Italia: indagine sull’andamento della professione odontoiatrica
di Stefano Sermonti
Dopo aver quantificato per la prima volta, nel 2012, il fenomeno dell’abusivismo, quest’anno il ‘Rapporto Eures - Cao’ analizza ‘Le sfide della crisi alla professione odontoiatrica, tra qualità delle prestazioni e distorsioni di mercato’. “Il tema della formazione e dell'accesso alla professione stessa - spiega il presidente della Cao nazionale, Giuseppe Renzo - è l'aspetto forse più importante per ogni professione: per la prima volta, sono evidenziate con correttezza statistica le opinioni degli studenti, dei neo laureati, dei docenti, del mondo delle società scientifiche sulle criticità che ancora si riscontrano nel sistema formativo universitario, in modo da fornire soluzioni partendo da dati oggettivi”. Un dato per tutti: soltanto nell’ultimo anno, il tasso di occupazione è sceso di ben sette punti percentuali, evidenziando un’accresciuta difficoltà del sistema ad assorbire l’offerta di Odontoiatri. Professionisti che, in Italia, hanno raggiunto il rapporto di uno ogni mille abitanti, rendendoci il secondo paese in Europa per tale incidenza, dopo la Grecia. Ma vediamo nel dettaglio i risultati dell’indagine.
Scende l’occupazione dei neolaureati in Odontoiatria - Tra il 2012 e il 2013 il tasso di occupazione dei laureati in odontoiatria ad un anno dal conseguimento del titolo è sceso di 7 punti, passando dal 70,1% al 63,1%, evidenziando la forte difficoltà dei neo-odontoiatri ad inserirsi nel mercato. Tale contrazione è confermata anche dai dati relativi agli ultimi 5 anni (-7,2 punti a fronte di -5,8 per i laureati in medicina e -13,8 per quelli delle altre Facoltà). A tre anni dal conseguimento della laurea il tasso di occupazione dei dottori in odontoiatria raggiunge il 90,9%, con un calo di 1,3 punti percentuali rispetto a quanto rilevato nel 2010 (Fonte Indagine Almalaurea).
Un terzo dei neolaureati destinati alla precarietà e al lavoro nero - Tra i neo-odontoiatri che lavorano a un anno dalla laurea, se la maggioranza (61,8%) svolge un’attività autonoma, e il 2,4% un’attività subordinata a tempo indeterminato, molto significativa è la quota di quanti dichiarano di svolgere un lavoro intermittente (26,3%), attraverso contratti di collaborazione, formativi, parasubordinati, ecc, e di quelli che lavorano in nero (9,4%), ovvero presso terzi, senza alcun contratto; tale percentuale scende al 5,9% tra i medici, per raggiungere il valore più alto (13,5%) tra i neo-laureati delle altre Facoltà a ciclo unico.
Scendono le retribuzioni (-7,1%)… ma non le aspettative. Penalizzate le donne - Nel 2013 la retribuzione media dei neolaureati in odontoiatria ad un anno dal conseguimento del titolo risulta pari a 1.058 euro mensili (1.176 euro tra gli uomini contro 876 euro tra le donne), registrando una flessione del 7,1% rispetto alla rilevazione del 2009 (quando era pari a 1.139 euro). A tre anni dal conseguimento dal titolo la retribuzione sale a 1.568 euro (1.693 tra gli uomini e 1.384 tra le donne). Decisamente più ottimistiche risultano le aspettative tra gli studenti e neo-laureati intervistati, che prefigurano un guadagno di 1.500 euro mensili a 1 anno dalla Laurea (oltre 400 euro in più rispetto al dato effettivo), e di 3.500 euro mensili a 3 anni dal Titolo, ovvero un valore più che doppio rispetto a quello effettivamente percepito dai loro colleghi più anziani.
