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domenica 7 settembre 2014

L'ORRORE JIHADISTA ARRIVA NELL'ORFANOTROFIO Stato islamico senza pietà: 100 bambini in ostaggio

Iraq, le milizie jihadiste dello Stato islamico sequestrano 100 bambini in un orfanotrofio




Circa un centinaio di bambini sono tenuti in ostaggio dai miliziani dello Stato islamico (Is) in un orfanotrofio di Mosul, in Iraq. Lo riferiscono fonti interne alla città al sito di informazione curdo Rudaw e spiegando che circa 45 bambini della minoranza degli yazidi e una cinquantina di sciiti sono tenuti in ostaggio nell'istituto di Dar al-Baraim nel quartiere di Zuhir. Una delle fonti ha spiegato a condizione di anonimato che estremisti dello Stato islamico hanno portato i bambini yazidi e sciiti nell'orfanotrofio dopo aver preso il controllo della città di Talafar a giugno e di quella di Shingal ad agosto. "Il luogo viene sorvegliato attentamente da sei miliziani dell'Is", ha aggiunto la fonte. Prima dell’arrivo dello Stato islamico, che ha conquistato Mosul a giugno, l'orfanotrofio era guidato da cinque donne.

Napoli, scontri per il 17enne ucciso tra camorra e voglia di linciaggio

Napoli, scontri al corteo per il 17enne ucciso. De Magistris: "Risvolti inquietanti"




Rabbia e tensione a Napoli, nel quartiere Traiano, dove si sono registrati scontri tra gli agenti delle forze dell'ordine e oltre 200 manifestanti che hanno preso parte al corteo di protesta per la morte del 17enne Davide Bifolco, ucciso giovedì sera da un colpo di pistola esploso da un carabiniere dopo un inseguimento. Il corteo per chiedere giustizia si è trasformato rapidamente in "presidio", con le macchine lasciate passare una alla volta, qualche pedata a chi non rallentava, e l'uscita della tangenziale bloccata. Momenti di tensione con gli agenti, intervenuti in assetto anti-sommossa dopo il lancio isolato di alcune molotov. I manifestanti hanno allestito un altarino con un cartello "Lo Stato non ci difende ma ci uccide", mentre è stato srotolato uno striscione dietro il quale in molti espongono foto del ragazzo, al grido di "giustizia" e "Davide". "Non accetteremo violenza in nome di nostro figlio - ha spiegato la madre di Bifolco -, spero che quel carabiniere marcisca in carcere". Il fratello di Davide ha aggiunto, minaccioso: "Quel militare datelo a noi per 10 minuti...", evocando il linciaggio di piazza. E non sono mancati, tra i partecipanti, commenti a favore della camorra contrapposta allo Stato "che non fa niente per noi, non ci tutela, ci difende e anzi ci uccide".

Da Salvini a Saviano: le reazioni - "La morte, soprattutto se di un giovane, è sempre una tragedia. Ma fermarsi all'alt dei Carabinieri è un obbligo". Su Twitter il segretario della Lega Nord Matteo Salvini commenta così la tragedia di Napoli. Il ragazzino, insieme a due amici sullo scooter, non si era fermato a un posto di blocco. Quello che è successo dopo è ancora avvolto dal mistero, con ricostruzioni confuse e contraddittorie. Ciononostante, le analisi e le reazioni si sprecano. "Per Matteo Salvini fermarsi allo stop è un obbligo. Giusto. Ma sparare a ragazzo che non lo fa è inaccettabile. La vita vale di più", è la replica sempre su Twitter di Arturo Scotto, capogruppo dei deputati di Sinistra Ecologia e Libertà. Icastico, come al suo solito, Roberto Saviano: "Adesso anche l'Italia ha la sua Ferguson - scrive l'autore di Gomorra equiparando l'episodio di Napoli all'uccisione del giovane di colore in Missouri, che ha scatenato giorni di rivolte e disordini -. Un inseguimento che parte da Rione Traiano, periferia sud-est di Napoli, e si ferma presto, a Fuorigrotta. Un inseguimento che finisce in tragedia. Non esistono più né guardie, né ladri. Né bene né male".

