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domenica 5 aprile 2015

Il "gioco" della Boschi con Alfano: così nasce il partito di Maria Elena...

Maria Elena Boschi, le manovre del ministro con i resti di Ncd


di Fausto Carioti 


Cosa rappresenti il partito della Nazione di Matteo Renzi per il Nuovo centrodestra lo ha spiegato bene Maria Elena Boschi al nocciolo duro degli alfaniani: «Non siamo noi a cercare i vostri, sono loro a venire da noi». L’erigendo PdN è una calamita per i singoli parlamentari e una calamità per il Ncd e la sua autonomia. «Loro» sono gli esponenti di Area popolare (la sigla che unisce Ncd e Udc) che hanno già fatto la fila per presentare a Renzi la garanzia di affidabilità: se davvero Ap dovesse rompere con il premier, il suo progetto e il governo potranno comunque contare su di loro.

Devono essere stati convincenti, tanto che il presidente del Consiglio vuole mettere uno di «loro» sulla poltrona di ministro che spetta a Ncd (Affari regionali, probabilmente). Di modo che, in caso di spaccatura della maggioranza, ad andarsene sarebbero solo Alfano e pochi altri: certo non tutti i parlamentari e nemmeno il grosso dei ministri. La titolare della Sanità, Beatrice Lorenzin, ha già dovuto assicurare che le voci su un suo passaggio al Pd sono «destituite di fondamento». Convincendo alcuni nel suo partito, ma non tutti.

Si spiega con questo disegno, e non certo con la motivazione delle quote rosa, il desiderio del premier di non fare entrare nel governo Gaetano Quagliariello, preferendogli una parlamentare di Ncd. I nomi alternativi messi in giro da Renzi non tranquillizzano certo l’entourage alfaniano. Dorina Bianchi ha iniziato con il Ccd nel 2001, ha aderito all’Udc, ha proseguito con la Margherita, attraverso la quale è transitata nel Pd, per tornare poi nell’Udc, da dove è passata al Pdl, che ha lasciato per seguire Alfano. Adesso è considerata vicina alla onnipotente Boschi. «Ho sicuramente l’esperienza per fare il ministro», ha detto ieri a Repubblica annunciando la propria disponibilità, sulla quale peraltro non c’erano dubbi.

Altro nome passato da palazzo Chigi ai giornali come possibile ministro «in quota Ncd» è quello di Federica Chiavaroli. Che già appariva tra gli undici senatori di Ap che il 30 gennaio firmarono la lettera nella quale dicevano, in sostanza, che avrebbero comunque votato Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica: una prova d’amore nei confronti di Renzi, uno sgarbo ad Alfano e agli altri dirigenti, clamoroso anche perché in calce alla lettera apparivano i nomi delle due vicepresidenti del gruppo (la stessa Chiavaroli e Laura Bianconi). Un gesto che spinse il capogruppo dei senatori, Maurizio Sacconi, a dare le dimissioni.

Dopo avere svuotato Scelta Civica, Renzi si prepara insomma a fare lo stesso con Ncd. L’operazione, però, non è ancora conclusa. E che portarla a termine non sia così facile lo conferma l’allungamento dei tempi: la nomina del ministro di Ncd non avverrà prima di qualche settimana. Nella cerchia ristretta di Alfano assicurano che i nomi di chi in questi giorni ha bussato alla porta di Renzi debbono ritenersi sin d’ora depennati. «Agiremo con tutta calma e in assoluta autonomia. Se qualcuno si è offerto al Pd per fare il ministro, sappia che facendolo ha perso qualsiasi chance»: è il messaggio a uso interno inviato a chi vuole entrare nel governo grazie a Renzi e alla Boschi.

I danni che il premier sta producendo dentro il Ncd non risparmiano gli auguri. Dopo che Quagliariello, tramite il Corriere della Sera, aveva sostanzialmente dato il benservito a Nunzia De Girolamo, perché «è difficile immaginare un capogruppo dissidente», l’interessata ha twittato «sarò pure dissidente, ma mai burattino. Buona Pasqua».

Controreplica: «Rispetto le tue scelte e le loro conseguenze. Buona Pasqua». Tira le somme un sempre più disilluso Fabrizio Cicchitto: «Il problema è se si conferma l’esistenza di un governo di coalizione o se il progetto è quello di un Partito della Nazione che diventa quasi un Partito Unico...».

