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sabato 24 gennaio 2015

Islam, rivolta nel carcere di Padova "Viva l'Isis": due poliziotti feriti

Islam, rivolta nel carcere di Padova inneggiando ad Allah e all'Isis. Feriti due poliziotti





Poliziotti aggrediti, invocazioni ad Allah, manifestazioni di solidarietà e sostegno all'Isis: dal carcere Due Palazzi di Padova arrivano segnali preoccupanti sul fronte del terrorismo islamico. Cosa è successo l'ha denunciato oggi il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, per voce del leader Donato Capece. "Nella sezione detentiva regolamentata dalla vigilanza dinamica, che permette ai detenuti di girare liberi buona parte del giorno e che per questo presenta livelli minimi di sicurezza, si respirava alta tensione, con atteggiamenti palesemente provocatori da parte di buona parte dei detenuti verso i poliziotti", spiega Capece.

Un attacco organizzato - "Qualcosa 'bolliva in pentola'", puntualizza il segretario del Sappe, "tanto che all’atto dell’ingresso nel Reparto detentivo di due poliziotti penitenziari questi sono stati aggrediti e feriti senza alcuna giustificazione e le cose sono drammaticamente degenerate con urla e grida, evidentemente sintomo dell’avvio di una protesta dei ristretti. Molti di questi, di origine araba, inneggiavano ad Allah e all’Isis, il gruppo islamista tristemente noto, ed è un particolare, questo, assai preoccupante". "Solo il massiccio intervento di altri poliziotti penitenziari in servizio in carcere ma anche liberi dal servizio e presenti nella caserma del penitenziario", ha continuato Capece, "ha permesso di garantire l’ordine e la sicurezza ed ha impedito più gravi conseguenze. Era comunque qualcosa di organizzato, visto che sono stati rinvenuti bastoni e coltelli artigianali. Ai due colleghi feriti, ricorsi alle cure del Pronto soccorso, va la nostra piena solidarietà, ma il protrarsi di eventi critici nella Casa di reclusione di Padova sono un grave segnale di tensione. E le manifestazioni di solidarietà e sostegno al gruppo islamista dell’Isis da parte dei detenuti arabi sono inquietanti e preoccupanti".

L'ultimo episodio di una serie - Quello che è successo ieri è pero solo l'ultimo di una serie di episodi allarmanti. Altri agenti sono stati aggrediti nelle scorse settimane nel carcere di Padova dove sono stati ritrovati più telefoni cellulari nelle celle della Casa, ma soprattutto scattano continuamente delle risse. E' per questo che il Sappe, chiede al Ministro della Giustizia Andrea Orlando e al Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo "urgenti provvedimenti a tutela dei poliziotti penitenziari che lavorano nella Casa di Reclusione di Padova e della stessa vivibilità nella struttura detentiva", puntando il dito contro la solidarietà dei detenuti arabi verso l’Isis e ricordando che "indagini condotte negli istituti penitenziari di alcuni paesi europei tra cui Italia, Francia e Regno Unito hanno rivelato l’esistenza di allarmanti fenomeni legati al radicalismo islamico.

Luce, telefono, assicurazione: come risparmiare 500 euro l'anno

Consumi, cambiando gestore di luce, telefono, assicurazione si risparmiano 500 euro l'anno. Ecco come si fa





Con la switching economy si può risparmiare fino a 500 euro l'anno tra luce, gas, Adsl e pay-Tv. Altri 290 euro l'anno si possono recuperare dall'assicurazione. Cosa significa switching economy? L'espressione è stata coniata dalla società di consulenza Accenture per indicare il cambio di operatore in un determinato servizio e in Italia, nel 2013, ha interessato il 60% dei consumatori. "La telefonia, ma anche i mercati di luce e gas", spiega Letizia Venturini, amministratore delegato di mybest.it al Venerdì di Repubblica, "sono i settori più dinamici".

I conti - Il rispamio che si può ottenere comparando le tariffe più adatte al proprio stile di consumo è, sottolinea Venturini, "circa 9 al mese di luce, 7 euro di gas, 15 di Adsl e 10 per la pay-tv" che in un anno fanno appunto circa 500 euro. Se a questi si aggiungono i 290 euro l'anno quantificati da Emanuele Anzaghi, vicepresidente di segugio.it, è evidente come la switch economy sia un valido strumento che le famiglie possono usare in periodi di crisi come questi. Certo, non è sempre facile districarsi tra le minuzie dei contratti di fornitura, che per altro spesso impongono ai sottoscrittori dei periodi obbligati di fedeltà, pena il pagamento di penali. Ma tentare, o affidarsi a degli esperti, ne vale la pena.