De Magistris: "Risvolti inquietanti" - "La mancanza di chiarezza in questa vicenda ha risvolti inquietanti", ha ammesso il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, intervistato da RaiNews24. Lo stesso De Magistris ha telefonato alla madre di Bifolco per esprimere cordoglio e vicinanza, impegnandosi "in prima persona, in qualità di primo cittadino, affinché sia fatta piena luce su quanto accaduto". "Se ci sono delle responsabilità, chi le ha paghi - è invece il commento del presidente del Senato Pietro Grasso -. Ho sempre fiducia nella capacità da parte della magistratura di accertate le responsabilità".

"Sullo scooter c'ero io" - Intanto uno dei due amici con cui viaggiava Bifolco esce allo scoperto e spiega: "Non c'è nessun latitante, ero io il terzo sul motorino". La versione di Vincenzo Ambrosio anche in questo caso è discordante rispetto a quella dei carabinieri: "Stavamo sul motorino e all'improvviso una volante ci ha rincorso. Siamo scappati e alla fine ci hanno buttato a terra - ricorda - io sono scappato, il mio amico voleva scappare assieme a me ma non gliel'hanno fatto fare". A chi gli chiede perché non si siano fermati all'alt dei carabinieri, Vincenzo risponde: "Non avevamo né l'assicurazione né la patente". Ambrosio non è andato in caserma a fornire la sua versione dei fatti. Secondo quella fornita venerdì dai carabinieri, sul motorino assieme a Davide Bifolco e Salvatore Triunfo, fermato subito e che dovrà rispondere di favoreggiamento personale e resistenza a pubblico ufficiale, c'era invece Arturo Equabile, agli arresti domiciliari e oggi latitante.

sabato 6 settembre 2014

Swg: Pd in calo, Forza Italia e Lega su

Swg: Pd in calo, Forza Italia e Lega su

di Salvatore Dama 

Il Cav. come Superman: visto da Benny

Forza Italia torna a crescere nei sondaggi. Dopo la battuta d’arresto alle elezioni europee, piazza San Lorenzo in Lucina segna un più uno nella stima settimanale di Swg, passando dal 16,8 al 18 percento.  Salgono anche la Lega e il Nuovo centrodestra. A testimonianza che il centrodestra, per quanto, diviso, dà piccole testimonianze di vitalità. Soprattutto è il calo del Partito democratico che fa rumore. Sempre secondo l’istituto demoscopico triestino il movimento di Matteo Renzi, se si votasse oggi, scenderebbe al 37,9%. A maggio ottenne il consenso del 40,8% degli italiani. Un po’ in affanno anche il Movimento 5 Stelle. Che, pur rimanendo il secondo partito, scende di un punto rispetto al precedente sondaggio di agosto: 20,8%.

Anche Euromedia research ha numeri compatibili con quelli di Swg. A testimonianza che le tendenze negli umori del corpo elettorale sono questi. Cosa succede? Renzi nega che la luna di miele con gli italiani sia finita. Eppure... Eppure con la conferenza stampa di lunedì scorso, spiega Alessandra Ghisleri, il premier ha un po’ deluso i suoi supporter. Era partito, tutto sprintoso, a inizio mandato, annunciando il programma dei cento giorni. «Dopo questi mesi di governo, si azzera di nuovo il contatore. Si riparte da 0001 nel conteggio dei mille giorni. Così l’opinione pubblica si disorienta...». Sia chiaro, precisa il capo di Euromedia, la fiducia nel presidente del Consiglio, testata tra il 45-48% «è ancora molto alta», quindi non si parla di un decadimento del consenso personale. Però in questi mesi il governo ha fatto cose, tra cui le riforme, percepite dalla gente come poco vicine. E anche l’effetto degli 80 euro, carta vincente in campagna elettorale, adesso è una cosa finita nel mucchio. «Mentre il governo dà l’impressione che si riparta da zero, gli italiani sono alle prese con le tasse comunali...». Questo reset chiaramente appanna l’immagine del Renzi decisionista. Ed ecco spiegata la flessione del Pd. 