Quella visita di Matteo Renzi ad Arcore: "Un giorno...": la strana frase di Berlusconi

Silvio Berlusconi, il giorno in cui invitò Matteo Renzi ad Arcore: "Un giorno tutto questo sarà tuo"





Le leggi naturali della politica hanno sempre dimostrato che non esistono regali, da parte di nessuno. Ci starà pensando ormai da tempo Silvio Berlusconi guardando e riflettendosi in Matteo Renzi, un tempo suo ospite alla villa di Arcore in un incontro ampiamente raccontato dai retroscenisti quando il presidente del Consiglio era ancora sindaco di Firenze.

Dopo qualche anno ci si interroga se in quell'occasione Berlusconi avesse colto le potenzialità politiche di quel "simpatico ragazzo", definizione ricordata nella ricostruzione di Francesco Verderami sul Corriere della sera. Chissà se voleva lasciargli tutto in eredità, come i grandi possidenti di terreno che mostrano ai figli le proprietà sterminate. Di sicuro, il Cav, ci aveva visto lungo: "Un giorno tutto questo sarà tuo", disse Berlusconi a Renzi. Una frase che deve avere avuto una sorta di effetto propulsivo sul ragazzo da Rignano sull'Arno, che da allora Renzi non è stato a guardare e qualsiasi cosa si fosse imputato di prendersi, se l'è preso. Anzi oggi è diventato un polo molto più attrativo del Cavaliere, tanto da far temere una grande migrazione verso il Partito democratico dei freschi fuoriusciti Sandro Bondi e Manuela Repetti e a seguire Denis Verdini con i suoi.

Dopo l'abbandono dell'ex fedelissimo, Berlusconi ha tuonato: "Chi va via abbia la decenza di stare zitto", ha cercato di alzare i toni e riportare tutti agli ordini. Ma il tentativo è sembrato sfibrato e inascoltato. I dissidenti ed ex, vedi Angelino Alfano e Raffaele Fitto, ormai pensano in proprio, sperimentano alleanze per le prossime elezioni regionali, guardano avanti senza di lui.

Non è bastata la conferma dell'assoluzione della Cassazione a riabilitare psicologicamente e politicamente il leader forzista. Ancora senza passaporto soffre nell'attesa di tornare libero anche di candidarsi in prima persona. E non nasconde la rabbia verso Renzi che, continua Verderami, si è "rivelato uno di quelli", cioè un comunista aggiornato che però usa gli stessi metodi, forse anche meglio. Come quando fu sconfitto nel primo confronto alle primarie contro Pierluigi Bersani, mentre trovo la vittoria nella seconda occasione: "Siccome avevo capito come facevano - avrebbe detto Renzi a Berlusconi - la volta dopo li ho fregati io".

I colpi al cuore del Cavaliere non si contano più e quelli più difficili da schivare sono proprio quelli che vengono da amici e alleati. Dopo una vita passata a collezionare imprese epiche, dal Milan alla stessa Mediaset, l'ultima mazzata è arrivata da Matteo Salvini quando a proposito di una sua possibile candidatura a sindaco di Milano, il leader del Carroccio ha commentato: "Dopo Pisapia, chiunque può farlo". E di sicuro la memoria di Berlusconi sarà tornata al '92, ricorda Verderami, quando la Dc di Martinazzoli gli negò di fatto la candidatura a palazzo Marino.

Il canone Rai arriva sul cellulare: così pagherai la tassa più odiata...

Riforma Rai, il decreto legge del governo Renzi: i poteri dell'ad e il canone pagato con il cellulare





Da uomo forte a uomo forte, Matteo Renzi vuole un capo di azienda vero alla guida della Rai. Una persona sola che prenda le decisioni, certo consultando il Consiglio di amministrazione, ma con strumenti nelle mani inediti finora al settimo piano di viale Mazzini. I dettagli della riforma Rai sono tutti concentrati nei sei articoli del decreto legge renziano. Partono da nuove modalità di nomina dei consiglieri di amministrazione fino ad aprire scenari su che fine farà l'odiato canone.

La riforma - A capo della Rai non ci sarà più un direttore generale, ma un amministratore delegato. Questo potrà proporre anche la revoca di uno o più membri del Cda, passando per l'Assemblea dei soci - con il ministero del Tesoro che mantiene il 99,56% delle azioni - e incassando la valutazione favorevole della Commissione di vigilanza parlamentare. Come anticipato nei giorni scorsi, il Cda sarà composto da sette consiglieri: quattro eletti dalla Camera, due dal Senato (ma avranno voto limitato), due dal Governo e uno dall'Assemblea dei dipendenti Rai. Il Cda dovrà approvare il piano industriale, quello editoriale e tutti gli acquisti superiori ai 10 milioni di euro.

