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giovedì 4 dicembre 2014

Gaffe razzista, Sun contro Balo "Spese 4mila sterline in alcol"

Sun contro Balotelli: "4mila sterline in alcol prima della gaffe razzista"

di Matteo Carnieletto 



L'attaccante del Liverpool, prima di pubblicare la foto "razzista" su Instagram, avrebbe speso una cifra importante in champagne e vodka. I tabloid inglesi hanno scatenato una bufera su Mario Balotelli. Subito dopo la pubblicazione su Instagram di una foto di Super Mario, il celebre personaggio dei videogames, corredata dalla scritta "salta come un nero e afferra soldi come un ebreo", il calciatore del Liverpool ha subito un vero e proprio processo mediatico che non pare arrestarsi.

Balotelli si è poi pentito per il post, che ha eliminato sostenendo che "il messaggio voleva essere antirazzista e ironico", ben diverso da ciò che è stato percepito all'esterno. "Non tutti i messicani hanno i baffi, non tutti i neri saltano in alto e non tutte le persone di religione ebraica amano il denaro. Ho usato una vignetta creata da qualcun altro perché raffigurava Super Mario".

Sul Sun di oggi sono state pubblicate anche immagini che mostrano Balotelli in un locale di Liverpool, assieme ad un gruppo di amici. Qui il calciatore avrebbe speso circa 4mila sterline in vodka e champagne, prima di pubblicare l'immagine su twitter.

Ora SuperMario rischia di essere squalificato dalla Premier League. Il campionato inglese controlla con molta attenzione l'attività dei calciatori e per offese di stampo razzista, come sono state percepite quelle pubblicate su Instagram, prevede fino a cinque giornate lontani dal campo da gioco.

Toto-Colle, Renzi in ginocchio da Bersani Ecco perché sul Quirinale si gioca tutto

Quirinale, Matteo Renzi in ginocchio da Pierluigi Bersani: il premier prova a ricucire con la minoranza




Uno spettro si aggira sul Partito Democratico: lo spettro dei 101 franchi tiratori che nel 2013 impallinarono Romano Prodi nella salita al Colle. Per questo motivo Matteo Renzi è alla ricerca di una forte coesione, almeno per la prossima elezione del Presidente della Repubblica, all'interno del suo partito, e punta a ristabilire un dialogo di minima con la minoranza e in particolare con la guida interna per antonomasia dell'ala radicale, l'ex segretario Pierluigi Bersani. A Matteo Renzi serve infatti che al Quirinale si sostenga almeno ufficiosamente la proposta del Partito Democratico e, come nota a tal proposito Repubblica, da qualche settimana ripete "parole che starebbero bene in bocca all'ex segretario".

Riavvicinare Bersani - "Se noi troviamo una compattezza interna non ce n'è per nessuno. Passa dal Pd la gestione della partita per il Colle. Quindi adesso lavoro per la tenuta e la consapevolezza del mio partito" dice Renzi, parole che assomigliano insospettabilmente a quelle vergate da Pierluigi Bersani "Partire dal Pd, da quel 25 per cento che ha segnato una vittoria striminzita ma ci ha permesso di fare ben due governi". Insomma Bersani ci vuole, e ci vogliono pure altri toni: basta con le stilettate rottamatori in stile Leopolda (e su "quelli che ci vogliono riportare al 25 per cento", parole che avevano segnato il punto più basso del rapporto Renzi-Bersani). Saranno settimane di negoziazioni, in cui bisognerà concedere pur qualcosa da parte del premier, che ha comunque ha incassato il si "per disciplina" dell'ex segretario sul Jobs act ora deve ritornare il favore a Pierluigi. 

Contrattazione - Come ad esempio sulla legge elettorale: "Non mollo sull'Italicum" avverte da tempo Bersani. Con il Patto del Nazareno che se non fa acqua, almeno qualche crepa ce l'ha, sul Colle per il bene del Pd bisognerà rimanere uniti, con un occhio a non esagerare con i colpi social à la Renzi, poco graditi dall'ala radical dei democratici: "So che Matteo è sempre alla ricerca di colpi di immagine. Il modello Muti per fare un esempio. Il Paese è ancora su una strada piena di curve e ci vuole una personalità che sappia guidare la macchina". Uno come Renzo Piano, già senatore a vita e che dalle ultime indiscrezione, sarebbe uno dei candidati che farebbero piacere a Bersani e alla minoranza interna. Quindi, niente scelte di marketing, niente "stravaganze", niente scelte azzardate, bisognerà seguire una terza strada, e con Bersani ("Non accetto scambi, non è nella mia natura") non sarà facile. 

