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domenica 18 gennaio 2015

Il padre spalleggiatore: "Vanessa non si deve scusare"

Vanessa è arrivata a casa, il padre: "Non ha nulla di cui scusarsi"





Una sciarpa in stile kefiah al collo, capelli sciolti e lo sguardo timido davanti alle telecamere: Vanessa Marzullo è tornata a casa. Ma le polemiche sulle due ragazze rapite da Al Nusra non si sono spente soprattutto dopo le indiscrezioni che parlano di un presunto riscatto da 12 milioni di euro pagato dal governo per la loro liberazione. "Ringrazio tutti, ringrazio tutte le persone che hanno lavorato per il nostro rilascio e chi ha pregato per noi", le poche parole che sussurra accanto alla madre. È arrivata nell’abitazione del papà Salvatore, a Verdello, in auto, alle 14.44. Il padre Salvatore al volante, il fratello Mario seduto davanti e lei dietro con mamma Patrizia. La ragazza si è affacciata un istante solo per salutare i giornalisti e le persone che la aspettavano fuori.

"Niente scuse" - E a parlare con i giornalisti c'ha pensato il padre che è voluto tornare su quelle "scuse" fatte dalle due ragazze, soprattutto da parte di Greta agli italiani: "Non ci ha chiesto scusa, perché non ha nulla di cui scusarsi", ha detto il padre, Salvatore, subito dopo il suo arrivo. "L’ho trovata bene e non ha subito violenze - ha aggiunto -. Si è dunque trattato di una brutta storia fortunatamente a lieto fine. Ora ha bisogno di qualche giorno di tranquillità. Anche a noi non ha ancora raccontato i dettagli. Ringrazio di cuore tutti quelli che ci sono stati vicini in questi mesi e in questi ultimi giorni, dal governo ai nostri vicini". Infine Salvatore Marzullo afferma: "Mia figlia ha fatto una cosa pericolosa ma non sbagliata".

"Forte forte forte"? No, male male male. Ecco perché Raffaella Carrà torna, vince ma fa flop (e sul web piovono sfottò...)

Forte forte forte, il talent di Raffaella Carrà vince la gara dello share ma non sfonda





La Raffa nazionale vince la gara dello share ma non sfonda. Forte forte forte, nuovo talent musicale di Raiuno condotto da Raffaella Carrà, incassa 3,8 milioni di spettatori realizzando uno share del 15,52 per cento. Numeri buoni, ma non eccezionali soprattutto considerando due fattori. Il primo è la concorrenza, praticamente nulla, sugli altri canali. Secondo quanto riferisce il sito specializzato davidemaggio.it, infatti, i rivali risultano staccatissimi ad esclusione di Senza Identità su Canale 5 (3,4 milioni di spettatori). Secondo punto: il costo della produzione dello show, che secondo Dagospia ammonta per viale Mazzini tra il milione e il milione e 300mila euro a puntata, di cui 800mila euro per le sole scenografie. E se alla prossima puntata la Carrà avrà contro Scherzi a parte di Paolo Bonolis, suggerisce malizioso Dago, lo share colerà a picco, intorno al 10 per cento. Insomma, il debutto non sarà stato "un fallimento mostruoso", come scrive Dagospia, ma di certo non è stato un trionfo. E a testimoniarlo ci sono i commenti ironici e velenosi su Twitter di molti telespettatori vip, a cominciare da Selvaggia Lucarelli e Alessandra Menzani. 


Selvaggia Lucarelli @stanzaselvaggia

Vedo Forte forte forte, ho girato per un attimo su #quartogrado  e mi è sembrata sperimentazione. #forteforteforte
22:02 - 16 Gen 2015


alessandra menzani @AMenzani

La Carrà andava tanto bene a #TheVoice invece no, ha voluto rovinarsi gli ultimi anni di carriera. Bella mossa.  #forteforteforte
16:41 - 17 Gen 2015

Io giornalista all'assemblea "pacifica": minacce e perquisizioni dagli antagonisti