Il capo - L'amministratore delegato è eletto dal Cda su indicazione del Governo. A lui spetta il compito di nominare i direttori dei Tg, i direttori di rete e tutti i dirigenti di primo e secondo livello. Può consultare i membri del Cda sulle nomine, ma non è costretto a farlo. Il suo tetto di spesa sale a 10 milioni di euro. Un acquisto di un centesimo di più richiederebbe una gara d'appalto comunitaria, burocrazia, tempi lunghi... Sotto i 10 milioni invece l'Ad può fare quel che gli pare, affidare incarichi, appalti, servizi in base ovviamente alla convenienza per l'azienda. Rimane in carica tre anni e se venisse revocato, dovrà percepire solo tre mensilità come buonuscita.

Canone - Renzi è consapevole della impopolarità del canone Rai. Da tempo studia il modo per farlo sparire, ma senza coperture adeguate il rischio è solo quello di lasciare un gran bel buco nel bilancio dello Stato. Il decreto legge sulla Rai prevede già che entro un anno dall'entrata in vigore, dovrà cambiare la modalità di riscossione del balzello. L'idea mai del tutto smentita è quella di camuffare il canone all'interno della bolletta elettrica. L'idea è che basta un dispositivo connesso a internet o al digitale terrestre per renderlo tassato.

sabato 4 aprile 2015

Il governo italiano alza la testa Il marò non torna in India. E l'altro...

Marò, il governo italiano alza la testa: Massimiliano Latorre non tornerà in India


di Chiara Giannini 


Massimiliano Latorre non tornerà in India. Una notizia che fonti vicine alla Difesa danno ormai per certa. Per il fuciliere di Marina, alla data del 12 aprile prossimo, giorno in cui scadrà il permesso di soggiorno in Patria concesso da New Delhi per consentirgli di curarsi in seguito all’ictus che lo colpì alcuni mesi fa, il governo Renzi avrebbe infatti presentato un’istanza con cui si chiede una proroga «per motivi umanitari», esattamente come accadde lo scorso gennaio, quando la richiesta fu accordata. Latorre, infatti, non sta ancora bene. Non è in grado di affrontare un viaggio verso una terra così lontana, anche se, da uomo d’onore, non ha mai nascosto che - se gli venisse chiesto - non esiterebbe a prendere l’aereo per raggiungere Salvatore.

Massimo riserbo - L’India avrebbe già mostrato segnali di apertura, cosa che renderebbe onore al governo Modi, anche se la comunicazione ufficiale non è ancora arrivata. Le conferme che l’intenzione del governo italiano siano quelle di procedere su questa strada, arrivano anche da alcuni rappresentanti del Cocer interforze, che pur non potendo parlare dell’incontro che hanno avuto martedì scorso con il ministro della Difesa Roberta Pinotti, per essere aggiornati sulla vicenda, dichiarano: «Non è Massimiliano che deve tornare in India, ma Salvatore che deve tornare in Italia». Antonio Colombo, proprio del Cocer interforze, precisa: «Devo mantenere il riserbo, ma non vorrei che questo silenzio fosse interpretato come disinteresse, perché così non è. Da sempre siamo presenti e attenti per la vicenda dei nostri fucilieri. Noi restiamo in attesa di vedere cosa accadrà il 12 aprile, giorno in cui scadrà il permesso per Latorre, e se quanto ci è stato promesso, ovvero che Massimiliano non tornerà in India, sarà rispettato». Sulla stessa linea anche un altro collega del Cocer, Vito Alò, che ribadisce: «Se non parliamo non significa che siamo disinteressati, tutt’altro». Quasi un invito, insomma, a far lavorare chi di dovere.  D’altronde un indizio di una trattativa in corso starebbe proprio nel pressante silenzio che il governo e, in particolare, il ministro Pinotti e quello degli Esteri, Paolo Gentiloni, stanno continuando a tenere a ridosso della data del 12 aprile. Un silenzio dietro cui, lo dicono ancora fonti vicine alla Difesa, si nasconderebbe proprio la trattativa in corso anche per il possibile rientro di Girone.