Pd romano travolto da "Mafia capitale": Renzi costretto a commissariare il partito

Pd travolto dall'inchiesta Mafia capitale, Renzi: "Orfini commissario del Pd a Roma"




"Cosentino ha fatto un passo indietro, Orfini sarà il commissario del Pd romano". Ad annunciare il cambio della guardia dopo la slavina dello scandalo giudiziario Mafia capitale è un imbarazzato Matteo Renzi, ospite di Bersaglio Mobile su La7. Il premier e segretario democratico ha spiegato che il partito a livello locale deve fare "una riflessione profonda" dopo quello che è emerso dall'inchiesta sugli intrecci tra politica, imprenditori ed ex terroristi rossi e neri a Roma. Per questo a capo del partito democratico romano arriverà l'attuale presidente del Pd nazionale Matteo Orfini.

"Sono sconvolto, serve una riflessione" - "C'è amarezza e rabbia. Per tutti vale il principio di presunzione di innocenza, ma questa vicenda mi colpisce molto. Sono sconvolto, perché vedere una persona seria come il procuratore di Roma parlare di mafia mi colpisce molto. Naturalmente vale per tutti il principio della presunzione di innocenza e vale in questa vicenda", ha spiegato Renzi parlando dell'inchiesta Mondo di mezzo. "Vale per tutti il principio di presunzione di innocenza -insiste - e il governo ha scelto Cantone per l'anticorruzione. Certe vicende fanno rabbia, serve una riflessione profonda, certo l'epicentro è l'amministrazione di Alemanno ma alcuni nel Pd romano non possono tirare un sospiro di sollievo". 

Tutti gli uomini del Pd coinvolti - In realtà anche il Pd è chiamato pesantemente in causa dalla raffica di 37 arresti e cento indagati. Tra le persone coinvolte nella oscura trama di pressioni, favoreggiamenti e appalti, infatti, ci sono Daniele Ozzimo. assessore alla Casa della giunta Marino (si è dimesso), l'ex capo di gabinetto della giunta Veltroni Luca Odevaine, il responsabile del Decoro urbano sotto Veltroni Mario Schina, il presidente Pd del Consiglio comunale Mirco Coratti, il consigliere regionale del Pd Eugenio Patanè e il vicepresidente della Coop 29 giugno Carlo Maria Guarany. A conferma di quanto fosse bipartisan il sistema che ruotava intorno all'ex uomo vicino alla Banda della Magliana Massimo Carminati, criminale ed ex terrorista nero nei Nar, ci sono le intercettazioni dell'uomo delle coop Salvatore Buzzi, suo braccio destro imprenditoriale. Alla vigilia delle elezioni che avrebbero visto vincere Marino, rassicurava il "capo": "Ho 4 cavalli col Pd e 3 col Pdl". Come dire: i magnaccioni non sarebbero mai caduti a terra.

Jobs Act, fiducia al Senato: ora è legge Fuori è guerriglia: tre feriti, due fermati

Jobs Act, fiducia al Senato: 166 sì, 112 no. Scontri tra Cobas e polizia davanti a Palazzo Madama: tre feriti e due fermati




Al Senato il Jobs Act ottiene la fiducia e diventa legge, fuori è guerriglia. Mentre poco prima delle 20 il governo ha incassato il via libera alla riforma del lavoro (166 sì, 112 no, un astenuto e niente scherzi dalla fronda del Pd), davanti a Palazzo Madama è andata in scena la durissima protesta dei Cobas e dell'assemblea nazionale dei lavoratori proprio contro il pacchetto varato dal ministro del Welfare Giuliano Poletti e dal premier Matteo Renzi (che all'ora di cena esulta come da copione su Twitter, "l'Italia cambia davvero"). I manifestanti, circa un centinaio tra studenti, precari e attivisti, hanno lanciato uova verso le forze dell'ordine e ci sarebbero tre feriti e due fermati.