Milano, io giornalista all'assemblea "pacifica" degli antagonisti No Expo: minacce e perquisizioni

di Marianna Baroli 



No Expo fa rima con violenza. La pacifica riunione che si è tenuta ieri nei locali occupati di via Mascagni 6 a Milano è il pretesto perfetto per due cose: fumare marijuana e cacciare persone scomode, come i giornalisti. I tanti attesi e annunciati workshop tematici hanno riunito solo una manciata di persone. Il motivo? "Li hanno organizzati troppo presto, siamo stanchi dalla festa di ieri". A parlare è uno dei giovani del centro sociale il Cantiere che ammette di sfruttare la giornata per "stare con gli amici a chiacchierare". E il tema principale, il far conoscere perché Expo 2015 è e sarà un male per Milano? "Boh", ci risponde il ragazzo allontanandosi. I No Expo hanno tutti una ventina d'anni, sono giovani, poco ferrati in materia di Esposizione Universale. A far discutere, più che Expo, oggi è Giuliano Pisapia. Il sindaco, da molti, viene chiamato "il traditore". "Ora dice che bisogna rispettare le regole", ridono alcuni ragazzi del Lambretta scuotendo il capo. "Ci hanno lasciati fuori dalla Statale ma non ci faranno di certo stare zitti", annuncia una voce forte al microfono. Lui, ci dicono, è uno dei leader No Expo. Dopo un breve dibattito senza contenuti sul perché loro siano No Expo, la rivelazione: "In mezzo a noi ci sono giornalisti, li invitiamo a lasciare lo spazio". Poi, la presa di posizione. Ci fermano, sequestrano il cellulare. "Questo non ve lo ridiamo più", ci dicono, con fare minaccioso: "O cancellate tutto quello che avete registrato, o questo rimane a noi". Decidiamo di sbloccare il telefono, personalmente ci cancellano ogni traccia di immagine dagli album fotografici e poi, constatato che del loro incontro non ci sia più traccia, ci accompagnano all'uscita. "Se volete le foto, cercatele altrove". Ma quello di oggi, dopotutto, doveva essere un incontro pacifico.

Vanessa e Greta, non solo riscatti: così i jihadisti hanno fatto soldi

Vanessa e Greta, non solo il riscatto: Is e Al Qaeda fanno soldi pure col pizzo delle Onlus

di Francesco Borgonovo 



Dicono che a vent'anni è giusto inseguire ideali, anche lontano da casa, anche mettendosi in pericolo. Dicono che per la solidarietà e la carità cristiana si va anche a rischiare la vita. Come no. Ma almeno che si sappia per che cosa la si va a rischiare. A chi si fa veramente del bene. E la realtà, purtroppo, è che i cooperanti che dall'Europa o dagli Usa vanno in Siria e in Iraq (ma anche in altri Paesi) fanno prima di tutto il bene dello Stato islamico e di al Qaeda. Per spiegare come, basta raccontare questa vicenda.

Nel dicembre 2013, il think tank britannico Overseas Development Insitute ha svelato che alcune associazioni umanitarie che operavano in Somalia nel 2011 hanno pagato i combattenti di al-Shabab, gruppo jihadista affiliato ad Al Qaeda. A quanto pare, il gruppo chiedeva alle associazioni umanitarie una sorta di tassa di registrazione di 10mila dollari. Non solo: al-Shabab insisteva per monopolizzare la distribuzione di aiuti, ovviamente tenendone per sé una buona parte. 

Insomma, gli occidentali giunti sul posto finanziavano i terroristi già solo con la loro presenza. Una inchiesta condotta da Jamie Dettmer del DailyBeast ha dimostrato che cose del genere accadono anche nello Stato islamico. In Siria continuano ad arrivare aiuti umanitari, per lo più cibo e medicinali, che ovviamente sono diretti alla popolazione civile. Nel 2013 ci furono casi di polio nella zona di Deirez-Zor in Siria. La World Health Organization ha fatto sapere che le vaccinazioni sono state condotte da operatori sanitari locali del territorio governato dallo Stato islamico. Questo significa che, grazie agli aiuti e ai volontari internazionali, gli uomini del Califfo possono dimostrare alla popolazione locale di occuparsi del loro benessere, per poi vantarsene nelle loro pubblicazioni di propaganda. Alcuni operatori umanitari hanno raccontato che l’Is impone a tutte le Ong di includere nel proprio staff persone approvate dal Califfato. "C'è sempre qualcuno dell'Is sul libro paga", ha spiegato un operatore al Daily Beast. "E quando viene preparato un convoglio, bisogna negoziare con loro su come questo deve procedere. Loro contattano gli emiri e stabiliscono un prezzo". E le Ong pagano. Racconta un altro operatore umanitario: "Qualche mese fa abbiamo consegnato una clinica mobile a una Ong finanziata dall'Agenzia per lo sviluppo americana. (...) La clinica era destinata a trattare civili, ma sappiamo tutti che anche i combattenti feriti dell'Is potevano tranquillamente farsi curare». In pratica, gli Usa bombardano lo Stato islamico e i suoi combattenti. Poi mandano aiuti per curare i feriti.