Pd, è già tutto pronto per la scissione: ecco il nome del partito dei bersaniani

Pd, Bersani e i suoi hanno già depositato i simboli della scissione: "Italia bene comune"

di Elisa Calessi 



L’idea è tutta sua. E giura che no, non c’è dietro lo zampino di Pier Luigi Bersani. Il quale, però, quando lo ha saputo, ha fatto uno di quei suoi sorrisi che servono a nascondere (ma non troppo) quello che pensa. L’idea è di depositare il marchio “Un altro centrosinistra, Italia Bene Comune”. E ad averla, concretizzandola con un atto formale, è stato Giacomo Portas, deputato eletto nelle liste del Pd, molto amico di Bersani,segretario dei Moderati, partito creato nel 2005 e presente in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Sicilia. Di lui si è parlato poco tempo fa per un’intervista in cui, a prova di come la misura degli 80 euro è pensata male, rivelava che sono stati dati anche a sua moglie. Il nome che Portas ha depositato, “Un altro centrosinistra, Italia Bene Comune”, richiama la sigla della coalizione con cui Bersani si presentò alle elezioni politiche del 2013, formata da Pd, Sel, Centro democratico e, appunto, i Moderati. Per tutelarlo si è rivolto alla Jacobacci&Partners, la più grande società italiana specializzata in proprietà intellettuale. 

Non che sia in vista una scissione nel Pd. Tutti,almeno, la smentiscono, a cominciare da Bersani. Lo stesso Portas si affretta a spiegare che non c’è alcun progetto, niente di niente. Però non si sa mai. Poniamo si vada a votare prima della fine della legislatura con il Consultellum, che è un proprozionale puro. Poniamo che la frattura interna al Pd si approfondisca, che le remore degli azionisti della “ditta” vengano meno. Chi lo sa. «Intanto il marchio è lì ed è tutelato», dice Portas, con un’espressione furbesca che lascia intendere più di quanto non si dice. Racconta poi che, incontrando Renato Brunetta in un corridoio di Montecitorio, gli ha detto, facendolo ridere: «Ho saputo che volete candidare un moderato. Io, comunque, non sono disponibile». Facendosi serio, spiega a Libero, lui che si definisce un grande amico dell’ex segretario, come vede la situazione: «Bersani e Renzi dovrebbero chiudersi dentro una stanza e darsele finché non trovano una sintesi. Oppure dividersi». Perché questo tirare la corda senza mai spezzarla, ma abbastanza per paralizzare la situazione, non porta a niente. Bersani, ieri, gettava acqua sul fuoco: «La situazione è molto meglio rispetto al 2013. Io non la vedo difficile, non capisco chi la vede male». E le tensioni sull’Italicum non pregiudicano nulla. «Il Quirinale è un’altra partita».

In pochi, però, sono così ottimisti. Al Senato anche ieri sono volati gli stracci tra maggioranza e minoranza. I renziani parlano di «situazione balcanizzata». Soprattutto, come si è visto dalla riunione dell’altro giorno, nella minoranza, divisa in almeno cinque anime con cinque strategie diverse. Il che è un elemento di forza per gli uomini del premier, ma anche di debolezza perché rende più difficile trovare un candidato che tenga unito tutto il Pd. Restano alte le quotazioni di Anna Finocchiaro, per quanto il bersaniano Nico Stumpo, con qualche malizia, ieri notava: «Io la voterei, bisogna vedere se farebbero altrettanto quelli che l’hanno attaccata sull’Ikea», riferendosi ai renziani e alla polemica sulla scorta che accompagnò Finocchiaro a fare spesa. L’ex magistrato, capo dei senatori Pd, non è la prima scelta di Renzi, ma potrebbe farsela andare bene se è il nome capace di raccogliere più voti. E sulla carta così pare. Potrebbe ridurre il dissenso del Pd (è dalemian-bersaniana, è gradita a Napolitano), prendere voti in Fi (da sempre non dispiace a Berlusconi) e persino nella Lega (ha un buon rapporto con Calderoli). Nell’universo renziano ha come sponsor il ministro Boschi, con cui ha un ottimo rapporto. Renzi potrebbe passare sopra i propri dubbi, fregiandosi di essere il primo a mandare sul Colle una donna. 