IL PATTO PAGA
Di contro c’è il caso Berlusconi. Proprio mentre quasi tutta la classe dirigente azzurra critica Silvio per l’eccessiva confidenza con il premier, ecco che, ops, arriva la sorpresa. La strategia della responsabilità non penalizza Forza Italia. Anzi. L’elettorato azzurro non è in fuga. Continua ad avere fiducia in Berlusconi e, dice Ghisleri, «apprezza il fatto che si metta in gioco in politica estera spendendo il suo rapporto personale con Putin». La responsabilità non è imputata a Silvio come una colpa dall’elettore forzista. Che invece apprezza la sua disponibilità a dare una mano in questo momento di difficoltà.

CASO CALABRIA
Con questi sondaggi in mano, Silvio nota che le distanze tra le coalizioni non sono siderali. E che un centrodestra a ranghi compatti può ancora battersela con la sinistra renziana. Il problema è che mai come oggi il fronte moderato è disunito. Giovedì l’ex premier ha ricevuto a Palazzo Grazioli la coordinatrice regionale della Calabria Jole Santelli. A breve lì si andrà al voto e Silvio sta tendando di rimettere insieme la coalizione. Condizione propedeutica alla scelta del candidato al ruolo di governatore. In pole ci sarebbe l’opzione Wanda Ferro, sulla quale il Cav spera convergano anche Udc, Fratelli d’Italia e il Nuovo centrodestra. Esclusa, per il momento, l’ipotesi che si possa ricorrere alle primarie per la scelta del nome. Uno strumento che il consigliere politico berlusconiano Giovanni Toti dichiara di non amare: «Mettersi insieme per fare le primarie mi pare un fine francamente modesto. Se ci saranno candidati condivisi non vedo le ragioni per farle». Ospite a #everest014, Toti si augura che possa riunirsi un «tavolo nazionale» per discutere con tutti gli alleati delle candidature. Quelle più imminenti, Calabria ed Emilia Romagna, e quelle della prossima primavera, quando andranno al voto altre sette Regioni. «Se il centrodestra vuole vincere queste prossime elezioni nel maggior numero di Regioni», insiste Toti, «deve stare insieme»

Marò, Feltri mette in fila i colpevoli dello scandalo: da Monti a Passera fino a Renzi

Marò, Feltri mette in fila i colpevoli dello scandalo: da Monti a Passera fino a Renzi




"Ma andate tutti in mona, come si dice in Veneto, e non fatevi vedere più in giro, né in Senato né altrove". Vittorio Feltri ce l'ha con Mario Monti reo di aver rispedito i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in India, che li aveva illegittimamente arrestati per una sparatoria in cui morirono un paio di pescatori avvicinatisi alla nave che i militari erano incaricati di difendere dai pirati. Ieri in un suo editoriale sul Giornale racconta di come il ministro di allora Giulio Terzi di Sant’Agata "si è dato da fare in nome del governo per scarcerare i prigionieri e Monti si dà da fare per rifilarli ai loro aguzzini. Non mi sembra una bella cosa. Ma il dado è tratto e i poveri cristi rispediti a calci nel didietro in galera. Una vicenda da brividi, di nuovo d’attualità perché Latorre, stressato, impaurito, stanco della detenzione, avvilito da quasi tre anni di lontananza dalla propria famiglia, si fa cogliere da un ictus, fortunatamente non esiziale, ma che costituisce un campanello d’allarme: occhio ragazzo che sei a rischio". "Nei panni di Monti", tuona Feltri, "davanti a una notizia simile, avrei scavato una buca e lì mi sarei nascosto senza alcuna intenzione di riemergere. Lui invece se ne è sbattuto e non ha proferito una parola. Ci auguriamo che abbia taciuto per imbarazzo, ben sapendo di essere responsabile della puttanata sopra narrata".