Il think thank britannico Quilliam, nell'ottobre 2014, ha spiegato che metà delle donazioni alle piccole associazioni umanitarie che operano in Siria finiscono nelle mani dello Stato islamico. La Charities Commission inglese ha aperto un’inchiesta sulle Ong Children in Deen e al-Fatiha Global. Quest’ultima ha aiutato a organizzare il convoglio con cui viaggiava Alan Henning, il britannico catturato e poi decapitato dall’Is. Entrambe le associazioni hanno negato risolutamente di avere legami con il Califfato. Però ci sono indizi che non depongono a loro favore. Per esempio la foto, uscita nel marzo scorso, che ritrae il Ceo di al-Fatiha, Adeed Ali, abbracciato a due guerriglieri incappucciati e armati di mitra. Un convoglio di Children in Deen, invece, è stato utilizzato da un attentatore suicida di nome Abdul Waheed Majeed per farsi esplodere in Siria. 

Al “pizzo” richiesto alle Ong, si aggiungono i sequestri. Il traffico di esseri umani è una delle principali fonti di sostentamento per i gruppi islamisti. Per il Califfato, ma anche per la miriade di altri gruppuscoli che operano in tutto il globo, dal Mali alle Filippine, dalla Siria all’Iraq. Rukmini Callimachi ha pubblicato una corposa inchiesta sul New York Times raccontando nei dettagli questo giro d’affari. Quel che è emerso è che dal 2008 a al 2014 al Qaeda e i suoi affiliati hanno guadagnato dai rapimenti almeno 125 milioni di dollari. 66 nel solo 2013. Anche il Califfato si arricchisce così. Secondo Newsweek, "i riscatti per i sequestri di persona ammontano al 20 per cento delle entrate del gruppo (…). Secondo le stime del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, nel 2014 lo Stato islamico ha incassato 20 milioni di dollari con i riscatti. Se si paga la cifra richiesta, il prigioniero viene liberato, altrimenti muore". Ma anche i morti o moribondi hanno un valore. Per la salma senza testa del povero James Foley è stato chiesto un milione di euro. Per liberarlo, il Califfato chiese 100 milioni di dollari. Una cifra assurda. Volevano solo uccidere Foley e utilizzarlo per i video di propaganda. Anche la decapitazione in diretta, dopo tutto, è una forma di guadagno. Forse, prima di partire, i giovani europei dovrebbero pensare anche a questo.

sabato 17 gennaio 2015

Dopo la farsa delle primarie in Liguria Cofferati straccia la tessera del Pd

Dopo la farsa delle primarie in Liguria, Cofferati molla il partito





Sergio Cofferati se ne va dal Pd sbattendo la porta. Sconfitto dalla renziana Raffaella Paita alle primarie liguri del centrosinistra, l'ex leader della Cgil ha convocato una conferenza stampa nel foyer del Teatro Carlo Felice di Genova per spiegare le ragioni di questa decisione alla quale sarebbe arrivato dopo una lunga discussione con i suoi collaboratori e con quella parte di dirigenti del Pd genovese e ligure che lo avevano sostenuto alle primarie. Cofferati la notte dell’11 gennaio scorso, quando era stato reso noto il risultato definitivo delle consultazioni liguri aveva dichiarato: "Prendo atto dei risultati ma non li riconosco, e chiedo l’intervento della commissione di garanzia su tutte le segnalazioni di di voti del centrodestra e di voti eterodiretti di comunità di stranieri. Soltanto quando la commissione di garanzia si sarà pronunciata avremo il quadro definitivo. Oggi le primarie non sono affatto concluse".

Gli altri nodi - Sul tavolo ci sono questioni di merito, sul voto, ma anche di prospettiva politica sul cammino di un partito, il Pd, che guarda al centro e pensa ad alleanze con formazioni come l'NCD. "Inaccettabile il silenzio di Renzi e del mio partito sulle primarie in Liguria", ha detto Cofferati durante la conferenza stampa. "In questa situazione non posso restare". "In questa situazione, per rispetto ai cittadini che mi hanno votato, alle mia convinzioni e ad una parte importante della mia vita, in un partito che non dice nulla su quanto accaduto in Liguria io non posso più restare", ha ribadito l’europarlamentare. "È decisione per me difficile e dolorosa", ha aggiunto, "perchè sono uno dei 45 fondatori del Pd. Vi lascio immaginare con quale fatica sono arrivato a questa conclusione".