Giovedì, però, un altro nome è ritornato in campo. Quello del sottosegretario Graziano Delrio. Nel pomeriggio Renzi ha fatto il punto a Palazzo Chigi con la delegazione del Pd che si occupa del Quirinale (Debora Serracchiani, Lorenzo Guerini, Matteo Orfini, Luigi Zanda e Roberto Speranza). Ufficialmente si è solo confermato il metodo deciso. Sta di fatto che ieri ai più stretti collaboratori il premier ha chiesto di «vagliare seriamente» le chance di Delrio. Di «sondare», dentro e fuori il Pd, quanti voti avrebbe. Un’operazione, questa, che viene fatta ogni giorno per ciascun nome con contatti informali condotti da Guerini e Lotti. E alla fine Renzi deciderà su chi puntare. Resta il fatto che più ci si avvicina al D-Day, più è rilevante la scelta del nome su cui sondare. Delrio, che ha l’handicap di essere considerato troppo vicino al premier, potrebbe essere quello che gli uomini di Renzi chiamano «il candidato della quinta votazione». Cioè la carta di riserva se quella giocata in prima battuta venisse impallinata. Un’ipotesi che rivela la difficoltà della situazione. Non a caso è possibile che l’assemblea dei grandi elettori sia rinviata di 24 ore e convocata la mattina del 29 (le votazioni iniziano alle 15).

venerdì 23 gennaio 2015

"Miracolo" in convento: suora di clausura in ospedale col mal di pancia, partorisce

Suora di clausura va in ospedale col mal di pancia, partorisce un bambino





Un intero convento è sotto choc. Una suora di clausura delle Marche, va in ospedale per forti mal di pancia. E qui, al reparto di ostetricia e ginecologia del "Bartolomeo Eustachio" di San Severino Marche, partorisce un bebé- E' stata ta un'ecografia che ha svelato immediatamente il mistero: la suora di clausura è stata mandata in fretta e furia al reparto di ostetricia, con un po' di naturale imbarazzo. A accompagnarla in ospedale le consorelle che pensavano a un semplice ma di pancia.  La suora è una sudamericana molto giovane arrivata in monastero nel giugno scorso. Il parto è avvenuto tra martedì e mercoledì.

Ecco come la Merkel ha fregato l'Italia e (pure) Mario Draghi

Così la Merkel ha fregato Draghi e l'Italia





Al di là degli immediati benefici dei 1000 miliardi di euro in arrivo dopo la decisione della Bce di Mario Draghi, (si spera in una ripresa dei consumi)  questa decisione - scrive Federico Fubini su Repubblica - potrebbe sul lungo periodo, trasformasi in un "peso" per i Paesi meno forti dell'Europa. E questo perché non c'è condivisione di bilancio e il rischio di insolvenza di Stato è stato rinchiuso nei silos nazionali. Il messaggio (neanche troppo implicito) è che si crede che quel default possa davvero avvenire. "La Bundesbank è riuscita a segregare tutti i bond sovrani più vulnerabili entro le rispettive banche centrali": è chiaro quindi che ai mercati è passato il senso di questa decisione, cioè che perfino la Banca Centrarle Europea non si fida del debito italiano. In caso di  crisi del debito sovrano, il singolo Stato dovrà ricapitalizzare la propria banca centrale, anche se per farlo potrà accedere ai programmi di aiuto comunitari. L'Europa ha dimostrato ancora una volta di non avere un'unica politca economica, fiscale e monetaria. 

La fregatura - Quindi, fa notare Fubini, passata l'euforia per l'ondata di liquidità in arrivo, gli investitori non possono non ripensare che l'Eurotower preferisce stare alla larga dal debito dei vari Paese. Inclusa l'Italia. Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco lo ha capito perfettamente, ma alla fine non ha votato controla decisione  anche perché il consenso era talmente ampio che non c'è stato un vero e proprio voto. Dalle indiscrezioni è emerso che Visco si era opposto a questa soluzione, ma alla fine ha prevalso la linea tedesca: niente solidarietà, nessuna disponibilità ad "accolarsi" i debiti altrui. 

LE INVASIONI RENZIANE Ecco quante volte va in tv Matteo

Altro che par condicio, queste sono le invasioni renziane

di Franco Bechis 



Matteo Renzi ha occupato i telegiornali italiani come non era riuscito a fare nemmeno il Silvio Berlusconi dei tempi d’oro, e i dati dell’Autorità di garanzia nelle comunicazioni relativi al mese di dicembre 2014 mandano clamorosamente in soffitta regole e costumi dell'era della par condicio televisiva. Ad essere censiti sono state tutte le edizioni di 4 tg Rai (compreso Rainews), 4 tg Mediaset (compreso Tgcom24), il tg di La7 e quello di SkyTg24. Ai fini della par condicio è stato considerato il dato più rilevante, che è il tempo di parola: quello durante il quale i Tg aprono i loro microfoni a favore dei protagonisti della politica o comunque riportano loro dichiarazioni dirette. Esiste anche il tempo di notizia, ma il dato è più falso: viene addebitato a un politico o a un partito anche quando è oggetto di un fatto negativo (indagine su tizio o caio, polemica su...) e addirittura quando qualche avversario sparla di lui. Fatta questa precisazione, i dati di dicembre sono da record storico: la sola persona del premier Renzi batte tutte le altre forze politiche in 3 tg su 10 (Tg1, Tg2 e Tgcom24). 