La sorte di Girone - Il ministro avrebbe parlato della nuova istanza e del dialogo per una soluzione per il secondo marò per il quale, a questo punto, le cose sembrerebbero cambiare. Per il fuciliere, che trascorrerà la Pasqua assieme alla sua famiglia a New Delhi, il governo avrebbe messo in campo una serie di azioni. Voci di corridoio parlano di un negoziato e di una trattativa per il rientro veloce in Patria per motivi umanitari, viste le sue condizioni di stress psicologico. Insomma, niente arbitrato internazionale, ma un dialogo aperto tra due Paesi per una soluzione che possa mettere tutti d’accordo.  Il presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati, Elio Vito, che a inizio settimana, assieme ad altri esponenti della commissione, ha fatto visita a Taranto a Latorre, racconta: «L’ho detto subito che Massimiliano deve restare in Italia ed è semmai Salvatore che deve tornare a casa. Max è un uomo forte, anche se l’ho visto provato e a causa delle sue condizioni di salute è auspicabile che resti in Italia. Potrà iniziare a star meglio solo quando troverà la dovuta serenità. Stessa cosa - continua - vale per Salvatore, le cui condizioni di stress sono alte. Da precisare che hanno già scontato una pena di oltre tre anni per un reato che non hanno commesso. È l’ora che tornino entrambi in Patria».  E anche l’ammiraglio Guglielmo Nardini, presidente dell’associazione Leone di San Marco se lo augura: «Sono già tre anni che dovevano essere qui, invece finora ci sono state solo chiacchiere che non hanno portato a niente. Noi non abbiamo più fiducia in quelli che dovrebbero essere coloro che curano i nostri interessi. Noi non siamo informati su cosa stia facendo il governo, ma posso assicurare che Massimiliano in India non ci tornerà. Siamo disposti anche a incatenarci ai cancelli d’imbarco, se la cosa dovesse accadere. E anche Salvatore deve essere riportato a casa, prima possibile. Perché sono innocenti e non esiste capo d’accusa». Il silenzio dietro cui si sta trincerando il governo Renzi, per una volta, pare si possa interpretare come un segnale di «lavori in corso». La speranza è che non si tratti del solito falso allarme.

L'ira del Cav: "Chi è andato via stia zitto" Bondi sbotta: "Che miseria"

Forza Italia, Silvio Berlusconi sui fuoriusciti dal partito: "Dovranno fare i conti con la propria coscienza"





Scoppia la rissa a distanza tra Silvio Berlusconi e Sandro Bondi, dopo che l'ex ministro ha deciso di lasciare Forza Italia con la compagna Manuela Repetti. Berlusconi approfitta dello scambio degli auguri di Pasqua per sferrare qualche colpo a dissidenti e fuoriusciti. Nella testa dell'ex presidente del Consiglio ci sono innanzitutto le tensioni nel partito forzista per le alleanze in vista delle elezioni regionali. Fittiani e verdiniani scalpitano da tempo, il Cavaliere prova ancora una volta a dettare la linea: "Stare in un movimento politico - ha detto - significa accettarne le regole, discutere liberamente, e poi collaborare lealmente alla linea che la maggioranza ha deciso. Solo a queste condizioni Forza Italia può continuare ad affrontare con successo le sfide che ci attendono nell’immediato e nel futuro"

I transfughi - Non è morbido Berlusconi quando accenna a chi ha deciso di lasciare Forza Italia. Il riferimento è fin troppo scontato a Bondi e alla Repetti: "Anche chi per ragioni personali ha abbandonato Forza Italia - ha detto il Cavaliere - venendo meno al mandato degli elettori, dovrebbe fare i conti con la propria coscienza restando almeno in silenzio". La linea sulla comunicazione non cambia rispetto al passato, divisioni e polemiche non fanno bene all'immagine del movimento, perché: "viene enfatizzata dai nostri avversari, ai quali non sembra vero di poterci attaccare ed indebolire. E lo fanno anche con le tante notizie false che pubblicano sui loro giornali".

La reazione - A stretto giro Sandro Bondi ha smesso i panni del conciliatore per rispondere direttamente all'invito a tacere fattogli da Berlusconi: "Sono costretto a rompere il silenzio che mi ero imposto, prendendo atto che al contrario il presidente Berlusconi non ha evidentemente alcuna intenzione di custodire almeno un lungo rapporto di collaborazione e di amicizia". Non saltano solo i rapporti politici, ma amicizie ventennali che sembravano granitiche. Dal canto suo Bondi sembra esasperato: "La senatrice Repetti e io - ha aggiunto - abbiamo subito in questi giorni attacchi personali, quasi un linciaggio, che hanno confermato la miseria morale e politica di Forza Italia e la giustezza delle nostra decisione".