Le primarie - "Ho preferito non aspettare", ha spiegato Cofferati, "perchè il quadro quantitativo è abbastanza chiaro. Mi ero convinto durante la campagna che si preparavano comportamenti difformi da quelli che dovrebbero riguardare le primarie. Ho sempre sostenuto l'utilità di questo strumento, che ha larghe pecche e si deve rivedere alla radice, ma continuo a pensare che devono essere mantenute cambiando le modalità con le quali vengono fatte. Quelle di oggi hanno alterato i modi di farle e rappresentare le cose". Poi, Cofferati ha aggiunto: "Sono 13 i seggi incriminati con due fatti gravi: il modo anomalo con cui hanno partecipato al voto alcuni stranieri e l'inquinamento attraverso il voto sollecitato e ottenuto del centrodestra, che si è mobilitato per votare alle primarie del centrosinistra: così non ci sono più le primarie, visto che una parte vuole entrare pesantemente in casa altrui. Mi stupisce che solo io ho fatto ricorsi per violazioni delle regole e mi ha colpito tanta approssimazione di un ministro, Pinotti se non si è capito, sulle regole interne del partito a cui appartiene".

Le telefonate segrete tra Renzi e Silvio Amato in pole: così Matteo vuole fregarci

L'offerta di Renzi a Berlusconi per il Colle





Il toto-Colle entra nel vivo. Dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano, scatta la corsa per la poltrona del Quirinale. L'asse tra il Cave Renzi per la scelta del prossimo Capo dello Stato va avanti. Secondo quanto raccontano alcune indiscrezioni raccolte da Affaritaliani da fonti dem, Matteo Renzi avrebbe proposto a Silvio Berlusconi - durante uno dei tanti colloqui telefonici che ci sono stati in questi giorni - una terna di nomi per il Quirinale: Pier Carlo Padoan, Sergio Mattarella e Anna Finocchiaro.

I nomi - Il ministro dell'Economia sarebbe in cima alle preferenze del premier, in particolare visto il suo standing internazionale e soprattutto perché, nonostante l'incidente sulla norma fiscale 'salva-Berlusconi', i rapporti personali tra lo stesso Padoan e il leader del Pd sarebbe "ottimi". Non solo, il titolare di Via XX Settembre sarebbe ben visto anche dall'ormai ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Ma Berlusconi su questa terna avrebbe espresso la sua preferenza per Sergio Mattarella, restando fermamente convinto però che la scelta più adeguata sarebbe quella di Giuliano Amato. 

La trattativa - Mattarella, sostenuto apertamente nel Pd dai Popolari di Fioroni, avrebbe anche il pieno sostegno dell'Ncd di Alfano. Pronto comunque ad appoggiare anche gli altri due nomi fatti da Renzi a Berlusconi. La senatrice Anna Finocchiaro sarebbe la scelta più "politica" e ha come punti di forza quello di essere donna. Secondo indiscrezioni circolate nella capitale, il presidente del Consiglio avrebbe escluso dalla lista per il Colle gli ex segretari di partito come Walter Veltroni, Piero Fassino, Dario Franceschini e Pierluigi Bersani. Al momento il nome di Romano Prodi tra i fedelissimi di Renzi viene giudicato "fuori dai giochi". Ma "Mortadella" comunque resta in allerta...

Berlusconi vuole la pace con Alfano Scatta il vertice: ecco cosa si diranno

Quirinale, Berlusconi pronto ad incontrare Alfano





Il toto-Colle entra nel vivo e i partiti cominciano le grandi manovre. Dialoghi, cene e incontri per trovare un accordo sul nome del prossimo inquilino del Colle. Forza Italia serra i ranghi e prova a giocare la partita per il Quirinale compattando il partito. Così Raffaele Fitto a sorpresa ha preso le difese di Renato Brunetta, accusato da Renzi di essere un "fannullone" sul fronte delle riforme. Il Cav ha ascoltato le ragioni di Fitto e ha messo da parte i dissidi degli ultimi mesi riscoprendo una nuova unità dentro il partito. L’ex ministro è rivalutato al rango di prezioso consigliere e ha consigliato al Cav di spingere il piede sull'acceleratore per dare l'approvazione del decreto fiscale prima del 20 febbraio. Questo sarebbe il segnale per saldare il patto del Nazareno e dare il via ad una trattativa seria per il Colle. 

Incontro Silvio-Alfano - E in questo clima di reunion, il Cav guarda anche ad Angelino Alfano con cui vorrebbe ritrovare un rapporto ormai logoro e cercare una strada comune per piazzare in modo compatto i voti per il Colle. Così dopo mille titubanze ha finalmente accettato di incontrare Alfano e una delegazione Ncd. Si vedranno all’inizio della prossima settimana: martedì o, più probabilmente, il giorno successivo. L’obiettivo è di coordinarsi, di unire le forze parlamentari per non fare la fine dei Curiazi, con Renzi in veste di Orazio.