È secondo in 4 tg su 10 e terzo negli altri tre. Il partito guidato da Renzi- il Pd- è primo per dichiarazioni (di tutti meno Renzi e i suoi ministri) in 4 testate su 10 (Tg3, Tg5, Tg La7 e Skytg24), secondo in altre quattro testate e terzo nelle rimanenti due. I ministri del governo Renzi sono in cima alla classifica su Rainews, e terzi in quattro tg sui dieci totali. Forza Italia che su alcuni notiziari è praticamente scomparsa (quinto partito al Tg1, sesto su Rainews e Skytg24, settimo sul Tg La7), recupera però nei notiziari delle tv controllate dal suo leader, Silvio Berlusconi: è il primo partito sul Tg4 e su Studio Aperto, il secondo sul Tg5 e su Tgcom24. Quel primato casalingo è però dimezzato dal fatto che Tg4 e Studio Aperto sono i notiziari che in assoluto dedicano meno spazio alla politica: un'ora e 46 minuti in un mese il primo, e un'ora e quattro minuti il secondo. Il Tg tradizionale che vi dedica più spazio è invece quello di Enrico Mentana: 11 ore e 50 minuti. Alle sue spalle il Tg5: 4 ore e cinque minuti. Poi il Tg1: 2 ore e 59 minuti. Il Tg3 segue con 2 ore e 18 minuti e il Tg2 chiude la classifica dei notiziari tradizionali dedicando alla politica 2 ore e 8 minuti. Superiore ovviamente il peso nelle testate all news, che vanno in onda tutto il giorno. Skytg24 ha dedicato alla politica 34 ire e 29 minuti nel mese di dicembre. Rainews 31 ore e 42 minuti, e Tgcom24 6 ore e 25 minuti. 

Pur tenendo conto del peso degli spazi che è importante, la par condicio è interpretata in modo assai libero e sorprendente soprattutto sulla Rai. Al Tg1 la maggioranza di governo ha 2,6 volte più spazi dell'opposizione. Al Tg2 la coalizione Renzi vale 1,80 volte la somma di tutte le opposizioni possibili. Al Tg3 il rapporto è 2,08 a uno. Al Tg5 1,61 a uno. Al Tg4 1,11 a uno. Al TgLa7 2,32 a uno. La testata meno renziana è Studio Aperto, dove la maggioranza di governo vale meno dell'opposizione: 0,69 a uno. Le due testate più renziane, quasi bulgare, sono Skytg24, dove la maggioranza vale 3,89 volte l'opposizione, e Rainews dove il rapporto è appena inferiore: 3,86 a uno. Tutto questo considerando che Forza Italia sia un partito di opposizione, cosa che non è particolarmente evidente dal contenuto delle dichiarazioni e interviste politiche normalmente rilasciate. Fuori dalle reti Mediaset il principale partito di opposizione è il Movimento cinque stelle, che ottiene più del 13 per cento di spazio sul Tg2, il Tg3, il TgLa7 e Skytg24. Risicati gli spazi informativi ottenuti dalla Lega Nord in Rai: 3,25% sul Tg1; 3,46% sul Tg2; 3,46% sul Tg3 e 2,86% su Rainews. Su Mediaset numeri ancora più risicati, salvo che sulla testata ammiraglia, il Tg5, dove la Lega raggiunge il 5,24%. L'unico ad avere capito subito l'interesse del pubblico per Matteo Salvini però è stato Mentana, che gli ha dato il 6,59% del tempo dedicato alla politica.

De Benedetti è già stufo di Renzi Ecco dove sposta la residenza fiscale

De Benedetti sposta la residenza in Svizzera





Avanti e indietro. Carlo De benedetti continua la sua spola tra l'Italia e la Svizzera, Paese del quale ha la cittadinanza dal 2009.  Come riporta il sito di news e gossip Dagospia, il presidente del gruppo Espresso ha sempre considerato la Confederazione elvetica come una seconda patria: da quindici anni ha  casa a Sankt Moritz e in varie occasioni ha raccontato che la Confederazione gli ha "salvato la vita" due volte. La prima da ragazzino, durante le persecuzioni razziali contro gli ebrei, e la seconda volta durante gli anni del terrorismo e dei rapimenti.Sorgenio è tornato svizzero, a sorpresa. Nel 2010 era ritornato “italiano”, anche a seguito di varie polemiche, prenendo la residenza a Dogliani in Piemonte. Ora il nuovo dietrofront all'alba degli ottant’anni.