I responsabili - Ma di responsabili in questa storia allucinante non c'è solo Mario Monti: ci sono tre governi che hanno fallito nella missione di riportare a casa i due fucilieri di Marina. A partire dall'ex ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera che, secondo Riccardo Pelliccetti del Giornale, è stato uno degli artefici del voltafaccia italiano. Ha esercitato grande pressione sui colleghi di governo per rispedire Latorre e Girone in India in nome di interessi economici ancora oggi oscuri. Poi c'è Giampaolo Di Paola, ex ministro della Difesa: da un ammiraglio ci si sarebbe aspettati una strenua difesa dei marò, invece li ha abbandonati al loro destino. Anche il governo di Enrico Letta aveva promesso mari e monti per riportare a casa i fucilieri, ma in concreto né lui, né il suo ministro della Difesa Mario Mauro hanno fatto più di tanto. Ad Emma Bonino, ministro degli Esteri, si deve almeno l'internalizzazione del caso e l'avvio dell'arbitrato. Da parte sua Matteo Renzi ha compiuto un passo indietro: di concerto con gli altri membri di governo ha deciso di non andare all'arbitrato internazionale. Quanto a Federica Mogherini, passata da ministro degli Esteri a lady Pesc, potrebbe fare molto, ma ha deciso "niente arbitrato, meglio dialogare con l'India". La colpa del ministro della Difesa Roberta Pinotti è invece quella di condividere le scelte fatte da altri. Ha il merito, sottolinea Pelliccetti, di essere volata in India a far visita ai nostri soldati più volte.

L'ira di Feltri - "Il problema comunque per Latorre e Girone non cambia", scrive Feltri. "Essi, in salute o malati, sono laggiù tra le grinfie degli indiani grazie a italiani più indiani degli indiani. Tutti se ne fottono dei marò comandati di svolgere una missione perfettamente eseguita, ma finita male perché i loro referenti si nascondono dietro un dito e non li difendono. Che razza di gente siamo noi che sventoliamo ogni due minuti il tricolore e cantiamo Fratelli (o fardelli) d’Italia in piazza e nei cortili maleodoranti del potere, salvo scaricare due connazionali tra i pochi ad avere adempiuto al proprio dovere? Ma andate tutti in mona, come si dice in Veneto, e non fatevi vedere più in giro, né in Senato né altrove".

"Caro De Magistris, meno feste e più poliziotti" Ecco la ricetta del boss di Gomorra per Napoli

Genny di Gomorra: "La colpa è di De Magistris"

Intervista a cura di Claudia Casiraghi 


«Non è possibile che un ragazzo di 17 anni muoia così. Non c'è niente che possa giustificare quello che è successo". Salvatore Esposito, assurto a paradigma di una realizzazione possibile grazie alla serie Gomorra, è la voce più indicata ad esprimere l'indignazione di una città vittima di una politica assenteista. "La morte di Davide Bifolco è una tragedia che non deve ripetersi", dichiara facendo proprio il dolore di una famiglia che sente vicina. Parlare di malcostume, di abitudini ancestrali diventate legge, è riduttivo e, di certo, non serve a spiegare quanto successo. "L'andare in tre in motorino, senza casco e magari senza documenti, fa parte di un malcostume che, purtroppo o per fortuna, non è diffuso solo a Napoli. In qualsiasi quartiere popolare di qualsiasi città d'Italia prassi come questa sono all'ordine del giorno", racconta lui con gli occhi di chi è nato e cresciuto a pochi chilometri da Scampia, di chi non si sogna di giudicare Napoli dall'alto di Posillipo.

In che modo si sarebbe potuto evitare tutto questo?

"Con la pressione di un'autorità sempre presente. Se anziché un solo posto di blocco ce ne fossero stati sei quella sera, a cento metri di distanza l'uno dall'altro, Davide non si sarebbe mai sognato di tentare la fuga. È l'abitudine al disordine e all'inefficienza che gli ha fatto dire Posso farcela a seminare i poliziotti!".

Questi ragazzini sembrano abbandonati a destini infelici. Perché si permette ad una città di non curarsi degli ambienti che avrebbero più bisogno di attenzione?