In Italia record di Corsi di Laurea: solo 22 laureati per sede didattica contro 65 in Europa. Meno di 15 laureati l’anno in 6 Corsi di Laurea - A livello europeo l’Italia risulta il Paese con il maggior numero di Corsi di Laurea attivi in Odontoiatria (ben 34), seguita dalla Germania (con 27 Corsi); il numero dei Corsi presenti in Francia e nel Regno Unito (16 in ciascun Paese) è pari a meno della metà di quello italiano, mentre in Spagna il numero delle sedi formative risulta ancora inferiore (pari a 13). A fronte della pletorica offerta di sedi Universitarie, i laureati italiani in Odontoiatria (fonte Eurostat) sono stati meno di 800 nel 2012, ovvero 22 per sede formativa, a fronte di un valore medio tre volte superiore negli altri Paesi Europei (65). Il valore massimo di 180 laureati per sede formativa si registra in Romania (con 7 CdL), seguita dalla Grecia (177), dal Portogallo (120) e dalla Spagna (106). La Germania, con il numero più elevato di laureati in Europa (2.187) presenta un valore di circa 4 volte superiore a quello italiano (81 laureati per sede). Nessun Corso di Laurea italiano si allinea agli standard europei: il valore più elevato si registra infatti a La Sapienza di Roma (con 57 laureati nell’A.A.2012/2013), seguita da Bari e Milano (49), mentre le più forti criticità si registrano nelle 6 Università che “licenziano” meno di 15 laureati l’anno: Ferrara (14), Foggia (12), Catanzaro e Parma (11), Pisa (10) e Perugia (soltanto 4 laureati nell’A.A. 2012/2013). Visto il costo sostenuto dallo Stato per la formazione universitaria e la difficoltà di mantenere idonei standard qualitativi per tutti i Corsi di Laurea - sostenuta da alcuni testimoni privilegiati intervistati – appare dunque urgente una riflessione sulla sostenibilità economica di un sistema così frammentato.
30 mila euro spesi dallo Stato italiano per formare ogni laureato e 30 mila dalle famiglie - Il costo medio della formazione universitaria sostenuta dallo Stato Italiano per l’intero percorso formativo di un odontoiatra è stimabile in circa 30 mila euro (1) (24 milioni complessivi per i Corsi di Laurea in Odontoiatria). Il Sole 24 ore stima inoltre una spesa di analoga entità a carico delle famiglie (23 mila euro per la formazione di 6 anni di uno studente universitario in sede – comprensivi di tasse, vitto, alloggio, spostamenti e materiali didattici - e 50 mila per uno studente “fuori sede”), una cifra, questa, che può rappresentare un criterio selettivo “ex ante” (gli studenti di Odontoiatria nel 69,9% dei casi vivono infatti in un contesto socio-economico elevato, avendo genitori che esercitano una professione altamente qualificata, che nel 43,1% dei casi attiene all’ambito medico o dentistico).
Il numero programmato: indispensabile ma da riformare - L’86,5% dei Docenti e l’87,8% degli studenti condivide l’esigenza del numero programmato per regolare l’accesso ai Corsi di Laurea in Odontoiatria (per gli studenti “perché serve a garantire maggiori spazi di mercato”, e per i docenti “perché garantisce una migliore formazione/didattica”). Soltanto quote marginali (5,6% dei docenti e il 7,4% degli studenti) ritengono invece che l’attuale sistema di selezione basato su un test di cultura generale riesca a premiare i migliori, mentre le maggiori adesioni riguardano il ”modello tedesco” (curriculum + test specifici di medicina e odontoiatria) che riceve il 38,9% delle preferenze dai Docenti e il 27,2% dagli studenti.
Meritocrazia negata per il 98,5% degli studenti (e per il 71,4% dei docenti) - Se l’Università rimane il punto di riferimento principale di qualsiasi percorso formativo di eccellenza, occorre tuttavia evidenziare il rischio di una sua gestione esclusiva delle fasi di selezione e riconoscimento del merito: il 98,% degli studenti e il 71,4% dei docenti ritengono infatti che esistano a tale riguardo evidenti distorsioni in tutte le fasi del “ciclo di vita” universitario (accesso al corso → percorso di studi → riconoscimenti e risultati → ingresso nel mondo del lavoro), ed in particolare durante gli esami universitari (per il 25,7% dei docenti) o nei percorsi di carriera universitaria (per il 30,7% degli studenti), ovvero in quelle fasi del “ciclo formativo” gestite esclusivamente dall’Università. Soltanto il 20% dei docenti e il 25,4% degli studenti affermano invece che siano i Test di ingresso a generare le maggiori distorsioni nel riconoscimento del merito, evidenziando una maggiore fiducia in uno strumento di controllo non di esclusivo appannaggio dell’Accademia.
L’esame di abilitazione: uno strumento inutile e ridondante - Se lo strumento del numero programmato accoglie una generale adesione degli intervistati, opposta è la valutazione sull’esame di abilitazione, “bocciato” da otre i due terzi dei Docenti (67,5%) che lo ritiene poco selettivo (48,1% delle indicazioni), non costituendo un reale ostacolo per gli studenti che hanno affrontato positivamente il percorso di studi universitari o “superfluo” (29,6% delle indicazioni), in quanto duplicato della verifica della formazione già posta in essere dal percorso di studi universitari. Occorrerebbe quindi una totale revisione di tale strumento, attualmente considerato un’inutile ulteriore barriera all’ingresso nella professione.