La crisi - Che ci sia una questione da risolvere dentro Forza Italia comunque non può negarlo neanche Berlusconi. Il problema irrisolto però rimane l'analisi delle cause: "Anche in Forza Italia - ha aggiunto - stanno emergendo le patologie della vecchia politica politicante: quelle del protagonismo, della rissosità e del frazionismo. Qualcuno ha dimenticato la lealtà nei confronti degli elettori ed anche il rispetto per chi lavora ogni giorno, in condizioni non facili, per far funzionare Forza Italia nel miglior modo possibile".

"Campi di concentramento, botte, torture Quello che non sapete su Scientology..."

Scientology, il controverso documentario sulla setta: "Campi di prigionia, stanze delle punizioni, botte e torture"





Alex Gibney, un celebre regista statunitense, ha realizzato il suo ultimo lavoro. Subito dopo la messa in onda, le polemiche. Si tratta del documentario Going Clear: scientology and the prison of belief, che racconta la storia della setta attraverso le testimonianze di alcuni ex credenti. In particolare il fondatore, L. Ron Hubbard, e Tom Cruise, il più famoso fra gli adepti, non ne sono usciti bene, tanto che gli avvocati gli avvocati dell'organizzazione religiosa hanno ingaggiato un'aspra battaglia legale per evitare ulteriori trasmissioni del documentario, andato in onda sulla rete televisiva HBO. Going Clear è tratto dal libro dello scrittore Lawrence Wright.

Campi di prigionia e torture - Nel documentario gli ex affiliati parlano di veri e propri campi di prigionia nei terreni di proprietà della chiesa nel deserto californiano. Secondo l'ex membro Sylvia Taylor se si finisce in uno di questi campi si è costretti a lavorare per trenta ore di seguito con solo tre ore di pausa a notte. Mentre gli "schiavi" muovono giganti macigni e costruiscono oggetti, vengono indottrinati con la di Scientology e dell'alieno Xenu. In questi campi esisterebbe anche un luogo ancora peggiore, il cosiddetto “buco”. Qui i comandanti della Sea Org, il gruppo paramilitare della setta, interrogano le persone che sono ritenute dubbiose sui proclami di Hubbard. Oltre a venire malmenate, le persone - sempre secondo il documentario - sarebbero costrette a pulire i pavimenti con la lingua.

Sea Org e le star affiliate - La Sea Org avrebbe inoltre il compito di indagare sulla vita degli affiliati: devono scovare gli adepti incerti e soprattutto controllare che ognuno di loro abbia interrotto i rapporti con parenti e amici non affiliati. I seguaci sarebbero anche costretti a vedere di continuo i video dove il fondatore e i vip della setta come Tom Cruise e John Travolta parlano dei benefici e della storia di Scientology. Non è possibile fare domande né abbandonare la visione, pena una sosta nel “buco”.

Toghe stendono Matteo Renzi: quel sondaggio che fa paura (a lui)

Sondaggio Ixe per Agorà: le inchieste fanno male al Pd di Renzi





Sono lontani, lontanissimi, i tempi in cui Matteo Renzi era al massimo del gradimento, quando era stato incoronato alle Europee con un incredibile 40.8%. Le recenti inchieste giudiziarie, ultima quella sulla metanizzazione dell'Isola di Ischia, che hanno coinvolto esponenti del Pd hanno indebolito il premier, almeno secondo i risultati emersi dal sondaggio Ixé per Agorà. Il 72% degli intervistati ammette che i guai giudiziari pesano in cabina elettorale. Il gradimento di Renzi scende sotto il 40% (è al 39%) mentre rimane stabile ormai da un mese la fiducia nel governo al 32%. Il politico più amato dagli italiani è Sergio Mattarella, con il 70% al terzo posto si colloca Matteo Salvini con il 22% (-1 punto), seguito da Silvio Berlusconi al 16% (+1 punto) e da Beppe Grillo al 15% (+1 punto). Stesso trend alla domanda: “Chi invitereste al pranzo di Pasqua?”. Il 25% risponde Matteo Renzi, il 17% Silvio Berlusconi mentre un 10% vorrebbe Beppe Grillo o Matteo Salvini. Il 38%, ovvero la maggioranza degli intervistati, non si esprime o non inviterebbe nessuno di loro. Per quanto riguarda i partiti, il Pd perde mezzo punto in una settimana toccando il 38,4%, il Movimento 5 Stelle sale dello 0,2% (18,7%) mentre la Lega Nord perde lo 0,2% (13,5%). Forza Italia, intanto, arriva al 12,9% mentre il dato sull’affluenza alle urne scende di oltre 4 punti (da 65,5% a 61,1%).