aspesi contro Oriana Fallaci: "Non portava mai una notizia"




Su Repubblica compare una doppia paginata, una lunghissima intervista a Natalia Aspesi, storica firma proprio di Repubblica. "Sono cattiva, determinata e frivola. Così - spiega - ho tenuto lontano l'infelicità". Si parla di tutto, nel colloquio: della sua carriera, della politica, di cultura, della guerra. E anche dei colleghi. Su Camilla Cederna spiega: "Meravigliosa. Una generosità professionale assai rara. E ha avuto molto coraggio, nonostante gli insulti di Montanelli che poco mancava che le desse della troia". Ma il passaggio che forse più di tutti cattura l'attenzione è quello relativo ad Oriana Fallaci, per la quale la Aspesi spende parole taglienti: "Oriana, Oriana. Non si fa che parlare di Oriana. Lei era la protagonista. Quando incontrava Kissinger o Khomeini, sembrava che fossero loro a intervistarla e non viceversa. Se tu oggi rileggi i suoi pezzi ti accorgi che non c'era una notizia". Un colpo bassissimo, quello della Aspesi contro un pezzo di storia del giornalismo italiano, la Fallaci appunto, accusato di "non portare mai una notizia".