Assalto a Palazzo Madama - A quanto ricostruito dagli organizzatori, il corteo "dopo un presidio di circa un'ora in un centro città completamente militarizzato" ha cercato di raggiungere Palazzo Madama ed è arrivato a contatto con le forze dell'ordine cercando di superare il blocco di polizia e raggiungere il Senato. Respinti, i manifestanti si sono spostati a Largo di Torre Argentina ma sono stati bloccati dalla polizia all'altezza di via Florida. Al tentativo, dopo circa un'ora, di raggiungere di nuovo Piazza Venezia e il Colosseo "con le mani alzate e il volto scoperto", la manifestazione, sostengono gli organizzatori, "è stata caricata con violenza prima frontalmente e poi dai lati".

La protesta di Sel - Nel frattempo, in Aula prima del voto non sono mancati momenti di protesta anche da sinistra. I senatori e le senatrici di Sel, dopo la dichiarazione di voto contrario annunciata dal senatore Giovanni Barozzino, hanno esposto in aula alcuni cartelli con slogan come "Jobs Act: ritorno all'800", "Art. 1: l'Italia è una Repubblica affondata sul lavoro", e con uno Statuto dei lavoratori listato a lutto.  

Fabrizio Bracconeri minaccia Renzi su Twitter: "Ti vengo a cercare e ti scartavetro". Ecco qual è il dramma privato dietro lo sfogo

Fabrizio Bracconeri minaccia Matteo Renzi su Twitter: "Non toccare i disabili o ti vengo a cercare e ti scartavetro"





Toccato nel vivo, Fabrizio Bracconeri non si trattiene e arriva a minacciare il premier Matteo Renzi: "Non toccare i disabili, perché giuro che ti vengo a cercare e ti scartavetro". L'attore romano, diventato celebre interpretando il simpatico Bruno Sacchi ne I ragazzi della III C prima di diventare usciere e co-conduttore a Forum, su Twitter è sempre molto attivo. Sincero fino a rivelare i propri drammi privati, come quello della depressione che lo ha colpito da anni oppure le difficoltà quotidiane di avere un figlio disabile, Emanuele. "E' un ragazzino autistico grave - spiegava anche in tv, a Verissimo -. Da ben 10 anni segue una terapia che costa 2.400 euro al mese, e due conti devo pure farli". "Le famiglie che hanno figli con gravi handicap si trovano nella triste situazione di dover scegliere se mangiare o se curare i propri figli - continuava -. Da anni mi batto perché le istituzioni ci aiutino, ma le istituzioni sono assenti". Da qui lo sfogo tramite tweet, che esprime la preoccupazione per i possibili tagli ai bonus per chi ha disabili in famiglia:


Fabrizio Bracconeri @FabriBracco64

RENZI NON TOCCARE I DISABILI PERCHÉ GIURO TI VENGO A CERCARE E TI SCARTAVETRO!! Non è un consiglio E' UNA MINACCIA ...se vuoi denunciami
22:43 - 2 Dic 2014

Renzi, che figuraccia in diretta. Mentana domanda, lui parte in quarta, balbetta, si ferma: "Scusa Enrico ma...". Scintille con Travaglio

Matteo Renzi a Bersaglio mobile da Mentana: figuraccia iniziale, poi scintille con Travaglio





Più che Bersaglio mobile, Matteo Renzi è un'anguilla. Ospite di Enrico Mentana nel talk di La7, il premier comincia l'ennesima tappa del suo perenne tour televisivo con uno scivolone. Il direttore del TgLa7 gli chiede subito dello scandalo romano e dell'inchiesta Mafia capitale, che coinvolge anche esponenti del Pd capitolino, buttandola lì con toni generici: "A Roma stanno succedendo cose importanti, vorrei sapere il suo parere". "Sì, a Roma abbiamo cambiato la storia del Paese", debutta Renzi. E giù un monologo sul Jobs Act approvato al Senato, con tanto di contestazioni fuori Palazzo Madama. Poi balbetta, si ferma, e domanda a Mitraglietta: "Non ho capito cosa mi ha chiesto". Riportato sulla retta via, il premier annuncia il cambio al vertice del Pd romano, commissariato e affidato al presidente Matteo Orfini.