"È l'amministrazione di Napoli ad aver dettato quella che adesso sembra quasi una legge. Sono il Sindaco, la Regione, il Comune, enti troppo impegnati ad organizzare concerti, concertini e feste della pizza per farsi carico dei problemi reali. Troppo impegnati ad impoverire la città con misure che non solo non le servono ma addirittura non le si addicono (vedi la zona traffico limitato)".

C'è bisogno di assistenzialismo dunque…

"C'è bisogno di venire incontro alle famiglie meno abbienti, creare per i loro ragazzi opportunità fuori dalla loro portata. A Napoli non ci sono teatri comunali in cui seguire corsi gratuiti di recitazione, non ci sono piscine comunali, non c'è niente che possa aiutare un ragazzo a prendere la strada che la sua famiglia non può permettersi di indicargli".

Il risultato?

"Se un ragazzino cresciuto in un quartiere popolare avesse le qualità per diventare un calciatore professionista ma non i soldi per iscriversi ad una scuola calcio, abbandonerebbe il sogno per diventare un delinquente". 

Perché il fatto che sia successo a Napoli, di nuovo a Napoli, colpisce così tanto?

"Perché su Napoli pesa una lente di ingrandimento che fa sì che ogni cosa venga vista più da vicino, strumentalizzata. Fosse successo a Bologna nessuno avrebbe detto niente".

Ma a Bologna non è successo e, stando alle cronache, non succede spesso. Come arginare la sequela di morte che continua a colpire Napoli?

"Intensificando i controlli. Il problema principale di Napoli è che nei quartieri più a rischio le forze dell'ordine non riescono a garantire un ordine. Gli uomini sono pochi e alla fine non riescono a guadagnarsi il rispetto che invece meritano".

Quindi?

"Quindi c'è bisogno di un controllo più rigoroso, di leggi più severe. La presenza dello Stato deve, non dovrebbe, deve essere più efficace. Non a Napoli ma in tutta Italia. Perdere un ragazzino così è inammissibile".

Così mezzo Pd farà lo sgambetto a Renzi: agguati su conti, articolo 18 e Italicum

Pd, pronta la rivolta contro Matteo Renzi: articolo 18, Fiscal compact e Italicum, sgambetti in Parlamento




"Il segretario premier è un problema", aveva detto qualche giorno fa Pier Luigi Bersani. Errato: sarebbe più corretto dire che per il Pd "il segretario è un problema", oppure se preferite "il premier è un problema". In ogni caso, per mezzo partito, "Matteo Renzi è il problema". Non è un caso che dopo Bersani sia stato Massimo D'Alema, altro nemico storico del presidente del Consiglio, a bollare come "largamente insoddisfacenti" i risultati dell'esecutivo. Due affondi sanguinosi proprio alla vigilia della Festa nazionale dell'Unità a Bologna, un segnale chiaro: di unità, tra i democratici, non c'è traccia. Finita la luna di miele delle primarie, digerita a fatica la scalata al partito e al governo, salutato con finto entusiasmo dai grandi rivali il trionfo alle Europee, come sempre a settembre si tirano le somme e si preparano i contrattacchi. Insomma, la tregua è finita e a dare un'immagine concreta al caos che si respira al Nazareno è Matteo Orfini, ex dalemiano di ferro e oggi presidente del partito scelto proprio da Renzi, che non ha esitato a criticare (con garbo) la sortita anti-renziana di Baffino. E da Lorenzo Guerini a Debora Serracchiani, loro sì a vario livello renziani di ferro e comunque nuova dirigenza dem, sono arrivati aggettivi come "ingeneroso" e "superficiale" all'indirizzo di D'Alema, tirando in ballo anche la mancata nomina di Massimo ad Alto rappresentante delle politiche estere comunitarie. Affondi che il destinatario non ha gradito, giudicando le repliche "violente e volgari".