Laureati a 28 anni: il ritardo dell’Italia rispetto all’Europa - La selezione attraverso il test di cultura generale oltre a non premiare i migliori, genera un ritardo nel percorso formativo dei giovani italiani, che soltanto in un terzo dei casi riescono a immatricolarsi appena diplomati (317 sono gli “immatricolati puri” sui 1.108 iscritti al 1° anno nell’A.A. 2013/2014), avendo cioè intrapreso altri percorsi nell’attesa di poter seguire il proprio obiettivo formativo. Attualmente (in base al vecchio Ordinamento che prevede una durata di 5 anni), l’età media alla laurea degli Odontoiatri risulta pari a 26,5 anni (avendo nel 12,1% dei casi ritardato il proprio ingresso all’Università di oltre 2 anni e nel 31,4% provenendo da altre Facoltà). Il prolungamento del Corso di Laurea a 6 anni lascia quindi presupporre un ulteriore allungamento dell’età media alla laurea, stimabile attorno ai 27,5 anni.
L’eccellenza formazione odontoiatrica in Italia: radiografia di un miraggio - Contrariamente al quadro idilliaco della formazione universitaria tracciato dai docenti Italiani, nessun docente straniero intervistato cita un Ateneo italiano come eccellenza formativa in Europa. Tra gli intervistati Italiani le segnalazioni delle eccellenze riguardano soltanto una quota minoritaria dei CdL presenti: sui 34 complessivi i docenti intervistati ne segnalano infatti in maniera ricorrente (>5%) soltanto 9 (6 al Nord, 1 al Centro e 2 al Sud), e gli studenti 13 (8 al Nord, 3 al Centro e 2 al Sud). Più in particolare per i docenti ai primi 4 posti si collocano Trieste, Torino, La Sapienza di Roma e la Statale di Milano, mentre tra gli studenti, oltre a Torino, Milano e Trieste, anche la Libera Università “San Raffaele” di Milano. A fronte di questo dato, e nonostante i Docenti collochino il proprio corso di Laurea “in linea con gli standard nazionali” nel 50,5% dei casi, e “al di sopra” nel 45,1%, studenti e neolaureati denunciano numerose criticità nel sistema formativo italiano: tali segnalazioni riguardano in primo luogo l’inadeguatezza degli strumenti didattici (bocciati con un voto scolastico pari a 5,1), le insufficienti competenze nelle materie pratiche e specialistiche (voto: 5,4), nonché la conoscenza e pratica di tecniche innovative (5,2). Significative, al riguardo, le differenze territoriali, risultando complessivamente le valutazioni espresse dagli studenti del Nord superiori a quelle dei loro colleghi del Centro e del Sud.
Dopo la laurea… la formazione professionalizzante - In attesa di verificare gli effetti professionalizzanti del 6° anno del CdL (sul quale numerose perplessità vengono espresse dai rappresentanti delle Istituzioni e dell’Odontoiatria intervistati), il quadro attuale evidenzia una inadeguatezza dei Corsi di Laurea nel formare professionisti in grado di inserirsi nel mercato senza ulteriori necessità formative: ben il 72,5% dei Docenti e il 91,7% degli studenti ritengono infatti che, concluso il percorso di studi universitari, i neolaureati avranno bisogno di ulteriori esperienze professionalizzanti prima di poter esercitare la professione, a fronte di quote marginali convinte di essere pronte ad operare sulla salute dei pazienti.
Odontoiatria: che fare? - A fronte del quadro evidenziato, appare quindi necessario un ripensamento complessivo della formazione in odontoiatria e dei criteri di accesso alla professione, attraverso la collaborazione tra i diversi soggetti che operano in questo settore: occorre cioè mettere a sistema le competenze e le esperienze del mondo universitario e delle professioni, accanto alle Istituzioni, presidio indispensabile nella produzione di regolamenti e normative che mantengano la tutela della salute del paziente al centro di qualsivoglia intervento. In un settore in cui la presenza pubblica continua ad essere del tutto marginale (inferiore al 5%), e destinata a rimanerlo, vista la cronica carenza di risorse, la capacità di autogoverno e di valorizzazione delle professionalità e delle competenze, molto al di là della sola prospettiva deontologica, deve rappresentare quindi il faro delle future azioni dei diversi protagonisti del sistema.
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(1) Il calcolo è stato effettuato sull’ammontare dei Finanziamenti Ordinari dello Stato all’Università (circa 7 miliardi per il 2014), suddiviso per il numero degli iscritti alle Università italiane (pari a 1.681.997, secondo il Miur) e aumentato di circa il 20% in considerazione dei più elevati stanziamenti ai CdL medici/scientifici (sulla base del costo standard di formazione per studente in corso, che viene calcolato tenendo conto dei costi sostenuti dagli Atenei per docenti, amministrativi e tecnici, e per il funzionamento).