Travaglio contro Renzi - Dai magnaccioni di Roma alla riforma del lavoro, svivolone Renzi si salva in corner. La serata poi scorre via inaspettatamente moscia, nonostante gli ospiti di Mentana: Marco Travaglio del Fatto Quotidiano e Marco Damilano dell'Espresso. Giusto qualche scintilla tra il premier e Marco Manetta: a un certo punto Travaglio sciorina un documento per sostenere che il premier faccia copincolla dai rapporti di Confindustria, a cui è subalterno. "Semmai è il contrario - replica Renzi -, perché quello è il nostro testo di aprile, forse è stata Confindustria a copiare il governo". E su Twitter, naturalmente, c'è chi esulta in modalità stadio...

Truffe, furti, peculato, violenza privata: niente galera ecco chi, quando e perché sarà "graziato" da Renzi

Giustizia, il governo Renzi depenalizza truffe, furti e peculato





Il governo introduce una nuova causa di archiviazione per i procedimenti penali. Se l’offesa, «nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni», è di particolare «tenuità e il comportamento risulta non abituale», il giudice per le indagini preliminari potrà dichiarare conclusa la controversia. Passando di fatto la palla alla giustizia civile ai fini della quantificazione di un «adeguato ristoro» a favore delle «persone offese». 

È questo il cuore dello schema di decreto legislativo approvato la scorsa notte dal consiglio dei ministri, che introduce nuove «Disposizioni in materia di non punibilità». Obiettivo: «Deflazionare il carico giudiziario» per alleggerire il carico che grava sui tribunali penali, alle prese con circa tre milioni e mezzo di procedimenti pendenti. Cinque articoli che per la Lega, però, costituiscono l’ennesimo abbassamento della guardia in materia di sicurezza. «Pazzesco, il governo Renzi ha depenalizzato alcuni reati lievi, per cui niente galera per chi commette furto, danneggiamento, truffa e violenza privata», attacca Matteo Salvini, segretario del Carroccio, secondo cui «con la sinistra al potere l’Italia diventa il paradiso dei delinquenti». 

Nel provvedimento varato da Palazzo Chigi su proposta del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, non c’è l'elenco dei reati per i quali, una volta concluso l’iter parlamentare, scatterà l’archiviazione automatica. La stella polare del giudice sarà un nuovo articolo del codice penale, il 131 bis, che fissa i paletti entro i quali dichiarare la «non punibilità»: «La particolare tenuità dell’offesa», a sua volta riscontrabile attraverso la «modalità della condotta» e l’esiguità del danno o del pericolo», e la «non abitualità del comportamento» delittuoso. Il reato commesso, insomma, non deve essere l’ultimo della serie. 

Condizioni troppo generiche, accusa l’opposizione, per la quale le toghe avranno buon gioco, in nome della limitata gravità nell’offesa, nel far rientrare nella nuova causa di archiviazione reati come peculato, abuso d’ufficio, rissa, violazione di domicilio, truffa (inclusa quella agli anziani), bancarotta semplice, false comunicazioni sociali e aggiotaggio. Tutti delitti con pena edittale fino a cinque anni di reclusione. «Il Pd è un pericolo per il Paese», rincara la dose Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega a Montecitorio. Il Carroccio annuncia un’«opposizione totale a questa follia». Sulla stessa lunghezza d’onda Forza Italia. «Attenti a piegare il diritto penale senza che i cittadini abbiano alcun vantaggio», protesta Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato. I contenuti del decreto, tuttavia, non convincono neanche Roberto Formigoni, che pure fa parte della maggioranza come senatore Ncd: «Invito Orlando a chiarire, c’è molto allarme ed è giustificato».

Il governo ribatte: accuse infondate. «La Lega fa propaganda, non è una depenalizzazione: il carcere non c’è per questo tipo di reati per cui viene prevista l’archiviazione», replica Orlando. Il Guardasigilli ricorda che è «facoltà della vittima richiedere il risarcimento pecuniario e soprattutto di opporsi all’archiviazione andando avanti con il procedimento». Da via Arenula aggiungono anche che la modifica del codice penale impedirà la prescrizione dei procedimenti già in sede di indagini preliminari, come invece accade oggi. «Chi attacca le norme sulla tenuità del fatto si rende conto che i tribunali sono intasati da processi per fatti minimi o irrilevanti, che possono invece essere risolti in sede civile?», si chiede Enrico Costa, viceministro della Giustizia. Il Nuovo centrodestra ricorda ai forzisti che il provvedimento varato la scorsa notte giaceva in Parlamento «fin dalla scorsa legislatura. Misure proposte e sostenute dall’allora Pdl».