Le manovre dei bersaniani - Contrattacchi, si diceva. E arriveranno tutti in Parlamento. Come riferisce Repubblica, gli esponenti di Area riformista Roberto Speranza, Stefano Fassina, Nico Stumpo e Alfredo D'Attorre giovedì si sono incontrati al Caffè Illy, vicino a Montecitorio, per mettere a punto la strategia operative in un periodo caldissimo per premier e governo. Entro metà ottobre dovrà essere messa a punto la manovra 2015, ma prima ancora Renzi dovrà arrivare al vertice Ue di Napoli con una riforma, quella del lavoro, già bella, pronta e votata. Lo ha fatto intendere Mario Draghi, quando a proposito di eventuali concessioni di flessibilità sui conti ha ricordato che prima si fanno le riforme e poi si chiedono strappi alle regole. 

Articolo 18, Fiscal compact e Italicum - Sarà proprio sul lavoro che i bersanian-dalemiani promettono battaglia, a partire dall'articolo 18 il cui superamento auspicato da Renzi "è una ricetta di destra". E se nuovo Statuto dei lavoratori sarà, dovrà essere scritto dal Parlamento (con i suoi tempi) e "non con una delega in bianco al governo". Sui conti, poi, la storia è ancora più complicata: "Irrealizzabili e dannosi" vengono bollati i venti miliardi di tagli previsti per la spesa pubblica. Sul referendum anti-Fiscal compact, poi, il Pd si spacca: 50 firmatari sono dem, ed è in arrivo un emendamento firmato Fassina-Lauricella-D'Attorre al Ddl Boschi sulle riforme per abrogare il pareggio di bilancio dall'articolo 81 della Costituzione. Per finire, al Senato c'è pure lo scoglio dell'Italicum con tre bombe da disinnescare: premio di maggioranza, quorum per i piccoli partiti e preferenze. Renzi dovrà andare di corsa, e questa volta forse più perché glielo impongono da Bruxelles e Francoforte che per reale convinzione. Proprio per questo, occhio agli ostacoli e agli sgambetti dei compagni di staffetta.

Il sondaggio: fiducia in Renzi giù "Silvio, ecco cosa devi fare con lui"

Sondaggio Ixè, fiducia in Matteo Renzi giù del 2%, quella nel governo dell'1%




La fiducia nel governo scende di un punto e quella nel leader Matteo Renzi di due. Il sondaggio Ixè per Agorà (Raitre) registra un raffreddamento degli entusiasmi degli italiani nei confronti del premier, sebbene secondo il presidente dell'istituto di ricerca, Roberto Weber, si viaggi sempre a livelli sopra la media. Il dato più interessante, però, è l'indicazione che gli intervistati rivolgono a Silvio Berlusconi: Forza Italia deve continuare a sostenere l'esecutivo, non solo sulle riforme istituzionali ma pure sulle misure economiche.

Fiducia nei leader, Salvini in alto - Il 49% degli italiani (contro il 50% di una settimana fa) afferma di avere fiducia nell'esecutivo, quota "altissima" secondo Weber: "Nella mia esperienza di sondaggista non ricordo un governo ch
e abbia mantenuto una fiducia così alta per un tempo così lungo". Allo stesso modo, tra i leader, Renzi scivola al 50% (dal 52%). Stabili rispetto alla scorsa settimana Matteo Salvini della Lega Nord (19%), Beppe Grillo del Movimento 5 Stelle (18%), Berlusconi (16%) e Angelino Alfano di Ncd (12%).

Berlusconi e il sostegno a Renzi - Cauto ottimismo sul futuro della legislatura. Secondo il 46% degli intervistati Renzi riuscirà a portare a termine il programma dei MilleGiorni, mentre per il 36% si tornerà al voto prima del 2017. In quest'ottica, sarà fondamentale il rapporto tra premier Silvio Berlusconi: secondo il 68% degli intervistati Forza Italia deve sostenere l'esecutivo sulle riforme economiche, quota che sale addirittura all'87% tra gli elettori azzurri. "La posizione di opposizione al governo di Forza Italia - ha avvertito Weber - sta diventando piuttosto opaca agli occhi degli elettori".